Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4422 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 4607/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE, procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE ‘) , con sede in San Donato Milanese, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti allegata al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultima in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE.
-intimato –
avverso il decreto, n. cron. 85/2023, del TRIBUNALE DI ROMA, pubblicato il giorno 13/01/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 13/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Banca Monte RAGIONE_SOCIALE chiese l’ammissione al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 255.699,31, in chirografo, derivante dal saldo negativo del conto corrente n. 14633,78, acceso dalla indicata società in bonis presso l’agenzia INDIRIZZO di Roma della prima.
1.1. Il giudice delegato, su conformi conclusioni del curatore, respinse l’istanza, ritenendo la documentazione allegata inadeguata a provare il credito, non essendo stati prodotti tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto e considerato che la certificazione ex art. 50 T.U.B. non era sufficiente a dar prova del credito al di fuori del ricorso per ingiunzione.
Pronunciando sull’opposizione promossa avverso tale decisione, ex art. 98 l.fall., da RAGIONE_SOCIALE, tramite la sua mandataria Banca Monte dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., l’adito Tribunale di Roma la rigettò con decreto del 13 gennaio 2023, n. 85, reso nel contraddittorio con il fallimento predetto.
2.1. Per quanto ancora di interesse, quel tribunale opinò che: i ) la mancanza di data certa di una scrittura privata prodotta in atti, invocata, per la prima volta, in quella sede dall’opposto, doveva considerarsi come eccezione in senso lato e, ove risultante dagli atti, oggetto di possibile rilievo ex officio da parte del giudice; ii ) il contratto di conto corrente n. 14633,78 del 5 giugno 2001, sottoscritto dalle parti e depositato da Banca Monte dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., non aveva data certa anteriore al fallimento; iii ) la ‘ lettera contratto di credito ‘, prodotta dalla medesima Banca, su cui risultava apposto il timbro postale e con cui quest’ultima aveva concesso alla società poi fallita alcune linee di credito da utilizzarsi mediante apertura di credito nel predetto conto corrente, conteneva unicamente un riferimento al rapporto di conto corrente di corrispondenza identificato con il n. 14633,78, ma da essa non poteva desumersi un chiaro riferimento al contratto dell’indicato conto corrente, né dalla stessa era possibile desumere il contenuto di detto
contratto ed individuare con certezza le condizioni effettivamente applicate dalla Banca, se non con una operazione di ricostruzione ex post come fatto dal nominato c.t.u.; iv ) ai fini del riconoscimento del credito in sede concorsuale, sarebbe stato necessario non solo fornire prova dell’esistenza del contratto, ma anche del suo contenuto, il quale non poteva essere dedotto con un meccanismo ricostruttivo dei rapporti nascente dall’esame degli estratti conto nei casi in cui, come accaduto nella specie, la curatela avesse contestato non solo la corretta applicazione delle clausole pattuite, ma anche la completezza della documentazione prodotta.
Per la cassazione di questo decreto è stato proposto ricorso ‘ Nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, , che agisce tramite la propria procuratrice, , RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE ‘ , affidato a tre motivi. Il fallimento RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere il Tribunale di Roma valorizzato, ai fini della valutazione circa la sussistenza di data certa anteriore al fallimento del contratto di conto corrente, tutta la documentazione versata in atti ». In particolare, si ascrive al giudice a quo di non aver valorizzato, al fine suddetto, la ‘ lettera contratto di credito ‘ del 6 giugno 2001, depositata dall’opponente, su cui risultava apposto il timbro postale e, dunque, pacificamente munita di data certa, con cui la Banca aveva concesso alla società poi fallita talune linee di credito da utilizzarsi mediante apertura di credito nel conto corrente n. 14633,78 per cui è causa. Si assume che tale ‘ lettera contratto di credito ‘ « contiene, al suo interno, un espresso riferimento al conto corrente 14633,78 », sicché « deve ritenersi che il contratto di apertura del conto corrente 14633,78 sia di formazione anteriore rispetto a tale lettera, e quindi anche anteriore rispetto al fallimento della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE (dichiarato -giova ricordarlo -in data 13 febbraio 2015 , »;
II) « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale di Roma ritenuto non provato il contenuto del contratto di conto corrente n. 14633,78 per cui è causa in ragione del l’incompletezza degli estratti conto versati in atti ». Si deduce che: i ) « costituisce ormai ius receptum , nel nostro ordinamento, il principio secondo cui nei rapporti bancari in conto corrente, una volta esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, di talune pattuizioni contrattuali (quali, ad esempio, quelle relative agli interessi), la rideterminazione del saldo debba avvenire mediante integrale ricostruzione del dare e dell’avere sulla base di dati contabili certi in ordine alle o perazioni annotate nel conto sin dalla sua apertura, la cui prova può essere fornita mediante produzione integrale degli estratti conto ma, non essendo previsti limiti al riguardo, può essere ugualmente desunta anche da partitari interni come le schede dei movimenti, oppure da altri documenti ugualmente idonei ad attestare il compimento dei negozi da cui derivano ( ex multis , Cass., 13 marzo 2017, n. 6384) »; ii ) fin dalla domanda di ammissione allo stato passivo, e poi nuovamente nel giudizio di opposizione, Banca Monte dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. aveva versato in atti -inter alia -« la serie completa degli estratti conto a partire da quello al 31 marzo 2006 sino a quello al 31 dicembre 2014 e, per il periodo intercorrente tra la data di apertura del conto corrente e il 31 dicembre 2005, una lista di movimenti rigenerati dal sistema informatico della Banca , la cui completezza è stata poi confermata anche dalla c.t.u. esperita nel corso del giudizio di opposizione ». Il tribunale capitolino, dunque, « avrebbe dovuto considerare il contenuto del contratto di conto corrente per cui è causa come adeguatamente provato, posto che la Banca aveva regolarmente adempiuto all’onere probatorio su di essa gravante ex lege documentando per l’intero periodo di durat a del rapporto l’andamento del rapporto di conto corrente ed il relativo saldo e non potendosi evidentemente opporre -per le ragioni appena esposte -alcuna contestazione in ordine all’idoneità, completezza ed esaustività della documentazione allegata da RAGIONE_SOCIALE »;
III) « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale di Roma ritenuto non provata la consistenza del credito azionato in ragione dell’incompletezza degli estratti conto versati in atti ». Fermo restando tutto quanto già dedotto con il secondo motivo in ordine all’utilizzabilità di evidenze probatorie diverse dalla serie completa degli estratti conto, si assume che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo escluso, in linea generale, che, in presenza di documentazione incompleta circa l’andamento del conto corrente, si imponga comunque di disattendere la domanda proposta dalla banca, e che, pertanto, è improprio collegare sistematicamente alla mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista (e, dunque, a credito della banca), la conseguenza di un totale rigetto della pretesa azionata. « Poiché, dunque, la documentazione versata in atti da RAGIONE_SOCIALE anche per il periodo precedente a quello per cui risultano regolarmente prodotti gli estratti conto consentiva di dimostrare che la società correntista (ossia, la RAGIONE_SOCIALE, oggi in RAGIONE_SOCIALE e fallita) aveva maturato un debito nei confronti della Banca esattamente pari al saldo (negativo) iniziale risultante dal primo estratto conto disponibile -e la Banca, pertanto, aveva debitamente eliminato qualunque incertezza in ordine al fatto che all’inizio del periodo rendicontato il correntista potesse essere divenuto creditore di un determinato importo -il Tribunale di Roma, invece di rigettare in toto la pretesa creditoria azionata da RAGIONE_SOCIALE, con il Decreto avrebbe potuto e dovuto accogliere l’opposizione della Banca e ammettere RAGIONE_SOCIALE al passivo del Fallimento per uno degli importi risultati come ad essa dovuti in base alla CTU esperita nel corso del giudizio di opposizione, posto che le varie ipotesi di ricalcolo di cui alle risultanze peritali dimostravano, in ogni caso, un saldo di conto corrente negativo e quindi a credito della Banca ».
Anteriormente allo scrutinio del primo motivo di ricorso, giova doverosamente ricordare che l’art. 2704 cod. civ. non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autentica deve ritenersi certa rispetto ai terzi, ma lascia al giudice di
merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza del fatto (diverso dalla registrazione) idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 12090 del 2023; Cass. 12959 del RAGIONE_SOCIALE; Cass. n. 23425 del 2016; Cass. n. 24793 del 2008; Cass. n. 23793 del 2006), sia pure con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere altresì sottratto alla sua disponibilità, di modo che il fatto atipico, da cui risulti l’anteriorità della formazione del documento, sia fornito di un livello di certezza uguale a quello dei fatti tipici menzionati nella prima parte della stessa norma ( cfr. Cass. n. 12090 del 2023; Cass. n. 27192 del 2019; Cass. n. 26115 del 2017; Cass. n. 19656/2015, in tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, e Cass. n. 2299 del 2012).
2.1. Sempre in tema di opponibilità della data della scrittura privata ai terzi, è altrettanto pacifico che, qualora manchino le situazioni tipiche di certezza contemplate dall’art. 2704, comma 1, cod. civ., la prova di un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento può avvenire anche attraverso testimoni o presunzioni, sempre che esse evidenzino un fatto munito della specificata attitudine richiesta, e non siano rivolte, in via meramente indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento ( cfr., ex multis , Cass. n. 6985 del 2019; Cass. n. 21446 del 2023).
2.1.1. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, infine ( cfr ., per tutte, Cass., SU, n. 4213 del 2013, ribadita, in motivazione, dalla più recente Cas. n. 33724 del 2022), il curatore, in sede di formazione dello stato passivo, deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l’istanza di ammissione, conseguendone l’applicabilità della disposizione contenuta nell’art. 2704, comma 1, cod. civ.. Ne discende che l’onere probatorio incombente sul creditore istante in sede di ammissione al passivo può ritenersi soddisfatto ove questi produca documentazione idonea, perché dotata di data certa antecedente all’apertura del concorso, e come tale opponibile ai creditori, a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata.
Fermo quanto precede, il primo motivo di ricorso si rivela inammissibile, ex art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ., per la ragione, affatto dirimente, di cui appresso.
3.1. Invero, la scrittura privata che viene in rilievo ai fini della verifica in discorso, laddove la domanda di insinuazione riguardi un credito derivante dal saldo negativo di un conto corrente intestato al fallito, è, innanzitutto, il contratto con il quale banca e cliente si determinano all’apertura del rapporto, l’accertamento della cui data certa ex art. 2704 cod. civ. consente di opporre alla massa dei creditori il suo contenuto negoziale.
3.1.1. Trattandosi, peraltro, di contratto che richiede la forma scritta ad substantiam , la sua prova non può essere data con altro mezzo ( cfr . Cass. n. 17080 del 2016; nello stesso senso Cass. n. 4705 del 2011 e Cass. n. 2319 del 2016, secondo cui la prova del contratto privo di data certa può essere data con ogni mezzo, ‘ salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del contratto stesso ‘).
3.2. Questa Corte, poi, ha già chiarito che « L’inopponibilità di cui all’art. 2704 cod. civ., che non riguarda il negozio, ma la data della scrittura e che non attiene all’efficacia dell’atto, ma alla prova di esso che si intende dare a mezzo del documento, implica che il negozio e la sua stipulazione in data anteriore al fallimento possono essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall’ordinamento, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio stesso; in conseguenza, ove il contratto sia soggetto alla forma scritta ad substantiam, l’assenza di data certa della scrittura privata che documenta il contratto implica che il creditore non possa far valere nei confronti del fallimento alcun diritto di credito che si fondi sul detto titolo negoziale » ( cfr ., in termini, Cass. n. 36602 del 2022. Affermazione assolutamente analoga, peraltro, è desumibile anche dalla motivazione di Cass. n. 33724 del 2022).
3.2.1. In particolare, la menzionata Cass. n. 36602 del 2022 -resa in fattispecie sostanzialmente analoga a quella oggi in esame -è giunta a ribadire quel principio dopo aver rimarcato che « Il requisito della data certa è riferito all’efficacia che può avere una scrittura privata nei confronti dei
soggetti terzi che non ne siano sottoscrittori e, quindi, all’attitudine del documento a produrre effetti in capo a detti soggetti: l’art. 2704 c od. civ., a mente del quale la data della scrittura non è, di regola, certa e computabile riguardo ai terzi, disciplina, in altri termini, il tema dell’opponibilità di detta scrittura. In tal senso, l’inopponibilità di cui all’art. 2704 cod. civ. non riguarda il negozio, ma la data della scrittura e non attiene all’efficacia dell’atto, ma alla prova di esso che si intende dare a mezzo del documento; il negozio e la sua stipulazione in data anteriore al fallimento possono conseguentemente essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall’ordinamento, salve, però, le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio stesso (Cass. 5 febbraio 2016, n. 2319; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4705; si tratta di principi consolidati nella giurisprudenza della Corte: si vedano, in tema, i risalenti arresti di Cass. 28 giugno 1979, n. 3626 e Cass. 12 luglio 1965, n. 1465). Se, dunque, il contratto è soggetto alla forma scritta ad substantiam , lo stesso deve essere documentato da uno scritto munito di data certa anteriore all’apertura della procedura concorsuale (per tutte: Cass. 1 marzo 1973, n. 564 e Cass. 26 aprile 1968, n. 1268). Non è possibile, invece, fornire riscontro del contratto, quale fatto costitutivo del credito che si intende insinuare al passivo del fallimento, con altri mezzi di prova, come, in ipotesi, la prova testimoniale o la prova per presunzioni, giacché il regime formale dell’atto che osta, del resto, all’ammissione delle prove suddette, giusta gli artt. 2725 e 2729, comma 2, cod. civ. -impedisce che il negozio privo della forma prescritta possa essere fatto valere come fonte di diritti, e possa esserlo, in particolare, nei confronti della procedura concorsuale. Risulta coerente con tale ordine di considerazioni l’affermazione di questa Corte per cui l’insinuazione al passivo di una procedura di amministrazione straordinaria di un credito fondato su di un contratto di conto corrente bancario, per la validità del quale è prevista la forma scritta ad substantiam, postula l’accertamento dell’anteriorità della data di quest’ultimo, ex art. 2704, comma 1, cod. civ., rispetto alla sentenza dichiarativa dell’insolvenza, in ragione della terzietà dell’organo gestore della procedura verso i creditori concorsuali ed il debitore, senza che la banca possa
avvalersi, a fini probatori del credito invocato, degli estratti del conto stesso (così Cass. 12 agosto 2016, n. 17080). In assenza della condizione consistente nell’acquisizione al giudizio del documento, avente data certa anteriore al fallimento, che incorpora il contratto soggetto alla forma scritta (e tale è il contratto bancario, giusta l’art. 117, comma 1, t.u.b.), non vi è modo di affermare che vi sia prova della sussistenza della fonte negoziale sulla quale si fonda la pretesa creditoria. Non merita allora condivisione l’affermazione (cfr. Cass. 12 aprile RAGIONE_SOCIALE, n. 9074, seguita da Cass. 23 ottobre 2019, n. 27203) per cui la detta evenienza non esclude che possa risultare provata la corresponsione di una o più somme da parte del creditore e, quindi, sia la ricorrenza di un suo corrispondente credito da restituzione in linea capitale, sia la stessa natura contrattuale del credito. Se, infatti, il titolo contrattuale è inopponibile al fallimento, esso non può essere fatto valere, nei confronti della procedura, quale fonte di alcuna attribuzione patrimoniale, riguardi essa gli interessi o il capitale. Il fatto costitutivo della pretesa del creditore insinuato dovrà ricercarsi altrove: in altro contratto la cui documentazione sia opponibile al fallimento o in un titolo di diversa natura, come, in via di mera ipotesi, il pagamento dell’indebito o l’arricchimento senza causa ».
3.3. È evidente, quindi, alla stregua delle riportate considerazioni, condivise dal Collegio, che, nella specie, da un lato, la pacifica carenza di data certa del contratto di conto corrente del 5 giugno 2001, n. 14633,78, prodotto dall’istituto di credito in sede di verifica del passivo e di successiva opposizione ex art. 9899 l.fall., non poteva che comportare l’inidoneità di quel titolo contrattuale a giustificare, nei confronti della procedura concorsuale, qualsivoglia attribuzione patrimoniale (sia quanto ad interessi che a capitale); dall’altro, che nemmeno poteva supplirsi a detta carenza mediante la ‘ lettera di credito ‘, munita di timbro postale (anteriore al fallimento), invocata dal medesimo istituto, altresì ricordandosi pure, quanto a quest’ultima , che, come recentemente sancito da Cass. n. 34755 del 2023 ( cfr. in motivazione), «l’istituto della data certa, ai fini della opponibilità, riguarda un atto che, con un giudizio di certezza, viene in rilievo nella sua
precisa, conoscibile, dunque completa, esistenza, non è certo sufficiente, a tal fine, la mera menzione del suo contenuto in altro atto» (la menzionata ‘ lettera di credito ‘, invece, contiene soltanto la mera indicazione del contratto di conto corrente suddetto, peraltro neanche nella sua integralità).
3.3.1. A tanto deve solo aggiungersi che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, gli estratti conto, in sé considerati, non soddisfano la condizione posta dall’art. 2704, comma 1, cod. civ., essendo stato escluso che, ai fini dell’accertamento dell’anteriorità della data di un contratto di conto corrente bancario, la banca possa avvalersi, a fini probatori del credito invocato, degli estratti del conto stesso ( cfr . Cass. n. 17080 del 2016; Cass. n. 16404 del RAGIONE_SOCIALE).
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso possono considerarsi assorbiti, atteso che, una volta escluso -per quanto si è detto in precedenza -che il titolo costituito dal contratto di conto corrente n. 14633,78 invocato dalla banca, potesse giustificare, in favore di quest’ultima e nei confronti della procedura concorsuale, qualsivoglia attribuzione patrimoniale (sia quanto ad interessi che a capitale), la pretesa della odierna ricorrente avrebbe dovuto trovare fondamento in un titolo di diversa natura, come, in via di mera ipotesi, il pagamento dell’indebito o l’arricchimento senza causa . Alcunché, tuttavia risulta essere stato dedotto, a tal fine, innanzi al giudice di merito.
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso ‘ Nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, , che agisce tramite la propr ia procuratrice, , RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE ‘ , deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ., quanto al suo primo motivo, con assorbimento degli altri.
5.1. Non vi è necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo rimasto solo intimato il fallimento RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, mentre va dato atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile