Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20463 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20463 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5736/2019 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME COGNOMECODICE_FISCALE
– controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1128/2018 depositata il 06/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.A seguito del decesso di NOME, in data 18/09/2007, NOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Massa, la madre COGNOME NOME e la sorella NOME per sentir dichiarare la nullità o l’inefficacia di alcuni atti di disposizione compiuti dal de cuius, o per suo conto, previa ricostruzione dell’asse ereditario.
Si costituirono COGNOME NOME e NOME per resistere alla domanda e dedussero che l’attrice non aveva individuato gli atti dispositivi asseritamente affetti da nullità.
1.1.Il Tribunale, disposta CTU per valutare la consistenza dei conti correnti, dei titoli cointestati e/o intestati al de cuius , nonché la valutazione degli immobili in comproprietà con la moglie COGNOME NOME accolse, per quanto di ragione, la domanda e dichiarò facente parte dell’asse ereditario la somma di € 170.050,00, sottratta dalle convenuta dai conti correnti e dal deposito titoli; dichiarò lo scioglimento della comunione ereditaria e di quella ordinaria tra le figlie NOME e NOME NOME e la madre COGNOME NOME sugli immobili e provvide alle relative assegnazione dei beni con i relativi conguagli; condannò NOME COGNOME al pagamento di una somma, a titolo di rendiconto dei frutti sui beni mobili e immobili posseduti in modo esclusivo, in favore della figlia NOME.
1.2. Avverso detta sentenza proposero appello COGNOME NOME e NOME per chiedere dichiararsi la legittimità delle operazioni bancarie compiute dalla COGNOME sui conti cointestati con il de cuius , l’omessa indicazione, da parte dell’attrice, degli atti di
sottrazione dal patrimonio del de cuius ed il carattere esplorativo della CTU
Si costituì NOME per resistere alla domanda; chiese, in via preliminare, dichiararsi l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. e, in subordine, eccepì l’inammissibilità delle domande nuove ex art. 345 c.p.c. sollevate dalle appellanti.
1.3.La Corte d’appello di Genova accolse parzialmente il gravame e, in riforma parziale della sentenza del Tribunale, dichiarò inutilizzabile la CTU svolta in primo grado limitatamente all’omessa individuazione delle operazioni bancarie e degli atti che l’attrice intendeva impugnare; rilevò che NOME aveva indicato alcuni conti correnti senza indicare gli atti di disposizione che intendeva impugnare e la ragione per la quale detti atti di disposizione comportavano una lesione della quota di legittima o una sottrazione di beni ereditari.
La Corte di merito ritenne che la CTU avesse carattere esplorativo, perché era stato demandato al perito il compito di eseguire i conteggi sui prelievi bancari e sulle giacenze dei conti correnti, per accertare se vi fossero stati prelievi.
La Corte d’appello dissentì, inoltre, sulla liquidazione equitativa dei frutti in favore dell’attrice con riferimento agli immobili utilizzati dalle convenute, perché non era stato impedito a quest’ultima il pari utilizzo, ai sensi dell’art.1102 c.c.
2.Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Genova ha proposto ricorso NOME sulla base di quattro motivi.
2.1. COGNOME NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
2.2.Il Sostituto Procuratore Generale, in persona del Dott. NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
2.3.In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 .Con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito ritenuto ammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME che, invece, difetterebbe di specificità per omessa indicazione delle parti del provvedimento appellato, delle modifiche alla ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice e delle ragioni poste a fondamento della violazione di legge.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio secondo il quale l’art. 342, cit., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Non è, però, necessario che l’appello contenga un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (cfr. Sez. U n. 36481 del 2022 Rv. 666375 – 01).
1.3.Nel caso di specie, risulta dalla sentenza impugnata e dalla lettura dell’atto di gravame che gli appellanti avevano articolato censure alla sentenza di primo grado, evidenziando le ragioni che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, dovevano condurre al rigetto della domanda dell’attrice.
2.Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto ammissibili in appello domande nuove proposte da NOME COGNOME e COGNOME NOME, da ritenersi, invece, tardive. In particolare, la ricorrente evidenzia la discrasia emergente dalle conclusioni dalle medesime spiegate nel procedimento dinanzi al Tribunale rispetto a quelle formulate dinanzi alla Corte d’appello.
2.1.Anche questo motivo è infondato, non sussistendo alcun elemento di novità tra le conclusioni formulate dalle convenute in primo grado, volte a paralizzare la domanda dell’attrice , e l’atto di appello avverso la sentenza di primo grado, che le aveva viste soccombenti.
Invero, le convenute avevano chiesto, in primo grado, il rigetto della domanda di inefficacia degli atti di disposizione compiuti dal de cuius o da altri per suo conto e, poiché il Tribunale aveva accertato la sottrazione di somme sul conto cointestato ad NOME COGNOME ed al de cuius, con l’atto di gravame era stato chiesto di accertare la legittimità di dette operazioni, quale cointestataria a firma disgiunta dei conti correnti.
Non si trattava, pertanto, di domande nuove ma di mere contestazioni rispetto alle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado.
2.2. La domanda nuova in appello è solo quella che, al pari delle domande eccezionalmente ed espressamente ammesse dall’art. 345,
primo comma, secondo periodo, cod. proc. civ., si aggiunge alla domanda principale (tra le tante Cass. Civ., Sez. 2 n. 29324 del 2023) mentre le appellanti si erano limitate a contestare le statuizioni del Tribunale, senza mutare la propria originaria pretesa con l’introduzione di nuovi elementi o domande e, quindi, senza ampliare il thema decidendum.
3.Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la CTU avesse carattere esplorativo e che la documentazione acquisita dal perito fosse inutilizzabile. La ricorrente evidenzia che già nell’atto di citazione aveva allegato documentazione bancaria, individuando le operazioni contestate ed aveva richiesto informazioni agli istituti bancari, senza ricevere alcuna risposta, ragione per la quale avrebbe richiesto l’ordine di esibizione. Alla luce di tali principi di prova, il Tribunale, rigettato l’ordine di esibizione, aveva chiesto al CTU di esaminare i conti bancari, verificare le giacenze ed accertare eventuali prelievi di denaro.
3.1.Il motivo è fondato.
3.2.Risulta dalla sentenza impugnata che l’attrice, nell’atto di citazione, aveva segnalato i conti correnti e i depositi cointestati al de cuius ed a NOME COGNOME nonché una serie di operazioni svolte nei due mesi antecedenti alla morte del de cuius , dalle quali risultavano consistenti prelievi.
3.3.L’attrice, in particolare , aveva segnalato che in relazione ad un conto corrente presso il Monte dei Paschi di Siena il saldo era passato da € 276.000,00 ad € 29.471,52; in relazione ad un altro conto corrente presso lo stesso istituto bancario, il saldo era passato da €
127.729,31 ad € 112,93; e che presso le Poste Italiane il saldo era passato da € 5.739,09 ad € 2.193,33.
L’attrice aveva, altresì, evidenziato operazioni anomale su un conto corrente delle Poste Italiane e sul libretto COOP.
Sulla base di tali principi di prova, rigettata la richiesta di ordine di esibizione, il giudice di primo grado aveva svolto una CTU contabile per identificare gli atti di disposizione sui citati conti correnti.
La CTU, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’appello, non aveva carattere esplorativo e, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, il perito poteva acquisire la documentazione utile per l’accertamento dei fatti anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività dei consulenti le preclusioni istruttorie previste per le parti, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda che è onere della parti provare. (Cassazione civile sez. un., 01/02/2022, n.3086)
In particolare, in relazione alla consulenza contabile, le Sezioni Unite hanno precisato che il consulente nominato dal giudice, nei limiti dell’incarico ricevuto, può acquisire, prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda.
La sentenza della Corte di appello di Genova si pone in contrasto ai principi di diritto enunciati, nella parte in cui ha ritenuto che la CTU svolta in primo grado non fosse idonea a provare i fatti lamentati dall’attrice, per avere il CTU acquisito documentazione bancaria , la quale, invece, era necessaria per rispondere ai quesiti posti dal giudice.
Con il quarto motivo di ricorso, si denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1102 c.c. e 116 c.p.c. in ordine alla mancata liquidazione dell’indennità dovuta ad NOME per l’utilizzo degli immobili da parte delle altre coeredi oltre i limiti di legge, nonché la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. La ricorrente deduce di essere stata estromessa dal godimento dei beni ereditari, ragione per la quale sussisterebbe il suo diritto all’indennità di occupazione.
4.1.Il motivo è fondato per quanto di ragione.
4.2.Questa Corte ha affermato che l’utilizzazione esclusiva del bene comune da parte di uno dei comproprietari, ove mantenuta nei limiti di cui all’art. 1102 c.c., non è di per sé idonea a produrre alcun pregiudizio in danno degli altri comproprietari che siano rimasti inerti o abbiano acconsentito ad esso in modo certo ed inequivoco, essendo l’occupante tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto della cosa solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato concesso, e sempre che risulti provato che il comproprietario, il quale abbia avuto l’uso esclusivo del bene, ne abbia tratto anche un vantaggio patrimoniale (Cass. Sez. 2, 09/02/2015, n. 2423; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24647; Cass. Sez. 2, 04/12/1991, n. 13036).
4.3. In particolare, un coerede, il quale, dopo la morte del de cuius, trattenga il possesso di un bene ereditario, rimane nell’ambito dell’esercizio legittimo dei poteri spettanti al comproprietario pur ove utilizzi ed amministri individualmente lo stesso, a meno che il rapporto materiale instaurato con la res non si svolga in maniera tale da escludere gli altri coeredi, con palese manifestazione del volere,
dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene (Cass. N. 18548/2022; Cass. Sez. 2, 04/05/2018, n. 10734).
4.4.Nel caso di specie, l’attrice aveva chiesto il rendimento dei conti, il quale include la domanda di condanna al pagamento delle somme che risultano dovute, in quanto il rendiconto, ai sensi degli artt. 263, comma 2, e 264, comma 3, c.p.c., è finalizzato proprio all’emissione di titoli di pagamento (Cassazione civile sez. VI, 05/05/2022, n.14324).
5.In conclusione, devono essere accolti il terzo e quarto motivo di ricorso; la sentenza impugnata va cassata ccon rinvio anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata, in ordine ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione