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Danno da pratica scorretta: onere della prova

La Corte d’Appello di Genova ha riformato una sentenza di primo grado, negando il risarcimento a un consumatore nel contesto dello scandalo ‘dieselgate’. La decisione chiarisce che, per ottenere un risarcimento, non è sufficiente dimostrare l’esistenza di una pratica commerciale scorretta da parte del produttore di auto. Il consumatore ha l’onere di provare il ‘danno conseguenza’ specifico e concreto, ovvero il pregiudizio economico effettivamente subito, e il nesso causale tra la pratica e tale danno. In assenza di questa prova, la domanda di risarcimento viene respinta.

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Pubblicato il 6 dicembre 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da Pratica Commerciale Scorretta: Provare l’Inganno non Basta

Il noto scandalo sulle emissioni delle auto diesel ha generato un’ondata di contenziosi legali in tutto il mondo. Molti consumatori si sono sentiti traditi, scoprendo che le loro auto erano dotate di software progettati per aggirare i test sulle emissioni. Ma sentirsi ingannati è sufficiente per ottenere un risarcimento? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova fa luce su un punto cruciale: la differenza tra l’illecito commesso dall’azienda e la prova del danno da pratica commerciale scorretta subito dal singolo consumatore. Vediamo come la Corte ha ribaltato il verdetto iniziale, stabilendo che senza una prova concreta del danno, non c’è risarcimento.

Il Caso: Un’Auto, un Software e una Causa Legale

La vicenda inizia quando un automobilista acquista un’auto da una nota casa produttrice. Anni dopo, emerge che il veicolo, come molti altri dello stesso gruppo, è equipaggiato con un ‘defeat device’, un software illegale che riduce le emissioni inquinanti solo durante i test di omologazione, ma non su strada. Sentendosi raggirato, l’acquirente cita in giudizio sia la concessionaria che la casa madre, chiedendo un risarcimento per la pratica commerciale scorretta.

In primo grado, il Tribunale gli dà ragione, condannando il produttore a pagare una somma calcolata come il 15% del prezzo d’acquisto. La casa automobilistica, però, non si arrende e presenta appello.

La Decisione della Corte: il Danno da Pratica Commerciale Scorretta va Dimostrato

La Corte d’Appello capovolge completamente la decisione. Il punto centrale del ragionamento dei giudici è la netta distinzione tra l’esistenza di una condotta antigiuridica (la pratica commerciale scorretta) e il diritto al risarcimento del danno.

La Distinzione tra Illecito di Pericolo e Illecito di Danno

I giudici spiegano che la pratica commerciale scorretta è un ‘illecito di pericolo’. Questo significa che la legge la punisce a livello amministrativo (ad esempio, con multe dall’Antitrust) per la sua potenziale idoneità a ingannare i consumatori, a prescindere dal fatto che un danno si sia effettivamente verificato.

Tuttavia, quando un singolo consumatore chiede un risarcimento in sede civile (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), la situazione cambia. Qui si parla di un ‘illecito di danno’. Per ottenere un risarcimento, non basta dimostrare la condotta illecita del produttore; è indispensabile provare di aver subito un danno conseguenza: un pregiudizio concreto, effettivo e causalmente collegato a quella condotta.

L’Onere della Prova a Carico del Consumatore

La Corte sottolinea che l’onere della prova grava interamente sul consumatore. Quest’ultimo doveva dimostrare:

1. L’esistenza del danno: Quale pregiudizio economico ha subito? Un minor valore dell’auto? Una svalutazione superiore alla norma? Costi aggiuntivi?
2. Il nesso causale: Il danno lamentato è una conseguenza diretta della pratica scorretta? La sua decisione di acquistare proprio quell’auto è stata determinata dalle false affermazioni sulle emissioni?
3. La colpa: La prevedibilità da parte del produttore che da quella pratica sarebbero derivate conseguenze dannose.

Le Motivazioni

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’acquirente non abbia fornito alcuna prova su questi punti. L’attore si è limitato a denunciare l’illegalità del software, ma non ha dimostrato in che modo ciò lo abbia danneggiato concretamente. Ad esempio, non ha provato che la sua decisione di acquisto fosse stata influenzata in modo determinante da una presunta sensibilità ecologica o dalle affermazioni del produttore sull’impatto ambientale. Inoltre, non è stato dimostrato che l’auto avesse perso la sua classificazione Euro 5, subito restrizioni alla circolazione o un deprezzamento anomalo. Anzi, una consulenza tecnica aveva escluso che il prezzo di rivendita del veicolo fosse stato inferiore a quello di mercato. Aver individuato una condotta antigiuridica non implica un automatico riconoscimento del diritto al risarcimento, se mancano gli altri elementi costitutivi della responsabilità civile, primo tra tutti il danno ingiusto.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un insegnamento fondamentale per consumatori e aziende coinvolte in casi simili. Per i consumatori, il messaggio è chiaro: per ottenere un risarcimento per un danno da pratica commerciale scorretta, non basta essere stati vittima di un’azione ingannevole. È necessario documentare e provare in modo rigoroso il pregiudizio economico specifico che ne è derivato. Per le aziende, la sentenza ribadisce che, sebbene le sanzioni amministrative per pratiche scorrette siano una realtà, la responsabilità civile per i danni ai singoli consumatori richiede che questi ultimi assolvano pienamente al loro onere probatorio. L’esistenza di una pratica illecita non si traduce automaticamente in un obbligo di risarcimento del danno.

È sufficiente dimostrare che un’azienda ha commesso una pratica commerciale scorretta per ottenere un risarcimento del danno?
No. Secondo la sentenza, la dimostrazione della sola pratica commerciale scorretta (un ‘illecito di pericolo’) non è sufficiente per ottenere un risarcimento in sede civile. È necessario provare anche l’esistenza di un danno concreto e il nesso di causalità tra la pratica e il danno.Cosa deve provare un consumatore per ottenere un risarcimento per un danno da pratica commerciale scorretta?
Il consumatore deve provare tre elementi: 1) l’esistenza di un ‘danno conseguenza’ (un pregiudizio economico reale e dimostrabile, come un deprezzamento del bene o un minor valore); 2) il nesso causale, ossia che la sua decisione di acquisto è stata direttamente influenzata dalla condotta ingannevole; 3) la colpa (o il dolo) del soggetto che ha agito.

In questo caso, perché la richiesta di risarcimento del consumatore è stata respinta?
La richiesta è stata respinta perché l’acquirente, pur avendo dimostrato l’installazione del software illegale, non ha fornito alcuna prova del danno subito. Non ha dimostrato che la sua scelta d’acquisto fosse legata a motivi ecologici, né che l’auto avesse subito un deprezzamento anomalo, restrizioni alla circolazione o una perdita della sua classificazione ambientale. In assenza della prova del danno, la domanda di risarcimento non poteva essere accolta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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