Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15670-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’Amministratore Giudiziario pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei Curatori pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronologico 849/2021 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato il 29/04/2021 R.G.N. 2040/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Oggetto
Fallimento
R.G.N. 15670/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 15/04/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE opponendosi al decreto emesso dal Giudice delegato del Fallimento della Impresa RAGIONE_SOCIALE ha chiesto al Tribunale di Cagliari vedersi riconoscere il grado di privilegio ex art. 2751 bis n. 1 cod. civ. sulla somma di euro 149.196,00 già ammesso in chirografo; la società ha sostenuto che tale somma le era dovuta per l’avvenuto distacco di personale (n. 116 unità lavorative) da essa dipendente in favore della società fallita presso il cantiere sito nella raffineria del porto di Livorno, dove quest ‘ultima stava eseguendo lavori multispecialistici: in particolare, per avere provveduto al pagamento delle retribuzioni ai lavoratori distaccati senza ottenerne la corresponsione.
Con decreto del 29.4.2021 il Tribunale di Cagliari ha respinto l’opposizione, ritenendo non la natura retributiva del credito, ma quella di rimborso, condannando, altresì, l’istante al pagamento delle spese di lite.
Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE svolgendo tre motivi; l’intimato Fallimento ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono così essere sintetizzati.
Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2751 bis n. 1 cod. civ.; la violazione e la falsa applicazione dell’art. 30 co. 2 D.lgs. n. 276/2003; la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost.; l’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti, il travisamento dei fatti e degli elementi documentali in processo nonché il travisamento dell’istruttoria; si sostiene che il Tribunale non aveva considerato che il credito di cui si chiedeva l’ammissione con pre vilegio ex art. 2751 bis n. 1) cod. civ. corrispondeva esattamente alle retribuzioni pagate ai lavoratori.
Con il secondo motivo si censura la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2751 bis n. 1 cod. civ. nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost. perché l’interpretazione della natura giuridica del credito, come adottata dal Tribunale, avrebbe determinato una illegittima disparità di trattamento nell’ipotesi di fallimento di entrambe le società in quanto i dipendenti, quali prestatori di lavoro, avrebbero avuto diritto di chiedere l’ammissione al passivo con privilegio, nei confronti della datrice di lavoro, a differenza di quest’ultima nei riguardi della società ‘distaccataria’.
Con il terzo motivo si eccepisce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nonché il travisamento dei fatti e degli elementi documentali ed il travisamento dell’istruttoria, per non avere il Tribunale rilevato che le somme di cui in opposizione si chiedeva l’ammissione con privilegio erano soltanto quelle relative alle retribuzioni dei lavoratori.
In subordine, la ricorrente sollecita questo Collegio a rimettere alla Corte Costituzionale la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 2751 bis cod. civ. nella parte in cui riconosce il godimento del privilegio alle imprese fornitrici di lavoro temporaneo per gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici, mentre analogo diritto
non viene riconosciuto nelle ipotesi del distacco di lavoratori in favore delle imprese distaccanti.
I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati.
Pur dando atto, per ipotesi, che la somma di cui si chiedeva l’ammissione con privilegio ex art. 2751 bis. cod. civ. era solo quella relativa al pagamento delle retribuzioni dei lavoratori, va sottolineato che secondo la ricorrente il credito del datore di lavoro «distaccante», che ha pagato le prestazioni lavorative dei dipendenti distaccati verso la società «distaccataria», deve essere assistito dallo stesso privilegio che compete ai lavoratori per le prestazioni da loro effettuate; il motivo, che assume la natura retributiva ex art. 2751 bis, n.1 cod. civ. del credito vantato dall’imprenditore «distaccante» nei confronti di quello che ha fruito delle prestazioni dei lavoratori «distaccati», appare non meritevole di accoglimento.
Invero, come già affermato in sede di legittimità (Cass. n. 24069/2021), con argomentazioni pienamente condivise da questo Collegio, non si è di fronte a un credito retributivo o assimilato del prestatore di lavoro e non si rientra nella specifica ipotesi soggettiva di cui al comma 5-ter dello stesso articolo («crediti delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, per gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici»); le norme sui privilegi hanno natura eccezionale in quanto derogative al principio generale della par condicio creditorum (Sez. 1, n. 12017 del 16.05.2018, Rv. 649109 -01; Sez. 1, n. 598 del 14.01.2008, Rv. 601537 -01) e, quindi, insuscettibili di estensione analogica ex art. 14 disp. prel. cod. civ., a tacer del fatto che non sussiste alcuna
eadem ratio , né con il caso regolato dal n.1 dell’art-2751 bis, che mira a proteggere con il privilegio un soggetto economicamente debole come il lavoratore subordinato, né con il caso regolato dal n. 5 ter, ove la legge ha introdotto uno specifico requisito soggettivo.
Né è ipotizzabile una violazione dell’art. 3 Cost., che imponga la rimessione della questione alla Corte Costituzionale per il differente trattamento previsto per le imprese distaccanti e per quelle fornitrici di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196.
La questione è, infatti, manifestamente infondata.
Invero, premesso che una violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. è ravvisabile solo allorquando, senza valida giustificazione, siano disciplinate in maniera diversa medesime situazioni, nella fattispecie in esame non è ipotizzabile alcuna trasgressione del suddetto principio essendo differenti le posizioni giuridiche dell’impresa, che agisca quale ‘distaccante’ dei lavoratori, e quella fornitrice di lavoro temporaneo.
Quest’ultima, infatti, ha un unico e definito oggetto sociale, che è quello di mettere a disposizione lavoratori a tempo determinato presso altre aziende (utilizzatrici) per soddisfare esigenze temporanee, per cui si giustifica che, ai sensi dell’art. 2751 bis cod. civ., nel caso in cui, in una situazione patologica, sia tenuta a corrispondere, in luogo di chi ha beneficiato della prestazione lavorativa, le retribuzioni ai lavoratori somministrati, abbia un regime di maggiore tutela in sede di procedura concorsuale attraverso il riconoscimento di un credito privilegiato.
Non così per un’impresa che, nella fattispecie del ‘distacco’, presta i suoi dipendenti ad altro soggetto per
soddisfare anche un proprio interesse per l’esecuzione di una determinata attività, in un contesto nel quale ciò su cui si incide è la sola modalità di resa della prestazione e non una diversa tipologia di rapporto di lavoro.
La scelta del legislatore si palesa, quindi, ragionevole e non è ravvisabile alcuna violazione del principio di uguaglianza in ordine a situazioni obiettivamente diverse.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 aprile 2025