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Danno da mora: onere della prova e liquidazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22441/2025, interviene sul tema del danno da mora nelle obbligazioni di valore. Il caso riguarda un proprietario terriero che ha subito un danno a causa della condotta di un Comune, il quale aveva esaurito la volumetria edificabile di un comprensorio approvando i piani di altri proprietari. La Corte ha stabilito un nuovo principio di diritto per la liquidazione di tale danno, affermando che deve essere calcolato applicando al capitale rivalutato il saggio di rendimento netto dei BOT annuali, salvo prova di un danno maggiore o minore. Viene così superato il precedente orientamento che liquidava il danno applicando semplicemente il saggio degli interessi legali.

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Danno da Mora: La Cassazione Stabilisce Nuovi Criteri di Liquidazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha introdotto importanti novità in materia di danno da mora nelle obbligazioni di valore. La pronuncia chiarisce l’onere della prova a carico del creditore e, soprattutto, stabilisce un nuovo criterio presuntivo per la liquidazione del danno, ancorandolo al rendimento dei titoli di Stato. La vicenda trae origine da una lunga controversia tra gli eredi di un proprietario terriero e un Comune, accusato di aver vanificato il diritto di edificare del privato, causando un ingente danno patrimoniale.

I Fatti di Causa: Una Battaglia Legale per il Diritto di Edificare

La vicenda giudiziaria inizia nel 1985, quando un proprietario terriero cita in giudizio un Comune. Il suo terreno, di circa 10.000 mq, era inserito in un’area soggetta a un Piano Regolatore Generale che prevedeva un indice di edificabilità per l’intero comprensorio. Secondo il proprietario, il Comune avrebbe dovuto ripartire equamente la volumetria edificabile tra tutti i proprietari dei fondi inclusi nell’area.

Tuttavia, l’amministrazione comunale aveva approvato i piani di lottizzazione degli altri proprietari, esaurendo di fatto l’intera cubatura disponibile e lasciando il terreno dell’attore privo del suo ius aedificandi. Dopo un complesso iter giudiziario, la Corte d’Appello aveva confermato la colpa del Comune e liquidato il danno, riconoscendo anche gli interessi compensativi per il ritardo nel pagamento.

Il Comune ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando principalmente tre aspetti: il mancato riconoscimento del concorso di colpa del proprietario, l’omessa valutazione di una causa sopravvenuta (l’approvazione di un piano paesistico regionale) e, infine, le modalità di liquidazione del danno da mora.

L’Analisi della Corte e la Questione del Danno da Mora

La Corte di Cassazione ha rigettato i primi due motivi del ricorso del Comune, confermando la sua esclusiva responsabilità. La parte più innovativa e rilevante della sentenza riguarda però il terzo motivo, con cui l’amministrazione lamentava l’errata liquidazione degli interessi compensativi.

La Suprema Corte ha colto l’occasione per fare chiarezza su due aspetti fondamentali relativi al danno da mora:
1. L’onere della domanda: Contrariamente a un vecchio orientamento, la Corte ha stabilito che il risarcimento per il ritardo nel pagamento non è implicito nella richiesta di risarcimento del danno principale. Il creditore ha l’onere di farne espressa richiesta, allegando il fatto costitutivo e indicando le fonti di prova.
2. L’onere della prova e i criteri di liquidazione: Sebbene il creditore debba provare il danno subito, la Corte ha introdotto un criterio che semplifica notevolmente tale onere. Viene stabilita una presunzione: il danno da ritardo esiste sempre quando il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato (BOT) con scadenza annuale è superiore al saggio degli interessi legali.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che la rivalutazione monetaria e il risarcimento del danno da mora sono due concetti distinti e non sovrapponibili. La rivalutazione (o taxatio) serve a ripristinare il valore del capitale originariamente dovuto, adeguandolo al potere d’acquisto della moneta al momento della liquidazione. Essa non è un risarcimento, ma una mera operazione contabile per garantire l’effettività del ristoro.

Il danno da mora, invece, è un danno ulteriore e distinto. Esso compensa il creditore per la perdita della possibilità di utilizzare e investire la somma dovuta nel periodo compreso tra il momento in cui è sorto il diritto al risarcimento e quello in cui viene effettivamente pagato.

Affermare, come in passato, che la sola rivalutazione possa compensare anche il danno da ritardo è stato ritenuto scorretto sia giuridicamente che finanziariamente. La rivalutazione ricostituisce il capitale, mentre gli interessi compensativi (o il risarcimento del danno da mora) ne rappresentano i frutti perduti.

Per semplificare l’accertamento di questo danno, spesso complesso da provare nel suo esatto ammontare, la Cassazione ha esteso alle obbligazioni di valore i principi già affermati per il ‘maggior danno’ da ritardo nelle obbligazioni pecuniarie. Il giudice dovrà quindi presumere, d’ufficio, che il creditore avrebbe investito la somma in titoli di Stato a breve termine, considerati la forma di investimento più comune e accessibile. Di conseguenza, il danno da ritardo andrà liquidato applicando sul capitale rivalutato il saggio di rendimento netto dei BOT annuali, a meno che una delle parti non dimostri che, nel caso concreto, il danno sia stato maggiore o minore.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza n. 22441/2025 segna un punto di svolta nella gestione del danno da mora per le obbligazioni di valore. Viene introdotto un principio di diritto chiaro e di facile applicazione, che mira a garantire un giusto equilibrio tra l’onere della prova del creditore e la necessità di una liquidazione equa e prevedibile. Il creditore è ora tenuto a formulare una domanda specifica, ma può beneficiare di una presunzione legale che lo agevola nella prova del danno. Il debitore, d’altro canto, ha la possibilità di dimostrare che il creditore non avrebbe realizzato un simile rendimento. Questa decisione contribuirà a ridurre l’incertezza e le oscillazioni giurisprudenziali, favorendo una maggiore stabilità ed efficienza nel contenzioso civile.

Per ottenere il risarcimento del danno da mora è necessaria una domanda specifica?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la vittima di un fatto illecito che intende essere risarcita anche del danno da mora (il pregiudizio derivante dal ritardato pagamento) ha l’onere di domandarlo in modo espresso, di allegarne il fatto costitutivo e di indicarne le fonti di prova, anche presuntive. Non è più considerata una richiesta implicita nella domanda di risarcimento del danno principale.

Come si liquida il danno da mora in un’obbligazione di valore?
Il danno da tardivo adempimento deve essere liquidato applicando sul capitale rivalutato, anno per anno, il saggio di rendimento netto dei Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) di durata annua. Questo criterio si basa su una presunzione, ma le parti possono provare che in concreto il danno sia stato maggiore (ad esempio, se il creditore avesse fatto investimenti più redditizi) o minore (ad esempio, se il creditore non avesse investito la somma).

La rivalutazione monetaria della somma dovuta può sostituire il risarcimento per il danno da mora?
No. La Corte ha chiarito che si tratta di due elementi distinti. La rivalutazione monetaria è un’operazione matematica necessaria per adeguare la somma al suo valore effettivo al momento del pagamento, ricostituendo il capitale. Il danno da mora, invece, è il risarcimento per i frutti che quel capitale avrebbe prodotto se fosse stato disponibile tempestivamente. Sono, pertanto, cumulabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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