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Credito prededucibile: limiti nel concordato

Un consorzio edile richiedeva il pagamento prioritario (credito prededucibile) da una grande società di costruzioni in amministrazione straordinaria. Il credito era sorto mentre la società si trovava in concordato “in bianco”. La Corte di Cassazione ha stabilito che un credito può essere considerato prededucibile solo se gli atti del debitore sono trasparenti e finalizzati a preservare il patrimonio per tutti i creditori. Poiché tale prova mancava, la Corte ha annullato la decisione del tribunale inferiore che aveva concesso la prededuzione, riaffermando la necessità di un controllo rigoroso per evitare abusi della procedura.

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Credito prededucibile nel concordato: la Cassazione fissa i paletti

Un credito prededucibile rappresenta una sorta di “corsia preferenziale” per i creditori di un’azienda in crisi. Ottenere questo status significa essere pagati prima di tutti gli altri. Ma quali sono le condizioni per ottenerlo, specialmente quando il debito sorge in quella fase delicata nota come “concordato in bianco”? Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti e gli obblighi dell’imprenditore, sottolineando la necessità di trasparenza per evitare abusi.

I Fatti del Caso

La vicenda vede contrapposti un Consorzio Edile Internazionale e una Grande Società di Costruzioni, quest’ultima in amministrazione straordinaria. Il Consorzio vantava un credito per attività svolte nell’ambito di un grande progetto infrastrutturale all’estero. La richiesta era di ammettere tale credito al passivo della procedura in via prededucibile.

Il punto cruciale era il momento in cui era sorto parte del credito: dopo che la società costruttrice aveva depositato una domanda di “concordato in bianco”, ma prima che fosse avviata l’amministrazione straordinaria. Il Tribunale di Roma, in prima istanza, aveva riconosciuto una piccola parte del credito come prededucibile, basandosi sull’articolo 161 della Legge Fallimentare, che qualifica come tali i crediti sorti da “atti legalmente compiuti” dal debitore in questa fase.

La società costruttrice ha però impugnato questa decisione, portando la questione fino in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Credito prededucibile

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società costruttrice, ribaltando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della pronuncia è l’interpretazione del concetto di “atti legalmente compiuti”.

Secondo la Cassazione, non è sufficiente che un atto di gestione sia formalmente lecito per generare un credito prededucibile. È necessario un controllo sostanziale per verificare che il debitore non stia abusando della protezione offerta dal concordato in bianco per creare nuove passività privilegiate a danno dei creditori preesistenti.

Obbligo di “Minima Discovery” e Finalità Conservativa

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’imprenditore che chiede il concordato con riserva ha l’onere di fornire una “minima discovery”. Deve cioè dare indicazioni, anche sommarie, sul tipo di piano di risanamento che intende presentare. Questa trasparenza è essenziale per consentire al giudice e ai terzi di valutare se gli atti di gestione compiuti in pendenza del termine siano coerenti con la finalità di conservare l’integrità e il valore del patrimonio aziendale.

Senza questa informazione, un atto, anche se rientrante nell’ordinaria amministrazione, non può essere automaticamente considerato “legalmente compiuto” ai fini della prededuzione. Potrebbe, infatti, depauperare l’attivo e alterare la parità di trattamento tra i creditori (par condicio creditorum).

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di bilanciare due esigenze: da un lato, consentire all’impresa di continuare a operare per tentare il salvataggio; dall’altro, tutelare la massa dei creditori da azioni che possano pregiudicare le loro possibilità di recupero. Il Tribunale aveva errato perché non aveva effettuato alcuna verifica concreta sulla natura dell’atto che aveva generato il credito. Aveva concesso la prededuzione in modo quasi automatico, senza accertare se l’attività del Consorzio fosse funzionale al piano che la società costruttrice stava (o avrebbe dovuto) predisporre.

In assenza di qualsiasi piano o proposta, e stante la successiva rinuncia alla domanda di concordato, la Corte ha concluso che mancavano i presupposti per riconoscere la prededuzione. L’atto non poteva considerarsi compiuto legalmente nell’interesse della procedura, ma semplicemente come un’operazione che aveva generato un nuovo debito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro sia ai debitori che ai creditori. Le imprese che ricorrono al concordato “in bianco” devono agire con la massima trasparenza, fornendo al tribunale elementi sufficienti per valutare la coerenza della loro gestione. Non possono operare in un “vuoto informativo” sperando di creare crediti prededucibili.

Per i fornitori e i partner commerciali, la sentenza è un monito: continuare a intrattenere rapporti con un’impresa in questa fase non garantisce automaticamente un trattamento privilegiato. La prededucibilità del loro credito dipenderà dalla capacità di dimostrare che la prestazione era indispensabile e funzionale a un piano di risanamento credibile, e non un mero atto che aggrava la situazione debitoria complessiva.

Quando un credito sorto dopo la domanda di concordato “in bianco” è considerato prededucibile?
Un credito è prededucibile solo se deriva da “atti legalmente compiuti” dal debitore. Ciò significa che l’atto non solo deve essere di ordinaria amministrazione (o autorizzato se straordinario), ma deve anche essere coerente con la finalità di conservare il valore del patrimonio aziendale in vista del piano di ristrutturazione che il debitore intende presentare.

Quali obblighi ha l’imprenditore che presenta una domanda di concordato “in bianco”?
L’imprenditore ha un onere di “minima discovery”. Deve fornire al tribunale indicazioni, anche generiche ma idonee, sul tipo di proposta e di piano che intende preparare. Questa trasparenza è necessaria per permettere al giudice di verificare che la gestione aziendale prosegua in modo funzionale alla procedura e non a danno dei creditori.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha annullato la decisione perché il Tribunale non ha svolto una verifica concreta sulla legittimità dell’atto che ha generato il credito. Ha concesso la prededuzione senza accertare se l’atto fosse coerente con un piano di risanamento (che peraltro non era mai stato presentato), violando i principi che tutelano la parità di trattamento dei creditori e prevengono l’abuso della procedura concorsuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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