Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19271 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 17381-2023 r.g. proposto da:
COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma in INDIRIZZO intINDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE dal quale è rappresentato e difeso giusta delega in calce al ricorso.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in LCA (P.I. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Commissario Liquidatore, Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME .
contro
ricorrente –
avverso il decreto (n. cron. 10386/2023) depositato dal Tribunale di Tivoli in data 20.07.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/5/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Tivoli, decidendo sull’opposizione allo stato passivo presentata da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa, ha rigettato l’impugnazione, confermando lo stato passivo.
Con ricorso ex art. 98 l. fall., depositato il 30.01.2022, NOME COGNOME aveva infatti proposto opposizione avverso lo stato passivo RAGIONE_SOCIALE nella parte in cui aveva rigettato l’ammissione del proprio credito, deducendo che: – aveva sottoscritto: a) contratto di adesione n. 49 del 29.09.2013 dell’importo di € 2.500,00; b) contratto di adesione n. 98 del 24.12.2004 dell’importo di € 5.000,00; c) contratto di adesione e versamento volontario al Fondo di Solidarietà e risparmio n. 201 per quote mensili di € 50.00 (dal mese di gennaio 2005 al mese di dicembre 2010) e per quote mensili di € 100.00 (dal mese di gennaio 2011 al mese di marzo 2019); d) contratto di adesione n. 202 del 18.1.2006 dell’importo di € 1.000,00; e) contratto di adesione n. 213 del 2.02.2006 dell’importo di € 10.000,00; -successivamente, in data 30.11.2021 aveva chiesto ed ottenuto di aderire al programma immobiliare denominato ‘INDIRIZZO con trasferimento di n. 12 quote del valore complessivo di € 5.000,00; – il credito era stato provato sia dai contratti di adesione che dalle ricevute/quietanze rilasciate dall’allora Presidente p.t. della società RAGIONE_SOCIALE , nonché dall’estratto bancario relativo agli assegni versati alla stessa società e dalle trattenute operate dal proprio datore di lavoro e, poi, rimesse alla società resistente.
Il Tribunale, nella resistenza della L.C.A., ha rilevato ed osservato che: (i) il procedimento di opposizione allo stato passivo è retto dalle regole ordinarie in tema di onere della prova, con la conseguenza che grava sull’opponente (attore) fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito, mentre grava sulla curatela l’onere di dimostrare fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione (Cass. n. 5847/2021) ; (ii) nel caso di specie, doveva escludersi che l’opponent e avesse dato prova del suo credito; (iii) non erano infatti emersi i presupposti richiesti ai fini dell’ammissione del credito, sotto il profilo della data certa dei contratti di adesione su cui si fondava la domanda, cosicché non era possibile affermarne l’anteriorità e , dunque, l’opponibilità alla l.c.a. ; (iv) non potevano assumere rilievo le copie dei
‘versamenti delle trattenute da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE‘ , non essendovi alcun riferimento che avesse consentito di ricondurre all’opponente le somme asseritamente versate, in assenza di elementi di univoca individuazione; (v) quanto alla documentazione relativa ai ‘tabulati RAGIONE_SOCIALE‘ – da cui l’opponente avrebbe voluto desumere la riconducibilità delle somme trattenute alla propria posizione – la stessa, oltre a non provare l ‘ effettiva corresponsione delle somme alla RAGIONE_SOCIALE, non era comunque idonea a fornire prova del credito; (vi) secondo costante giurisprudenza (cfr. Cass. 17413/2015; Cass. n. 18169/2019) le buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro possono essere utilizzate, infatti, come prova del credito oggetto di insinuazione solo allorché munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro del datore di lavoro e tale presupposto nella specie non sussisteva, essendo stati allegati dal ricorrente unicamente alcuni cedolini privi di firma; (vii) alla luce del quadro probatorio così delineato e dell’assoluta genericità dell’ordine di esibizione e dei capitoli di prova testimoniale per come formulati, anche le istanze istruttorie in questione non potevano trovare accoglimento.
Il decreto, pubblicato il 20.07.2023, è stato impugnato da COGNOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento al l’art. 2704 c.c., agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e a ll’art. 2697 c.c., in riferimento alla documentazione versata in atti.
1.1. Secondo il ricorrente, la decisione impugnata – illogica ed ingiusta sarebbe stata assunta in violazione degli artt. 2704 e 2697 c.c., laddove il primo giudice -escludendo, con argomentazioni contraddittorie, che egli avesse fornito prova del proprio credito – non aveva tenuto conto della copiosa documentazione versata in atti dalla quale, per converso, sarebbero emersi i presupposti richiesti ai fini dell’ammissione del suo credito sia sotto il profilo della data certa dei contratti di adesione su cui si fondava la domanda
(sottoscritti in epoca precedente alla messa in l.c.a. della società resistente) e sia sotto il profilo della stessa esistenza del credito.
1.2. Il motivo è inammissibile.
1.2.1. La parte ricorrente sollecita invero questa Corte di legittimità ad un inammissibile riesame della documentazione probatoria, al fine di rinnovare lo scrutinio, involgente indagini di carattere meritale, in ordine alla prova della data certa dei documenti, di cui si perora l’opponibilità alla procedura concorsuale.
In realtà, è noto che il ‘ fatto ulteriore ‘ ex art. 2704 c.c. può essere provato per testi o presunzioni (Cass. n. 17926/16), a patto che si tratti di fatto oggettivo che non provenga dal soggetto interessato (cfr. anche: Cass. n. 4509/18) e che i limiti ex 2704 c.c. riguardano in realtà la prova del documento, ma non già il contenuto del contratto (v. anche: C. 37028/21).
Tuttavia, è altrettanto notorio che la selezione degli ‘ altri fatti ‘, da cui desumere l’anteriorità del documento, è attività rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (cfr. Cass. n. 6462/18; Cass. n. 20813/21).
Ne consegue che doglianze così articolate dalla parte ricorrente si infrangono inesorabilmente contro le barriere dell ‘ inammissibilità poste a presidio del giudizio di legittimità. Ed invero, non è possibile richiedere nel giudizio di cassazione un nuovo apprezzamento dei documenti, già scrutinati nella fase di merito, per patrocinare una diversa (e più favorevole) valutazione giudiziale del profilo della loro anteriorità rispetto alla procedura di l.c.a., e ciò facendo riferimento, peraltro, ad altri docum enti anch’essi privi di data certa . Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è chiara nell’affermare che, in ragione del fatto che l’art. 2704 c.c. fa discendere la certezza della data della scrittura privata non autenticata rispetto ai terzi, oltre che dalla registrazione ovvero dagli eventi specificamente considerati dalla norma, anche dal verificarsi di un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento, la certezza della data di un documento, nei riguardi del curatore fallimentare, non può essere desunta dai altri documenti, ove, a propria volta, quest’ultimi non abbiano data certa
e non siano quindi opponibili al fallimento (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1389 del 18/01/2019; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 17926 del 12/09/2016).
1.2.2. Anche l’ulteriore censura sollevata in ordine al diniego dell’ emissione dell’ordine di esibizione è all’evidenza inammissibile. È infatti principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui i l provvedimento di cui all’art. 210 cod. proc. civ. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (cfr. Cass. 29.10.2010, n. 22196; Cass. Sez. lav. 25.10.2013, n. 24188; cfr. più recentemente anche Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 27412 del 08/10/2021, secondo cui espressamente ‘ In tema di poteri istruttori del giudice, l’emanazione di ordine di esibizione è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto dell’istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa ‘).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2025