Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14585 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14910/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE N 101 DEL 25/7/2017 -intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE NAPOLI NORD n. 1282/2018 depositata il 09/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE come risulta dalla trascrizione della domanda del creditore contenuta nel ricorso – per due importi capitali del l’ ammontare complessivo di € 99.119,74, oltre interessi al chirografo. La domanda era fondata sulla stipula di due contratti bancari, indicati nel decreto impugnato, costituiti da
un rapporto di conto corrente di corrispondenza (n. 15294736) e da un conto anticipi (n. 401195340), per i quali sono state prodotte come prova del credito gli estratti conto sino alla data di apertura del fallimento.
Il curatore ha proposto l’ ammissione per il capitale e il rigetto della domanda per interessi. Il giudice delegato (come risulta dalla trascrizione del decreto contenuta nel ricorso) ha rigettato la domanda del creditore per inopponibilità degli estratti conto e per omessa produzione delle operazioni di anticipazione bancaria.
Il Tribunale di Napoli Nord, con il decreto qui impugnato, ha rigettato l’opposizione. Ha ritenuto il giudice dell’opposizione che la documentazione prodotta – copia dei contratti, estratti conto, « documento di rimodulazione e rientro 20.12.2016» , certificazione ex art. 50 d. lgs. n. 385/1993 (TUB) e comunicazione di revoca degli affidamenti – non fosse opponibile al fallimento, attesa la terzietà del curatore rispetto al debitore. Quanto al rapporto di conto corrente, il decreto impugnato ha ritenuto che il curatore non fosse vincolato dall ‘ omessa contestazione degli estratti conto da parte del debitore insolvente e che gli estratti conto, benché non contestati dal correntista, non fornissero prova del credito, al pari della certificazione ex art. 50 TUB.
Il decreto impugnato ha, poi, ritenuto (quanto al conto anticipi) ugualmente inidonei gli estratti conto, nonché privo di data certa il contratto e l’atto di rimodulazione del debito , sia in quanto non vi fosse certezza sulla provenienza della certificazione, sia in quanto documento dotato di timbro apposto su un solo foglio singolo, non collegato alla parte restante del documento, foglio, peraltro, non riferibile al restante documento.
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a quattro motivi. Il fallimento intimato non si è costituito in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc civ. (benché nella rubrica del motivo venga menzionato il disposto dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), « sulla dichiarazione di ricezione degli estratti conto resa dall’impresa poi fallita omesso esame di fatto decisivo ». Parte ricorrente deduce che il decreto impugnato avrebbe omesso l’esame , allorché ha reputato non assolta la prova dell’approvazione tacita degli estratti conto, la circostanza dell’invio degli estratti conto al correntista. Osserva parte ricorrente che la prova della ricezione degli estratti conto sarebbe desumibile dal documento di rimodulazione del debito residuo, nella quale è espressamente indicata l’intervenuta ricezione degli estratti conto.
Il primo motivo è inammissibile. Invero, non coglie la ratio decidendi , incentrata sull’inopponibilità della documentazione prodotta nonché, per quanto attiene al motivo di censura, sull’inopponibilità al fallimento dell’approvazione tacita degli estratti conto da parte del debitore, attesa la terzietà del curatore, con conseguente irrilevanza dell’omessa contestazione degli estratti conto da parte del debitore ai fini dell’assolvimento dell’ onere della prova relativo alla sussistenza delle operazioni sottostanti alle annotazioni in conto.
Con il s econdo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1366, 1382, 2704, 2710 cod. civ., de ll’art. 119, comma 3, TUB, de ll’art. 45 l. fall., de ll’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. in tema di opponibilità degli atti al fallimento, nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto inopponibili gli estratti conto al fallimento. Si adduce che l’estraneità del fallimento al rapporto bancario non può giungere a negare l’esistenza dei crediti sottostanti le annotazioni in conto corrente, ove gli estratti conto siano stati prodotti in forma integrale.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4, 5, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento ex artt. 111, sesto comma, Cost., 132, secondo comma, n. 4, 135, quarto comma, cod. proc. civ. e 99, comma 11, l. fall. per motivazione apparente, nonché l’ omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, nonché (ancora) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 2704 cod. civ. e dell’art. 20, comma 3, d. lgs. 82/2005 (CAD) in tema di onere della prova e ripartizione dello stesso, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inopponibili i documenti relativi al conto anticipi. Parte ricorrente, oltre a censurare l’apparenza del la motivazione del decreto impugnato, deduce che il Tribunale avrebbe superficialmente valutato i documenti e non avrebbe esaminato la circostanza che la marcatura digitale era apposta su ogni pagina del contratto e non su foglio separato. Deduce, infine, che la banca adotta un sistema di marcatura digitale dei documenti, che conferisce loro data certa, con particolare riferimento al conto anticipi, a termini dell’art. 20, comma 3, CAD.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1366, 1382, 2704, 2710 cod. civ., de ll’art. 45 l. fall., de ll’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per avere il giudice del merito escluso l’opponibilità della documentazione relativa al conto anticipi, riproponendo censure analoghe a quelle di cui al superiore motivo.
Il terzo motivo, da disaminare preliminarmente, è infondato quanto alla dedotta apparenza della motivazione, essendo la motivazione del decreto idonea a ricostruire l’iter logico seguito ai fini della decisione (Cass., n. 8053/2014), fondata sulla inopponibilità al fallimento della documentazione prodotta.
Il terzo motivo è, invece, inammissibile per difetto di specificità nella parte in cui deduce omesso esame di fatto decisivo (peraltro, ellitticamente indicato), costituito dalla marcatura digitale in ogni foglio, non essendo stati trascritti i documenti ritenuti rilevanti. In ogni caso, il motivo si risolve in una sollecitazione al riesame della documentazione esaminata dal giudice del merito ai fini dell’accertamento in fatto censurato ( « si tratta di stampa su un foglio singolo in alcun modo collegato al successivo contratto sul quale non vi è alcun riferimento ai codici apposti sulla pagina 1. Inoltre la pagina 1 è una stampa su foglio che appare di provenienza interna (…) né in senso contrario può assumere alcun valore il barcode contenuto a pag. 11, anch’esso apposto su foglio singolo e separato in alcun modo riferibile al documento »).
Inammissibile è, infine, la censura del terzo motivo per violazione di legge in relazione alla marcatura digitale, in quanto censura estranea alla ratio decidendi , costituente questione nuova non trattata nel decreto impugnato e che richiede nuovi accertamenti in fatto. Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata nel provvedimento impugnato, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e dell’atto del giudizio in cui ciò è avvenuto, al fine di consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione (Cass., n. 32804/2019; Cass., n. 2038/2019).
Il secondo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, sono infondati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte -dalla quale non vi è motivo di discostarsi -la terzietà del curatore in sede di stato passivo (Cass., Sez. U., n. 4213/2013) comporta che le pretese creditorie devono essere fatte valere con
documentazione avente data certa ex art. 2704 cod. civ., antecedente all’apertura del concorso (Cass., n. 33724/2022).
Ove, poi, si verta in tema di contratti per i quali la prova scritta è imposta ad substantiam – come per i contratti bancari a termini del l’art. 117, comma 1, d. lgs. n. 385/1993 – la prova deve essere indefettibilmente data con documentazione scritta avente data certa, in assenza della quale tale prova non può essere assolta con altri mezzi (Cass., n. 33724/2022, cit.; Cass., n. 17080/2016 ) . Il che è conforme alla giurisprudenza secondo cui la prova del contratto privo di data certa può essere data con ogni mezzo, « salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del contratto stesso» (Cass., n. 4705/2011, Cass. n. 2319/2016). Ne consegue che, in assenza di data certa della fonte contrattuale per la quale sia prevista la forma scritta ad substantiam , « l’assenza di data certa della scrittura privata che documenta il contratto non può essere sostituita da altra prova ed il creditore non può, conseguentemente, far valere nei confronti del fallimento alcun diritto di credito che si fondi sul detto titolo negoziale» (Cass., n. 36602/2022; Cass., n. 28777/2024).
Da tale conclusione deve desumersi il principio secondo cui l’inopponibilità della fonte contrattuale a termini dell’art. 2704 cod. civ. che attenga a contratti per i quali la forma scritta sia imposta sotto pena di nullità – è il caso del l’art. 117 TUB – comporta quoad effectum che il creditore sprovvisto della fonte documentale avente data certa non può tout court opporre alla massa dei creditori, a tutela del proprio credito, la fonte contrattuale .
L ‘inopponibilità del contratto bancario, fonte contrattuale del credito, per assenza di data certa « equivale, in buona sostanza, a mancanza di prova dell’esistenza del contratto» e rende inidonei a provare l’esistenza del contratto la produzione degli estratti del conto, benché integrali (Cass., n. 33724/2022; Cass., n.
28941/2024), essendo insostituibile la prova dell’esistenza della fonte contrattuale scritta con documento a essa equipollente e, di conseguenza, rende inopponibili i diritti di credito su di essa fondati (Cass., n. 28791/2024; Cass., n. 28975/2024).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con raddoppio del contributo unificato. Non vi è luogo alla pronuncia sulle spese in assenza di difese scritte dell ‘intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16/05/2025.