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Danno da durata irragionevole: diritto delle società

Tre società hanno richiesto un indennizzo per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte d’Appello aveva limitato il risarcimento al periodo di carica degli amministratori, legando il danno al loro stress personale. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che il danno da durata irragionevole del processo si presume in capo alla società stessa, come entità autonoma, per l’intero periodo di ritardo. Spetta allo Stato, se mai, provare l’assenza di tale danno.

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Danno da Durata Irragionevole del Processo: Spetta alla Società, non all’Amministratore

Il danno da durata irragionevole di un processo, disciplinato dalla Legge Pinto (L. 89/2001), rappresenta un importante strumento di tutela per cittadini e imprese. Ma cosa accade quando a subire i ritardi della giustizia è una società? Il diritto all’indennizzo è legato alla sofferenza personale degli amministratori o appartiene alla società come entità giuridica autonoma? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, riaffermando che il diritto al ristoro spetta alla persona giuridica per l’intera durata del ritardo, indipendentemente dai cambi al vertice.

I Fatti del Caso: Una Lunga Attesa per Tre Società Creditrici

Il caso ha origine dalla richiesta di indennizzo presentata da tre società a responsabilità limitata. Queste erano state ammesse al passivo di una procedura fallimentare iniziata nel 2007 e conclusasi solo nel 2021. A fronte di una durata palesemente eccessiva, le società avevano agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito a causa del ritardo, come previsto dalla Legge Pinto.

La Decisione della Corte d’Appello: Un Indennizzo ‘a Tempo’

In un primo momento, la Corte d’Appello competente aveva accolto parzialmente la richiesta. Tuttavia, aveva limitato l’indennizzo al solo periodo in cui gli attuali legali rappresentanti erano stati effettivamente in carica. Secondo i giudici di merito, il ‘patimento’ derivante dal ritardo processuale, inteso come ansia e stress, era un’esperienza psicologica attribuibile solo alle persone fisiche che amministravano le società. Di conseguenza, il risarcimento poteva coprire unicamente il periodo in cui tali soggetti avevano subito personalmente questo turbamento.

L’Analisi della Cassazione sul danno da durata irragionevole

Le società hanno impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, ribaltando completamente l’interpretazione della Corte d’Appello e riallineandosi al proprio consolidato orientamento giurisprudenziale.

Il Diritto all’Indennizzo delle Persone Giuridiche

La Corte ha innanzitutto confermato che anche le persone giuridiche, e non solo le persone fisiche, hanno diritto a un’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo. Questo diritto trova fondamento nelle norme costituzionali (art. 111 Cost.) e nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 6 CEDU).

La Presunzione del Danno Non Patrimoniale per le Società

Il punto cruciale della decisione riguarda la natura del danno non patrimoniale per un ente societario. La Cassazione ha chiarito che, una volta accertata la violazione del termine di durata ragionevole, il danno non patrimoniale si presume esistente. Non si tratta di un danno in re ipsa (automatico), ma di una presunzione che solleva la società dall’onere di provare concretamente la sofferenza. L’ansia e il turbamento degli amministratori sono visti come una conseguenza di questo danno, ma non ne costituiscono il presupposto. Il danno è imputabile alla società in quanto centro autonomo di interessi.

L’Errore della Corte di Merito e l’Inversione dell’Onere della Prova

L’errore della Corte d’Appello è stato quello di condizionare il diritto della società all’indennizzo alla permanenza in carica del medesimo amministratore e alla sua personale sofferenza. La Cassazione ha specificato che una tale interpretazione vanifica il diritto della persona giuridica. La presunzione di esistenza del danno può essere superata, ma l’onere della prova è a carico della controparte (in questo caso, il Ministero della Giustizia). Sarà quest’ultimo a dover dimostrare la presenza di circostanze particolari che escludano positivamente che la società abbia subito un danno, come ad esempio la consapevolezza dell’infondatezza della propria pretesa o significative modifiche nella compagine sociale tali da rendere irrilevante il ritardo.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando una serie di precedenti conformi, sottolineando come l’interpretazione corretta dell’art. 2 della Legge n. 89/2001 debba riconoscere la società come un soggetto giuridico autonomo, capace di subire un pregiudizio proprio a causa dei ritardi processuali. La sofferenza degli organi amministrativi è solo un riflesso del danno subito dall’ente che rappresentano. Legare il risarcimento alla durata della carica di un amministratore significherebbe frammentare ingiustificatamente un diritto che appartiene alla società per l’intero periodo di irragionevole durata del processo. La Corte ha quindi enunciato il principio di diritto secondo cui, una volta accertata la violazione, il giudice deve ritenere esistente il danno, a meno che la parte convenuta non dimostri circostanze concrete che facciano positivamente escludere che il danno sia stato subito.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha cassato con rinvio la decisione impugnata, incaricando la Corte d’Appello di riesaminare la domanda applicando il corretto principio giuridico. In pratica, il giudice del rinvio dovrà calcolare l’indennizzo considerando l’intero arco temporale in cui il processo ha superato la sua durata ragionevole, senza limitarlo ai periodi di carica dei singoli amministratori. Questa pronuncia rafforza la tutela delle imprese nel sistema giudiziario, garantendo che il ristoro per i ritardi della giustizia sia effettivo e commisurato al reale pregiudizio subito dall’entità societaria nel suo complesso.

Una società ha diritto al risarcimento per la durata irragionevole di un processo?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che anche le persone giuridiche hanno diritto a un indennizzo per il danno non patrimoniale subito a causa della violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della Legge n. 89/2001.

Il diritto all’indennizzo di una società dipende da chi sono i suoi amministratori?
No. La decisione chiarisce che il diritto all’indennizzo appartiene alla società come entità giuridica autonoma. Pertanto, non è limitato o condizionato dalla durata della carica dei singoli amministratori o dalla loro personale sofferenza psicologica.

Chi deve provare l’esistenza del danno non patrimoniale subito dalla società?
Una volta accertata l’eccessiva durata del processo, il danno non patrimoniale in capo alla società si presume esistente. È onere della parte convenuta (ad esempio, il Ministero della Giustizia) dimostrare la presenza di circostanze particolari che possano escludere, in concreto, che la società abbia subito tale danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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