Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25782 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25782 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13500/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura su foglio separato da intendersi in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrenti-
per la cassazione della sentenza n. 1315/2022 della CORTE d ‘ APPELLO di GENOVA, depositata il 16 dicembre 2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Genova, con sentenza n.3426/2017, dichiarò non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per estinzione per prescrizione del reato di appropriazione indebita della somma di Euro 36.224,00, pari al corrispettivo non pagato degli acquisti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE (di cui egli era titolare) presso la RAGIONE_SOCIALE, di cui egli era stato amministratore insieme a NOME COGNOME; ciò nondimeno, la Corte ligure confermò le statuizioni civili emesse in relazione all’ illecito accertato a suo carico, consistenti nella condanna generica al risarcimento del danno subìto dalla RAGIONE_SOCIALErRAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME con fissazione di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 10.000.
Su ricorso dell’imputato, tali statuizioni furono annullate dalla Corte di cassazione che, con pronuncia n. 51976/2018, rinviò, ex art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado d’ appello.
Riassunto il giudizio dinanzi alla Corte d’ appello di Genova, Sezione civile, quest’ultima , con sentenza 16 dicembre 2022, n. 1315, ritenuti sussistenti, nel contegno di NOME COGNOME gli elementi costitutivi della condotta appropriativa, considerati rilevanti ai fini dell’integrazione dell’ illecito civile, lo ha condannato al pagamento, in favore di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, a titolo risarcitorio, della somma di Euro 26.244,00, pari all’ importo oggetto della indebita appropriazione, detratto quello della provvisionale già versata in esecuzione della sentenza penale di primo grado.
3.1. L a Corte d’ appello, liberamente apprezzando le risultanze istruttorie, ha ritenuto provato che NOME COGNOME, già amministratore, insieme a NOME COGNOME, della RAGIONE_SOCIALE, si occupava personalmente dell’acquisto, per conto di quest’ultima, presso terzi fornitori, di merce che poi rivendeva ad RAGIONE_SOCIALE, impresa di cui era titolare.
Nello svolgimento di questa attività di acquisto e rivendita, NOME COGNOME dapprima anticipava il pagamento delle merci a mezzo di carta di credito personale e, successivamente, ricevuta la fattura dal terzo fornitore, la inseriva come pagata in contanti, prelevando dalla cassa della RAGIONE_SOCIALE le relative somme, così rientrando dagli anticipi effettuati; infine, a seguito di emissione di fattura passiva a carico della RAGIONE_SOCIALE, la inseriva in contabilità come pagata per contanti.
Sulla scorta delle risultanze della perizia contabile, la Corte di merito ha osservato che gli anticipi ammontavano a 41.106,14 Euro, mentre le fatture inserite come pagate in contanti concernevano somme per complessivi Euro 36.244,00.
Peraltro, in cassa non erano fisicamente presenti le somme che risultavano contabilmente, in quanto all’emissione delle fatture passive a carico di RAGIONE_SOCIALE non seguiva un effettivo versamento delle somme nella cassa di RAGIONE_SOCIALE « che pagava per merce poi venduta ad RAGIONE_SOCIALE e da questa utilizzata » (pag. 6 della sentenza).
Era dunque emersa la condotta appropriativa tenuta da NOME COGNOME il quale aveva causato alla RAGIONE_SOCIALE un danno conseguente all’ indicazione di un saldo cassa per Euro 36.244,00, in realtà non presente.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di cinque motivi.
Rispondono, con unico controricorso, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata « violazione e falsa applicazione nonché insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 n. 4 e n. 5 cod. proc. civ.; violazione e/o falsa applicazione in relazione all’art. 360 n.3 dell’art. 100 c.p.c.. Difetto di legittimazione attiva del dr. NOME COGNOME in proprio ».
La sentenza impugnata viene censurata per avere immotivatamente riconosciuto la legittimazione all’azione risarcitoria a NOME COGNOME in proprio, dal momento che « i rapporti tra le parti sono societari, sin dal principio e non si vede come il Sig. COGNOME-persona fisica possa dirsi danneggiato dal Sig. COGNOME di alcunché » (pag.14 del ricorso).
1.1. Il motivo è infondato.
L a Corte d’appello, con motivazione sintetica ma coerente, ha individuato il titolo di legittimazione di NOME COGNOME (da intendersi quale condizione dell’azione esercitata in giudizio , a prescindere dalla sua fondatezza nel merito) nella circostanza che egli si era costituito parte civile nel giudizio penale, per modo che era legittimato a riassumere la causa in seguito al rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. disposto dalla Corte di cassazione.
Premesso che tale motivazione, ancorché sintetica, non presenta tuttavia alcuna delle gravi lacune (totale mancanza, mera apparenza,
irriducibile contraddittorietà, perplessità ed obiettiva incomprensibilità) che sole consentono, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., il sindacato di legittimità della motivazione della sentenza di merito (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090), deve aggiungersi che essa è anche corretta in iure , in quanto, sotto il profilo processuale, la circostanza che NOME COGNOME aveva assunto la qualità di parte civile costituita nel giudizio penale conclusosi con la cassazione delle statuizioni relative all’azione civile, era sufficiente per attribuirgli la legittimazione a riassumere il giudizio dinanzi al giudice civile competente per valore, in seguito al rinvio operato dalla Corte di legittimità.
Giova aggiungere -ma ciò esula dalla questione meramente processuale della legitimatio ad causam , attenendo piuttosto al merito del diritto risarcitorio -che, mentre ‘ persona offesa ‘ dal reato è solo il titolare dell’interesse protetto dalla norma penale, ‘ persona danneggiata ‘ dal reato può essere chiunque abbia subito, in conseguenza dell ‘ azione delittuosa, un qualsivoglia danno civile (cfr. già Cass.23/04/1999, n. 4040).
Pertanto, nel caso di specie, la circostanza che la qualità di soggetto leso dal delitto di appropriazione indebita fosse circoscritta alla RAGIONE_SOCIALE non escludeva che NOME COGNOME, amministratore e socio della persona giuridica vittima del reato, potesse dedurre di aver subìto, in conseguenza del fatto dannoso, un danno direttamente incidente sulla sua sfera giuridica patrimoniale e personale, domandando la condanna del responsabile al relativo risarcimento.
Il primo motivo, pertanto, deve essere rigettato.
Con il secondo motivo viene denunciata « violazione e falsa applicazione nonché insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 n. 4 e n. 5 cod. proc. civ. inesistenza di alcun credito di Next e/o del Sig. NOME COGNOME nei confronti del Sig. COGNOME.
La sentenza impugnata viene censurata per avere ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del fatto illecito consistito nella condotta appropriativa imputata ad NOME COGNOME in danno della RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente sostiene: che la Corte d’ appello penale, con la sentenza n.3426/2017, avrebbe « travisato completamente le emergenze istruttorie del giudizio penale » (pag.16 del ricorso); che tale travisamento era stato sanzionato dalla Corte di cassazione, la quale, con la pronuncia n.51976/2018, aveva evidenziato che la motivazione di merito non aveva dato « contezza dell’elemento oggettivo dell’ appropriazione indebita »; che, in sede di rinvio, il presunto danneggiato , anziché assolvere l’onere probatorio di dimostrare tale illecito, aveva sfruttato « a suo vantaggio gli evidenti errori di gestione e di tenuta contabile della società RAGIONE_SOCIALE »; che la Corte d’ appello civile, con la sentenza impugnata, aveva accolto la domanda « senza in alcun modo giustificare, né argomentare perché in una società di capitali la responsabilità di un’errata tenuta contabile debba essere addossata ad un socio che, certamente, non si occupava di depositare i bilanci e di tenere la contabilità » (pag. 17); che il perito nominato aveva più volte chiarito « come i crediti vantati dalla società nei confronti del sig. COGNOME non fossero reali, bensì la rappresentazione di crediti fittizi dovuti e derivanti dalla – pacificamente errata – tenuta contabile » (pag.18); che le stesse deduzioni formulate da NOME COGNOME
in sede di riassunzione (secondo le quali NOME COGNOME anticipava con la propria carta di credito il denaro per l’acquisto dai terzi fornitori, fatturando poi la merce da RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE e quietanzando questa fattura per contanti) davano conto di meri passaggi contabili, « evidentemente scorretti sul piano formale, ma ‘neutri’ e inoffensivi » (pag.19 del ricorso).
Con il terzo motivo viene denunciata « nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4) c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c. in ordine al mancato versamento pari ad € 36.224,00 delle fatture (indicate in imputazione) relative ad acquisti Ema informatica di COGNOME NOME. Assenza dell’elemento oggettivo del reato ».
Anche con questo motivo la sentenza impugnata è censurata per avere ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del fatto illecito consistito nella condotta appropriativa imputata ad NOME COGNOME in danno della RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente deduce: che tutte le fatture di acquisto dai vari fornitori intestate alla RAGIONE_SOCIALE erano state da lui pagate con carta di credito personale, anticipando, per conto di tale società, la somma di oltre 41.000 Euro; che, pertanto, i pagamenti effettuati per cassa risultanti dalle scritture contabili avrebbero costituito dei ‘rimborsi’ per le anticipazioni effettuate; che, dunque, egli non era « in alcun modo debitore di RAGIONE_SOCIALE », né quest’ultima aveva sub ìto alcun danno economico a lui imputabile (pag. 23 del ricorso); che, in sostanza, non vi sarebbe alcuna prova della illegittima appropriazione da parte sua di somme di denaro prelevate dalla Cassa della Next s.r.l..
Con il quarto motivo viene denunciato l’« omesso esame di un fatto decisivo », ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. .
Secondo il ricorrente, avuto riguardo alla struttura del giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., nonché ai limiti del giudicato penale e alla reciproca separazione e autonomia tra il giudizio penale e quello civile, il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, avrebbe dovuto « interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione » e, a tal fine, il danneggiato « avrebbe dovuto fornire prova idonea e rigorosa delle ragioni risarcitorie » (pag.26).
Questa prova non sarebbe stata invece fornita da NOME COGNOME che si era limitato a chiedere in via istruttoria l’ acquisizione del fascicolo penale; pertanto, nessuna dimostrazione era stata fornita « dell’ appropriazione delle somme » e del « danno subìto dalla società di capitali », con conseguente necessità di rigettare la domanda risarcitoria (pag.27 del ricorso).
4.1. I motivi dal secondo al quarto -da esaminarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione -sono manifestamente inammissibili.
Va ribadito, in premessa, che, in seguito alla riformulazione del numero 5 dell’art.360 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, per un verso, il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al c.d. ‘minimo costituzionale’, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi s otto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
‘sufficienza’ della motivazione (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054, RRvv. 629830 e 629833 e succ. conformi); per altro verso, il ‘fatto’ di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi della norma appena citata, deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (ovverosia, un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del diritto azionato) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dell’aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053, cit. ; Cass. 08/09/2016, n. 17761; Cass. 29/10/2018, n. 27415).
Ciò premesso, è agevole evidenziare che i motivi di ricorso in esame, ad onta della formale intestazione, attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello espresso dalla Corte d ‘appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 15/07/2009, n. 16499; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.19/07/2021, n. 20553; Cass. 25/09/2023, n. 27266).
La Corte territoriale, come si è veduto, con valutazione incensurabile in questa sede, liberamente apprezzando le risultanze istruttorie, ha motivatamente ritenuto che NOME COGNOME nello
svolgimento dell’attività di acquisto di beni per conto della RAGIONE_SOCIALE e di rivendita degli stessi alla RAGIONE_SOCIALE aveva posto in essere una condotta appropriativa di denaro contante della prima impresa, provocandole un danno conseguente all’ indicazione di un saldo cassa per Euro 36.244,00, in realtà non presente.
Secondo il giudice del merito, tale fatto dannoso era stato realizzato dal sig. COGNOME con un contegno composito, consistente, dapprima, nell’anticipazione con la propria carta di credito delle somme necessarie per gli acquisti presso i fornitori terzi; successivamente, dopo il ricevimento della fattura da parte del terzo fornitore, nell’ inserimento della stessa in contabilità come pagata in contanti, con contestuale prelievo dalla casa della RAGIONE_SOCIALE delle relative somme, utilizzate in funzione di rimborso delle anticipazioni; infine, a seguito di emissione di fattura passiva a carico di RAGIONE_SOCIALE mediante l’ inserimento in contabilità di tale fattura come ‘pagata per contanti’, in difetto dell’ effettivo versamento della relativa somma, che non entrava effettivamente nella cassa della RAGIONE_SOCIALE
Avuto riguardo alle motivate e incensurabili valutazioni della Corte d ‘ appello, i motivi di ricorso si palesano inammissibili, in quanto tendono a provocare dalla Corte di cassazione una lettura delle risultanze istruttorie e un apprezzamento delle circostanze di fatto diversi da quelli motivatamente forniti dal giudice di merito, i quali sono insindacabili in questa sede di legittimità.
In definitiva, il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME devono essere dichiarati inammissibili.
Del pari inammissibile è il quinto motivo (rubricato « Sulla liquidazione delle spese », senza alcun debito riferimento ad uno dei vizi paradigmatici indicati nell’art. 360 cod. proc. civ.), con il quale si
tende a suscitare da questa Corte un nuovo regolamento delle spese dei precedenti gradi e delle precedenti fasi del giudizio.
5.1. Il motivo è inammissibile perché si configura, in realtà, come ‘non motivo’, dal momento che l’auspicata rinnovazione del regolamento delle spese dei precedenti gradi e fasi del giudizio, in senso favorevole al ricorrente , avrebbe postulato l’accoglimento delle altre doglianze proposte con il ricorso, che deve essere invece complessivamente rigettato, per essere infondato il primo motivo e inammissibili gli altri.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
A norma dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 24 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME