Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13314 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13314 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 15597/2017 r.g. proposto da:
DOTT. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario Straordinario avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per procura in atti.
-controricorrente –
avverso il decreto emesso il 3.5.2017 dal Tribunale di Arezzo nel giudizio n. R.G. 2130/2015, depositato il 9.5.2017 e notificato in pari data;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Arezzo ha rigettato l’opposizione proposta ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall. dal DOTT. NOME COGNOME, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria.
In data 4 gennaio 2014 il Dott. NOME COGNOME presentava, infatti, domanda di ammissione allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE per complessivi Euro 364.508,88, di cui Euro 252.758,88 in prededuzione ed Euro 111.750,00 in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis n. 2 cod. civ.
Veniva reso esecutivo con decreto lo stato passivo, nel quale erano stati tuttavia esclusi i seguenti crediti richiesti con la domanda di insinuazione: (i) progetto notula n. 59 per Euro 88.000,00 ammesso in chirografo (invece del richiesto privilegio), con la seguente motivazione: ‘posto che si tratta di attività svolta oltre il biennio’ ; (ii) progetto notula n. 173 per Euro 150,00, escluso con la seguente motivazione: ‘la documentazione prodotta non è sufficiente a provare la pretesa creditoria avanzat a’ ; (iii) progetto notula n. 174 per Euro 5.450,00, escluso con la seguente motivazione: ‘la documentazione prodotta non è sufficiente a provare la pretesa creditoria avanzata’ ; (iv) progetto notula n. 179 per Euro 252.758,88, ammesso in prededuzione solo per euro 50.000,00, con la seguente motivazione: ‘si rileva che l’accordo sottoscritto tra le parti è privo di data certa e quindi inopponibile alla procedura; in ogni caso poiché il credito richiesto si riferisce ad attività professionale connessa alla presentazione della domanda di concordato preventivo, nonché alle successive modifiche di detta domanda, che di fatto non ha avuto alcun effetto utile per la società il commissario straordinario ritiene di dover proporre in prededuzione il minor importo di euro 50.000,00 in ragione della ridotta utilità apportata ai creditori e ciò anche in un’ottica transattiva’.
Con ricorso ex art. 98 l. fall., il Dott. COGNOME proponeva opposizione allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria della RAGIONE_SOCIALE, opposizione con la quale chiedeva, in parziale riforma dello stesso, di essere ammesso in prededuzione, ai sensi degli artt. 111 e 182 quater l.fall., per gli importi complessivi di Euro 252.758,88 oltre accessori di legge ed interessi ex art. 2749 c.c. come da domanda, nonché per euro
93.450,00 oltre accessori di legge ed interessi ex art. 2749 c.c., come da domanda.
4. Il Tribunale di Arezzo, nel rigettare la predetta opposizione, ha osservato e rilevato che: (a) la circostanza allegata dal creditore per dimostrare la certezza della data del contratto di opera professionale versato in atti, e cioè il fatto che in pari data il professionista avesse rilasciato fattura per il pagamento dell’acconto di euro 47.242,12, menzionato nel contratto stesso, non rappresentava elemento di valutazione idoneo a fornire la predetta certezza, posto che non era stata fornita la prova della registrazione della predetta fattura, né era stato documentato l’avvenuto pagamento dell’acconto; (b) non era pertanto opponibile alla procedura la pattuizione intercorsa tra il professionista e la RAGIONE_SOCIALE in ordine alla quantificazione del compenso per l’attività di assistenza nella predisposizione della domand a di concordato preventivo e nelle fasi successive; (c) sul punto il credito già ammesso in sede di verifica in prededuzione, per euro 50.000, doveva ritenersi congruo, così dovendosi respingere in parte qua la proposta opposizione; (d) stante, invero, l’inopponibilità del contratto alla procedura, una quantificazione del compenso sulla base di diversi parametri sarebbe stata possibile soltanto in presenza di una allegazione (e prova) specifica dell’attività concretamente svolta, prova tuttavia mancante nel caso di specie; (e) restava in tal modo assorbita la questione della prededucibilità del maggior credito richiesto; (f) anche gli ulteriori crediti per la presunta attività professionale p er l’invio di nove pratiche telematiche della CCIIAA (per il compenso richiesto di euro 450) e per la dedotta prestazione di assistenza professionale finalizzata all’acquisto di un immobile in Roma erano rimasti sforniti di prova, anche nel quantum ; (g) l’ulteriore censura relativa al mancato riconoscimento della natura privilegiata del credito per euro 88.000, già ammesso solo in via chirografaria, era anch’essa infondata, posto che le prestazioni professionali, oggetto di domanda di insinuazione al passivo, erano tutte relative all’anno 2009, e dunque erano fuori dal biennio antecedente alla cessazione del rapporto, come invece richiesto dall’art. 2751bis n. 2 cod. civ.
Il decreto, pubblicato il 9.5.2017, è stato impugnato dal DOTT. NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2704 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per avere il Tribunale di Arezzo (i) erroneamente ritenuto inopponibile alla RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria il contratto d’opera professionale sottoscritto tra il Dott. COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE stessa il 7 maggio 2012 per mancanza di data certa ed avere conseguentemente con fermato l’ammissione al passivo della sola minor somma di Euro 50.000,00 in prededuzione, anziché del maggiore importo richiesto di Euro 252.758,88, nonché per avere erroneamente ritenuto non provata la quantificazione del compenso richiesto sulla scorta di tale contratto e, in ogni caso, sulla base dei parametri ivi indicati in misura pari ai valori medi delle tariffe professionali, ovvero sulla base di parametri diversi, nonostante la prova testimoniale articolata e (ii) altresì per avere erroneamente omesso di ammettere la prova testimoniale richiesta dalla difesa, al fine di determinare l’attività professionale da questi svolta.
1.1 In ordine al primo profilo di censura, ricorda il ricorrente che se, come aveva affermato lo stesso Tribunale – richiamando espressamente il dettato dell’art. 2704 cod. civ. – la scrittura privata datata dalle parti ma non autenticata ‘può dirsi anteriore solo se lo è la data di un diverso evento che ne renda certa l’anteriorità’, allora sarebbe evidente che il contratto d’opera professionale del 7 maggio 2012 sottoscritto con la RAGIONE_SOCIALE era certamente anteriore all’avvio della procedura concordataria e perciò a questa opponibile, posto che il ‘ credito ‘ riveniente dal contratto di opera professionale era stato ‘espressamente menzionato nel ricorso per l’ammissione al concordato preventivo depositato dalla Ciet e nella relazione ex art. 161 comma 3 L.F. predisposta dai professionisti Dott. NOME COGNOME e Dott. NOME COGNOME, ricorso e relazione depositati unitamente all’opposizione ex art. 98
l. fall. Aggiunge sempre il ricorrente che, più in particolare, in calce al ricorso per l’ammissione al concordato preventivo risulta va il timbro dell’avvenuto deposito presso il Tribunale di Roma in data 18 maggio 2012 sia del ricorso che degli allegati ivi indicati, tra cui anche la relazione dei predetti professionisti. Inoltre, in tale ultimo documento risulterebbe espressamente e specificamente menzionato all’interno dell’elenco dei debiti della RAGIONE_SOCIALEverso fornitori’ (pagg. 77 e seguenti) anche il Dott. NOME COGNOMEv. pag. 116), nei cui confronti sarebbe risultato un debito pari all’importo residuo a questi all’epoca dovuto , in forza del predetto contratto d’opera professionale (euro 102.758,88), maggiorato degli interessi.
1.1 Le doglianze così articolate sono inammissibili, in primo luogo, perché implicanti un nuovo scrutinio della quaestio facti .
Sul punto va infatti chiarito – in ordine al profilo qui in discussione dell’anteriorità del documento contenente asseritamente la quantificazione del compenso professionale – che vi è stato comunque un accertamento in fatto da parte del Tribunale, accertamento che non può essere più sindacato in questo giudizio di legittimità, tanto meno sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge (cfr. Cass. Sez. 61, Ordinanza n. 6462 del 15/03/2018).
1.2 A ciò va aggiunto che le censure così articolate risultano comunque inammissibili, perché riguardanti profili di doglianza solo genericamente articolati.
È stato infatti recentemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che l’istituto della data certa, ai fini della opponibilità a terzi, riguarda l’atto che venga in rilievo, con giudizio di certezza, nella sua precisa, conoscibile e, dunque, completa esistenza, non essendo all’uopo sufficiente la mera menzione del suo contenuto in altro atto avente data certa (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 34755 del 12/12/2023: nella specie, la S.C. ha escluso avesse data certa il mandato professionale di avvocato il cui documento contrattuale non risultava depositato, ma soltanto menzionato nel corpo della domanda di concordato preventivo, senza neppure essere riportato integralmente).
Anche nel caso di specie il ricorrente riferisce che il ‘credito’, discendente dal contratto di opera professionale (di cui è contestata la data certa), sarebbe
stato menzionato nei due documenti aventi data certa (ricorso per concordato preventivo e relazione ex art. 161, 3 comma, l. fall.), così rendendo, in tal modo, la contestazione solo genericamente formulata.
1.3 Osserva inoltre il ricorrente, sempre nel primo motivo, che nel provvedimento impugnato il Tribunale aveva affermato che ‘posta l’inopponibilità del contratto alla procedura, una quantificazione del compenso sulla base di parametri diversi sarebbe stata possibile soltanto in presenza di una allegazione (e prova) specifica dell’attività concretamente svolta, nel caso di specie mancante. Il ricorrente deduce invero solo genericamente di aver svolto attività di assistenza nella procedura di concordato preventivo e attività successiva, genericità che non può ritenersi colmata neppure alla luce della documentazione prodotta, né giustifica il compenso richiesto sulla base delle tariffe medie’ (pag. 4 del decreto). Secondo il ricorrente siffatta conclusione risulterebbe palesemente errata, non soltanto perché fondata sul presupposto errato dell ‘ inopponibilità alla procedura del contratto di incarico professionale, ma anche e soprattutto perché il Tribunale aveva affermato l’impossibilità di quantificare il compenso sulla base di parametri diversi adducendo, da una parte, la mancata allegazione e la mancata prova della ‘specifica dell’attività concretamente svolta …’ e, dall’altra parte, del tutto contraddittoriamente, omettendo di dare ingresso nel giudizio alla prova testimoniale specificamente articolata a tal fine, in aggiunta alla documentazione già depositata.
1.5 Anche questa seconda doglianza, sempre articolata nel primo motivo, è inammissibile perché la prova testimoniale, di cui il ricorrente lamenta l’omessa ammissione, risulta articolata in modo generico (cfr. pagg. 5 -6 del ricorso), non enunciando la stessa nello specifico le attività professionali svolte, in relazione alle quali sarebbe sorto il relativo credito per il compenso, e non evidenziando in tal modo la decisività della prova stessa, ai fini del decidere.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 2233 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per avere il Tribunale di Arezzo, sulla scorta del presupposto dell’inopponibilità alla procedura del contratto di incarico
professionale del 7 maggio 2012, erroneamente ritenuto di non potere quantificare il compenso dovuto all’odierno ricorrente sulla base dei parametri medi delle tariffe professionali vigenti, ovvero sulla base di parametri diversi, adducendo la mancata alle gazione e la mancata prova dell’attività svolta dal professionista e, nel contempo, non ammettendo la prova testimoniale richiesta al fine di dimostrare lo svolgimento e l’entità di detta attività.
2.1 Anche il secondo motivo non supera la soglia dell’ammissibilità.
Richiede anche qui il ricorrente una nuova rivisitazione della quaestio facti , in ordine al profilo della più corretta quantificazione del credito professionale, attraverso la deduzione, peraltro, del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge che ciò invece non consente (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019), e senza neanche che siano state adeguatamente censurate, nel primo motivo di ricorso, le rationes decidendi su cui poggia il provvedimento impugnato, e cioè la non opponibilità alla procedura del contratto di mandato professionale per mancanza di data certa e la genericità di formulazione della prova testimoniale per la quantificazione del compenso.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere il Tribunale di Arezzo erroneamente ritenuto non provato il conferimento dell’incarico relativo all’invio di n. 9 pratiche telematiche presso la CCIAA ed all’assistenza professionale prestata per l’acquisto di un complesso immobiliare sito in Roma, nonostante la prova testimoniale richiesta su tutte le predette circostanze, immotivatamente e contraddittoriamente ignorata.
3.1 Il terzo motivo è anch’esso inammissibile.
Giova infatti ricordare che, secondo i consolidati principi affermati da questa Corte di legittimità (cfr. Cass., Sez. U., Sentenza n. 20867 del 30/09/2020), in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori
dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (cfr. anche Cass., Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021).
Ciò posto, risulta evidente che il ricorrente, proponendo impropriamente il vizio di violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., pretend e un nuovo scrutinio del merito della decisione, come tale inammissibile in questo giudizio di legittimità, e che inoltre la ripetuta doglianza relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale si scontra ancora una volta contro la già sopra riferita valutazione di genericità di formulazione della prova stessa.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28.4.2025