Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26995 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26995 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29426-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l ‘AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappre sentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché sul ricorso 2536-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
– controricorrente –
entrambi proposti avverso la sentenza n. 2643/2022 della CORTE DI APPELLO di FIRENZE, depositata il 24/11/2022;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 16.1.2004 l’Agenzia del Demanio evocava in giudizio COGNOME Edoardo e la società RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Viareggio, esponendo che i convenuti avevano realizzato su un’area di sua proprietà un manufatto, del quale chiedevano la riconsegna, con condanna dei convenuti stessi al pagamento dell’indennità per l’occupazione di detto bene.
Nella resistenza dei convenuti il Tribunale, con sentenza n. 67/2008, rilevava che l’area era stata sdemanializzata e che dunque i rinnovi della concessione, intervenuti dopo tale evento, dovevano essere considerati sub specie di locazione o affitto. Poiché l’Agenzia non aveva fatto valere la scadenza del detto negozio, la domanda di restituzione del bene veniva rigettata. Egualmente dicasi per quella di pagamento dell’indennità di occupazione, avendo i convenuti
provveduto, nel tempo, a versare le somme richieste a titolo di rinnovo della originaria concessione.
Con sentenza n. 2085/2015 la Corte di Appello di Firenze dichiarava inammissibile il gravame interposto dall’Agenzia del Demanio avverso la decisione di prime cure.
Con sentenza n. 27560/2027 la Corte di Cassazione cassava detta pronuncia, rimettendo la causa alla medesima Corte di Appello.
Con la decisione oggi impugnata, n. 2643/2022, la Corte distrettuale affermava la carenza di legittimazione del COGNOME NOME e, rilevata la necessità della forma scritta per la locazione di beni di proprietà pubblica, e l’assenza, nella specie, di un contratto redatto in tal guisa, accoglieva, pertanto, la domanda di rilascio spiegata dall’Agenzia del Demanio, rigettando invece quella di corresponsione di una indennità da occupazione, perché non provata.
Ha proposto ricorso per la cassazione di detta decisione l’Agenzia del Demanio, affidandosi a tre motivi, a seguito del quale è stato radicato il giudizio n. 29426/2022.
Ha proposto successivo ricorso avverso la medesima pronuncia NOME COGNOME articolando un solo motivo, a seguito del quale è stato radicato il giudizio 2536/2023.
In prossimità dell’adunanza camerale, la società RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, il Collegio rileva che, trattandosi di ricorsi proposti avverso la medesima decisione, essi vanno riuniti ed il secondo in ordine temporale, proposto da COGNOME NOME, va considerato come ricorso incidentale.
Passando all’esame dei motivi del ricorso principale, con il primo di essi l’Agenzia del Demanio lamenta la violazione degli artt. 12 del D.L. n. 90 del 1990, 19 della legge n. 448 del 1998, 65 del D. Lgs. n. 300 del 1999, 1 della legge n. 311 del 2004 ed 1 del D.P.R. n. 296 del 2005, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto riconoscere la spettanza dell’indennità di occupazione del bene oggetto di causa, sulla base della natura fruttifera dei beni dello Stato e della loro necessaria utilizzazione a fronte del versamento di un corrispettivo.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2043, 2697, 2698 e 2727 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe dovuto considerare che l’utilizzazione di un immobile costituisce un fatto naturalmente foriero di un pregiudizio per il suo proprietario, a meno che la parte che lo occupa non fornisca la prova della natura assolutamente infruttifera del cespite.
Con il terzo motivo, infine, la parte ricorrente contesta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte territoriale non avrebbe considerato la domanda di risarcimento del danno che era stata proposta dall’Agenzia ricorrente.
Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate.
La Corte di Appello ha rilevato, al riguardo, che ‘… il danno da occupazione sine titulo, in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell’onere probatorio di tale natura non può includere anche l’esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto e la perdita di occasioni … Ebbene, nel caso di specie l’Amministrazione alla stregua di altro proprietario di bene immobile
privato non ha mai provato -né per la verità adeguatamente allegato le circostanze idonee a fondarloalcun danno derivante dall’occupazione sine titulo dell’immobile, ma si è semplicemente riportata in maniera del tutto indicativa alla richiesta di un indennizzo equiparabile al valore del canone di locazione e sulla base di tale richiesta è stata svolta CTU, con carattere certamente esplorativo, che ha infatti proceduto a valutazioni e teoriche indagini di mercato, senza neppure citare offerte ricevute dall’Amministrazione né altra tipologia di prova documentale attestante un danno che -comunque- in quanto danno patrimoniale, deve essere provato, seppure con onere probatorio alleggerito …’ (cfr. pagg. 10 e 11 della sentenza impugnata).
Da tale passaggio della motivazione emerge che l’Agenzia ricorrente aveva parametrato il pregiudizio lamentato al canone di locazione del cespite, e tale modalità è del tutto coerente con l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il danno da occupazione sine titulo si configura in termini di normale inerenza all’impossibilità di disporre del bene e va apprezzato proprio facendo riferimento al valore locativo, dovendosi ribadire che ‘In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022, Rv. 666193 – 04). Pertanto, ‘… se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere
provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022, Rv. 666193 – 02).
Da quanto precede deriva l’erroneità del ragionamento seguito dal giudice del rinvio, in forza del quale è stata richiesta all’Agenzia ricorrente una prova piena del danno che. Prova che, alla luce di quanto precede, ben avrebbe potuto consistere nella presunzione che il bene, secondo l’id quod, avrebbe potuto essere messo a profitto, avendo attitudine locativa; il richiamo, poi, al valore locativo del cespite occupato risulta coerente con quanto chiarito dalle Sezioni unite.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, invece, COGNOME NOME lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello, avendo ravvisato la sua carenza di legittimazione passiva, non ha statuito sulle spese inerenti il rapporto processuale corrente tra lui e l’Agenzia del Demanio.
La censura è assorbita dall’accoglimento del ricorso principale.
Va, tuttavia, osservato che la Corte di Appello, all’esito del giudizio di rinvio, ha ritenuto sussistenti i presupposti per la integrale compensazione delle spese di causa, giustificando tale statuizione ‘in ragione della natura della lite e degli esiti dei vari gradi’ (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata). Tale motivazione non è idonea a giustificare la compensazione delle spese, poiché l’art. 92 c.p.c., nella formulazione vigente ratione temporis , la ammette soltanto nella ricorrenza di un’ipotesi di reciproca soccombenza o di altre gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere adeguatamente esplicitate in motivazione. Non rientrano in tale ambito espressioni di stile quali il richiamo alla “peculiarità della materia del contendere” (cfr. Cass. Sez. 6 -5,
Sentenza n. 11217 del 31/05/2016, Rv. 639907 e Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 14411 del 14/07/2016, Rv. 640558) o il mero riferimento a ragioni di giustizia o al diverso esito del giudizio di primo grado (cfr. Cass. Sez. 6 -5, Decreto n. 14546 del 13/07/2015, Rv. 635969) o ancora con l’uso di formule generiche non idonee a consentire il controllo della correttezza della statuizione (cfr. Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 22310 del 25/09/2017, Rv. 645998).
Resta, tuttavia, salvo il potere del giudice di merito di compensare le spese configurando le ‘gravi ed eccezionali ragioni’ in vista dell’oggettiva opinabilità delle questioni affrontate o dell’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 7992 del 11/03/2022, Rv. 664429), ovvero in presenza di questione nuova o di mutamento della giurisprudenza rispetto ai suoi profili dirimenti (cfr. Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 4696 del 18/02/2019. Rv. 652795), con giudizio che non deve necessariamente investire la valutazione giuridica, ma può anche riguardare la dimensione fattuale della fattispecie esaminata (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13294 del 19/05/2025, Rv. 674684).
Il giudice del rinvio, dunque, dovrà operare un nuovo governo delle spese, esteso anche a quelle del presente giudizio di legittimità, alla luce del complessivo esito della causa, tenendo conto del rilievo mosso in questa sede dal ricorrente incidentale. Peraltro, l’eventuale conferma della loro compensazione, totale o parziale, dovrà essere adeguatamente motivato nei termini suindicati.
In definitiva, il ricorso principale deve essere accolto e quello incidentale va dichiarato assorbito.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione ai motivi accolti, e la causa rinviata, anche per le spese del presente
giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Firenze, in differente composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa alla Corte di Appello di Firenze, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 16 settembre 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME