Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20624 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20624 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16702/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti e tre IN PROPRIO E N.Q. di COGNOME NOME; COGNOME NOME e COGNOME NOME, entrambi in proprio e N.Q. di COGNOME NOME; COGNOME NOME, COGNOME NOME; COGNOME NOME E COGNOME NOME, entrambi in proprio e N.Q. DI COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati con lui in Roma, INDIRIZZO presso l’AVV_NOTAIO
-ricorrenti- contro
SEP –RAGIONE_SOCIALE, elettivamente
domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente, ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1668/2020 depositata il 04/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, entrambi in proprio e nella qualità di eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, gli ultimi due sia in proprio che nella qualità di eredi di COGNOME NOME, propongono ricorso per cassazione articolato in cinque motivi ed illustrato da memoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per la cassazione della sentenza n. 1668 del 2020 pubblicata il 4 marzo 2020 dalla Corte d’appello di Roma, non notificata, con la quale la Corte d’appello ha accolto per quanto di ragione l’appello della SEP e respinto l’appello incidentale proposto dal RAGIONE_SOCIALE del territorio e dell’ambiente dell’area di Mazzocchio e zone limitrofe, dalla RAGIONE_SOCIALE e dagli odierni ricorrenti, respingendo la domanda di risarcimento del danno avanzata dal RAGIONE_SOCIALE per la RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE del territorio, dalla RAGIONE_SOCIALE ed anche la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali proposta dai ricorrenti.
– Resiste con controricorso illustrato da memoria, contenente anche un motivo di ricorso incidentale condizionato, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
– Il RAGIONE_SOCIALE per la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE del territorio e dell’ambiente dell’area di Mazzocchio e zone limitrofe e la RAGIONE_SOCIALE, parti dal giudizio d’appello, non sono stati citati in cassazione.
– Questi i fatti, per quanto ancora rilevanti in questa sede: -nel 2005 gli odierni ricorrenti, tutti residenti in Pontinia, località Mazzocchio, e proprietari di beni immobili o titolari di attività produttive nelle vicinanze dello stabilimento della RAGIONE_SOCIALE, società svolgente attività di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi (compostaggio), dapprima ottennero un provvedimento d’urgenza nei confronti della società, per l’adozione di tutti gli interventi tecnici necessari per la eliminazione delle immissioni di odori e rumori e di ogni forma di inquinamento idrico proveniente dallo stabilimento, quindi agirono in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni; – la c.t.u. espletata in sede cautelare escludeva che le immissioni provenienti dallo stabilimento avessero caratteristiche tossiche, ma affermava che le emissioni maleodoranti superavano il livello di
tollerabilità;
lo stesso Comune di Pontinia disponeva la sospensione delle attività di produzione del compost di cui aveva incaricato la società;
il giudice con provvedimento d’urgenza ordinava alla società resistente l’adozione degli accorgimenti individuati dal CTU per ricondurre entro la soglia della tollerabilità i miasmi provenienti dall’impianto di compostaggio dei rifiuti.
5 – Nel 2007 iniziava il giudizio di merito di primo grado, nel corso del quale gli attori chiedevano la condanna della SEP, ex articolo 844 c.c., alla cessazione dell’inquinamento idrico e atmosferico causato dall’attività di compostaggio svolta, all’esecuzione di tutti gli interventi tecnici necessari per l’eliminazione delle immissioni e
propagazioni maleodoranti e rumorose nell’atmosfera e di ogni forma di inquinamento idrico, idoneo a contaminare le acque dei canali che scorrevano nelle vicinanze dello stabilimento, limitrofi alle proprietà degli attori nonché la condanna della società al risarcimento di tutti i danni sia alle persone che alle proprietà e alle attività produttive. 6. – Il Tribunale, eseguita una seconda c.t.u.:
dava atto della cessazione, dopo il provvedimento di urgenza, delle immissioni intollerabili, accertate come esistenti tra il 2005 e il 2007, avendo la società convenuta posto in essere le misure indicate dal consulente tecnico del procedimento cautelare;
rigettava la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, ritenendo che gli attori avessero provato soltanto l’esistenza di meri fastidi;
-condannava la società convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali in favore di ciascun proprietario dei fondi limitrofi e delle unità abitative, in conseguenza del limitato godimento che avevano potuto trarre dagli immobili nel periodo indicato;
-rigettava la domanda per difetto di prova del danno nei confronti dei proprietari delle attività commerciali.
– Proponeva appello principale la SEP, mentre gli odierni ricorrenti resistevano e proponevano appello incidentale in relazione al rigetto della domanda volta al risarcimento del danno non patrimoniale subito in relazione al periodo tra il 2005 e il 2007.
– La corte d’appello, dopo aver ripercorso la decisione di primo grado e condiviso l’accertamento ivi contenuto, secondo il quale dallo stabilimento SEP provenivano, negli anni 2005-2007, miasmi irrespirabili e tali da limitare la possibilità di godimento degli immobili limitrofi, qualificabili come immissioni superanti la normale tollerabilità, dava atto che esse erano cessate nel periodo successivo, avendo la SEP posto in essere le misure correttive indicate dal consulente tecnico, conformandosi all’ordine impartito dal tribunale.
8.1. – Ciò premesso, la corte d’appello:
-rigettava l’appello incidentale proposto dalle persone fisiche in relazione alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, affermando che non era stato provato, e che gli appellanti non avessero neppure offerto di provare, un apprezzabile pregiudizio alla salute;
-confermava il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale in favore dei titolari delle attività produttive, non avendo gli stessi provato la consistenza del pregiudizio;
-in accoglimento dell’appello principale della SEP, riformava la sentenza di primo grado rigettando anche la domanda proposta dalle persone fisiche volta al risarcimento del danno patrimoniale da limitata possibilità di godimento o di sfruttamento patrimoniale degli immobili nel periodo indicato, affermando che gli attori non avevano neppure allegato la sussistenza della volontà di locare gli immobili, e che quindi il parametro della perdita del valore locativo fosse inidoneo alla liquidazione del danno; che neppure avevano allegato di aver dovuto traslocare, in ragione dell’aria irrespirabile. Ne traeva la conclusione che non fosse stato provato che dalle immissioni di miasmi irrespirabili provenienti dalla fabbrica di compostaggio rifiuti fosse derivato un danno patrimoniale immediato e diretto.
Segnalava che il giudice di primo grado aveva ritenuto di risarcire il danno per il disagio causato dalle immissioni, da qualificarsi come danno non patrimoniale, ma ne escludeva la risarcibilità perché riteneva che lo stesso fosse rimasto sfornito di prova, collocandosi comunque al di sotto della soglia del danno risarcibile, non integrando una lesione del diritto alla salute.
– La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale, all’esito della quale il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti premettono all’esposizione dei motivi la segnalazione che dopo la pubblicazione della sentenza di appello hanno appreso l’avvenuto sequestro preventivo dello stabilimento RAGIONE_SOCIALE ad opera del giudice delle indagini preliminari, factum superveniens la cui rilevanza si ripromettono di sviluppare nei motivi di ricorso, segnalando che dal decreto di sequestro emerge che la corte d’appello non era venuta a conoscenza di alcune gravi violazioni di legge poste in essere dalla SEP.
1.- Con il primo motivo si chiede la cassazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., c.1 n. 3 in relazione all’art. 372 c.p.c., in relazione all’art.111 Cost., a seguito del fatto sopravvenuto costituto dal decreto di sequestro preventivo del 2005-2019 sia del capitale sociale che della gestione aziendale a mezzo di amministratore giudiziario nominato dal GIP presso il Tribunale di Roma nel procedimento penale NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO, che indicano fatto sopravvenuto, idoneo a dimostrare la intollerabilita’ delle immissioni ex art. 844 c.c.
I ricorrenti argomentano che dal provvedimento di sequestro preventivo con nomina dell’amministratore giudiziario, apprezzabile nel corso del giudizio di legittimità previa instaurazione del contraddittorio sul punto, emerge con chiarezza che l’attività inquinante della SEP si è protratta fino al 2019, tanto che tutti i responsabili della società sono stati indagati e rinviati a giudizio.
Sostengono la possibile rilevanza in Cassazione del fatto sopravvenuto quando questo sia decisivo e non comporti la necessità di accertamento di fatto (e richiamano, a questo scopo, Cass. n. 26757 del 2020).
-Il primo motivo è inammissibile.
La sentenza richiamata dai ricorrenti, Cass. n. 26757 del 2020, afferma in relazione al profilo in esame il seguente principio di diritto: ‘ Alla luce del principio della durata ragionevole del processo, è deducibile nel giudizio di legittimità il “factum superveniens”, in quanto equiparabile allo “ius superveniens”, se idoneo ad incidere sull’oggetto della causa sottoposta all’esame del giudice, allorché il contenuto della situazione giuridica controversa abbia avuto una definitiva modificazione a seguito di provvedimento della P.A. e non si ponga questione alcuna di accertamento del fatto medesimo, con il conseguente superamento dei limiti di prova della documentazione del fatto sopravvenuto rispetto alla previsione dell’art. 372 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, in una controversia nella quale veniva in rilievo un’azione di risarcimento danni per mancata o tardiva trasposizione, da parte dello Stato, dell’art. 12, paragrafo 2, della Direttiva 2004/80/CE, in tema di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, che fosse deducibile, in sede di legittimità, la sopravvenuta erogazione del beneficio di cui alla l. n. 122 del 2016 ).’) .
La situazione sottostante al caso di specie non è conforme a quella alla base del richiamato precedente ed è inidonea a giustificare una considerazione, in questa sede, degli elementi di fatti sottostanti al provvedimento di sequestro.
In primo luogo, non si tratta in senso proprio di un fatto sopravvenuto, in quanto si fa riferimento ad un provvedimento di sequestro emanato dieci mesi prima della decisione d’ appello, non dichiarato dalla controparte.
Inoltre, il provvedimento di sequestro, in sé, non determina alcuna definitiva modificazione della situazione preesistente, che non necessiti di alcun accertamento in fatto. E’ sicuramente un elemento indiziante del perdurare di una situazione irregolare e potenzialmente inquinante in capo alla SEP, che potrà essere preso
in considerazione dal giudice di merito nel corso di un eventuale giudizio di rinvio.
Si aggiunga che i ricorrenti, pur chiedendo che, eccezionalmente, venga preso in considerazione in questa sede un fatto sopravvenuto, non riproducono, neanche in parte, il contenuto del decreto di sequestro, e non indicano neppure se esso sia stato depositato e in questo caso quale la sua collocazione negli atti, idonea a consentire a questa Corte di identificarlo e verificarne il contenuto, per cui il motivo manca di ammissibilità anche perché genericamente formulato.
Non potrebbe in ogni caso essere preso in considerazione in questa sede un documento di tal fatta perché esso non contiene comunque un accertamento definitivo, ma, al contrario, la sua considerazione appare finalizzata a stimolare un accertamento in fatto in capo alla Corte di Cassazione, relativo al permanere o meno delle emissioni al di sopra della normale tollerabilità fino al 2019, che non è in ogni caso consentito. Come osservato dalla controricorrente, peraltro, il decreto di sequestro, avente natura cautelare, non ha ancora trovato conferma, essendo il giudizio penale ancora alle sue fasi preliminari. 3. -Con il secondo motivo si chiede la cassazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., c.1 n. 3 per violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 e 2697 c.c., 324 c.p.c. per omessa rilevazione ai fini del decidere del giudicato interno.
I ricorrenti sembrano sostenere che si era formato il giudicato interno quanto meno sulla affermazione che -per il periodo 2005 al 2007- si erano verificate immissioni al di sopra della normale tollerabilità, potenzialmente nocive anche per la salute umana, determinando l’insalubrità dell’ambiente circostante agli stabilimenti. La Corte d’appello, quindi, non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione la formazione del giudicato interno sul punto indicato.
– Il motivo è inammissibile , perché si appunta su un profilo privo di decisività ai fini della cassazione in questa sede richiesta della sentenza impugnata.
I ricorrenti neppure esplicano adeguatamente quale sarebbe la rilevanza dell’intervenuta formazione del giudicato sul punto. E’ probabile, procedendo per deduzione, che la loro argomentazione sia volta a sostenere che è stato accertato:
il verificarsi di immissioni intollerabili almeno per il periodo indicato;
che le predette immissioni, in quanto al di sopra del livello della tollerabilità, hanno prodotto danni alla salute o quanto meno alla qualità della vita delle persone che abitavano nelle aree da esse interessate;
che, giacché i ricorrenti vivono e vivevano nell’area interessata dalle immissioni, è stato definitivamente accertato che, quanto meno per il periodo indicato, abbiano subito un danno il cui risarcimento è stato negato.
In realtà, si tratta di due accertamenti distinti: è stato indubbiamente e definitivamente ormai accertato che per due anni almeno, dal 2005 al 2007, lo stabilimento della SEP ha prodotto miasmi irrespirabili che si propagavano nell’aria fino a giungere, mantenendo un livello superiore alla normale tollerabilità, alle proprietà vicine. L’esistenza di immissioni intollerabili è causa idonea alla produzione di un danno risarcibile.
Ciò non sottrarrebbe però gli autori dalla prova del danno subito: è questo il danno che la corte d’appello ritiene non sia stato provato ed è questa la ragione per cui la loro domanda è stata rigettata.
Quindi, non è decisiva, di per sé, ai fini dell’accoglimento del ricorso, la definitività dell’accertamento in fatto sull’esistenza di immissioni intollerabili, pur esistente, ma è necessario, a tal fine, verificare se ci sono altri motivi che attingono in maniera più efficace al tema della prova del danno, cioè che sono in grado di incrinare la decisione là
dove ha rigettato la domanda di risarcimento del danno ritenendolo non provato.
5. -Con il terzo motivo si chiede la c
6. -Con il quarto motivo si chiede la c
affermato da Cass. n. 1606 del 2017, ‘…
continuità all’orientamento già da essa espresso, per il quale il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui RAGIONE_SOCIALE è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. “comunitarizzazione” della Cedu (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20927 del 16/10/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26899 del 19/12/2014)’.
Il predetto principio è stato riaffermato dalle Sezioni Unite: ‘ L’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché RAGIONE_SOCIALEti dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni ‘ e poi più volte ribadito (Cass. n. 21649 del 2021, Cass. 11930 del 2022, Cass. n. 2203 del 2024). Le indicate sentenze coerentemente indicano che si tratta di un pregiudizio autonomo, idoneo ad integrare un danno conseguenza che non è sovrapponibile e non si identifica con il danno alla salute ma si estende al danno alla serenità personale e familiare, alla qualità della propria vita all’interno della casa di abitazione, risarcibile, in mancanza della cessazione dell’attività perturbatrice, quanto meno per equivalente.
9.3. -Quanto al regime della allegazione e prova, la giurisprudenza di legittimità come detto concordemente esclude che possa ricorrersi alla figura del danno in re ipsa , dovendo provarsi il verificarsi in
concreto del danno conseguenza, e prevede che esso debba essere, innanzitutto, allegato in maniera circostanziata, con riferimento a fatti specifici, concreti e indicativi del lamentato peggioramento qualitativo della vita, mediante il raffronto tra la situazione precedente e quella successiva alle immissioni. Nondimeno, ammette la possibilità di far ricorso al ragionamento presuntivo come mezzo di prova del danno, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessario provare un effettivo e radicale mutamento delle proprie abitudini di vita.
In applicazione dei principi indicati, il ragionamento mediante il quale la corte d’appello esclude che sia stata fornita la prova positiva del danno non patrimoniale -in mancanza della prova di un apprezzabile danno psico fisico rilevante come danno alla salute -parte da una nozione eccessivamente riduttiva di danno da immissioni moleste e lascia prive di apprezzamento e di valutazione della possibile rilevanza da parte del giudice , e in definitiva prive di RAGIONE_SOCIALE, pur a fronte dell’accertata violazione di un diritto la cui RAGIONE_SOCIALE è espressamente prevista dalla legge, una vasta serie di situazioni. Quindi anche il quarto motivo di ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
10 . – Con il quinto motivo si chiede la c
relazione all’omesso esame della c.t.u. penale disposta dal PM.
I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello, rigettando tutte le domande risarcitorie, implicitamente non abbia tenuto conto delle
affermazioni delle CTU che univocamente affermavano che le emissioni di odori nauseabondi si erano verificate, che le stesse si collocavano al di sopra della soglia della normale tollerabilità e che era necessario porre in essere alcune misure per ricondurle entro limiti accettabili, tant’è che il fenomeno proseguiva anche dopo, per numerosi anni, finché nel 2019 l’intero stabilimento è stato sottoposto a sequestro.
11 – Il motivo rimane assorbito dall’accoglimento dei motivi terzo e quarto, a seguito del quale la corte d’appello dovrà rinnovare il giudizio in fatto riprendendo in considerazione, uniformandosi al principio di diritto in questa sede formulato, tutte le risultanze probatorie raccolte.
12. – La controricorrente articola un motivo di ricorso incidentale
condizionato denunciando la violazione e falsa applicazione degli articoli 157 primo e secondo comma e 194 secondo comma c.p.c., nonché dell’articolo 90 delle disposizioni di attuazione c.p.c. e degli articoli 156 comma secondo e 101 c.p.c. e degli articoli 24 e 111 della Costituzione in tema di nullità della CTU; denuncia poi la violazione, ex articolo 360 numero 4 c.p.c., degli articoli 194, 156, 157, 161, 162, 354 comma quarto e 356 c.p.c. nonché degli articoli 24 secondo comma e 111 della Costituzione, là dove il giudice del gravame ha erroneamente respinto l’eccezione di nullità della c.t.u. resa in fase cautelare con riferimento ai due sopralluoghi effettuati dallo stesso consulente in violazione del contraddittorio e posti a fondamento delle conclusioni tratte dal medesimo c.t.u.
La predetta eccezione è stata ritenuta inammissibile in appello perché non tempestivamente formulata, nella prima udienza o memoria successiva al compimento delle attività della cui nullità ci si duole. La controricorrente deduce, al contrario, di aver tempestivamente sollevato l’eccezione e riproduce il verbale dell’udienza immediatamente successiva al deposito della c.t.u. e stralci della memoria autorizzata sulla c.t.u., depositata subito dopo.
Sostiene poi la controricorrente che quella perizia eseguita ante causam è da ritenersi decisiva ai fini della decisione sul merito perché la perizia in corso di causa non ha potuto che constatare l’intervenuta cessazione delle immissioni, quindi l’esistenza, seppur per un periodo circoscritto, delle immissioni maleodoranti si fonda esclusivamente sulla c.t.u. disposta ante causam , confermata dagli esiti delle prove testimoniali (che, da soli, non sarebbero stati sufficienti a fondare l’accertamento di meri to).
13. – Il motivo è infondato .
A verbale dell’udienza successiva al deposito della consulenza non c’è traccia di una eccezione di nullità della c.t.u., in quanto in quella occasione nessuna delle due parti ha svolto alcuna attività e si sono limitate a richiedere la fissazione di un termine. All’interno della memoria successiva neppure è formulata una formale eccezione di nullità dell’attività svolta da parte del c.t .u., perché in violazione del contraddittorio, si osserva solo che impropriamente il c.t.u. ha riportato nella consulenza anche le ‘sensazioni’ che ha maturato a seguito di un passaggio informalmente svolto, dopo i sopralluoghi eseguiti nel contraddittorio delle parti, all’esterno dello stabilimento industriale, nel corso del quale aveva percepito nettamente gli odori nauseabondi. Quindi si evidenziava il metodo poco rigoroso seguito dal tecnico, che aveva valorizzato e dato spazio nel suo elaborato anche quelle sensazioni, acquisite al di fuori del contraddittorio con le parti. Deve escludersi che sia stata tempestivamente sollevata una formale eccezione di nullità, appare piuttosto che la SEP si sia limitata a criticare le conclusioni tratte dal c.t.u. nel senso della sussistenza di immissioni intollerabili, per aver lo stesso valorizzato la percezione che aveva avuto passando davanti allo stabilimento in un momento successivo, al di fuori delle attività di rilevazione dei dati svolte in contraddittorio.
L ‘eccezione di nullità non è stata formalmente né tempestivamente sollevata ed è stata di conseguenza correttamente segnalata come tardiva dalla corte d’appello.
– In conclusione, il primo e il secondo motivo del ricorso principale sono inammissibili, il terzo e il quarto sono fondati, il quinto è assorbito.
Il ricorso incidentale è infondato.
La sentenza impugnata è cassata, in accoglimento del terzo e quarto motivo del ricorso principale, e la causa è rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M
La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso principale, accoglie il terzo e il quarto, dichiara assorbito il quinto.
Rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in conseguenza dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 25