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Danno reputazionale: non basta il protesto illegittimo

Un amministratore di società chiede il risarcimento per danno reputazionale a seguito del protesto illegittimo di un assegno. La Cassazione conferma le decisioni di merito, rigettando la tesi del danno ‘in re ipsa’ e ribadendo che l’attore deve allegare e provare l’effettivo pregiudizio subito, non essendo sufficiente la sola illegittimità del protesto.

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Danno Reputazionale da Protesto Illegittimo: La Prova è a Carico del Danneggiato

L’illegittimo protesto di un assegno può ledere l’immagine di una persona, ma questo non garantisce un risarcimento automatico. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi lamenta un danno reputazionale ha l’onere non solo di allegare, ma anche di provare concretamente il pregiudizio subito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Risarcimento all’Appello in Cassazione

Un amministratore di un’importante società estera ha citato in giudizio un professionista e un istituto di credito, chiedendo il risarcimento per i danni alla sua immagine personale e professionale a seguito di quello che riteneva un ingiusto protesto di un assegno.

La sua domanda, però, è stata respinta sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello. I giudici di merito hanno ritenuto che l’attore non avesse fornito prove sufficienti del pregiudizio lamentato. In particolare, la Corte d’Appello ha sottolineato che la domanda era carente fin dall’inizio in termini di allegazione, poiché non erano stati specificati gli elementi di fatto rilevanti per dimostrare il danno, al di là della sua posizione professionale. Di conseguenza, l’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica sul Danno Reputazionale

Il cuore della questione legale ruota attorno a un concetto preciso: il danno reputazionale può essere considerato in re ipsa, cioè implicito e automatico nel fatto illecito (il protesto illegittimo), oppure necessita di una prova specifica?

Il ricorrente sosteneva che il solo protesto, con le sue conseguenze ope legis (come il divieto di emettere assegni), fosse di per sé una prova sufficiente del danno, specialmente per una figura con un ruolo amministrativo di rilievo. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha seguito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che va in direzione opposta.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il Rigetto del Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Analizziamo i punti salienti della loro decisione.

Il Primo Motivo: L’Onere della Prova del Danno

I giudici hanno chiarito che la semplice illegittimità del protesto, pur essendo un indizio dell’esistenza di un danno alla reputazione, non è sufficiente per ottenerne la liquidazione. È necessario che la lesione sia grave e il danno non futile. Spetta al danneggiato l’onere di allegare e provare, anche attraverso presunzioni semplici, gli elementi di fatto da cui desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio.

La Corte ha specificato che ogni pregiudizio ai diritti immateriali della personalità (come l’immagine e la reputazione) non costituisce un mero ‘danno-evento’, ma deve essere oggetto di allegazione e prova. Insistere su un criterio diverso, basato su un automatismo risarcitorio, non trova fondamento nell’attuale panorama giurisprudenziale.

Gli Altri Motivi di Ricorso

Anche gli altri motivi del ricorso sono stati respinti. La censura relativa al comportamento della banca è stata giudicata troppo generica e non autosufficiente. La richiesta di compensazione delle spese processuali è stata respinta perché la decisione sulla condanna alle spese rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se non per vizi specifici, qui non riscontrati.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento in materia di risarcimento del danno non patrimoniale. È stato da tempo superato l’orientamento che riconosceva il cosiddetto danno in re ipsa. Oggi, la giurisprudenza è pacifica nel richiedere che qualsiasi tipo di danno, anche quello alla reputazione, sia provato nella sua esistenza ‘ontologica’.

Questo significa che il danneggiato deve fornire al giudice elementi concreti per valutare il pregiudizio. Non basta affermare di aver subito un danno all’immagine a causa del proprio ruolo professionale. È necessario specificare, ad esempio, se si sono perse opportunità lavorative, se si sono deteriorati rapporti commerciali, se si è subito un discredito in un determinato ambiente sociale o professionale. Queste allegazioni devono poi essere supportate da prove, che possono includere testimonianze, documenti o presunzioni basate su fatti noti e provati.

La Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che la domanda iniziale era carente proprio su questo punto: mancavano allegazioni specifiche, e a questa carenza era seguita l’omessa articolazione di mezzi istruttori adeguati. Senza la prova dell’esistenza del danno, il giudice non può procedere a una liquidazione, neppure in via equitativa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un’importante lezione pratica: chi subisce un illecito come un protesto illegittimo non può dare per scontato il risarcimento del danno reputazionale. Per avere successo in un’azione legale, è indispensabile:

1. Allegare specificamente: Descrivere in modo dettagliato e circostanziato quali sono state le conseguenze negative dell’illecito sulla propria vita personale e professionale.
2. Provare il danno: Predisporre e presentare tutti i mezzi di prova (documenti, testimoni, etc.) idonei a dimostrare l’effettiva esistenza e l’entità del pregiudizio subito.

L’illegittimità del fatto è solo il punto di partenza, non il traguardo. Senza una solida base di allegazioni e prove, anche un diritto legittimo rischia di non trovare tutela in tribunale.

L’illegittimità del protesto di un assegno è sufficiente per ottenere un risarcimento del danno alla reputazione?
No. Secondo la Corte, la semplice illegittimità del protesto è solo un indizio, ma non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno. È necessario che il danneggiato provi la gravità della lesione e la non futilità del danno.

Come può essere provato il danno reputazionale se non è considerato ‘in re ipsa’?
Il danno deve essere oggetto di allegazione e prova. Il danneggiato deve allegare gli elementi di fatto specifici da cui si può desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio. La prova può essere fornita anche tramite presunzioni semplici, ovvero deduzioni logiche basate su fatti noti e provati.

Il giudice può liquidare il danno in via equitativa anche se non c’è prova della sua esistenza?
No. La Corte ha chiarito che non si può procedere alla liquidazione del danno in via equitativa in mancanza della prova dell’esistenza (ontologica) del danno stesso. La liquidazione equitativa serve a determinare l’ammontare del risarcimento quando è difficile provarne il preciso importo, ma non può sostituire la prova che un danno sia effettivamente avvenuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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