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Data certa contratto: quando è opponibile al fallimento?

Un professionista si è visto ridurre un ingente credito verso una società insolvente poiché il suo contratto di prestazione d’opera mancava di data certa. Nonostante il contratto fosse menzionato in altri atti depositati con data certificata, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che la semplice menzione di un documento non è sufficiente a conferirgli data certa, confermando la decisione del tribunale e sottolineando l’impossibilità di riesaminare i fatti in sede di legittimità.

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Data Certa Contratto: la Menzione in Altri Atti Non Basta

L’importanza della data certa del contratto nelle procedure concorsuali è un principio cardine per la tutela dei creditori. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un orientamento fondamentale: la semplice menzione di un contratto in un altro documento, seppur dotato di data certa, non è sufficiente a rendere il primo opponibile alla procedura. Analizziamo insieme questa ordinanza per comprendere le sue implicazioni pratiche per professionisti e imprese.

I Fatti del Caso: La Richiesta di un Professionista

La vicenda nasce dall’opposizione presentata da un professionista avverso il decreto che rendeva esecutivo lo stato passivo di una S.p.A. in amministrazione straordinaria. Il professionista aveva richiesto l’ammissione di un credito complessivo di oltre 360.000 euro per le sue prestazioni.

La Domanda di Ammissione al Passivo

I crediti richiesti erano stati in gran parte esclusi o ammessi con una qualifica inferiore. In particolare, un credito di oltre 250.000 euro, richiesto in prededuzione per l’assistenza nella predisposizione della domanda di concordato preventivo, era stato ammesso solo per 50.000 euro. La motivazione? L’accordo professionale sottostante era stato ritenuto privo di data certa e, quindi, inopponibile alla procedura.
Un altro credito di quasi 90.000 euro era stato ammesso solo in via chirografaria, anziché privilegiata, poiché relativo a prestazioni svolte oltre il biennio antecedente la cessazione del rapporto, come richiesto dalla legge.

L’Opposizione e la Decisione del Tribunale

Il professionista si opponeva a questa decisione, ma il Tribunale di Arezzo rigettava l’opposizione. I giudici di merito confermavano l’inopponibilità del contratto d’opera professionale per mancanza di data certa, ritenendo irrilevante la circostanza che il professionista avesse emesso una fattura di acconto menzionata nel contratto stesso, in assenza di prova della registrazione o del pagamento di tale fattura. Di conseguenza, il compenso era stato liquidato in via equitativa, ritenendo congrua la somma di 50.000 euro già ammessa.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Data Certa del Contratto

Contro la decisione del Tribunale, il professionista proponeva ricorso per cassazione, basandolo principalmente sulla violazione dell’art. 2704 del codice civile, che disciplina appunto la data della scrittura privata nei confronti dei terzi.

La Tesi del Ricorrente

Secondo il ricorrente, il contratto d’opera professionale, datato 7 maggio 2012, doveva considerarsi opponibile alla procedura perché il credito da esso derivante era stato “espressamente menzionato” in due documenti successivi aventi data certa: il ricorso per l’ammissione al concordato preventivo (depositato il 18 maggio 2012) e la relativa relazione di un altro professionista. Questo, a suo dire, costituiva un “diverso evento che ne renda certa l’anteriorità”, come previsto dalla norma.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sul concetto di data certa del contratto e sui limiti del giudizio di legittimità.

L’Insufficienza della Menzione in Altri Atti

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’art. 2704 c.c. La Corte, richiamando una sua recente pronuncia (Ordinanza n. 34755 del 12/12/2023), ha affermato che l’istituto della data certa riguarda l’atto nella sua “precisa, conoscibile e, dunque, completa esistenza”.
Di conseguenza, non è sufficiente la mera menzione del contenuto di un documento in un altro atto avente data certa. Nel caso specifico, il fatto che il credito del professionista fosse menzionato nel ricorso per concordato non bastava a conferire data certa al contratto da cui quel credito scaturiva, poiché il documento contrattuale non era stato materialmente depositato insieme al ricorso.

L’Inammissibilità della Rivalutazione dei Fatti

La Corte ha inoltre respinto tutte le altre doglianze come tentativi inammissibili di ottenere una nuova valutazione del merito della causa (la cosiddetta quaestio facti). La quantificazione del compenso, la valutazione della documentazione prodotta e l’ammissione o meno di una prova testimoniale sono attività rimesse all’apprezzamento del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare le prove, ma serve solo a controllare la corretta applicazione della legge.
La Corte ha specificato che le censure relative alla mancata ammissione della prova testimoniale erano inammissibili anche perché formulate in modo troppo generico, senza specificare quali attività professionali si intendessero provare e quale fosse la loro decisività ai fini del giudizio.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: per garantire l’opponibilità di un contratto a una procedura concorsuale, e quindi tutelare il proprio credito, non ci si può affidare a riferimenti indiretti. È essenziale che l’atto stesso acquisisca data certa attraverso uno dei metodi previsti dalla legge, come la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, l’autenticazione da parte di un pubblico ufficiale o l’uso della posta elettronica certificata (PEC) con firma digitale. Affidarsi alla semplice menzione in documenti successivi è una strategia rischiosa che, come dimostra questo caso, può portare alla drastica riduzione o esclusione del proprio credito.

È sufficiente che un contratto sia menzionato in un altro documento con data certa per renderlo opponibile alla procedura fallimentare?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mera menzione del contenuto di un documento in un altro atto avente data certa non è sufficiente a conferire data certa al primo documento. È necessaria la sua precisa, conoscibile e completa esistenza.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile la richiesta di rivalutare la quantificazione del compenso professionale?
Perché la quantificazione del compenso e la valutazione delle prove (come una testimonianza) sono considerate una “quaestio facti”, ovvero una questione di fatto. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare il merito della causa o condurre un nuovo scrutinio dei fatti, attività che spetta ai tribunali di grado inferiore.

Cosa significa che un credito viene ammesso in via chirografaria invece che privilegiata?
Significa che il credito viene considerato un debito ordinario, non garantito da alcun privilegio. In una procedura fallimentare, i creditori chirografari vengono pagati solo dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori prededucibili e privilegiati, e spesso ricevono solo una piccola percentuale del loro credito originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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