Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 318 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 318 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35923/2019 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 2138/2018 depositata il 10/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Presidente rel. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1.Con sentenza del 10/10/2018, la Corte d’appello di Ancona, in parziale accoglimento dell’appello proposto da COGNOME NOME contro COGNOME NOME, ha accolto la domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c. della proprietà in capo al COGNOME degli immobili indicati nell’atto di citazione, subordinando il trasferimento al pagamento da parte del COGNOME alla COGNOME del residuo corrispettivo di euro 146.976,00, ed ha rigettato invece la domanda del promissario acquirente di risarcimento del danno per mancato godimento dell’immobile.
Per quanto specificamente di interesse, la Corte territoriale ha rilevato che il preliminare prevedeva l’anticipata immissione nel ‘possesso’ -rectius , nella detenzione qualificata dell’immobile da parte del Visaggi, contestualmente alla stipula del preliminare, ma che questi non aveva poi richiesto il rilascio e che quindi non risultava un concreto interesse in capo al promissario acquirente alla detenzione qualificata (vedi anche l’erronea richiesta di riserva per persona da nominare), leso dalla promittente venditrice, né comunque risultava provato dall’appellante un concreto danno.
1.2. Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME sulla base di due motivi; si è difesa la COGNOME con controricorso.
1.3. Il Consigliere delegato ha formulato -ai sensi del novellato art. 380bis, comma 1, c.p.c. – proposta di definizione accelerata del ricorso, rilevando la manifesta infondatezza di ambedue i motivi del ricorso; con istanza depositata a mezzo pct, in data 11/5/2023, il Visaggi ha chiesto la decisione del ricorso, ex citato art. 380bis.,
comma 2, c.p.c. ed in vista dell’adunanza camerale, la COGNOME ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1.Col primo motivo, il ricorrente denuncia la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1218, art. 1219, art. 1322, art. 1223, art.1226 e art.2697 cc. in relazione all’art.360 c.1 n.3 c.p.c.’
Sostiene il Visaggi che era stato espressamente previsto in contratto, sub art. 6 che: ‘Il possesso giuridico ed il materiale godimento degli immobili oggetto del presente atto viene trasferito al promissario acquirente al momento della sottoscrizione della presente scrittura’; che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto gravata la parte dell’onere della richiesta di rilascio del bene, dato che in presenza dell’illecito contrattuale da parte della COGNOME, la mora automatica si estende ‘anche all’illecito contrattuale che non consista nel ritardo’; che in ogni caso, vi è stata la richiesta con la notifica della domanda giudiziale, per cui il Giudice del merito avrebbe dovuto liquidare il danno da lucro cessante, ancorato ad elementi presuntivi semplici, mediante il riferimento al cosiddetto ‘danno figurativo’.
2.2.Col secondo mezzo, il ricorrente si duole della ‘Nullità della sentenza per mancanza di motivazione per violazione dell’art.132, co.2, n.4 cpc, in relazione all’art. 360, co.1, n.4 c.p.c.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 1218, art. 1219, art.1322, art.1223, art.1226 e art.2697 cc. in relazione all’art.360, co.1 n.3 c.p.c.’.
Secondo il COGNOME, la sentenza impugnata deve ritenersi nulla, in quanto non sarebbe possibile comprendere in base a quale percorso logico ed a quali prove la Corte del merito sia pervenuta al rigetto della domanda.
3.1. Il secondo motivo, che logicamente precede il primo motivo, e in parte, quantomeno nella rubrica, lo reitera, è sfornito di fondamento.
La Corte del merito, a base del rigetto della doglianza relativa al mancato accoglimento della domanda risarcitoria, ha rilevato che il preliminare prevedeva l’anticipato ‘possesso’ da parte del promissario acquirente; che, per giurisprudenza consolidata, si tratta invero di detenzione qualificata; che il promissario acquirente non aveva richiesto detta detenzione, pur agendo successivamente ex art. 2932 c.c., ed erroneamente si era riservata la facoltà di nomina del terzo in sede di domanda giudiziale, né infine risultava un concreto danno da mancata disponibilità della detenzione qualificata.
In tal modo, la Corte d’appello ha chiaramente addotto le ragioni poste a base del rigetto della domanda risarcitoria.
E’ di chiara evidenza l’infondatezza del vizio processuale prospettato, dato che, come noto, la motivazione apparente o omessa ricorre quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture ( così, tra le tante, le pronunce 6758/2022 e 13977/19), o ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (così le pronunce 13248/20, 20921/19 e 9105/17, tra le altre).
3.2.Il primo motivo è infondato.
In primis , va rilevato che, come affermato dalle Sez.U. nella sentenza n. 7930/2008, e ribadito dalle pronunce rese a sezione semplice 1296/2010,9896/2010 e 5211/2016, nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della
stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem” ove non sia dimostrata una “interversio possessionis” nei modi previsti dall’art. 1141 c.c.
E’ stato altresì ritenuto nella sentenza delle Sez.U. n. 23825/2009, che, nel caso di preliminare ad effetti anticipati e di domanda risarcitoria avanzata dal promissario acquirente, spetta allo stesso dedurre e provare di avere richiesto la consegna del bene o di essersi ‘concretamente attivato per ottenere il possesso immediato dell’immobile fornendo al riguardo la propria cooperazione al fine di rendere possibile l’immissione in possesso’.
Ne consegue che la consegna dell’immobile, necessaria ai fini del comodato ex art. 1803 c.c., contratto reale ad effetti obbligatori, non costituisce un effetto obbligatorio del preliminare, ma obbligazione autonoma solo funzionalmente collegata al preliminare, tale per cui l’inadempimento di detto contratto non costituisce di per sé inadempimento del comodato.
Né infine, come risulta dalla trascrizione della domanda riportata nella parte espositiva del ricorso, il COGNOME ha richiesto il rilascio del bene con la domanda giudiziale, essendosi limitato ad agire per ottenere ex art. 2932 c.c. sentenza produttiva degli effetti del contratto di compravendita non concluso.
La Corte del merito, con ulteriore argomentazione, ha ritenuto in ogni caso non provato dal ricorrente il danno, e, sul punto, come già ritenuto dal Consigliere delegato nella proposta ex art. 380bis c.p.c., non può che richiamarsi la recente sentenza delle Sezioni Unite n. 33645/2022, secondo cui, in tema di risarcimento del
danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza; poiché l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti, l’onere probatorio sorge comunque per i fatti ignoti al danneggiante, ma il criterio di normalità che generalmente presiede, salvo casi specifici, alle ipotesi di mancato esercizio del diritto di godimento, comporta che l’evenienza di tali fatti sia tendenzialmente più ricorrente nelle ipotesi di mancato guadagno.
Oltre alla mancata allegazione e prova, va rilevato che l’assunto del ricorrente, di uso redditizio dell’immobile con la locazione, si scontra col rilievo che, ex art. 1804, comma 2, c.c., la concessione in godimento a terzi richiede il consenso del comodante.
4.1. Conclusivamente, va respinto il ricorso e, per il principio della soccombenza, va condannato il ricorrente alle spese, liquidate come in dispositivo e va applicato il comma 3 dell’art.380 bis. c.p.c., essendo stato definito il giudizio in conformità alla proposta (dovendo a riguardo considerarsi che la presente pronuncia ha soltanto aggiunto argomenti a quelli correttamente fatti valere nella proposta di definizione accelerata), con la condanna del Visaggi ex art. 96, commi terzo e quarto, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.400,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna il ricorrente altresì al pagamento di euro 2.000,00 a favore della controricorrente e di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso , a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 22/11/2023.