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Criteri CIGS: quando il ricorso è inammissibile

Un gruppo di lavoratori ha contestato la legittimità della loro sospensione in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), sostenendo la genericità dei criteri di individuazione e rientro. La Corte di Cassazione ha dichiarato il loro ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Secondo i giudici, la valutazione dei criteri CIGS spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se il ricorso si limita a proporre una diversa interpretazione dei fatti.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Criteri CIGS: la Cassazione stabilisce i limiti del ricorso

La gestione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) rappresenta un momento delicato nella vita di un’azienda e dei suoi dipendenti. La scelta dei lavoratori da sospendere deve seguire principi di correttezza e buona fede. Ma cosa succede se i lavoratori ritengono generici i criteri CIGS adottati? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del sindacato di legittimità in queste materie, confermando che la valutazione dei fatti è riservata ai giudici di merito.

Il Contesto: la Sospensione in Cassa Integrazione e la Proroga

Il caso nasce dalla domanda di un gruppo di lavoratori di una grande azienda del settore automobilistico. Essi avevano ottenuto in primo grado la declaratoria di illegittimità della sospensione in CIGS per un periodo di circa un anno (2014-2015), con la conseguente condanna della società al risarcimento del danno. La contestazione si fondava sulla presunta vaghezza dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e sulla mancanza di chiarezza nelle modalità di rientro.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, ribaltando la decisione di primo grado, ha respinto le domande dei lavoratori. Secondo i giudici di secondo grado, la proroga della cassa integrazione aveva interessato tutto il personale già sospeso. Di conseguenza, era onere dei lavoratori non solo dimostrare, ma prima ancora allegare, la sussistenza dei presupposti previsti dall’accordo aziendale per un rientro anticipato (ad esempio, a seguito di richieste specifiche da parte di stabilimenti clienti).

La Corte territoriale ha inoltre escluso che la comunicazione di avvio della procedura dovesse contenere una dettagliata indicazione dei tempi di rientro, poiché i lavoratori avrebbero potuto contestare solo un eventuale mancato rientro alla scadenza della CIGS. Nel caso specifico, i giudici hanno accertato che i piani di rientro progressivo, legati a percorsi di formazione e all’installazione di nuovi impianti, erano stati rispettati.

I Criteri CIGS e il Ricorso in Cassazione

I lavoratori hanno proposto ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione di diverse norme in materia di ammortizzatori sociali. Essi hanno sostenuto che la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere sufficientemente specifici i criteri CIGS e le modalità di rotazione e rientro.

Il nucleo della censura si concentrava sulla genericità del criterio del “progressivo rientro dei lavoratori”, che a loro avviso non rispettava i principi di legge. Tuttavia, il ricorso si è scontrato con i rigidi limiti del giudizio di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che i ricorrenti non avevano chiarito in quale specifica violazione di legge sarebbe incorsa la Corte di merito. Piuttosto, il loro ricorso si risolveva in una richiesta di riesame dei fatti e di una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione dell’adeguatezza della specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione e delle modalità di rotazione è riservata al giudice di merito. Tale valutazione può essere censurata in Cassazione solo per vizio di motivazione, peraltro nei limiti ristretti oggi previsti, vizio che nel caso di specie non era stato neppure denunciato.

In sostanza, i ricorrenti proponevano una lettura diversa della vicenda, ma senza individuare un errore di diritto nella sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva accertato, con una valutazione di fatto non sindacabile, che il criterio del “progressivo rientro” non era generico, in quanto ancorato a un preciso percorso formativo finalizzato alla riqualificazione dei lavoratori. Di conseguenza, il tentativo di ottenere una nuova valutazione di merito si è rivelato infruttuoso.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui confini tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La contestazione relativa ai criteri CIGS e alla loro applicazione concreta attiene a una valutazione fattuale che, una volta compiuta dal giudice d’appello con motivazione congrua, non può essere rimessa in discussione davanti alla Cassazione. Per i lavoratori, ciò significa che l’onere di allegare e provare specifiche violazioni (come la preferenza ingiustificata di altri colleghi nel rientro) deve essere assolto compiutamente nei primi due gradi di giudizio. Per le aziende, emerge la conferma che accordi sindacali ben strutturati, che legano i rientri a precisi percorsi di riorganizzazione e formazione, possono superare il vaglio giudiziario.

È possibile contestare in Cassazione la scelta dei criteri CIGS adottati da un’azienda?
No, la valutazione dell’adeguatezza e della specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in CIGS è riservata al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). In Cassazione non è possibile ottenere un riesame dei fatti, ma solo contestare errori di diritto, che devono essere specificamente indicati nel ricorso.

Cosa deve dimostrare un lavoratore che ritiene di essere stato ingiustamente lasciato in CIGS a fronte di una ripresa dell’attività?
Secondo la sentenza, è onere del lavoratore allegare e dimostrare che si erano verificate le condizioni previste dall’accordo sindacale per la sua riammissione al lavoro e che, nonostante ciò, l’azienda ha ingiustamente preferito altri colleghi.

Perché il ricorso dei lavoratori è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la Corte di Cassazione, non denunciava una reale violazione di legge, ma si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti e delle prove già valutate dalla Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta esula dai poteri del giudice di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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