Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31278 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31278 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/12/2025
PROPRIETÀ
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14609/2021 R.G. proposto da: COGNOME difesi
CANNONIERO ROSARIO, ULTURALE NOME, NOME, CONZA IMMACOLATA, rappresentati e dall’avvocato NOME COGNOME .
– Ricorrenti –
Contro
COMUNE DI GIFFONI VALLE PIANA.
– Intimato –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1444/2020 depositata il 21/12/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 25 novembre 2025.
Rilevato che:
Con atto di citazione notificato il 13 febbraio 2007, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME convenivano, davanti al Tribunale di Salerno, il RAGIONE_SOCIALE di
Giffoni Valle Piana, chiedendone la condanna, ai sensi dell’art. 2043 c.c., al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, causati agli attori dalla confisca degli immobili di loro proprietà, disposta dal Tribunale penale di Salerno e, in subordine, per la condanna del l’ente convenuto, a titolo di arricchimento senza causa, al rimborso delle somme che gli attori avevano versato per l’acquisto degli immobili confiscati.
Sostenevano di avere acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE degli immobili per civile abitazione e che il piano di lottizzazione approvato dal RAGIONE_SOCIALE era stato ritenuto illegittimo e abusivo nell’ambito di un procedimento penale a carico di amministratori e funzionari dell’ente comunale, ragion per cui gli stessi immobili erano stati prima sequestrati e poi confiscati, con sentenza del Tribunale penale di Salerno n. 1069/2006, confermata dalla Corte d’appello, con sentenza 1209/2009, e dalla Corte di cassazione, con sentenza 10383/2011; che agivano contro il RAGIONE_SOCIALE al fine di sentirne accertare la responsabilità e per ottenere il risarcimento dei danni ad essi causati da ll’attività de gli amministratori e funzionari comunali.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Giffoni Valle Piana, costituendosi, contestava la domanda e chiedeva che fosse respinta.
Il Tribunale di Salerno, con sentenza 1266 del 2014, emessa dopo l’acquisizione dell ‘ ordinanza di revoca della confisca degli immobili di proprietà degli attori, disposta in data 31 gennaio 2012 dalla Corte d’appello di Salerno, quale giudice dell’esecuzione penale, e confermata dalla Cassazione, in parziale accoglimento della domanda, la riteneva fondata dal punto di vista dell’ an , ma la respingeva sotto il profilo del quantum , per mancanza di prova del danno, e condannava il RAGIONE_SOCIALE convenuto al pagamento della metà delle spese di lite, con compensazione della metà residua.
2. Proposti appello principale dagli attori e appello incidentale da parte del RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana in relazione, quanto a quest’ultimo, alla condanna al pagamento della metà delle spese del giudizio, la Corte d’appello di Salerno rigettava entrambi i gravami per queste ragioni: (i) con riferimento all’appello principale degli attori, disconosceva la sussistenza del danno in re ipsa invocato dagli appellanti sulla base della giurisprudenza della Corte EDU (testuale) ‘ n. 74090 del 10 .05.12’ , sul rilievo che quest’ultima pronuncia si riferiva alla controversia relativa alla restituzione alle ditte proprietarie di suoli irreversibilmente trasformati da opere pubbliche nel periodo di vigenza della confisca, per cui non era possibile, da parte dello Stato, ripristinare interamente la situazione precedente l’emissione della sanzione, con l’ulteriore precisazione che, in quel caso, la confisca risultava adottata in violazione della Convenzione Europea, sicché, per il giudice d’appello, quella fattispecie concreta non poteva assurgere a precedente giurisprudenziale in questo giudizio; (ii) per costante orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte non è configurabile un danno in re ipsa giacché la lesione del diritto è il presupposto del danno e non il danno stesso, il quale ricorre soltanto se dalla lesione del diritto sia derivata una perdita patrimoniale o non patrimoniale; (iii) né il danno può essere liquidato in via equitativa, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c., poiché il relativo potere da parte del giudice presuppone che sia dimostrata l’oggettiva impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare, laddove, nella specie, gli attori non hanno fornito prova del danno lamentato, né in relazione al profilo patrimoniale, non avendo essi neppure dedotto in che modo la temporanea indisponibilità degli immobili abbia inciso sulle loro sfere patrimoniali, né sotto il profilo del danno morale o esistenziale, non avendo gli stessi allegato elementi idonei a dimostrare il prospettato danno non
patrimoniale; (iv) infine, è conforme a diritto la decisione sulle spese adottata dal giudice di prime cure, il quale ne ha disposta la compensazione per metà sul rilievo che la domanda attorea era stata respinta sia per l ‘ intervenuta revoca della confisca, che aveva comportato l’esclusione di un danno da perdita del diritto di proprietà, sia per la mancanza di prova dei danni che gli appellanti avrebbero subito nel periodo di vigenza della confisca, il che, conclude la Corte di Salerno, denota la corretta applicazione, da parte del Tribunale, del principio dell’art. 92 comma 2 c.p.c., che attribuisce al giudice il potere discrezionale di compensare le spese in caso di soccombenza reciproca.
Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, sulla base di sette motivi, illustrati da memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Giffoni Valle Piana non ha svolto difese.
Considerato che:
Primo motivo: violazione degli artt. 158 c.p.c., 118 ultimo comma disp. att. c.p.c., 119 disp. att. c.p.c., 276 c.p.c., nullità della sentenza per carenza di potestas iudicandi .
La sentenza sarebbe nulla in quanto del collegio decidente ha fatto parte un giudice ausiliario (AVV_NOTAIO), quale estensore del provvedimento, in violazione della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 17 marzo 2021, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme concernenti l’istituzione e la disciplina dei giudici onorari ausiliari.
Secondo motivo: violazione della regola di conformazione del diritto interno alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e violazione dell’art. 7 della CEDU, che prevede il ristoro del danno,
anche in via equitativa, senza necessità di prova della sua effettiva sussistenza.
La sentenza sarebbe viziata perché non si conforma ai principi della CEDU e perché si pone in contrasto con l’ art. 7 della Convenzione europea, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo, la quale ha ripetutamente affermato che è giusto ed equo riconoscere ai danneggiati un risarcimento per il pregiudizio derivato dalla indisponibilità dei beni, anche per il solo periodo in cui gli stessi sono stati gravati dalla confisca. Con l’ulteriore considerazione che il parametro di valutazione equitativa del danno consiste in una somma pari all’interesse legale sul controvalore dell’immobile , per tutta la durata della confisca, oppure è dato dal valore medio del canone di locazione degli immobili, per il periodo in cui sono stati gravati dalla misura ablativa.
Terzo motivo: violazione dell’art. 7 della CEDU.
La sentenza sarebbe viziata per non aver riconosciuto agli attori un danno commisurato all’intero periodo, pari a sei anni e sei mesi, durante il quale si è protratta l’indisponibilità de gli immobili in capo ai proprietari, per effetto dell’applicazione della confisca, misura che poi è revocata.
Quarto motivo: violazione dell’art. 2043 c.c. e degli artt. 1226, 2056 e 2059 c.c., sulla liquidazione del danno in via equitativa.
La sentenza sarebbe viziata da più punti di vista: perché pare affermare che la revoca della confisca sarebbe sufficiente ad elidere il danno sofferto dal proprietario dell’immobile; perché la lottizzazione abusiva ha senz’altro causato una lesione del diritto di proprietà, che dà luogo al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali; perché non considera che la prova del pregiudizio può essere data anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza; perché, nella specie, è configurabile un danno da perdita
di chance , avendo il RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana precluso la possibilità, per gli attori, di trarre i frutti da beni immobili fruttiferi.
Quinto motivo: violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., relativamente alla prova per presunzioni; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione allo snodo argomentativo (a pag. 6) della sentenza che nega la possibilità di liquidazione equitativa del danno in quanto l’esercizio di tale potere del giudice presupporrebbe l’oggettiva impossibilit à di provare il danno nel suo preciso ammontare.
Si addebita alla Corte di appello di avere trascurato che si è in presenza di un danno in re ipsa , la cui prova può essere data anche per presunzioni semplici, facendo riferimento, a titolo d’esempio, al valore locativo del bene.
Sesto motivo: omessa pronuncia circa la richiesta di corresponsione di un equo indennizzo per il pregiudizio patito a causa della indisponibilità dei beni immobili. Liquidazione automatica e senza necessità di prova del quantum .
La Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciare sulla richiesta degli appellanti di condanna del RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana ad un indennizzo conseguente all’applicazione dell’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, che impone l’applicazione della misura della confisca in caso di accertamento del reato di lottizzazione abusiva, i cui effetti pregiudizievoli, in assenza del detto indennizzo, finirebbero per riverberarsi direttamente sui terzi di buona fede, estranei al reato.
Settimo motivo: violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., relativamente alla compensazione delle spese in caso di soccombenza reciproca.
La sentenza sarebbe viziata nella parte in cui ritiene legittima la compensazione della metà delle spese di lite disposta dal Tribunale in applicazione del principio della soccombenza reciproca, senza
avvedersi che la domanda di parte convenuta era stata totalmente respinta e che, dal canto loro, gli attori erano risultati totalmente vittoriosi in primo grado, benché la loro domanda fosse stata accolta soltanto parzialmente (cioè, esclusivamente in punto di ‘ an debeatur ‘).
8. Il primo motivo è infondato.
La sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2021 ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, per violazione dell’art. 106, primo e secondo comma, Cost., gli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., nella legge n. 98 del 2013, nella parte in cui istituiscono e disciplinano la figura dei giudici onorari ausiliari d’appello. Visto, tuttavia, l’apporto dei medesimi giudici ausiliari allo smaltimento o al contenimento dell’arretrato del contenzioso civile, la Corte costituzionale ha differito gli effetti di tale declaratoria al momento della entrata in vigore della riforma in itinere della magistratura onoraria (31 ottobre 2025), specificando che, fino a tale data, è rimasta legittima la costituzione dei collegi delle Corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio.
Conseguentemente, questa Corte (Cass. nn. 32065/2021, 15045/2021, 14874/2022) ha più volte affermato che, in seguito a tale sentenza del Giudice delle leggi, le corti di appello potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del 31 ottobre 2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, atteso che, sino ad allora, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari, al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili.
È sufficiente aggiungere che la partecipazione dei giudici ausiliari ai collegi di corte d’appello può consistere tanto nella assunzione del ruolo di componente del collegio, quanto nell’assunzione del ruolo di consigliere relatore ed estensore della decisione.
Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati insieme per connessione, sono infondati.
È necessaria una premessa: la Corte EDU, nella sentenza del 10 maggio 2012 (ricorso n. 75909/01 – Causa RAGIONE_SOCIALE e altri c. Italia), nella vicenda ‘ Punta Perotti ‘ , muovendo dalla constatazione che le autorità nazionali avevano revocato la confisca dei terreni interessati dai piani di lottizzazione e ordinato la loro restituzione agli aventi diritto, richiama (al par. 54) la propria precedente giurisprudenza secondo cui, in presenza di una misura arbitraria delle autorità italiane che ha colpito i beni delle ricorrenti, l’indennizzo da fissare dovrà dare l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze della misura controversa , nel senso che ‘ la riparazione deve, nei limiti del possibile, cancellare tutte le conseguenze dell’atto illecito e ripristinare lo stato che verosimilmente sarebbe esistito se il detto atto non fosse stato commesso. Restituzione in natura, o, se questa non è possibile, pagamento di una somma corrispondente al valore che avrebbe la restituzione in natura; se necessario, concessione di un risarcimento danni per le perdite subite ed eventualmente non coperte dalla restituzione in natura o dal pagamento sostitutivo di questa ‘.
Nel caso in esame, la Corte di Salerno, senza violare il principio di legalità dell’art. 7 (‘ Nulla poena sine lege ‘) della CEDU, rimarca correttamente che il precedente della giurisprudenza europea non è fondatamente invocabile poiché si riferisce ad una controversia avente ad oggetto la restituzione, alle ditte proprietarie, di suoli che, durante la (provvisoria) vigenza della confisca, erano stati trasformati
da opere pubbliche, sicché non era più possibile l’integrale ripristino dello status quo ante da parte dell ‘autorità nazionale.
A questo proposito, del resto, occorre rammentare che, nella vicenda ‘Punta Perotti’, cioè nella causa avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di Bari e della Regione Puglia, questa Corte (vedi Cass. n. 21759 del 2025, punto 8.6. delle ‘Ragioni della decisione’) ha schematicamente chiarito che la sentenza della Corte EDU: «a) ha affermato che l’indennizzo da fissare ‘dovrà dare l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze ‘ dannose (§ 54); b) ha ritenuto già risarcito in forma specifica il danno da perdita della proprietà; c) ha liquidato nel modo ritenuto di giustizia il danno da temporanea indisponibilità dei terreni ceduti all’amministrazione comunale e di quelli ingiustamente confiscati; d) ha ritenuto gli altri danni pretesi dalla RAGIONE_SOCIALE non causalmente collegati alla violazione, da parte dello Stato italiano, del diritto all’inviolabilità della proprietà e del principio nullum crimen sine lege , e di conseguenza ha dichiarato di ‘respingere’ (§§ 56 e 60) la relativa domanda: e dunque di rigettarla».
Enunciati, questi, che, se rapportati alla vicenda in esame, consentono di concludere che, salva la prova dell’esistenza di danni ulteriori, non è escluso che la restituzione ai proprietari dei terreni arbitrariamente confiscati rappresenti una misura già di per sé idonea e sufficiente a ‘cancellare’ tutt e quante le conseguenze dannose da questi ultimi sopportate nel periodo in cui la confisca era in atto.
A tale principio si è attenuto il giudice d’appello , il quale (come appresso indicato) ha affrontato e risolto negativamente la questione della sussistenza o meno di un danno (patrimoniale e/o non patrimoniale) risarcibile, che andasse ad aggiungersi al risarcimento
in forma specifica rappresentato dall ‘avvenuta restituzione in natura degli immobili ai legittimi proprietari.
Il quarto e il quinto motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono infondati.
Per la più recente giurisprudenza di questa Corte (vedi, tra le altre, Cass. n. 25286 del 2025), è danno in re ipsa quello coincidente con la mera lesione dell’interesse leso, a prescindere dalle conseguenze di tale lesione. In base ad una regola generale del diritto della responsabilità civile, il danno risarcibile presuppone conseguenze dannose di quella lesione e non si può identificare con essa. La tesi secondo cui, con riferimento al danno non patrimoniale, il danno è raffigurato da lla mera lesione dell’interesse leso, a differenza che nel caso di danno patrimoniale (ove invece occorre dimostrare la conseguenza pregiudizievole), non ha trovato accoglimento in giurisprudenza, la quale richiede la dimostrazione della conseguenza dannosa anche nel caso di lesione di diritti. Nulla vieta che la prova del danno possa essere data per presunzioni.
Fissato l’indispensabile antecedente concettuale, diviene agevole rispondere, negandone la fondatezza, ai motivi di censura; infatti, la Corte territoriale, attenendosi a questi principi, da un lato, ha negato l’esistenza di un danno in re ipsa , dall’altro, senza affatto escludere a priori la possibilità della prova presuntiva, basandosi su un giudizio di fatto che la Cassazione non può sindacare, ha argomentato (vedi pagg. 6-7 della sentenza) che gli attori non hanno provato né il danno patrimoniale, né quello non patrimoniale, non avendo essi allegato al riguardo alcun elemento idoneo, ed essendosi limitati a riproporre, in maniera generica e ripetitiva, e quindi inammissibilmente, le medesime tesi prospettate in primo grado.
11. Il sesto motivo è inammissibile.
La questione in esso veicolata è nuova, non è stata trattata dal giudice d’appello , e (prima ancora) non risulta neppure essere stata indicata nei motivi di impugnazione.
La sentenza risponde ai due motivi di gravame, il primo concernente l’asserita sussistenza di un danno in re ipsa derivante dalla confisca (poi revocata) degli immobili, il secondo in punto di parziale compensazione delle spese di primo grado, e non affronta la questione dell’indennizzo spettante agli attori /appellanti in base all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 . Come ricorda Cass. 27/09/2023, n. 27474 (che, in motivazione, menziona Cass. n. 32804/2019), qualora una questione giuridica -implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto. In precedenza si era chiarito che « inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano ‘nuove’ e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte » (Cass. 20/08/2015, n. 17049).
12. Il settimo motivo è infondato.
Secondo l’ orientamento consolidato di questa Corte (Sez. U., Sent. n. 32061 del 31/10/2022), in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande
contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi.
Così delimitato il campo della soccombenza reciproca, è evidente l’errore commesso dai giudici di merito nel ravvisare (appunto) una soccombenza reciproca delle parti, ai fini della liquidazione delle spese: infatti, in sostanza, la domanda degli attori non è stata parzialmente accolta, ma è stata integralmente respinta per effetto del mancato accoglimento della loro pretesa risarcitoria.
Il che significa, per un verso, che il Tribunale non avrebbe dovuto condannare il RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle metà delle spese, compensandole per la residua metà, basandosi su una soccombenza reciproca, in realtà insussistente; per altro verso, che la Corte d’appello avrebbe dovuto accogliere l’appello incidentale del RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana, che si doleva, fondatamente, di essere stato condannato al pagamento della metà delle spese.
Esclusa la possibilità per la Corte di una reformatio in peius , d’ufficio, della statuizione sulle spese, la doglianza va senz’altro disattesa in quanto i ricorrenti, che reclamano di essere stati integralmente vittoriosi, in realtà erano soccombenti, ciò che -si ripete – avrebbe consentito che venissero condannati a pagare per intero le spese del giudizio, senza alcuna compensazione nei confronti dell’ente convenuto, integralmente vittorioso .
13. In conclusione, il ricorso è respinto.
Nulla occorre statuire sulle spese del giudizio di cassazione, al quale il RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana non ha partecipato.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 111.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 25 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME