Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13136 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13136 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
SEZIONE TERZA CIVILE
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
RESPONSABILITÀ CIVILE DANNI DA COSE IN CUSTODIA
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 08/04/2024 C.C.
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
R.G. n. 25244/2021
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 25244 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
da
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché
COGNOME NOME NOMEC.F.: non indicato)
-intimato-
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Bari n. 2807/2021, pubblicata in data 19 luglio 2021 (e notificata in data 26 luglio 2021);
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio dell’8 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME (deceduta nel corso della causa, che è stata proseguita dai primi due anche quali suoi eredi), hanno agito in giudizio nei confronti di NOME
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
COGNOME per ottenere il risarcimento dei danni subiti da un immobile di loro proprietà a causa di infiltrazioni di acque meteoriche provenienti da un immobile contiguo, di proprietà di quest’ultima .
La domanda è stata parzialmente accolta dal Giudice di Pace di Bari che, ritenuto il concorso di responsabilità delle parti nella causazione dell’evento dannoso, ha condannato la COGNOME a pagare agli attori la somma di € 311,60 (pari al 50% dei danni complessivi).
Il Tribunale di Bari ha confermato la decisione di primo grado, rigettando gli appelli rispettivamente proposti da entrambe le parti.
Ricorre la D’COGNOME , sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’ altro intimato. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « nullità della sentenza del Tribunale di Bari per violazione dell ‘ art. 112 cpc in relazione all ‘ art. 360 co.1 n. 4 cpc per omessa pronuncia sullo specifico 1° motivo di appello, con cui avevamo denunciato la violazione e la falsa applicazione delle norme che disciplinano il procedimento di ATP e segnatamente la violazione dell ‘ obbligo del CTU ex artt. 62, 194 e 195 cpc di rispondere ai quesiti del Giudice ed alle osservazioni e richieste di chiarimenti rivoltegli dal ctp della sig.ra COGNOME sulla mancata relazione sui saggi effettuati sui terrazzi delle parti, nonché addirittura per il dichiarato rifiuto dello stesso CTU di rispondere e riferire sul
risultato di detti saggi (vedi quarto capoverso di pag. 6 della presa d ‘ atto delle osservazioni dei CTP), cui era stato autorizzato, peraltro su sua richiesta, dal Giudice stesso (I capoverso di pag. 5 della sentenza d ‘ appello impugnata) ».
Il motivo è inammissibile.
La censura di violazione dell’art. 112 c.p.c., per omissione di pronuncia del giudice di appello sull’eccezione di irregolarità dello svolgimento delle operazioni peritali in primo grado e di conseguente nullità della relativa relazione di consulenza (in relazione all’accertamento tecnico preventivo) è in radice inammissibile, essendo in sostanza deAVV_NOTAIOa una omissione di pronuncia su una eccezione di carattere meramente processuale, laddove, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, « il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito » ( ex multis : Cass., Sez. 1, Sentenza n. 22083 del 26/09/2013, Rv. 628214 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018, Rv. 647132 -01; Sez. 3, Sentenza n. 25154 del 11/10/2018, Rv. 651158 -01; Sez. 3, Sentenza n. 10422 del 15/04/2019, Rv. 653579 -01).
D’altra parte, come fatto rilevare dal controricorrente, risulta dallo stesso verbale delle operazioni di consulenza che le prove di spargimento d’acqua sul terrazzo della convenuta COGNOME non furono in realtà portate a termine « per la mancanza di pressione nella conAVV_NOTAIOa che porta l’acqua in copertura ».
La ricorrente si limita a sostenere che il consulente tecnico di ufficio non avrebbe riferito, nella relazione depositata, il risultato delle indicate prove di imbibizione del lastrico solare, né avrebbe risposto alla richiesta del suo consulente di parte di dare conto di tale risultato, affermando, in modo del tutto astratto ed apodittico, che il suddetto risultato « avrebbe svelato che le infiltrazioni lamentate dai sigg.ri COGNOME erano imputabili alla sola responsabilità di questi ultimi e non
anche alla presunta corresponsabilità della sig.ra COGNOME »; non chiarisce, però, in modo adeguato, specifico ed argomentato per quali ragioni, in mancanza del suddetto dato, sarebbe erronea la decisione del merito della controversia, che risulta comunque fondata su altri argomenti, ritenuti sufficienti dallo stesso consulente di ufficio al fine di individuare con sufficiente certezza la causa delle infiltrazioni che avevano danneggiato la proprietà degli attori e che sono stati condivisi dai giudici del merito.
Con il secondo motivo si denunzia « nullità della sentenza del Tribunale di Bari per violazione dell ‘ art.112 cpc in relazione all ‘ art. 360 co.1 n. 4 per omessa pronuncia sullo specifico 3° motivo di appello, con cui avevamo denunciato violazione e falsa applicazione del principio di diritto dell ‘ onere della prova dei fatti costitutivi della domanda (art. 2697 c.c.) ».
Il motivo è manifestamente infondato.
Il tribunale (giudice di secondo grado) ha ritenuto sussistere sufficiente prova del nesso di causa tra la cosa nella custodia della convenuta COGNOME e i danni subiti dalla proprietà degli attori e, più precisamente, ha in sostanza ritenuto, condividendo sul punto le conclusioni del consulente tecnico di ufficio (ma prendendo in considerazione anche le altre prove disponibili all’esito dell’articolata istruttoria svolta), che fosse ‘ più probabile che non ‘ che le infiltrazioni di acque meteoriche riscontra te nell’immobile degli attori provenissero, almeno in parte, dal terrazzo di proprietà della convenuta, la cui impermeabilizzazione risultava deteriorata, e ciò benché anche il degrado dell’impermeabilizzazione del lastrico della proprietà degli attori pot esse ritenersi concausa dell’evento dannoso.
Non solo, dunque, non vi è stata violazione, da parte del tribunale, dei principi di cui all’art. 2697 c.c. che regolano l’onere della prova nella materia della responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c., ma, nell’espresso accertamento
della sussistenza di una sufficiente prova del nesso di causa tra cosa in custodia e danno è da ritenersi fornita, implicitamente, ma inequivocabilmente, anche la risposta allo specifico motivo di gravame formulato in proposito dalla DCOGNOME.
È, d’altronde, appena il caso di osservare che le censure in ordine alla violazione dell’art. 2697 c.c. formulate con il motivo di ricorso in esame si risolvono, in realtà, nella contestazione di accertamenti di fatto operati con doppia decisione conforme dai giudici del merito di primo e secondo grado, fondati sulla prudente valutazione di tutte le prove disponibili e sostenuti -nella decisione impugnata -da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
3. Con il terzo motivo si denunzia « nullità della CTU e conseguentemente delle due sentenze di merito impugnate per violazione degli artt. 62, 194 e 195 cpc in relazione all ‘ art. 360 co.1 n. 4, consistente nel rifiuto del CTU di dare conto del risultato dei saggi dallo stesso effettuati sui terrazzi delle parti su specifica autorizzazione del Gdp (I capoverso di pag.5 della sentenza d ‘ appello impugnata), nonché per violazione dell ‘ art. 101 cpc e della legge n. 69/2009 consistente nella violazione del diritto al contraddittorio e del diritto alla difesa ».
Il motivo è infondato.
Si è già chiarito, con riguardo al primo motivo di ricorso, che risulta dagli stessi verbali delle operazioni peritali, che la prova di allagamento del terrazzo della convenuta non è stata portata a termine « per la mancanza di pressione nella conAVV_NOTAIOa che porta l’acqua in copertura ».
Trattandosi, dunque, di un saggio tecnico di fatto non svolto compiutamente, non può avere alcun rilievo, ai fini della regolarità della consulenza tecnica, già sul piano logico, ancor prima
che su quello giuridico, il fatto che il consulente non abbia eventualmente risposto alla richiesta del consulente tecnico di parte di dare conto del relativo risultato.
D’altra parte, non può che ribadirsi, come già osservato con riguardo ai primi due motivi del ricorso, che la ricorrente non ha chiarito in modo adeguato, specifico ed argomentato per quali ragioni, in mancanza del suddetto dato, dovrebbe ritenersi erronea la decisione del merito della controversia, che risulta comunque fondata su altri argomenti, ritenuti sufficienti dallo stesso consulente di ufficio al fine di poter stabilire con ragionevole certezza la causa delle infiltrazioni che avevano danneggiato la proprietà degli attori e che sono stati condivisi dai giudici del merito, anche in base alla valutazione degli altri elementi istruttori disponibili, sulla base di una motivazione adeguata, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Con il quarto motivo si denunzia « nullità delle due sentenze di merito per violazione degli artt. 132 co.2 n. 4 cpc e 118 disp. di attuaz. del cpc in relazione all ‘ art. 360 co.1 n. 4 per grave vizio di motivazione per aver recepito acriticamente la relazione del CTU, nonostante il rifiuto dello stesso ctu di dare risposte ai quesiti del Giudice ed alle contestazioni e domande-osservazioni fatte dall ‘ ing. COGNOME ctp della sig.ra COGNOME, nonché per aver preteso di ‘ giustificare ‘ il rigetto dell ‘ appello con il solo riporto letterale delle dichiarazioni del Gdp di apprezzamento aprioristico ed immotivato della ctu ».
Il motivo è infondato.
Con esso, nella sostanza, vengono reiterate le medesime censure formulate con i precedenti motivi del ricorso, questa volta sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione: la ricorrente sostiene, infatti, che mancherebbe una effettiva motivazione alla base della decisione impugnata, in quanto la stessa sarebbe
stata espressa dal tribunale con il richiamo delle affermazioni contenute nella sentenza di primo grado del giudice di pace, la quale, a sua volta, ha fatto riferimento alle conclusioni raggiunte dal consulente tecnico di ufficio in sede di accertamento te cnico preventivo in ordine alle cause dell’evento dannoso denunciato dagli attori.
È, pertanto, sufficiente rinviare a quanto già esposto con riguardo ai precedenti motivi, sia con riguardo alla infondatezza delle eccezioni di nullità della consulenza tecnica di ufficio (in particolare, per la mancata risposta alle richieste del consulente di parte in ordine all’esito del saggio tecnico sull’allagamento del terrazzo della convenuta, peraltro di fatto mai portato a termine), sia con riguardo alla esistenza -nella decisione impugnata -di una motivazione del tutto adeguata, correttamente fondata sugli esiti della relazione del consulente tecnico di ufficio e della prudente valutazione delle altre prove disponibili, in ordine alla sufficiente prova del nesso di causa tra la cosa in custodia della convenuta e i danni riportati dall’immobile degli attori, motivazione non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Va altresì ribadito, per ogni altro aspetto, che le censure formulate dalla ricorrente con tutti i motivi del ricorso finiscono, nella sostanza, per risolversi nella contestazione degli accertamenti di fatto operati (con doppia decisione conforme) dai giudici del merito, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
5. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o
improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi € 600,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-