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Data Certa e Contraddittorio: Cassazione Annulla

Una società creditrice si è vista negare l’ammissione al passivo di un fallimento perché i documenti a prova del credito erano privi di data certa. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, non entrando nel merito della prova, ma sanzionando il comportamento del giudice di merito. Quest’ultimo aveva sollevato d’ufficio la questione della data certa senza prima sottoporla alle parti, violando così il fondamentale principio del contraddittorio. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame che rispetti il diritto di difesa.

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Data Certa e Diritto di Difesa: la Cassazione ribadisce il Principio del Contraddittorio

L’ordinanza n. 9151/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul delicato equilibrio tra i poteri del giudice e il diritto di difesa delle parti, specialmente nel contesto delle procedure fallimentari. Il fulcro della decisione riguarda la questione della data certa dei documenti prodotti per provare un credito e la violazione del principio del contraddittorio quando il giudice solleva d’ufficio tale problematica senza un preventivo confronto con le parti. Vediamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata aveva richiesto di essere ammessa al passivo del fallimento di un’altra impresa di costruzioni. Il credito vantato, pari a circa 132.000 euro, derivava da anticipazioni finanziarie effettuate dalla creditrice per conto della società poi fallita, nell’ambito di un consorzio edile che avevano costituito insieme per l’esecuzione di un appalto pubblico.

A sostegno della propria domanda, la società creditrice aveva prodotto diverse scritture private, documentazione bancaria ed estratti contabili. Tuttavia, sia il giudice delegato che, in seguito, il Tribunale in sede di opposizione, avevano respinto la richiesta, ritenendo che i documenti non fornissero una prova adeguata del credito in quanto privi di data certa opponibile al fallimento.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale aveva motivato il rigetto affermando che “il rapporto contrattuale esistente tra le parti e l’entità del credito non possono essere dimostrati attraverso documenti privi di data certa ed unilateralmente formati dal creditore istante“.

Contro questa decisione, la società creditrice ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Violazione del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.): La ricorrente lamentava che il Tribunale avesse basato la sua decisione sulla mancanza di data certa, una questione mai sollevata dalla curatela (rimasta contumace) e rilevata d’ufficio dal giudice senza dare alla società la possibilità di argomentare o presentare nuove prove sul punto.
2. Errata valutazione delle prove: Si contestava il fatto che il Tribunale non avesse considerato sufficienti gli estratti conto del consorzio, sostenendo che la curatela non potesse considerarsi un “terzo” estraneo a tali documenti, dato che la società fallita era socia del consorzio stesso.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Il ricorso evidenziava che il Tribunale non aveva adeguatamente valutato l’estratto autentico del libro giornale della società creditrice, che documentava le anticipazioni effettuate.

L’Importanza della Data Certa nel Fallimento

Per comprendere la decisione, è cruciale capire cosa sia la data certa. Ai sensi dell’art. 2704 del Codice Civile, una scrittura privata è opponibile ai terzi (come la curatela fallimentare, che rappresenta la massa dei creditori) solo se la sua data è, appunto, “certa”. La certezza si ottiene, ad esempio, con la registrazione dell’atto, dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di chi l’ha sottoscritto, o da un altro fatto che stabilisca in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento. La mancanza di data certa rende il documento inefficace nei confronti della procedura fallimentare.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto agli altri. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato, già affermato dalle Sezioni Unite (sent. n. 4213/2013): la mancanza di data certa non è un fatto costitutivo del diritto, ma un fatto impeditivo al suo riconoscimento, configurabile come un’eccezione in senso lato. Questo significa che il giudice può rilevarla d’ufficio.

Tuttavia, proprio perché il giudice introduce nel processo una questione nuova e potenzialmente decisiva, ha l’obbligo, sancito dall’art. 101, comma 2, del Codice di Procedura Civile e dal principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.), di provocare su di essa il contraddittorio. Deve, cioè, assegnare alle parti un termine per presentare memorie e difese sulla questione rilevata d’ufficio.

Nel caso di specie, il Tribunale ha emesso una “decisione della terza via” o “a sorpresa”, fondando il rigetto su un’eccezione che non era mai stata oggetto di discussione tra le parti. Questo ha impedito alla società ricorrente di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, ad esempio tentando di provare con altri mezzi l’anteriorità dei documenti rispetto alla data del fallimento.

La Corte ha invece respinto gli altri due motivi. Ha chiarito che la curatela agisce come un terzo e non come successore dell’imprenditore fallito, pertanto le scritture contabili di un’altra impresa (anche se creditrice) non hanno efficacia probatoria nei suoi confronti (art. 2710 c.c.). Inoltre, la mancata contestazione da parte della curatela contumace non equivale ad ammissione dei fatti, poiché il principio di non contestazione si applica solo alle parti costituite.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato il decreto del Tribunale e ha rinviato la causa allo stesso ufficio, in diversa composizione, per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà riconsiderare il caso, ma prima dovrà consentire alle parti di discutere sulla questione della data certa. Questa ordinanza non stabilisce se il credito esista o meno, ma riafferma con forza un pilastro dello stato di diritto: nessuna decisione può essere presa “a sorpresa”, e il diritto di ogni parte a essere sentita deve essere sempre e comunque garantito.

Qual è il valore di un documento senza data certa in un fallimento?
Un documento privo di data certa, ai sensi dell’art. 2704 c.c., non è opponibile alla curatela fallimentare. Ciò significa che non può essere utilizzato come prova del credito nei confronti della massa dei creditori, anche se potrebbe rimanere valido tra le parti originarie che lo hanno sottoscritto.

Può un giudice rigettare una domanda basandosi su una questione che ha sollevato di sua iniziativa?
No, non senza prima averne discusso con le parti. Se un giudice rileva d’ufficio una questione decisiva (come la mancanza di data certa), deve obbligatoriamente assegnare alle parti un termine per presentare le loro difese su quel punto specifico. Decidere “a sorpresa” costituisce una violazione del principio del contraddittorio e determina la nullità della sentenza.

Le scritture contabili di un’impresa sono sempre prova contro il curatore fallimentare di un’altra?
No. Secondo la Corte, l’efficacia probatoria delle scritture contabili prevista dall’art. 2710 c.c. vale solo nei rapporti tra imprenditori. Il curatore fallimentare non agisce come successore dell’imprenditore fallito, ma come gestore del patrimonio per conto dei creditori. Pertanto, è considerato un terzo rispetto a tali rapporti e le scritture contabili di altre imprese non hanno, di per sé, valore di prova nei suoi confronti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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