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Danno da infiltrazioni: il proprietario è responsabile

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del proprietario di un appartamento per un danno da infiltrazioni causato all’unità immobiliare sottostante. La Corte ha stabilito che la responsabilità del proprietario, in qualità di custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., sussiste indipendentemente dal fatto che l’immobile fosse disabitato. Inoltre, è stato chiarito che il diritto al risarcimento per il danneggiato non viene meno neanche se il suo locale è stato oggetto di un mutamento di destinazione d’uso non autorizzato, poiché il danno alla struttura fisica del bene costituisce comunque un ‘danno ingiusto’.

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Danno da infiltrazioni: la responsabilità del proprietario è quasi sempre certa

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 7812/2024, torna a fare luce su un tema tanto comune quanto spinoso: il danno da infiltrazioni e la conseguente ripartizione delle responsabilità. La pronuncia ribadisce principi consolidati, offrendo chiarimenti cruciali per proprietari e amministratori di condominio. Il caso esaminato dimostra come, una volta accertata la provenienza del danno, per il proprietario dell’immobile da cui origina la perdita sia estremamente difficile sottrarsi all’obbligo di risarcimento, anche adducendo motivazioni apparentemente complesse.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di risarcimento avanzata dalla proprietaria di un locale seminterrato nei confronti del proprietario dell’appartamento del piano superiore. La causa del contendere era una cospicua perdita d’acqua proveniente dalla condotta potabile dell’appartamento soprastante, che aveva causato danni significativi sia alla struttura che agli arredi del locale sottostante.

Il proprietario dell’appartamento da cui proveniva la perdita si difendeva chiamando in causa una pluralità di soggetti: gli eredi di un ex inquilino che, a suo dire, occupavano abusivamente l’immobile, il condominio e persino i precedenti venditori del locale danneggiato. Inoltre, sollevava una questione peculiare: il locale danneggiato era stato trasformato da cantina a mini-appartamento, un mutamento di destinazione d’uso che, secondo la sua tesi, rendeva il danno non risarcibile. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, tuttavia, lo avevano condannato al risarcimento.

L’analisi della Corte e la responsabilità per danno da infiltrazioni

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato tutti i nove motivi di ricorso, confermando la condanna del proprietario. L’ordinanza è un’importante sintesi dei principi che governano la materia del danno da infiltrazioni, basata principalmente sull’applicazione dell’art. 2051 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia.

Irrilevanza dell’abuso edilizio del danneggiato

Uno degli argomenti più interessanti respinti dalla Corte riguarda l’eccezione sull’illegittimità urbanistica del locale danneggiato. Il ricorrente sosteneva che, essendo il locale abusivo, nessun danno potesse essere risarcito. La Cassazione ha smontato questa tesi con un principio di diritto molto chiaro: il danno alla struttura fisica di un bene immobile costituisce un ‘danno ingiusto’ ai sensi dell’art. 2043 c.c. e come tale va risarcito, a prescindere dalla sua legittimità urbanistica. La regolarità amministrativa dell’immobile è una questione che riguarda i rapporti con la Pubblica Amministrazione, ma non incide sul diritto del proprietario a vedere tutelata l’integrità materiale del suo bene nei rapporti con i terzi.

Il principio della responsabilità del custode e le difese respinte

Il fulcro della decisione risiede nell’art. 2051 c.c. La Corte ribadisce che il proprietario di un immobile è il ‘custode’ delle strutture e degli impianti a servizio della sua proprietà, come le tubature. Questa posizione comporta una forma di responsabilità oggettiva: si presume che il custode sia responsabile per i danni causati dalla cosa, a meno che non riesca a provare il ‘caso fortuito’. Nel caso di specie, il proprietario non ha fornito tale prova. Le sue argomentazioni – come il fatto che l’appartamento potesse essere disabitato o che la colpa fosse degli ex inquilini – non sono state ritenute idonee a integrare il caso fortuito, ovvero un evento esterno, imprevedibile e inevitabile capace di interrompere il nesso causale tra la tubatura e il danno.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione riaffermando alcuni capisaldi giuridici. In primo luogo, la responsabilità per danni da cose in custodia (art. 2051 c.c.) ha natura oggettiva. Ciò significa che, per ottenere il risarcimento, il danneggiato deve solo provare il nesso di causalità tra la cosa (la tubatura) e il danno (l’infiltrazione), mentre il custode (il proprietario) per liberarsi deve dimostrare l’esistenza di un fattore esterno (il caso fortuito) che ha causato l’evento. In secondo luogo, il diritto alla tutela dell’integrità di un bene non è subordinato alla sua conformità urbanistica. Il danno patrimoniale derivante dalla lesione fisica del bene è un ‘danno ingiusto’ e deve essere risarcito. Infine, i tentativi di coinvolgere terzi (ex inquilini, condominio) sono stati respinti perché non supportati da prove concrete che dimostrassero un loro ruolo causale esclusivo nella produzione del danno.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione pratica per tutti i proprietari di immobili. La manutenzione degli impianti è un dovere fondamentale, la cui negligenza può portare a conseguenze economiche significative. Cercare di scaricare la responsabilità su altri soggetti senza prove concrete o appellarsi a presunte irregolarità dell’immobile danneggiato si rivela una strategia processuale inefficace. La giurisprudenza consolida la figura del proprietario come custode responsabile dell’integrità del proprio bene e dei danni che questo può arrecare a terzi, rafforzando la tutela di chi subisce un danno da infiltrazioni.

Il proprietario di un appartamento è responsabile per i danni da infiltrazioni causati all’appartamento sottostante, anche se il suo immobile è disabitato?
Sì. Secondo la Corte, la responsabilità del proprietario come custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. non viene meno per il solo fatto che l’appartamento sia disabitato. Egli rimane responsabile della manutenzione degli impianti, a meno che non provi un ‘caso fortuito’ che abbia causato il danno.

Se un locale danneggiato da infiltrazioni è stato trasformato abusivamente (es. da cantina ad abitazione), il proprietario ha comunque diritto al risarcimento?
Sì. La Corte ha stabilito che l’eventuale mutamento di destinazione d’uso abusivo non fa venir meno il diritto al risarcimento dei danni. Il danneggiamento della struttura fisica del bene è considerato un ‘danno ingiusto’ (art. 2043 c.c.) che deve essere risarcito, indipendentemente dalla conformità urbanistica dell’immobile.

Il proprietario può evitare di pagare i danni da infiltrazione accusando il precedente inquilino (conduttore) di aver causato il problema?
No, a meno che non fornisca la prova specifica che l’evento dannoso sia stato causato da un comportamento anomalo ed eccezionale del conduttore. In generale, la responsabilità per i vizi strutturali e degli impianti conglobati nelle mura, come le tubature, ricade sul proprietario-locatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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