Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3380 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3380 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 18964-2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in concordato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato – avverso il decreto nr cron. 119/2019 emesso dal Tribunale di Pescara e depositato in data 20.5.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Pescara ha rigettato l’opposizione allo stato passivo presentata, ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall., da RAGIONE_SOCIALE in concordato nei confronti del RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento del G.D., con il quale era stata dichiarata inammissibile per tardività, ai sensi dell’art. 101, u.c., l. fall., la domanda di insinuazione al passivo presentata dall’odierna ricorrente.
1.1 Con domanda di insinuazione al passivo presentata in data 24.9.2018 da RAGIONE_SOCIALE in concordato quest’ultima aveva infatti chiesto di essere ammessa al passivo del predetto fallimento, in INDIRIZZO, per euro 36.101,14, avendo evidenziato in quella sede che la detta domanda di ammissione era stata ava nzata all’esito di un separato giudizio di istruzione preventiva presentato ex art. 696 c.p.c. presso il Tribunale di Pescara, giudizio in seguito al quale sarebbe stato accertato che, a fronte dell’improvviso distacco di una mattonella dalla parete di una palazzina (verificatosi in data 13.4.2017), la RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di ditta appaltatrice in bonis , non aveva eseguito correttamente le opere oggetto del contratto, arrecando un danno patrimoniale alla società committente, quantificato in quella sede dal C.t.u. in euro 29.048,00. La società opponente asseriva, dunque, che solo all’esito dell’accertamen to tecnico preventivo aveva potuto comprendere l’entità del credito relativo alle spese di manutenzione per la messa in sicurezza dell’immobile e dunque aveva potuto avanzare domanda tardiva di ammissione al passivo.
1.3 Il Tribunale – dopo aver preliminarmente ritenuto tempestiva la proposta opposizione (senza peraltro ritenersi necessaria la richiesta rimessione in termini) – ha rilevato ed osservato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) nel caso in esame la domanda ultra-tardiva non era ammissibile in quanto il ritardo nella presentazione della domanda era comunque imputabile alla stessa società istante, considerata l ‘ inutile attesa della conclusione del procedimento di istruzione preventiva per l’accertament o del credito, procedimento che, tuttavia, non risultava essere né necessario né indispensabile ai fini della proposizione della domanda ex artt. 93 e 101, 1 comma, l. fall., oltre che del tutto inconferente rispetto alla esclusiva sedes
concorsuale nella quale il credito originariamente doveva essere accertato, ai sensi degli artt. 51 e 52 l. fall.; (ii) secondo la giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione dell’art. 101, primo e secondo comma, l. fall., è nel senso di ritenere applicabile, da un punto di vista logico- sistematico, solo ai titolari di crediti già esistenti alla dichiarazione di fallimento la detta normativa, in quanto solo costoro potrebbero, in astratto, presentare domande di ammissione al passivo in via tempestiva ovvero tardiva semplice; (iii) in relazione invece al creditore sopravvenuto alla dichiarazione di fallimento, il quarto comma dell’art. 101 l. fall. (che regola la presentazione delle domande cd. ultratardive) nulla statuisce, e ciò con particolare riferimento al decorso del tempo dalla data in cui il credito sopravvenuto poteva essere fatto valere nei confronti della procedura concorsuale, non potendosi indicare, nel silenzio della predetta norma, quale sia in astratto il tempo necessario per la valutazione e la presentazione della istanza ultratardiva da parte del creditore e dovendosi, al contrario, ritenere che siffatto accertamento debba essere effettuato in concreto in base alle particolarità di ciascun caso, secondo un criterio di ragionevolezza la cui applicazione deve essere rimessa al giudice (così richiamando Cass. n. 21661/2018); (iv) pertanto anche il creditore sopravvenuto, seppure esonerato dal termine decadenziale di cui al primo comma dell’art. 101 sopra citato, non può per ciò solo presenta re a suo piacimento o secondo un suo giudizio di ‘convenienza temporale’ la domanda di insinuazione al passivo, dovendo, al contrario, collaborare, come tutti gli altri creditori, con buona fede e correttezza alla celerità della procedura fallimentare e rimanendo lo stesso subordinato alla prova liberatoria richiesta dall’art. 101, 4 comma, l. fall., quando la sua domanda è presentata ‘tardivamente’; (v) l’infondatezza dell’opposizione derivava pertanto proprio dall ‘ insussistenza di una causa ‘esterna’ alla volontà del creditore istante che potesse valere a giustificare il ritardo occorso, in quanto dal giorno in cui si era manifestato l’evento dannoso (13.4.2017), quale elemento costitutivo del potenziale credito risarcitorio ottenibile dal debitore inadempiente ex art. 1669 cod. civ., al giorno in cui era stata presentata la domanda di insinuazione al passivo (24.9.2018) erano trascorsi ben quindici mesi, rientrando così la fattispecie concreta nel concetto di ‘ultratardività’ della
domanda ex art. 101, 4 comma, l. fall., con la conseguenza che la medesima risultava accompagnata dalla presunzione di inammissibilità che, in tal caso, era stata confermata dall ‘ insussistenza della prova di non imputabilità del ritardo; (vi) poteva invero pienamente soddisfarsi l’onere di allegazione degli elementi richiesti dall’art. 93, 2 comma, l. fall., già dall’anno 2017, specialmente con riferimento all’ an e al quantum debeatur che, in ogni caso, qualora contestati, sarebbero stati accertati e precisati in modo tempestivo e corretto proprio (e solo) in sede fallimentare.
2. Il decreto, pubblicato il 20.5.2019, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE in concordato con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE, intimato, non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 93, 96 e 101 l. fall., in combinato disposto con l’art. 2935 cod. civ. , sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel richiamare, per la soluzione delle questioni dedotte in giudizio, la disciplina dell’art. 101 l. fall. che, diversamente, era volta a normare la fattispecie del credito sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento.
1.1 Osserva, infatti, la ricorrente che il Tribunale aveva ritenuto di applicare, discrezionalmente e nel silenzio della norma, direttamente l’art. 101, commi 1 e 4, l. fall., sostenendo che essa creditrice non avesse presentato istanza di insinuazione entro i dodici mesi dall’evento del 13.4.2017, costitutivo del credito risarcitorio e che contestualmente non avesse provato la non imputabilità del ritardo. Secondo la società ricorrente, invece, la domanda di insinuazione al passivo, per crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento, non potendosi riscontrare un ‘ritardo’ nella sua proposizione, non avrebbe potuto essere ritenuta conseguentemente ‘tardiva’, tale ultima qualificazione inerendo soltanto le ipotesi di domande di insinuazione al passivo per crediti anteriori, trasmesse al creditore oltre il termine di trenta giorni dall’ udienza di verifica del passivo e per le quali trova pertanto applicazione l’art. 101,
primo comma, l. fall. e non potendosi, al contempo, richiedere a colui che non è ancora creditore di presentare la domanda di insinuazione al passivo tempestivamente ovvero, al massimo, entro dodici (ovvero diciotto) mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo.
1.2 Sostiene, inoltre, la società ricorrente che la fattispecie del credito sorto successivamente al fallimento non sarebbe regolata neanche dall’ultimo comma dell’art. 101 l. fall. che disciplina le domande cd. ultratardive in caso di non imputabilità del ritardo. Aggiunge che, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, mentre per qualsiasi credito sorto anteriormente alla dichiarazione di fa llimento il termine ultimo per l’ammissione al passivo è stato esplicitamente individuato nei dodici o diciotto (in caso di proroga) mesi decorrenti dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, ai sensi dell’art. 101, 1 e 4 comma, l. fall., per i crediti sorti successivamente al fallimento non si applicherebbe il limite temporale di cu i all’art. 101 l. fall. , poiché, in caso contrario, vi sarebbe una evidente lesione del principio di eguaglianza, potendo le domande aventi ad oggetto i predetti crediti (sorti, cioè, successivamente al fallimento) essere trasmesse al curatore in qualsiasi momento ovvero sino a quando non siano esaurite le ripartizioni dell’attivo fallimentare, a prescindere dall’imputabilità o meno della tardività della domanda.
1.3 Sempre secondo la ricorrente, a tutto voler concedere, il dies a quo del presunto termine di presentazione dell ‘ istanza di insinuazione non potrebbe essere individuato, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., nel giorno di maturazione dell”l’evento dannoso (il 13.4.2017), quale elemento costitutivo del potenziale credito risarcitorio ottenibile dal debitore inadempiente (ex art. 1669 c.c.) …’, quanto piuttosto a partire dal 2.7.2018, ovvero dalla data di deposito della consulenza tecnica d’ufficio, a conclu sione del giudizio per l’accertamento tecnico preventivo celebrato innanzi al Tribunale di Pescara , ove era stato accertato il credito di essa società committente nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
1.4 Le doglianze articolate dalla società ricorrente sono infondate.
1.4.1 La motivazione impugnata è conforme, nelle sue linee argomentative, ai principi affermati nella materia qui in esame dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità e non merita, pertanto, censura.
1.4.2 Sul punto è stato infatti recentemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità che ‘ ai fini dell’insinuazione al passivo di crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento o della amministrazione straordinaria, devono essere osservate, ai sensi dell’art. 111-bis l.fall., le modalità del capo V della stessa legge, senza rilevanza tra insinuazioni tempestive e tardive, distinzione concettualmente incompatibile con la casualità temporale della ragione di insorgenza del credito; pertanto, ai fini dell’ammissibilità della conseguente domanda di insinuazione, viene in rilievo l’art. 101 l.fall., che esprime un principio generale, attuativo della ragionevole durata del procedimento del processo e declinabile in funzione del bilanciamento tra diritto di azione e difesa, alla cui stregua il ritardo, ove ritenuto sussistente, è colpevole secondo una valutazione affidata al giudice del merito, caso per caso e secondo il suo prudente apprezzamento, con motivazione che non è sindacabile in sede di legittimità ‘ (così espressamente, Cass. Sez. 1, ord. n. 18760 del 09/07/2024; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 11000 del 05/04/2022).
1.4.3 Ciò posto, risulta non contestato (né contestabile) che il diritto di credito di natura risarcitoria qui azionato , nascente dall’inadempimento contrattuale della società debitrice in bonis al contratto di appalto, sia maturato e si sia manifestato dopo la dichiarazione di fallimento e dunque in corso di procedura. Sulla base di questa preliminare (e peraltro condivisibile) considerazione, il Tribunale ha poi svolto un accertamento in fatto in ordine all’imputabilità del ritardo nella presentazione della domanda ultratardiva di ammissione al passivo fondata sul corretto rilievo (in fatto ed in diritto) della maturazione del diritto di credito oggetto dell ‘ insinuazione già al momento del manifestarsi del fatto dannoso, e cioè in data 13.4.2017, apprezzando, dunque, come irragionevole il tempo trascorso per la successiva presentazione della domanda di ammissione al passivo, intervenuta solo in data 24.9.2018, con quindici mesi di ritardo, pertanto, rispetto al fatto dannoso. Si tratta comunque di un accertamento fattuale svolto dai giudici del merito che, per le ragioni già sopra illustrate, non risulta più sindacabile
innanzi al giudice di legittimità, tanto meno sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 96, 2 comma, n. 3, l. fall., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere ammissibile una domanda di ammissione al passivo, in assenza del previo accertamento del credito vantato. Si evidenzia da parte della ricorrente che il giudice a quo aveva preteso che il creditore istante avesse dovuto presentare, nella fattispecie in esame, domanda di insinuazione al passivo con riserva, sulla base del semplice verificarsi dell’evento dannoso e dunque già dal 13.4.2017, con ciò tuttavia errando nell’applicazione dell’art. 96, comma 2, n. 3, l. fall., che, diversamente da quanto opinato dal Tribunale, disciplina i crediti per i quali il titolo sia comunque già esistente e che il creditore, per cause a lui non imputabili, non possa tempestivamente produrlo. Nel caso di specie, invece, essa ricorrente non aveva alcun titolo, né aveva contezza dell’ an e del quantum del credito, accertato solo a seguito del deposito della Ctu nel giudizio di accertamento tecnico preventivo.
2.1 Anche il secondo motivo è infondato.
Sul punto va ribadito che non è rintracciabile nel provvedimento impugnato alcuna violazione del disposto normativo di cui all’art. 96, comma 2, n. 3, l. fall., come invece sostenuto dalla società ricorrente, posto che, nel caso di specie, il ricorrente avrebbe dovuto proporre domanda di ammissione al passivo, senza alcuna riserva. Ed invero, il diritto creditorio di natura risarcitoria azionato dall’odierna ricorrente doveva trovare la sua naturale e fisiologica sedes di accertamento immediatamente in sede di verifica del passivo e non già nella sede extraconcorsuale, come ritenuto invece dalla ricorrente tramite l’attivazione di diversi strumenti di tutela innanzi al Tribunale di Pescara.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa del fallimento intimato.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,
ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14.1.2025