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Data certa fallimento: la Cassazione è inflessibile

Una banca ha richiesto l’ammissione al passivo di un fallimento per un credito derivante da contratti bancari. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che in assenza di una data certa fallimento anteriore alla dichiarazione, il contratto è inopponibile al curatore. Di conseguenza, né il contratto né gli estratti conto possono essere usati come prova del credito verso la massa dei creditori, data la terzietà del curatore rispetto ai rapporti del debitore.

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Data certa nel fallimento: un requisito non negoziabile per le banche

Un istituto di credito si vede negare l’ammissione di un credito di quasi 100.000 euro al passivo di una società fallita. Il motivo? I contratti bancari prodotti non avevano una data certa fallimento opponibile alla procedura. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la tutela della massa dei creditori prevale, e la prova del credito deve essere rigorosa e formalmente ineccepibile. Questo caso evidenzia come la mancanza di un requisito apparentemente formale possa avere conseguenze sostanziali per i creditori.

I Fatti di Causa

Una nota banca aveva chiesto di essere ammessa allo stato passivo del fallimento di una società a responsabilità limitata. Il credito vantato, per un importo complessivo di € 99.119,74 oltre interessi, derivava da due distinti rapporti contrattuali: un conto corrente di corrispondenza e un conto anticipi. A sostegno della propria domanda, la banca aveva prodotto i relativi contratti e gli estratti conto fino alla data di apertura del fallimento.

Il curatore fallimentare si era opposto alla domanda per la parte relativa agli interessi, mentre il giudice delegato aveva rigettato in toto la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sull’inopponibilità degli estratti conto e sull’omessa produzione delle operazioni di anticipazione bancaria.

La Decisione del Tribunale

Anche in sede di opposizione, il Tribunale ha confermato la decisione del giudice delegato. I giudici di merito hanno ritenuto che tutta la documentazione presentata dalla banca (contratti, estratti conto, documento di rimodulazione del debito) non fosse opponibile al fallimento. Il punto centrale della questione risiede nella “terzietà” del curatore rispetto al debitore. Il curatore, agendo nell’interesse di tutti i creditori, non è vincolato dagli atti posti in essere dal debitore prima del fallimento se questi non rispettano determinati requisiti formali. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che gli estratti conto, anche se non contestati dal correntista (poi fallito), non fossero sufficienti a provare il credito e che il contratto e l’atto di rimodulazione del debito fossero privi di data certa.

L’importanza della data certa nel fallimento secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato il ricorso della banca, consolidando il proprio orientamento sull’imprescindibilità della data certa fallimento. Gli Ermellini hanno chiarito che, secondo la giurisprudenza costante, il curatore agisce come terzo rispetto ai rapporti giuridici del fallito. Pertanto, qualsiasi pretesa creditoria deve essere provata con documentazione avente data certa, ai sensi dell’art. 2704 del codice civile, e tale data deve essere anteriore all’apertura della procedura concorsuale.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni del suo rigetto. Il principio cardine è che, quando un contratto richiede la forma scritta ad substantiam (cioè per la sua stessa validità), come nel caso dei contratti bancari ai sensi dell’art. 117 del Testo Unico Bancario, la prova della sua esistenza deve essere fornita indefettibilmente attraverso un documento scritto con data certa. L’assenza di tale requisito non può essere colmata con altri mezzi di prova, come gli estratti conto.

L’inopponibilità del contratto per mancanza di data certa, secondo la Corte, equivale a una vera e propria mancanza di prova dell’esistenza del contratto stesso nei confronti della massa dei creditori. Di conseguenza, vengono meno anche tutti i diritti di credito che si fondano su quel titolo negoziale. In questo quadro, anche la produzione degli estratti conto integrali diventa irrilevante, poiché essi non possono sostituire la prova documentale del rapporto fondamentale che è, appunto, il contratto.

Le conclusioni

La decisione in esame rappresenta un monito severo per gli istituti di credito e per tutti i creditori. Per poter far valere le proprie ragioni in un contesto fallimentare, non è sufficiente dimostrare l’esistenza di un rapporto commerciale, ma è indispensabile che la documentazione contrattuale a supporto sia munita di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento. Questa pronuncia conferma che la tutela della par condicio creditorum (la parità di trattamento dei creditori) è un pilastro del diritto fallimentare, e il rigore formale nella prova dei crediti ne è uno strumento essenziale. L’assenza di questo requisito rende il credito, di fatto, inesigibile nei confronti della procedura.

Un contratto bancario senza data certa è valido nei confronti del fallimento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto privo di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento è inopponibile alla massa dei creditori e al curatore, rendendo il credito non esigibile nell’ambito della procedura.

Gli estratti conto possono provare il credito di una banca se il contratto non ha data certa?
No, secondo la Corte, l’inopponibilità del contratto bancario per assenza di data certa rende inidonei anche gli estratti conto a provare l’esistenza del credito, anche se prodotti in forma integrale. Essi non possono sostituire la prova del contratto fondamentale.

Perché il curatore fallimentare non è vincolato dall’approvazione tacita degli estratti conto da parte del debitore?
Perché il curatore è considerato un soggetto “terzo” rispetto ai rapporti contrattuali del debitore fallito. Pertanto, l’eventuale mancata contestazione degli estratti conto da parte del debitore prima del fallimento è un fatto irrilevante e non vincola il curatore, che agisce a tutela dell’intera massa dei creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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