Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9151 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9151 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1791/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALECOSTRUZIONI DI RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di AVELLINO in n. RG NUMERO_DOCUMENTO depositato il 13/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha proposto domanda di insinuazione al passivo del fallimento della società ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ esponendo:
-di aver costituito, con atto per notar COGNOME del 15.7.2013 Rep. 3852, la società consortile a responsabilità limitata denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con la ‘RAGIONE_SOCIALE‘;
che, successivamente alla aggiudicazione dell’appalto per la realizzazione di un impianto di depurazione nel Comune di Pietrastornina, di cui al contratto stipulato con detto ente il 26.7.2011 Rep. 21/2011, aveva effettuato anticipazioni, anche per conto della ‘RAGIONE_SOCIALE, pari all’importo di € 264.956,45.
E’ stata quindi richiesta l’ammissione al passivo in ragione della metà, corrispondente a € 132.478,22.
Il giudice delegato del Tribunale di Avellino ha rigettato l’istanza di insinuazione sul presupposto della non adeguata dimostrazione del credito.
Con decreto depositato il 13.12.2022 il Tribunale di Avellino ha rigettato l’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE sul rilievo che ‘ il rapporto contrattuale esistente tra le parti e l’entità del credito non possono essere dimostrati attraverso documenti privi di data certa ed unilateralmente formati dal creditore istante ‘.
In particolare, le scritture private ritenute dal giudice di primo grado prive di data certa sono le seguenti:
scrittura privata del 13.2.2017 con la quale, preso atto delle intervenute difficoltà finanziarie della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella esecuzione dell’appalto
precedentemente aggiudicato per la realizzazione di un impianto di depurazione nel Comune di Pietrastornina, la stessa società poi fallita e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ hanno convenuto che quest’ultima avrebbe direttamente realizzato le opere residue e che con le somme eventualmente erogate con il successivo SAL dalla Stazione Appaltante, al netto dei debiti, si sarebbe provveduto al rimborso delle anticipazioni in conto finanziamento operate dai soci con priorità in favore della RAGIONE_SOCIALE;
-scrittura privata del 26.6.2017 nella quale la società ‘RAGIONE_SOCIALE aveva dato atto del perdurare delle proprie difficoltà economiche e della circostanza che la RAGIONE_SOCIALE, alla predetta data, aveva effettuato, in via esclusiva, anticipazioni per € 137.800,00;
scrittura privata del 21.8.2017 con cui COGNOME NOME aveva assunto l’obbligo personale nei confronti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per tutte le somme anticipate per conto della ‘RAGIONE_SOCIALE‘;
contratto autonomo di garanzia sottoscritto il 7.11.2017 dallo stesso COGNOME NOME per un importo massimo garantito di € 150.000,00.
Il Tribunale di Avellino ha, altresì, ritenuto privi di data certa la documentazione bancaria e l’estratto autentico del libro giornale.
Avverso il già menzionato decreto ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 2° comma c .p.c. , nonché dell’art. 183 c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost.
Lamenta la società ricorrente che il Tribunale di Avellino, nel rilevare la presenza di una eccezione in senso lato ostativa al
riconoscimento del credito, consistente nella mancanza di data certa delle scritture private datate 13.2.2017, 26.6.2016, 21.8.2017 e 7.11.2017, prodotte dalla società creditrice, ha deciso il giudizio omettendo di assegnare termine alle parti per memorie, in palese violazione dell’art. 101 comma 2° c .p.c. anche in relazione all’art. 183 c .p.c. e all’art. 111 Cost., così impedendo alla odierna ricorrente di poter formulare ulteriori ed adeguate richieste istruttorie.
2. Il motivo è fondato.
Va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 20 febbraio 2013, n. 4213, hanno affermato che: a) poiché l’art. 2704 c.c. regola l’efficacia dell’atto – cioè l’opponibilità ai terzi – e non concerne la sua validità, la data certa non integra un fatto costitutivo del diritto fatto valere, dovendosi piuttosto ritenere che la sua mancanza configuri un fatto impeditivo del riconoscimento del diritto stesso; b) poiché l’eccezione in senso stretto ha carattere a sua volta eccezionale, essendo limitata alle ipotesi in cui la legge riserva la relativa iniziativa esclusivamente all’interessato, la mancanza di data certa, in assenza di una siffatta previsione, deve essere considerata come fatto impeditivo oggetto di eccezione in senso lato, come tale, qualora ovviamente il dato risulti dagli atti, rilevabile anche d’ufficio dal giudice; c) la rilevazione d’ufficio dell’eccezione determina però la necessità di disporne la comunicazione alle parti, in ossequio al principio costituzionale del rispetto del contraddittorio (art. 111 Cost., art. 101 c.p.c., comma 2).
In particolare, in ordine a quest’ultimo punto, che interessa direttamente il primo motivo, la pronuncia afferma :’ … non sembra potersi dubitare della circostanza che, se il giudice delegato nel delibare la posizione creditoria dell’istante può (anzi deve) incontestabilmente rilevare la presenza di un’eccezione in senso lato ostativa al riconoscimento del credito, egli non può tuttavia
disporre al riguardo senza una preventiva instaurazione del contraddittorio fra le parti sul punto. Depongono in tal senso sia l’art. 183 c.p.c. (nella parte in cui dispone che il giudice indica le questioni rilevabili di ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione), sia (soprattutto) l’art. 101 c.p.c., comma 2, (che impone al giudice di assegnare alle parti un termine per memorie, ove ravvisata una questione rilevabile di ufficio potenzialmente incidente sulla decisione), disposizioni che, pur dettate nell’ambito del codice di rito – e quindi destinate a regolamentare moduli procedimentali diversi da quelli adottati in occasione della verificazione del passivo -, sono espressione del generale e costituzionalizzato principio del rispetto del contraddittorio..’.
Nel caso di specie, emerge dalla stessa ricostruzione del decreto impugnato, che la questione della data certa non era stata mai affrontata né dal giudice delegato -che aveva rigettato l’istanza di insinuazione al passivo in quanto ritenuta non documentata – né dalle parti (la curatela è rimasta contumace). Ne consegue che è stata adottata una decisione della cd. terza via, senza assegnare alle parti termine per interloquire sulla questione (la data certa) rilevata ex officio (sul punto così anche Cass. n. 28144/2023; Cass. 3404/2015).
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c .p.c. in combinato disposto con l’art. 115 c .p.c.
Lamenta la ricorrente che il Tribunale di Avellino ha ritenuto gli estratti conto della società consortile RAGIONE_SOCIALE insufficienti a fornire la prova del credito vantato dalla ricorrente, reputando la Curatela estranea al rapporto tra la Banca e la società consortile e che gli assegni non avevano data certa anteriore al fallimento. Così provvedendo, il Tribunale ha omesso di considerare:
(i) che la Curatela non è estranea al rapporto tra la Banca e la società consortile, in quanto la fallita ‘RAGIONE_SOCIALE di
NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE‘ è tuttora socia della consortile RAGIONE_SOCIALE sicché le scritture, i documenti e gli assegni di quest’ultima sono ad essa opponibili e, conseguentemente, la Curatela era onerata di verificare la corrispondenza tra il credito invocato dalla ricorrente e i versamenti effettuati sul conto dell’RAGIONE_SOCIALE, di cui è socia;
(ii) che, in ogni caso, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, le scritture private provenienti da terzi costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio può essere messo in discussione previa contestazione delle parti.
Ne consegue che, nella fattispecie, stante la mancata contestazione delle stesse da parte della Curatela, rimasta contumace nel giudizio di opposizione, il Tribunale avrebbe dovuto statuire che l’estratto conto della società consortile RAGIONE_SOCIALE (le cui socie erano appunto la fallita ‘RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) era idoneo a conferire certezza della data agli assegni, ai versamenti, alle ricevute dei bonifici e agli estratti prodotti dalla ricorrente a sostegno della prova del credito.
Il motivo, per come riassunto, è infondato.
A prescindere dal rilievo che sulla persistenza del rapporto associativo (o di consorzio) non vi è stato alcun accertamento e, comunque, per il principio generale dell’art. 72 legge fall., il rapporto è sospeso o addirittura sciolto in virtù della inequivoca volontà di non subentro del curatore, in ogni caso, la circostanza che la fallita possa essere tuttora socia della società consortile RAGIONE_SOCIALE non è certo idonea a rendere opponibile alla curatela gli estratti conto inviati dalla banca alla stessa società consortile, atteso che, essendo quest’ultima una società a responsabilità limitata, rappresenta un soggetto giuridico terzo diverso rispetto ai propri soci.
Palesemente infondata è, inoltre, l’affermazione di parte ricorrente secondo cui la mancata contestazione dell’estratto conto da parte della curatela -rimasta contumace -costituiva circostanza idonea
a conferire certezza della data agli assegni, ai versamenti, alle ricevute dei bonifici e agli estratti prodotti dalla ricorrente a sostegno della prova del credito. A prescindere dal principio per cui l’istituto della non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. opera solo ove la controparte sia ‘costituita’, in ogni caso, l’onere di contestazione specifica che grava su una parte processuale riguarda solo le allegazioni svolte dalla controparte, relative a circostanze di fatto rilevanti per la decisione, e non i documenti prodotti in giudizio o la loro valenza probatoria, la cui valutazione resta riservata al giudice (vedi Cass. n. 3126/2019; come anche Cass. n. 3306/2020; Cass. n. 12748/2016; 22055/2017).
Con il terzo motivo è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che il Tribunale di Avellino non ha considerato il fatto storico che nell’estratto autentico del libro giornale della RAGIONE_SOCIALE non è riportato il credito vantato da quest’ultima verso la fallita società, ma sono appostate le anticipazioni effettuate dalla ricorrente in favore della consortile RAGIONE_SOCIALE anche per conto della socia ‘RAGIONE_SOCIALE di cui con la domanda di ammissione al passivo è stata richiesta la restituzione.
Tale circostanza fattuale era stato oggetto di specifica prova documentale costituita dalla produzione in giudizio del predetto libro.
6. Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale di Avellino ha chiaramente escluso che la prova possa essere adeguatamente integrata mediante la produzione di un estratto delle scritture contabili dell’imprenditore poi fallito atteso che il curatore, quale gestore del patrimonio del fallito, non può intendersi quale suo successore nei rapporti preesistenti.
Dunque, il fatto asseritamente decisivo è stato valutato dal Tribunale, la cui motivazione, oltre a non essere stata neppure censurata dalla società ricorrente, appare comunque pienamente conforme all’orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 33728/2022, Cass. n. 18682/2017; Cass. n. 11017/2013) secondo cui ‘ L’art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio del medesimo, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma in questione, operante soltanto tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d’impresa ‘.
Il decreto impugnato deve essere quindi cassato limitatamente al primo motivo, con rinvio al Tribunale di Avellino, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, dichiara infondato il secondo, nonché inammissibile il terzo, e rinvia al Tribunale di Avellino, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 14.2.2024