Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13098 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13098 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24799/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME ricorrente principale e controricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ,
contro
ricorrente principale e ricorrente incidentale –
avverso il decreto n. cron. 22410/2022, depositato dal Tribunale di Roma il 10.9.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE presentò domanda di insinuazione al passivo del l’amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE di un ingente credito vantato quasi interamente in prededuzione e, per una piccola parte, in via chirografaria.
Il giudice delegato, in parziale accoglimento della domanda, ammise al passivo l’importo complessivo richiesto, ma tutto in chirografo.
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione allo stato passivo davanti al Tribunale di Roma, il quale confermò, nella sostanza, il provvedimento del giudice delegato, aggiungendo soltanto l’ammissione al passivo della somma vanta ta a titolo di interessi maturati ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2002.
Contro il decreto del Tribunale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo.
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato anch’esso a un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unic o motivo di ricorso principale RAGIONE_SOCIALE denuncia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 2, prima parte, legge fall., in combinato
disposto con gli artt. 1706 e 1707 c.c., nonché dell’art. 103 legge fall ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c.».
La ricorrente sostiene che il diritto alla prededuzione scaturirebbe da una corretta interpretazione delle menzionate disposizioni del codice civile sul mandato e ravvisa un equivalente riconoscimento delle sue giuste ragioni nella sopravvenuta giurisprudenza di legittimità che ammette la rivendica in sede concorsuale (art. 103 legge fall., in questo caso tramite il rinvio contenuto nell’art. 53 d.lgs. n. 270 del 1999 , a sua volta richiamato dall’art. 4 -ter del d.l. n. 347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 2004), non solo di cose specifiche e determinate, ma, a certe condizioni, anche dei beni fungibili e, in particolare, del denaro.
Per chiarire i termini della questione, è necessaria una brevissima descrizione della fattispecie sottoposta all’e same del giudice dell’opposizione allo stato passivo .
La ricorrente ha allegato di avere acquistato dalla società oggi in amministrazione straordinaria i crediti da questa vantati verso la società norvegese RAGIONE_SOCIALE accordandosi per non comunicare subito la cessione al debitore ceduto e dando quindi mandato alla cedente di continuare a incassare i crediti, in nome proprio e per conto della cessionaria, con obbligo di riversare immediatamente a quest’ultima le somme via via incassate. Tuttavia, i n violazione dell’obbligo assunto quale mandataria, Condotte RAGIONE_SOCIALE incassò i crediti e non riversò gli importi percepiti a RAGIONE_SOCIALE Ed è appunto con riguardo a tali importi che la ricorrente pretende la collocazione in prededuzione del suo credito che è stato invece ammesso in chirografo.
In particolare RAGIONE_SOCIALE per dare fondamento alla propria pretesa, ricorda che il mandante «può rivendicare le
cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio» (art. 1706, comma 1, c.c.) e che «I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento» (art. 1707 c.c.).
Secondo la ricorrente, in siffatta disciplina del mandato il giudice del merito avrebbe dovuto riconoscere una «specifica disposizione di legge» che riconosce al mandante il diritto a soddisfarsi sui beni acquistati dal mandatario, poi fallito, al di fuori del concorso con i creditori di quest’ultimo e, quindi, in prededuzione ai sensi dell’art. 111, comma 2, legge fall.
Il motivo è infondato.
2.1. Infatti non c’è modo di annoverare il credito della ricorrente tra i crediti prededucibili «in quanto così qualificati da una specifica disposizione di legge».
È persino banale il rilievo che gli artt. 1706 e 1707 c.c. non discorrono di «prededuzione», mentre la rigorosa formula adottata nell’art. 111, comma 2, legge fall. esclude che i crediti possano essere «qualificati» prededucibili dall’interprete , nel silenzio della legge, tanto meno mediante il ricorso all’ analogia legis , come pretenderebbe la ricorrente.
Del resto, le disposizioni del codice civile invocate dalla ricorrente nemmeno disciplinano i «crediti» del mandante, perché gli attribuiscono il diritto di rivendicare le «cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario» e di sottrarre i «beni», così acquistati, alle azioni esecutive dei creditori del mandatario.
Non si vede, pertanto, come da disposizioni che non riguardano i crediti del mandante nei confronti del mandatario si potrebbe estrarre una norma che attribuisca a quei crediti il
rango della prededuzione, oltretutto dovendosi passare per l’interpretazione di una disposizione l’art. 111, comma 2, legge fall. -che per il riconoscimento della prededuzione richiede che tale qualifica sia prevista «da una specifica disposizione di legge».
Il Tribunale di Roma ha dunque fatto buon governo, interpretandole nell’unico modo possibile , delle disposizioni di legge di cui RAGIONE_SOCIALE torto denuncia la violazione.
2.1.1. È appena il caso di aggiungere che la prededuzione «per specifica disposizione di legge» è l’unica (infondatamente) qui prospettata dalla ricorrente, essendo evidente e pacifico che il suo credito non è sorto «in occasione o in funzione» della procedura concorsuale, ovverosia che non ricorre alcuna delle altre due ipotesi di prededucibilità dei crediti previste dal citato art. 111, comma 2, legge fall.
2.2. Né può giovare a ll’accoglimento del ricorso la giurisprudenza di legittimità che non esclude -e anzi a talune condizioni ammette -la rivendica ai sensi dell’art. 103 legge fall. di somme di denaro (Cass. nn. 193/2022; 2737/2021).
2.2.1. Innanzitutto si deve osservare che il petitum della domanda di ammissione del credito in prededuzione non è affatto equivalente a quello della domanda di rivendica di una somma di denaro. Infatti, la prededuzione opera su tutto il patrimonio del debitore sottoposto alla procedura concorsuale (art. 111, comma 1, legge fall.), salva solo «la parte destinata ai creditori garantiti» da pegno o ipoteca del ricavato della vendita dei beni gravati da tali garanzie (art. 111 -bis , comma 2, legge fall.). Viceversa la rivendica, per definizione, opera soltanto su determinati beni, che vengono sottratti alla liquidazione concorsuale, per essere restituiti al loro titolare.
Pertanto, avendo la ricorrente proposto domanda di ammissione del credito in prededuzione, la stessa giammai potrebbe essere accolta sulla base della giurisprudenza che ammette la rivendica del denaro.
2.2.2. Ma a tale iniziale considerazione è strettamente collegato il rilievo che i termini entro i quali è ammessa la rivendica di denaro in sede di esecuzione concorsuale non si attagliano al caso qui in esame.
La citata giurisprudenza di legittimità è stata pronunciata con riferimento a una fattispecie di denaro contante -in un caso banconote, in un altro monete metalliche -consegnato e giacente nei caveau della società sottoposta ad amministrazione straordinaria, la quale gestiva il servizio, di ritiro, trasporto, deposito, custodia e «contazione» del denaro, tenuto in apposite «sale conte».
Alla base dell’affermazione del condivisibile principio che il denaro consegnato non necessariamente passa in proprietà di chi lo riceve e lo custodisce (e che quindi quel denaro può essere oggetto di rivendica) vi è « l’accertamento di fatto compiuto dal Tribunale; accertamento secondo cui la conservazione della proprietà dei beni prevista dal titolo trovava giustificazione nella mantenuta separazione del denaro conferito da quello del depositario, in ragione della cust odia dell’ammasso delle banconote dei clienti ‘in modo netto e distinto dal patrimonio di NES’ , all ‘ interno di ‘ ben determinati depositi ‘ e con l ‘ accentramento finale in un unico caveau (venendosi così a formare quello che antica dottrina avrebbe definito come un ‘mucchio determinato’) » (Cass. n. 2737/2021).
In tale contesto, è stato anche giustamente affermato che « non può reputarsi di ostacolo alla rivendica il fatto che le cose,
pur mantenendo la netta separazione dai beni del depositario, siano state fisicamente mescolate insieme ad altre dello stesso genere appartenenti a differenti soggetti e non siano più riconoscibili nell’ambito del mucchio, distinto, in cui le stesse sono state raccolte » ( ivi ).
Ma la situazione qui prospettata dalla ricorrente è del tutto diversa, perché non si tratta di consegna di denaro e di « mantenuta separazione del denaro conferito da quello del depositario », bensì dell’incasso di crediti da parte di Condotte d’Acqua S.p.A. e dell’inadempimento dell’obbligo di riversare le somme riscosse alla mandante SACE Fct S.p.A. Non vengono nemmeno indicate le modalità di riscossione dei crediti e la collocazione del denaro riscosso. Il che è coerente rispetto alla domanda di ammissione in prededuzione (che, in quanto tale, non richiede la «descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione»: art. 93, comma 3, n. 2, legge fall.), ma rappresenterebbe un motivo di inammissibilità rispetto a una (ipotetica) domanda di restituzione o rivendica (art. 93, comma 4, legge fall.).
In quest’ordine di idee, anche in tempi recenti è stata negata la possibilità di rivendicare il denaro nel caso -non dissimile da quello qui in esame -di un pagamento indebito effettuato, per errore, su un conto corrente bancario intestato a un’impresa poi fallita ; ed è stata quindi confermata la legittimità dell’ammissione al passivo in via chirografaria del credito per la ripetizione della somma indebitamente versata (Cass. n. 13511/2021).
2.3. In definitiva, il ricorso principale va rigettato, per l’infondatezza dell’unico motivo a cui esso è affidato.
Il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE denuncia, con un unico motivo, «Violazione/falsa applicazione
di legge ex art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 1, comma 2, lett. a), del d.lgs n. 231 del 2022 , per avere il Tribunale ammesso al passivo di RAGIONE_SOCIALE l’importo richiesto a titolo di interessi moratori».
La ricorrente incidentale contesta il provvedimento del giudice del merito nella parte in cui ha accordato alla creditrice l’ammissione al passivo anche per gli interessi moratori maturati fino all’apertura della procedura concorsuale nella misura prevista dal d.lgs. n. 231 del 2002 («Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali»). L’art. 1, comma 2, lett. a) , di tale d.lgs. dispone che «Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per … debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito».
4. Il ricorso incidentale è inammissibile, perché, sul punto, il giudice del merito «ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa» (art. 360 -bis , n. 1, c.p.c.).
Infatti, questa Corte ha da tempo chiarito che l’esclusione dall’applicazione del tasso legale di interesse maggiorato, in quanto riferita ai «debiti oggetto di procedure concorsuali aperte », non riguarda gli interessi maturati sui debiti sorti da «una transazione commerciale» di cui è parte un imprenditore che, solo successivamente , venga sottoposto a una procedura concorsuale (Cass. nn. 8979/2016; 3300/2017). Infatti, « Una lettura che anticipasse la disapplicazione dei tassi cd. commerciali a un’epoca anteriore al fallimento priverebbe … i creditori concorsuali di un diritto ormai maturato al momento
dell’apertura del concorso » (Cass. n. 14637/2018), attribuendo alla dichiarazione di fallimento (più in generale, all’apertura della procedura concorsuale) un’eccezionale efficacia retroattiva che nulla induce a pensare che il legislatore abbia inteso prevedere (e che sarebbe, tra l’altro, in vistoso contrasto con lo scopo della Direttiva europea alla quale il d.lgs. n. 231 del 2002 ha dato attuazione).
Rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, le spese del presente giudizio di legittimità vengono interamente compensate, in ragione della reciproca soccombenza.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste , per entrambe le ricorrenti, il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale, compensando le spese legali relative al presente giudizio di legittimità;
dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia della ricorrente principale che della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quelli previsti per i rispettivi ricorsi a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del