Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22283 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22283 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 584/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO MILANO, in persona dell’amministratore in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di MILANO n. 3160/2021 depositata il 02/11/2021.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME il 3/03/2018 cadde nell’androne del Condominio di INDIRIZZO in Milano a causa dello stato della pavimentazione, asseritamente lucida e scivolosa e della presenza di uno strato di neve, ghiaccio ed acqua formatosi in seguito ad una abbondante nevicata e convenne, quindi, in giudizio il detto Condominio al fine di ottenere il risarcimento dei danni.
Il Condominio si costituì in giudizio e chiese la chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE che si costituì in giudizio, a seguito dell’autorizzazione giudiziale alla chiamata.
Il Tribunale di Milano rigettò, in mancanza di prova del nesso eziologico tra la cosa in custodia e i danni lamentati, la domanda di risarcimento del danno.
NOME COGNOME propose appello.
In fase di impugnazione si costituirono il Condominio e la compagnia assicuratrice.
La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 3160/2021 ha rigettato il gravame, confermando la mancanza di prova del nesso causale.
La Corte territoriale, in particolare, ha giudicato non adeguatamente assolto l’onere, posto a carico della danneggiata, di provare le effettive condizioni in cui la cosa custodita (pavimentazione dell’androne condominiale) si trovava al momento della caduta, e l’esatta dinamica della caduta stessa, unitamente alla condotta dalla parte concretamente tenuta nell’occasione.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Resiste il Condominio di INDIRIZZO con controricorso; resiste pure la Compagnia Italiana RAGIONE_SOCIALE, con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione accelerata, ex art. 380-bis, comma 1, cod. proc. civ., sulla base del seguente rilievo: ‘ i due motivi del ricorso risultano entrambi inammissibili, dal momento che, nonostante essi siano formulati in termini di violazione di norme di diritto, si risolvono, nella sostanza, nella contestazione di accertamenti di fatto fondati sul prudente apprezzamento degli elementi di prova disponibili delle prove e sostenuti da adeguata motivazione, non apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché in una richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità ‘.
La ricorrente ha chiesto la trattazione dinanzi al Collegio con atto ritualmente depositato e con nuova procura speciale alle liti.
A seguito della fissazione dell’adunanza camerale il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni; la sola compagnia assicuratrice controricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 10/06/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta ‘ Error in iudicando ex art. 360 n. 3) c.p.c. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2051 c.c., 2697 c.c., 2727 c.c. e 2729 c.c. in relazione alla prova del nesso eziologico fra la caduta occorsa in data 3.3.2018 e i danni pat iti dall’appellante’ nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che l’appellante non abbia adeguatamente assolto all’onere posto a suo carico, in base ai criteri di ripartizione fissati dall’art. 2697 c.c., ovvero per avere ritenuto non dimostrata alcuna circostanza in forza della quale presumere la sussistenza del
nesso causale, sostenendo altresì che ‘ a mancare è la prova che la caduta si sia verificata proprio dove la pavimentazione era coperta da neve e ghiaccio ‘ . Peraltro, secondo la ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe fatto buon governo dei principi di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c. in tema di presunzioni semplici, in relazione alla fattispecie del danno da cose in custodia disciplinata dall’art. 2051 c.c.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta ‘ Error in iudicando ex art. 360 n. 3) c.p.c. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2051 c.c. e 2697 c.c. in relazione alla prova del caso fortuito’ , avendo la Corte ritenuto sussistente il caso fortuito poiché la Bianco, avendo dimora all’interno del detto condominio, aveva conoscenza del luogo in cui si era verificato l’evento dannoso e anche delle condizioni atmosferiche e avrebbe pertanto ben potuto evitare il danno semplicemente utilizzando l’ordinaria diligenza .
Entrambi i motivi sono inammissibili, perché non pongono censure in punto di diritto ma si limitano a criticare la sentenza della Corte territoriale contrapponendo alla ricostruzione e valutazione dei fatti operata dai giudici del merito una propria ricostruzione volta a suffragare, però in assenza di idonei addentellati probatori, come ben evidenziato dalla Corte d’appello, la versio ne dei fatti offerta in atto di citazione.
I giudici del merito con una pronuncia cd. ‘doppia conforme’ hanno correttamente ritenuto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, che il danneggiato sia onerato innanzitutto della prova del fatto e del nesso di causalità tra lo stato della res e il danno.
Questa Corte di Cassazione ha di ribadito (Cass. n. 11152 del 27/04/2023 Rv. 667668 – 01) che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva, in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno: essa si basa, cioè, non già su una presunzione di colpa del custode bensì su un criterio di imputazione che addossa a chi ha la custodia
della cosa la responsabilità per determinati eventi, a prescindere da qualunque connotato di colpa nel contegno del soggetto custode. Da ciò deriva che, al fine di esperire con successo la relativa azione di risarcimento, il danneggiato è tenuto a dimostrare la sussistenza del nesso di causalità tra il danno e la cosa in custodia e della signoria custodiale di fatto esercitata sulla cosa medesima dal soggetto additato come responsabile, restando del tutto irrilevante, invece, la colpa o l’assenza di colpa di quest’ultimo. (Cass. 22764 del 13/08/2024).
In altre parole, incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima cioè la dimostrazione che l’evento è stato concretamente provocato dalla cosa e non da altri diversi fattori causali, sicché non è a tal fine sufficiente provare che l’evento dannoso e la cosa custodita si collocano, genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto, essendo sempre necessario allegare e dimostrare l’effettiva dinamica del fatto, intesa come la successione dei fatti e l’insieme dei fattori che, producendo determinati effetti, determinano lo sviluppo di un evento (Cass. n. 12663 del 09/05/2024 Rv. 670982 – 02).
Venendo al caso di specie, il giudice di seconde cure ha confermato la sentenza di primo grado affermando: a) che era insufficiente la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso; nello specifico, ha giudicato come non dimostrati sia il fatto che il tratto di pavimentazione lungo il quale l’odierna ricorrente è scivolata fosse ghiacciato sia che la caduta si fosse verificata proprio dove la pavimentazione era coperta da neve e ghiaccio; a ) che, ad ogni modo, l’unica causa effettiva dell’evento dannoso dovesse ritenersi la condotta colposa della vittima, desumendolo dal fatto che la signora COGNOME, avendo dimora all’interno del condominio, fosse a conoscenza del luogo in cui si era
verificato l’evento dannoso, così come anche delle condizioni atmosferiche.
I motivi di ricorso non incidono sul detto argomentare, limitandosi a contestare in fatto il ragionamento in diritto della Corte territoriale e si rivelano, pertanto, entrambi inammissibili.
Il Collegio condivide, quindi, le ragioni di inammissibilità di cui alla proposta di definizione accelerata.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, valutata l’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come in dispositivo in relazione a ciascuna parte controricorrente.
La definizione del giudizio con decisione collegiale del tutto conforme all’originaria proposta di definizione accelerata e avendo la ricorrente agito mediante la riproposizione di argomentazioni già ampiamente disattese nelle fasi di merito (Cass. n. 36591 del 30/12/2023 Rv. 669749 – 01) comporta che la Bianco debba essere condannata al pagamento della somma di Euro millecinquecento ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. in favore di ciascuna parte controricorrente e della somma di Euro mille ai sensi dell’art. 96, quarto comma, codice di rito, in favore della Cassa delle ammende.
La decisione di inammissibilità del ricorso comporta, infine, che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Condominio della somma di euro 3.000,00 e della somma di euro 3.500,00 in favore
della Compagnia Italiana RAGIONE_SOCIALE a titolo di spese del giudizio di legittimità, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 sui detti importi, ed agli accessori di legge nonché al pagamento ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. della somma di euro 1.500,00 in favore di ciascuna parte controricorrente e della somma di euro 1.000,00 in favore della C assa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di