Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12985 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12985 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
RESPONSABILITA’ CIVILE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21238/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 3217/2019 del la CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositata il giorno 7 giugno 20 19 ed avverso l’ordinanza pronunciata dalla CORTE D ‘ APPELLO DI NAPOLI il 29 novembre 2019; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, quale proprietaria di un fabbricato in Torre Annunziata, chiese giudizialmente la condanna dell’ente RAGIONE_SOCIALE ( lite pendente , divenuto RAGIONE_SOCIALE; in appresso per brevità: R.F.I.) al risarcimento dei danni cagionati al proprio edificio dalle vibrazioni e sollecitazioni generate dal continuo transito di convogli ferroviari su linea ferrata ubicata in prossimità.
Nel resistere alla lite, la convenuta spiegò domanda riconvenzionale per la riduzione del manufatto alla distanza legale dalla strada ferrata.
All’esito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Torre Annunziata, in parziale accoglimento delle reciproche richieste: (i) condannò R.F.I. al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 174.000, di cui euro 104.000 per danni provocati dal traffico ferroviario alla porzione di edificio legittimamente edificata (pari al 70% del complessivo fabbricato) ed euro 70.000, per danni futuri corrispondenti al presumibile costo di un progetto di definitivo consolidamento del cespite; (ii) condannò NOME COGNOME alla rimozione della porzione RAGIONE_SOCIALE stabile (pari al 30% del fabbricato) illegittimamente edificato.
Decidendo sulle contrapposte impugnazioni dispiegate da RAGIONE_SOCIALE (in via principale) e da NOME COGNOME (in via incidentale), la decisione in epigrafe indicata ha ridotto l’entità del risarcimento spettante all’attrice alla somma di euro 121.450, oltre interessi legali dalla domanda, rigettando invece l’appello incidentale.
Con successiva ordinanza resa il 29 novembre 2019, la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’istanza qualificata ex art. 287 cod. proc. civ. come di correzione d ell’ errore materiale formulata da NOME COGNOME e volta all’anticipazione della decorrenza degli interessi dal dì della costituzione in mora.
Avverso la sentenza e quest’ordinanza ricorre per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a cinque motivi.
Resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE.
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
6. I l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia « mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio derivante dalla pretermissione delle risultanze della seconda C.T.U., AVV_NOTAIO, depositata il 24 ottobre 2017, confermative di quelle della prima, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., anche laddove ritenuto eventualmente secondario. Violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 115, 132, 161 cod. proc. civ. e 111 Cost. in re lazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. ».
Lamenta, in estrema sintesi, la mancata considerazione ad opera della Corte d’appello delle risultanze (interamente confermative degli esiti del giudizio di prime cure, in punto di entità del risarcimento) dell’elaborato peritale depositato dal primo c.t.u. nominato in appello, NOME COGNOME, elaborato depositato il 24 ottobre 2017, dopo la revoca dall’incarico disposta all’udienza del 16 giugno 2017 (« per dichiarati motivi professionali e di salute, ma non perché le sue risposte ai quesiti o le metodiche d’indagine seguite fossero errate e/o inadeguate sul piano logico e/o tecnico/scientifico né perché le operazioni peritali fossero incomplete ») ma prima della nomina di un nuovo c.t.u., NOME COGNOME, avvenuta con ordinanza del 3 novembre 2017.
1.1. La doglianza è manifestamente infondata.
È di tutta evidenza che la revoca di un consulente tecnico di ufficio comporti la cessazione illico et immediate del suo incarico: sicché dal momento della disposta revoca l’ausiliario non è più abilitato a svolgere ulteriori operazioni peritali o ultimare il proprio compito, ancorché residui unicamente il deposito della relazione conclusiva.
Indifferente, al riguardo, è la ragione della revoca del consulente (su richiesta di questi, per l ‘esistenza di motivi di ricusazione oppure ancora per inadempienze nell’assolvimento dell’incarico): irrilevante , pertanto (e, ancor prima, fuorviante), la sottolineatura dell’impugnante circa l’inesistenza di anomalie (di metodo e di merito) nell’operato del AVV_NOTAIOtAVV_NOTAIO, dacché un apprezzamento di tal fatta (cioè sulla correttezza nello svolgimento del suo munus ) poteva essere effettuato soltanto ad in carico ultimato con il deposito dell’elaborato finale.
Soltanto per completezza argomentativa, quale ulteriore ragione di infondatezza della censura in vaglio , va osservato come l’intero ordito motivazionale della gravata pronuncia si fondi sulla condivisione da parte della Corte d’appello delle risultanze della relazione peritale dell’ausiliario officioso , NOME COGNOME, nominato in vece di NOME COGNOME: condivisione non acritica ma frutto di ragionato convincimento, espressa mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente considerati.
Né, infine, può essere sottoposto allo scrutinio di questa Corte il rigetto dell ‘istanza di revoca dell’ordinanza di nomina del AVV_NOTAIO, per essere la valutazione del giudice di merito sottesa alla sostituzione del consulente ex art. 196 cod. proc. civ. insindacabile in sede di legittimità (v. Cass. 24/01/2019, n. 2103).
Il secondo motivo prospetta « violazione e falsa applicazione degli artt. 154, 157, 132, 195, terzo comma, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza sotto il profilo motivazionale derivante dalla propagazione della nullità della terza c.t.u. ».
Il motivo reca, in sostanza, una duplice lagnanza.
Si assume la nullità dell’elaborato peritale del c.t.u. COGNOME (e, per conseguenza, della sentenza impugnata che lo stesso recepisce):
(i) per omesso invio alle parti della bozza di relazione entro il termine del 10 settembre 2018, stabilito dal giudice e da questi prorogato (su istanza dell’ausiliario depositata il 9 settembre 2018) sino al 10 novembre 2018;
(ii) per acquisizione di nuovi documenti (rilievo fotografico di un dipinto del 1843, planimetria e stralcio di mappa catastale) motu proprio dal consulente, cioè senza autorizzazione del giudice.
2.1. Ambedue i profili sono destituiti di fondamento.
Quanto al primo, la stessa rappresentazione della vicenda ad opera del ricorrente porta ad escludere ogni vizio (tampoco, di nullità) della consulenza: l’accoglimento della tempestiva istanza del consulente di proroga del termine per l’invio dell a bozza esclude la vincolatività del termine stesso; tanto a tacer del fatto che alcuna lamentela è stata sollevata in ordine al rispetto del termine come prorogato (e, quindi, alla sottoposizione a contraddittorio delle risultanze della consulenza), prodromico all’effettivo deposito dell’elaborato peritale.
Circa il secondo, è doveroso rammentare, in linea col recente arresto di questa Corte nella sua composizione più tipica di organo della nomofilachia, che, in materia di consulenza tecnica d ‘ ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell ‘ osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall ‘ attività di allegazione delle parti (non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico), tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d ‘ ufficio (Cass., Sez. U, 01/02/2022, n. 3086, già ribadita da Cass. 31/08/2022, n. 25604; Cass. 09/11/2022, n. 32935; Cass. 07/09/2023, n. 26144).
Orbene, nel caso di specie parte ricorrente non si cura di illustrare la decisività, nel senso innanzi precisato ed in relazione ai presupposti così chiariti, dei documenti di cui asserisce la nuova acquisizione (peraltro, contestata dalla controricorrente) ad opera del c.t.u., né dalla lettura della sentenza si evince in qualche maniera una valenza (pur minima) delle emergenze di detti documenti sulle conclusioni poi rassegnate dal consulente.
E ciò giustifica la reiezione in parte qua del motivo.
3. Il terzo motivo è rubricato « violazione dell’art. 132 in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. in riferimento alle ipotetiche, contraddittorie e immotivate risultanze (ridotta stima dei danni e loro genesi) della terza C.T.U., recepite dalla Corte di merito. Violazione e falsa applicazione degli artt. 196 e 201 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., Violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. ».
Affastellando in coacervo di non facile intelligibilità – come già reso evidente dalla rubrica – censure di disomogenea natura e tipologia, parte ricorrente sostiene « la completa illogicità e contraddittorietà » delle « deduzioni » del AVV_NOTAIO.t.uAVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, connotate da « un livello elevato di opinabilità ed inattendibilità con conseguente vizio motivazionale della sentenza che le condivise e recepite ».
Si imputa, in particolare, al consulente officioso la mancata analisi del traffico ferroviario e della qualità e della tipologia costruttiva RAGIONE_SOCIALE stabile di proprietà attorea, una sommaria ricognizione dei luoghi, il difetto di misurazioni e rilievi strumentali: omissioni incompatibili con la minuziosa valutazione delle lesioni affermata in sentenza, ma,
soprattutto, tali da rendere priva di fondamento l’operata riduzione del danno, ricondotta alla « tipologia e qualità costruttiva del fabbricato ».
3.1. Il motivo è infondato.
Con argomentazione coerente e non illogica, la gravata pronuncia, nel prestare motivata adesione all’elaborato peritale, ha ritenuto l’accertamento condotto dal consulente, pur non sorretto da (non praticabili) rilevazioni sperimentali sul traffico ferroviario, idoneo ai fini della complessiva individuazione del nesso eziologico di derivazione del pregiudizio, cioè a dire tanto in ordine alla riconducibilità delle lesioni alle vibrazioni (che, invero, solo la sopradetta rilevazione strumentale sul traffico, riscontrata tuttavia come impraticabile, avrebbe potuto suffragare con più elevata probabilità), quanto in ordine al contributo causale alla produzione del danno arrecato dalla qualità e dalla tipologia costruttiva dell’edificio (sulle quali una conoscenza, ancorché non approfondita, risulta comunque acquisita dall’ausiliario di ufficio , evidentemente in base a cognizioni tecniche non implausibili).
Si tratta, al pari dell ‘individuata misura dell’efficienza causale delle connotazioni dell’edificio nella produzione dei danni alla staticità RAGIONE_SOCIALE stesso, di apprezzamenti di fatto, rimessi al giudizio del giudice di merito, in quanto tali sottratti al sindacato di legittimità, ove (come nella specie) sorretti da adeguata motivazione, non inficiata (appunto, come nella specie) da manifesta fallacia o falsità delle premesse oppure da inconciliabile contraddittorietà degli argomenti adoperati.
Ne segue la reiezione del motivo, oltremodo inammissibile laddove si dirige a richiedere a questa Corte un ‘ inammissibile nuova lettura e valutazione nel merito delle emergenze delle operazioni peritali.
Il quarto motivo contesta la dichiarata inammissibilità della eccezione di prescrizione del diritto della convenuta alla demolizione della porzione di manufatto illegittimamente edificato, ritenuta tardiva poiché sollevata dall’attrice soltanto con la memo ria conclusionale del
giudizio di prime cure, « in totale spregio alle preclusioni ratione temporis vigenti, in forza delle quali le eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio (quale quella di prescrizione) potevano proporsi nel termine perentorio -assegnato nella specie -di venti giorni prima dell’udienza di trattazione (art. 180 cod . proc. civ. nella formulazione vigente ante novella legge n. 80 del 2005) » (così la gravata sentenza).
Parte ricorrente sostiene che, proposta la domanda riconvenzionale nell’anno 2000 dall’originario convenuto, RAGIONE_SOCIALE, « la situazione processuale cambiava radicalmente allorquando si costituiva in giudizio, in sua completa e integrale sostituzione, RAGIONE_SOCIALE », non essendo questa equiparabile ad una pubblica amministrazione, ma un soggetto privato la cui « attività va disciplinata solo ed esclusivamente attraverso norme e strumenti tipici del diritto privato, tra cui l ‘istituto della prescrizione ».
Conclude nel senso che « all’atto della costituzione di RAGIONE_SOCIALE i termini di cui al vecchio art. 180 cod. proc. civ. erano decorsi, pertanto la prima possibilità utile per poterle opporre ufficialmente detta prescrizione decennale era rappresentata dalla comparsa conclusionale ».
4.1. L’argomentazione è destituita di ogni fondamento giuridico.
Per confutarla, basti osservare come una preclusione di carattere tipicamente processuale già maturata (ovvero la perdita di un potere all’interno del processo – quale quello di sollevare eccezioni in senso stretto per l’inerzia serbata nel lasso temporale ad hoc accordato dal legislatore) non possa essere minimamente incisa (addirittura con la sua radicale elisione) per effetto della successione nel processo (a titolo universale o particolare, nulla importa) di una parte ad un’altra , a maiori quando ques t’ultima sia quella che benefici dell’altrui inerzia.
E proprio perché si versa in tema di preclusione sancita da norma processuale è del tutto irrilevante la identità o disomogeneità della
natura sostanziale (pubblica amministrazione o soggetto di diritto privato) del successore rispetto alla precedente parte in causa.
Il quinto motivo censura il provvedimento della Corte d’appello del 29 novembre 2019, che ha dichiarato « l’inammissibilità dell’istanza del 25 giugno 2019 volta ad ottenere l’anticipazione della decorrenza degli interessi legali e della rivalutazione monetaria alla data del primo atto di costituzione in mora del 13 marzo 1992 ».
Ad avviso del ricorrente detto provvedimento è inficiato:
(i) da un error in procedendo , integrante nullità, per aver accordato un rinvio dell’udienza su istanza dell’AVV_NOTAIO, non costituito difensore della controparte né delegato da questi, AVV_NOTAIO;
(ii) da un’errata qualificazione dell’istanza, ricondotta all’istituto della correzione di errore materiale, senza invece valutarne il merito, di cui si sostiene la fondatezza, spettando sulle somme attribuite a titolo risarcitorio gli interessi « legali e compensativi, oltre alla rivalutazione monetaria, dall’atto di costituzione in mora ».
5.1. Il motivo , in quanto riferito alla reiezione dell’istanza per le ragioni di rito e non invece al merito delle richieste con essa formulate, è infondato.
Del preteso vizio processuale l’impugnante non allega un’incidenza sul contenuto del provvedimento: non spiega, cioè, come l’accordato ( in thesi illegittimo) differimento di udienza abbia spiegato qualche riverbero sulla decisione poi emessa dall’organo giudicante.
Ad ogni buon conto – e con portata pure assorbente del precedente rilievo – l ‘inammissibilità della istanza dichiarata con l’ordinanza in parola traspare palese dalla stessa prospettazione della ricorrente: questa, escludendo la mera emenda di errore materiale, qualifica la sua richiesta del tempo come diretta ad una modifica sostanziale della portata precettiva del dictum giudiziale, sulla scorta di una nuova
valutazione in iure del regime degli interessi sulla posta risarcitoria oggetto di condanna.
Ma è di palmare indiscutibilità che un apprezzamento del genere che sottende e postula un errore di diritto contenuto nella sentenza di cui si chiede la modifica – sia assolutamente inibito al giudice che, con la emissione della sentenza, si è spogliato della potestas iudicandi ed al quale residua solo il potere di emendare eventuali errori materiali: al sistema delle impugnazioni è, per scolastica nozione, riservata la verifica della correttezza in iure della statuizione resa.
Il ricorso è rigettato.
Il regolamento delle spese di lite segue la soccombenza.
A tteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente, NOME COGNOME, alla refusione in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 7.500 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione