Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2543 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2543 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27921 – 2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo -p.i.v.a. P_IVA -in persona dei liquidatori giudiziali ragionier NOME COGNOME, avvocato NOME COGNOME e dottor NOME COGNOME ed in persona del liquidatore NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Arezzo, alla INDIRIZZO presso l o studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale allegata in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
COGNOME -c.f. CODICE_FISCALE – in proprio e quale associato dello Studio Professionale Associato dei dottori commercialisti COGNOME LCOGNOME, COGNOME M. (già Studio Professionale Associato dei dottori commercialisti COGNOME LCOGNOME, COGNOME M., COGNOME L. e COGNOME) -p.i.v.a. 04303240487 elettivamente domiciliato in Empoli, alla INDIRIZZO, presso lo
studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 2007 -30.8/15.9.2022 della Corte d’Appello di Firenze, udita la relazione nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 del presidente dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso in data 20.12.2011 al Tribunale di Arezzo la ‘ RAGIONE_SOCIALE domandava l’ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Indicava tra i propri creditori chirografari, per l’importo di euro 140.400,00 , oltre accessori, lo ‘ Studio Professionale Associato dei dottori commercialisti COGNOME LCOGNOME, COGNOME M., COGNOME LCOGNOME, COGNOME ECOGNOME‘ (cfr. ricorso, pag. 2) .
NOME COGNOME in proprio e quale componente dello ‘RAGIONE_SOCIALE‘ -antecedentemente all’omologazione del concordato conveniva dinanzi al Tribunale di Arezzo la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Chiedeva accertarsi e darsi atto della natura privilegiata del credito.
Resisteva la ‘ RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante e dei liquidatori del concordato.
Adduceva, peraltro, che ‘l’unico titolare del credito era lo Studio Professionale Associato, cosicché allo stesso non poteva essere riconosciuto il privilegio preteso dall’attore’ (cfr. ricorso, pag. 2) .
Con la prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. l’attore precisava che ‘ non speso il nome dello studio associato e dunque che non agito anche in nome di quest’ultimo ; (…) per quanto la prestazione stata
esclusivamente personale, in virtù del rapporto associativo la fatturazione (…) stata svolta a nome dello studio associato ‘ (cfr. ricorso, pag. 2) .
Con sentenza n. 315/2017 il Tribunale di Arezzo rigettava la domanda.
Assumeva che l’attore non ave sse provato la titolarità del credito azionato, ‘in quanto il relativo rapporto risultava intercorso con lo studio a cui egli, quale professionista associato partecipava’ (così sentenza d’appello, pag. 4) .
NOME COGNOME proponeva appello.
Resisteva la ‘RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante e dei liquidatori del concordato.
Con sentenza n. 2007 dei 30.8/15.9.2022 la Corte d’Appello di Firenze accoglieva il gravame e, per l’effetto, accertava che il credito del complessivo importo di euro 169.884,00, iscritto a nome dello Studio Professionale Associato dei dottori commercialisti COGNOME LCOGNOME, COGNOME MCOGNOME, COGNOME LCOGNOME e COGNOME. nell’elenco delle passività del concordato della ‘RAGIONE_SOCIALE, è assistito dal privilegio generale ex art. 2751 bis , n. 2, cod. civ. e condannava l’appellata alle spese del doppio grado.
Evidenziava la Corte di Firenze che NOME COGNOME era senz’altro titolare del credito azionato, ‘ non potendosi ravvisare tale titolarità sostanziale in capo allo Studio RAGIONE_SOCIALE ssociato cui il medesimo partecipa’ (così sentenza d’appello, pag. 10) .
Evidenziava segnatamente che non esisteva ‘un soggetto o un ente ulteriore rispetto ai singoli componenti , dotato di un patrimonio separato’ (così sentenza d’appello, pag. 11) , siccome l’associazione tra professionisti non è configurabile ‘ come centro di imputazione di interessi né come ente collettivo, con autonomia strutturale e funzionale’ (così sentenza d’appello, pag. 11) .
Evidenziava dunque che NOME COGNOME era legittimato ad agire ‘ in proprio e quale associato dello RAGIONE_SOCIALE, onde far valere un credito personale svolto in ambito associativo (cfr. sentenza d’appello, pag. 11) .
Evidenziava per altro verso, la corte, che era immeritevole di seguito l’eccezione di inesatto adempimento sollevata dall’appellata s.p.a., siccome formulata in maniera generica ed in difetto di addebiti circostanziati (cfr. sentenza d’appello, pag. 13) .
Evidenziava infine che era sicuramente da riconoscere la natura privilegiata dell’azionata pretesa creditoria (cfr. sentenza d’appello, pag. 16) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la ‘ RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona dei liquidatori giudiziali e del suo liquidatore; ne ha chiesto in base a tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
NOME COGNOME, in proprio e quale associato dello Studio Professionale Associato dei dottori commercialisti COGNOME RAGIONE_SOCIALE., COGNOME (già Studio Professionale Associato dei dottori commercialisti COGNOME L., COGNOME M., COGNOME e COGNOME) , ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria.
Del pari il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 36 cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che ha errato la Corte di Firenze allorché, difformemente da ll’elaborazione giurisprudenziale di legittimità, ha affermato che lo studio professionale associato non può costituire un autonomo centro di imputazione di interessi (cfr. ricorso, pag. 5) .
Deduce che viceversa le associazioni professionali non riconosciute, qual è lo Studio Professionale cui è associato NOME COGNOME ben possono essere titolari di rapporti giuridici e dunque di crediti (cfr. ricorso, pag. 6) .
Deduce quindi che, ai fini dell’imputazione o meno del credito azionato allo Studio Professionale di cui NOME COGNOME è partecipe, la corte d’appello avrebbe dovuto attendere alla disamina , segnatamente, dell’art. 5 dello statuto dello Studio e dell’art. 8 dell’atto di modifica dello statuto (cfr. ricorso, pag. 6) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 100 cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360., 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che la Corte di Firenze non ha tenuto conto che alla puntualizzazione cui l’attore ha fatto luogo con la prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., può essere attribuito un unico significato, ossia che NOME COGNOME ha azionato un credito proprio (cfr. ricorso, pag. 8) .
Deduce quindi che, siccome il credito azionato spetta all’associazione professionale, ‘ bene aveva fatto il Tribunale a respingere la domanda’ (così ricorso, pag. 8) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2751 bis , n. 2, cod. civ. e dell’art. 2 d.lgs.
n. 139/2005; ai sensi dell’art. 360., 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce, nel quadro dell’elaborazione giurisprudenziale di legittimità, che ai fini del riconoscimento del privilegio occorre che la prestazione sia stata svolta personalmente e che sia ‘di pertinenza ‘ del singolo associato ovvero che la prestazione sia frutto in modo preponderante dell’attività personale e non sia da ascrivere all’attività organizzata in forma di impresa (cfr. ricorso, pag. 9) .
Deduce poi, per un verso, che è priva di qualsivoglia riscontro probatorio l’affermazione della Corte di Firenze secondo cui la circostanza per cui lo Studio Professionale è composto unicamente da quattro professionisti, denoterebbe la prevalenza del carattere personale dell’attività svolta rispetto all’elemento organizzativo (cfr. ricorso, pag. 8) .
Deduce poi, per altro verso, che NOME COGNOME non ha né allegato né provato circostanze tali da cui può desumersi la pertinenza del credito azionato alla sua sfera personale e l’estraneità allo Studio Associato (cfr. ricorso, pag. 10) ; che , anzi, l’art. 5 dello statuto dello RAGIONE_SOCIALE e l’art. 8 dell’atto di modifica dello statuto dimostrano non solo che gli associati hanno conferito all’Associazione i crediti derivanti dall’attività professionale che avrebbero svolto, ma dimostrano altresì che gli associati si sono impegnati a non svolgere attività professionale al di fuori dell’Associazione (cfr. ricorso, pagg. 10 – 11) .
I rilievi postulati dalla delibazione dei motivi di ricorso, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea degli esperiti mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare nei termini ed alla stregua delle argomentazioni che seguono.
Senza dubbio questa Corte opina nel senso che lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel
novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici (cfr. Cass. (ord.) 26.1.2022, n. 2332; Cass. (ord.) 10.4.2018, n. 8768, ove si specifica che lo studio professionale associato, è dotato di capacità di stare in giudizio in persona dei suoi componenti ovvero di chi ne abbia la legale rappresentanza secondo l ‘ art. 36 cod. civ.).
In tal guisa, certo, non possono essere condivise talune affermazioni della Corte di Firenze.
Segnatamente l’affermazione secondo cui ‘le associazioni non riconosciute non costituiscono entità autonome e distinte dai propri membri consistendo in una mera gestione contabile per dividere le spese e le entrate mentre i singoli professionisti mantengono la titolar ità del rapporto di prestazione d’opera’ (così sentenza d’appello, pag g. 10 – 11) .
Ciò nondimeno la legittimazione di NOME COGNOME è stata ineccepibilmente riscontrata dalla corte di merito.
Sia, in primo luogo, con riferimento al profilo della ‘ legitimatio ad causam ‘ (cfr. Cass. 6.3.2008, n. 6132, secondo cui la legittimazione ad agire e contraddire deve essere accertata in relazione non alla sua sussistenza effettiva ma alla sua affermazione con l ‘ atto introduttivo del giudizio, nell ‘ ambito d ‘ una preliminare valutazione formale dell ‘ ipotetica accoglibilità della domanda. Tale accertamento, pertanto, deve rivolgersi alla coincidenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda ed il soggetto che nella domanda stessa è affermato titolare del diritto e, da quello passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque violatore di quel diritto. Inoltre, il difetto della relativa allegazione e dimostrazione, in quanto attinente alla regolare costituzione del
contraddittorio e, quindi, disciplinata da inderogabile norma di diritto pubblico processuale, è rilevabile anche di ufficio) .
Difatti, la corte distrettuale ha puntualizzato che ‘sussiste sotto il profilo assertivoprocessuale legittimazione attiva del COGNOME a proporre la domanda’ (così sentenza d’appello, pag. 10) e che il COGNOME aveva ‘ agito vantando un diritto proprio sotto il profilo della legittimazione processuale a stretto rigore’ (così sentenza d’appello, pag. 1 1) .
Del resto, la ricorrente, con il secondo motivo, adduce che alla precisazione della domanda cui NOME COGNOME ha fatto luogo con la prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., ‘non può che essere attribuito il significato che appare letteralmente e, cioè, che il COGNOME ha agito per ottenere tutela di un credito proprio’ (così ricorso, pag. 8 . ‘Nella prima memoria istruttoria depositata in primo grado, il dott. COGNOME aveva precisato/modificato la domanda, chiarendo che la stessa era stata proposta in proprio’: così memoria ricorrente, pag. 4 ) .
Sia, in secondo luogo, con riferimento al profilo della effettiva titolarità da parte di NOME COGNOME del diritto di credito che costui ha azionato a suo nome (cfr. Cass. 23.5.2012, n. 8175, secondo cui non attiene alla ‘ legitimatio ad causam ‘, ma al merito della lite, la questione relativa alla titolarità, attiva o passiva, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, risolvendosi nell’accertamento di una situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della pretesa azionata. Cfr. Cass. sez. un. 16.2.2016, n. 2951 (Rv. 638371 – 01), secondo cui la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore alleg arla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto; cfr. Cass. sez. un. 16.2.2016, n. 2951 (Rv. 638373 – 01),
secondo cui la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa).
Difatti, la corte territoriale ha puntualizzato che NOME COGNOMErisulta essere anche titolare di tale diritto’ (così sentenza d’appello, pag g. 11 – 12) .
16. A tal ultimo riguardo, in particolare, la valutazione ‘in fatto ‘ della Corte fiorentina risulta congrua ed esaustiva, in ogni caso immune da qualsivoglia forma di ‘anomalia motivazionale’ rilevante alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
Infatti, la Corte toscana, seppur in sede di delibazione dei profili attinenti all’invocato privilegio, ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo ovvero ha puntualizzato che il verbale del consiglio di a mministrazione del 23.7.2009 riferiva testualmente: ‘il presidente propone di dare incarico al dott. NOME COGNOME già nostro consulente da anni, per la ristrutturazione di tutto il gruppo sia da un punto di vista societario, che finanzia rio’ (cfr. sentenza d’appello, pagg. 16 17) .
Ed ha soggiunto che ‘dalla documentazione fornita dalla società emerge quindi che era stato individuato un consulente, nella cui persona i soci riponevano peculiare fiducia e non uno ‘ (così sentenza d’appello, pag. 17) .
17. In pari tempo, la ricorrente invano prospetta che la Corte di Firenze , ‘per valutare se nel caso di specie il credito azionato fosse o non fosse dell’associazione professionale di cui il COGNOME è membro, (…) non avrebbe potuto prescindere dall’esame dello Statuto interno dell’Associazione (…), e dalla sua modifica (…), che erano versati in atti (…)’ (così ricorso, pag. 6; cfr. memoria della ricorrente, pag. 7) . Invano prospetta che la Corte di Firenze ha omesso la disamina della documentazione, all’uo po allegata, tra cui la relazione
datata 8.12.2009 e la relazione datata 6.6.2011, da cui sono desumibili elementi chiaramente sintomatici del conferimento dell’incarico professionale allo studio associato (cfr. ricorso, pag. 6) . Invano prospetta che le dichiarazioni rese dai testimoni escussi in prime cure per nulla valgono a dimostrare che l’impegno professionale è stato assunto da NOME COGNOME al di fuori dell’associazione professionale (cfr. ricorso, pag. 7) .
Invero, in questi termini, sovviene l’elaborazione di questa Corte.
Ossia l’insegnamento secondo cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato – è il caso de quo – comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415) .
Ossia l’insegnamento secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
18. In maniera parimenti ineccepibile e congrua la Corte di Firenze ha fatto luogo al riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis , n. 2, cod. civ.
Va debitamente premesso che nella specie non interferiscono le puntualizzazioni operate di recente da questa Corte e con la sentenza n. 29371 del 13.11.2024 e con la sentenza n. 32737 del 16.12.2024.
Nella fattispecie dapprima scrutinata da questo Giudice, invero, il credito ‘spetta (alla titolarità o alla legittimazione) dello studio associato , che , dunque, la legittimazione a farlo valere in giudizio’ (così in motivazione Cass. n. 29371/2024) .
Nella fattispecie successivamente scrutinata da questo Giudice, invero, il credito spettava alla cooperativa ricorrente in cassazione , ossia ‘il giudice di primo grado accertato che il rapporto professionale si era instaurato tra la società fallita e RAGIONE_SOCIALE (…) non solo alla luce dell’atto di conferimento dell’incarico (…) ma anche di tutti gli altri documenti esaminati’ (così in motivazione Cass. n. 32737/2024) .
19. Ebbene, nella presente fattispecie la Corte di Firenze ha riscontrato, alla stregua della documentazione allegata, con valutazione ‘in fatto’ parimenti esente da qualsiasi forma di ‘anomalia motivazionale’ , che la prestazione professionale de qua agitur era ‘di pertinenza’ di NOME COGNOME siccome, lo si è detto, costui in proprio e non lo ‘studio associato’ aveva ricevuto incarico -e che NOME COGNOME aveva personalmente atteso all’adempimento d ell’incarico (cfr. sentenza d’appello, pag g. 16 – 17) .
Ulteriormente, la corte di merito ha chiarito che lo studio professionale era costituito da appena quattro professionisti, il che forniva riscontro della prevalenza del carattere personale dell’attività rispetto all’elemento organizzativo, elemento organizzativo la cui valenza nella specie era stata del tutto marginale e si era risolta nell’utilizzo degli strumenti tecnici computer, stampanti, etc. -di cui ogni studio professionale dispone; che pertanto non si era al cospetto di un credito d’impresa (cfr . sentenza d’appello, pag. 17) .
20. D’altra parte, con il terzo mezzo di impugnazione la società parimenti si duole per l’erronea valutazione degli esiti istruttori (‘dalla copiosa
documentazione in atti (…) è emerso che in realtà il rapporto professionale si è instaurato con lo Studio Associato e le prestazioni professionali in oggetto sono state svolte nell’ambito e grazie alla struttura dello Studio associato medesimo. Cosicché, i corrispettivi relativi a tali prestazioni hanno costituito la remunerazione complessiva delle varie voci di costo sostenute dall’Associazione, di cui solo una componente è costituita dal lavoro dell’associato’: così ricorso, pag. 10) .
Di talché sovviene l’elaborazione di questa Corte.
Ossia l’insegnamento secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un ‘ alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (cfr. Cass. (ord.) 23.4.2024, n. 10927) .
Ossia l’insegnamento secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
co ndanna la ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, a rimborsare al controricorrente, NOME COGNOME le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 6.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte