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Credito in contenzioso: la valutazione nel fallimento

Una società in liquidazione, dichiarata fallita dal Tribunale, ha impugnato la decisione sostenendo la propria solvenza sulla base di un ingente credito in contenzioso derivante da un lodo arbitrale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che, ai fini della valutazione dello stato di insolvenza, il giudice di merito deve effettuare un’analisi prudenziale e concreta degli attivi, inclusi i crediti contestati. La valutazione sulla verosimile infondatezza del credito in contenzioso costituisce un apprezzamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, confermando così la dichiarazione di fallimento basata sull’incertezza del principale asset patrimoniale della società.

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Credito in contenzioso: la valutazione nel fallimento

Quando la sopravvivenza di un’azienda dipende da un credito in contenzioso, come deve essere valutato ai fini di una possibile dichiarazione di fallimento? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito chiarimenti cruciali su questo tema, sottolineando l’importanza di una valutazione prudenziale e realistica degli attivi patrimoniali. La decisione analizza il caso di una società in liquidazione il cui stato di insolvenza era stato dichiarato nonostante vantasse un credito milionario, reso però incerto da una complessa vicenda giudiziaria.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un accordo di programma tra una società, una Regione e un Comune per un importante progetto di sviluppo territoriale. L’accordo fu interrotto a seguito di nuove normative paesaggistiche regionali, dando il via a un lungo contenzioso.

Un primo lodo arbitrale condannò la Regione a un risarcimento di 83 milioni di euro in favore della società. Tuttavia, la Corte di Cassazione annullò tale lodo, ritenendo la controversia non arbitrabile in quanto la posizione della società era di mero interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

Nel frattempo, la società aveva avviato un secondo arbitrato, ottenendo un nuovo lodo per 122 milioni di euro a titolo di risarcimento per l’abbandono dell’accordo. Anche questo secondo lodo fu impugnato.

Sulla base dell’annullamento del primo lodo, la Regione chiese la restituzione degli 83 milioni già versati e il Pubblico Ministero chiese il fallimento della società. Il Tribunale dichiarò il fallimento, ritenendo la società insolvente a causa dello sbilancio tra i debiti (tra cui la restituzione dei fondi) e un attivo patrimoniale dominato da crediti altamente incerti. La decisione fu confermata dalla Corte d’Appello, che la società ha quindi impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Valutazione del Credito in Contenzioso nella Crisi d’Impresa

Il fulcro del ricorso per cassazione era l’erronea, a dire della società, valutazione del suo stato di insolvenza. La società sosteneva che i giudici di merito avessero dato per scontata la futura nullità del secondo lodo arbitrale, senza considerare adeguatamente la solidità del credito in contenzioso che ne derivava.

La Suprema Corte ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che, nel caso di società in liquidazione, l’accertamento dell’insolvenza richiede una valutazione concreta e attuale degli elementi attivi del patrimonio. L’obiettivo è verificare se tali attivi siano idonei a soddisfare integralmente i creditori.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato il suo ragionamento su principi cardine del diritto fallimentare e processuale.

La Valutazione Prudenziale dell’Attivo Fallimentare

Il punto centrale della decisione è che, quando un elemento attivo è costituito da un credito in contenzioso, il giudice non può limitarsi a prenderne atto, ma deve compiere un’analisi prognostica sulla sua effettiva realizzabilità. Questo scrutinio, che coinvolge apprezzamenti di fatto sulla ‘verosimile infondatezza’ del credito, si basa sui criteri generali di prudenza dettati dal Codice Civile in materia di bilancio (art. 2426, n. 8, c.c.).

La Corte di Cassazione ha specificato che tale valutazione compiuta dal giudice di merito non è un errore di diritto, ma un apprezzamento di fatto. Come tale, non può essere riesaminato in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ampiamente e logicamente motivato le ragioni per cui il credito derivante dal secondo lodo era da considerarsi altamente incerto, rendendo la sua decisione incensurabile.

L’Inammissibilità dei Nuovi Argomenti in Cassazione

Gli altri motivi di ricorso sono stati parimenti dichiarati inammissibili. In particolare, la società ricorrente aveva lamentato l’omessa considerazione di un presunto ‘credito tributario’ di oltre 30 milioni di euro, che sarebbe sorto in caso di annullamento del secondo lodo (come rimborso delle imposte versate). La Corte ha respinto questo motivo, evidenziando che tale ‘argomento’ non era mai stato discusso nelle fasi precedenti del giudizio. Introdurre questioni di fatto e di diritto nuove nel giudizio di legittimità è proceduralmente vietato.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per le procedure di insolvenza: la valutazione della solvibilità non può basarsi su mere appostazioni contabili, ma richiede un’analisi sostanziale e prognostica della realizzabilità dell’attivo. Un credito in contenzioso, per quanto ingente, non può essere considerato un asset solido se le probabilità di ottenerne il pagamento sono basse. Il dovere di prudenza impone al giudice del fallimento di ‘scontare’ il valore di tali crediti in base al loro grado di incertezza. Questa pronuncia serve da monito per le imprese in liquidazione: fondare la propria capacità di ripagare i debiti su crediti litigiosi è una strategia rischiosa che, come dimostra questo caso, può non essere sufficiente a evitare una dichiarazione di fallimento.

Come viene valutato un credito in contenzioso di una società ai fini della dichiarazione di fallimento?
Il giudice deve effettuare una valutazione prudenziale e concreta della sua effettiva realizzabilità. Non basta che il credito sia iscritto in bilancio; è necessario un giudizio prognostico sulla probabilità che venga effettivamente incassato. La verosimile infondatezza del credito può portare a considerarlo insufficiente a garantire la solvenza.

È possibile introdurre un nuovo argomento, come un potenziale credito d’imposta, per la prima volta nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è inammissibile introdurre nel giudizio di legittimità un nuovo ‘argomento’ che non è mai stato oggetto di discussione nelle fasi precedenti del processo, in quanto implicherebbe l’accertamento di nuovi fatti e la soluzione di nuove questioni giuridiche.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare lo stato di insolvenza di una società?
La Corte di Cassazione non riesamina nel merito la valutazione fattuale compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Il suo ruolo è verificare la correttezza giuridica del ragionamento e la coerenza della motivazione. L’apprezzamento sulla fondatezza o meno di un credito in contenzioso è considerato un giudizio di fatto e, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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