Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9301 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9301 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
sul ricorso 29340/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 694/2022 depositata il 27/04/2022;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 23/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva mandato in onda sulla propria rete la sera dell’8.8.2011 il film “Ricomincio da tre” di NOME COGNOME. Poiché il detto passaggio televisivo era avvenuto in difetto di un previo accordo con RAGIONE_SOCIALE, titolare dei diritti allo sfruttamento economico dell’opera, RAGIONE_SOCIALE si vedeva convenuta da RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Bari per il risarcimento del danno conseguente.
Il Tribunale respingeva il difetto di legittimazione attiva sollevato dalla convenuta sul presupposto che IIF avesse ceduto i diritti relativi all’opera a RAGIONE_SOCIALE -autorizzata con accordo di licenza, a cinque passaggi televisivi del film sulle proprie reti -considerando che, in disparte dalla transitorietà dell’accordo, IIF si era riservata, anche in vigenza dell’accorso, la facoltà di agire giudiziariamente a tutela dell’opera; ma rigettava, nel merito, la domanda di NOME assumendo che il danno non era in re ipsa , tanto più tendendo conto della vetustà dell’opera e dei numerosi passaggi televisivi che essa aveva conosciuto nel corso del tempo.
La Corte d’Appello di Bari, adita per la riforma di detta decisione da entrambe le parti, ha respinto, con la sentenza riportata in esergo, l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, motivato sul visto presupposto del difetto di legittimazione attiva di IIF, con i medesimi argomenti già enunciati dal Tribunale; ed ha invece accolto l’appello principale di IIF osservando che, contrariamente a quanto divisato dal primo giudice, «la lesione dei diritti di sfruttamento di un’opera dell’intelletto determina, quantomeno, la perdita di un guadagno per la titolare dei diritti suddetti e quindi, non vi è dubbio che un danno esista, sub specie di lucro cessante», tanto più considerando che per
la notorietà dell’opera il danno è praticamente in re ipsa , sì che, anche in difetto di una prova specifica, è possibile procedere alla sua liquidazione, giusta la disposizione dell’art. 158 l. 22 aprile 1941, n. 633, in via equitativa.
NOME si duole della sentenza in parola e ne chiede la cassazione sulla base di due motivi, seguiti da memoria, ai quali replica con controricorso IIF.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. poiché la Corte d’Appello avrebbe rigettato l’eccepito difetto di legittimazione attiva di IIF per effetto di un ‘ errata interpretazione degli accordi di licenza con RTI e, in particolare, per non essersi avveduta che la riserva ivi prevista in favore della licenziante di agire a tutela dell’opera era funzionale ad assicurarne l’incondizionato godimento accordato alla licenziataria, è inammissibile e si sottrae perciò al richiesto scrutinio.
2.2. Pur inquadrando la declinata doglianza correttamente poiché, nel mentre è da escludere che ci si trovi in presenza di un omesso esame di un fatto decisivo, cui porta a pensare il parametro cassatorio invocato -che oltretutto se così fosse incorrerebbe nella preclusione a suo tempo prevista dall’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ. -, neppure è ravvisabile, in relazione al congruo ed adeguato sviluppo del ragionamento decisorio in parte qua , il denunciato profilo di nullità, e quindi riconducendola, coerentemente al suo contenuto, al diverso parametro dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., ciò non la sottrae, comunque alla premessa declaratoria di rito.
2.3. Per vero, come visto, poiché la ricorrente si duole dell’erronea interpretazione da parte dei giudici di merito dell’accordo di licenza tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, la doglianza concreta più esattamente la denuncia di un errore ermeneutico.
Ora è noto che onde portare al vaglio di questa Corte l’errore in questione le regole sono assai rigide, in quanto l’interpretazione del contratto integra una valutazione di fatto che compete esclusivamente al giudice di merito. Sicché nella giurisprudenza di questa Corte si trova scolpito il principio che «la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra» (Cass., Sez. III, 28/11/2017, n. 28319).
Atteso che la doglianza in disamina non si accorda al detto principio di diritto, dato che essa si limita a rivendicare una diversa lettura dell’accordo in questione, senza indicare quale sia il canone ermeneutico violato dal decidente di merito, né dove e quando l’asserita violazione si sarebbe consumata, ne discende per questo la decretata inammissibilità del motivo.
3.1. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, laddove si censura la sentenza impugnata per aver proceduto, prendendo immotivatamente sul punto le distanze dal primo giudice, alla liquidazione equitativa del danno in difetto della prova di esso.
3.2. Qui la doglianza -che, malgrado il richiamo in rubrica all’art. 132 cod. proc. civ., non ha valenza motivazionale, poiché l’affermazione censurata è debitamente argomentata dal decidente -si infrange per gli effetti dell’art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ. sul granitico insegnamento di diverso avviso espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, a cui pure si è riportata la Corte territoriale, vero essendo che «in tema di tutela del diritto d’autore, la violazione di un diritto di esclusiva integra di per sé la prova dell’esistenza del danno, restando a carico del titolare del diritto medesimo solo l’onere di dimostrarne l’entità» (Cass., Sez. I, 14/03/2001, n. 3672). E poiché la sua illustrazione non offre argomenti per confermare o per mutare l’indirizzo de quo , l’inammissibilità di essa è conseguenza ineluttabile.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 4500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 23.02.2024.
Il Presidente NOME COGNOMENOME COGNOME