Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8887 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8887 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19368/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso decreto del Tribunale di Forlì n. cron. 2098/2017 depositato il 20/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 NOME COGNOME chiese che fosse ammesso allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in via privilegiata, il credito di € 858.842,14, di cui € 670.290,00 a titolo di compensi professionali, maturati per attività di consulenza prestata tra il 2008 e 2009 a favore di RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, di seguito ‘RAGIONE_SOCIALE) e il residuo per oneri fiscali, previdenziali ed interessi.
2 Il credito fu ammesso come richiesto; sull’impugnazione ex art . 98, comma 4, l.fall., il Tribunale di Forlì accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava l’ammissione in via privilegiata del credito in favore di COGNOME NOME escludendolo dallo stato passivo.
2.1 Rilevava il Tribunale di Forlì che, successivamente alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, il Curatore del Fallimento aveva appreso, attraverso l’acquisizione dei documenti relativi al procedimento penale a carico di COGNOME NOME, che il credito insinuato da NOME COGNOME ed ammesso al passivo del Fallimento, in realtà andava a remunerare l’attività di intermediazione creditizia svolta dal COGNOME senza l’autorizzazione di cui all’art.128 sexies del d.lvo 385/1993 (di seguito TUB).
2.2 Il diverso scenario rispetto ai fatti rappresentati con la domanda di insinuazione allo stato passivo trovava conferma, secondo quanto accertato dal Tribunale, in plurimi elementi documentali (conclusioni, grazie all’intervento del Bonferroni di convenzioni bancarie a latere dei piani di ristrutturazione, esistenza di fatture emesse dal COGNOME al COGNOME per il pagamento delle proprie prestazione e di bonifici di pagamento in favore del Bonferroni).
3 COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, il Fallimento ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo è rubricato « vizio di motivazione inesistente ( art. 360 nr.3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art 111 Cost.e dell’art 132 nr 4 c.p.c.) » ; il ricorrente sostiene che il Tribunale, pur avendo revocato l’ammissione del credito « perché il rag. COGNOME si sarebbe macchiato del reato di abusiva mediazione creditizia », non avrebbe motivato sull’asserita attività illecita del COGNOME di esercizio di esercizio di attività creditizia senza autorizzazione.
Il motivo è infondato.
2 E’ pur vero che il Tribunale ha fatto cenno all’attività illecita del COGNOME per la quale quest’ultimo ha subito il rinvio a giudizio, ma tale circostanza non costituisce la ragione fondante della decisione che va piuttosto individuata nella circostanza, scoperta dal curatore grazie all’acquisizione degli atti del procedimento penale, che il compenso preteso dal COGNOME non era dovuto in quanto serviva in realtà a remunerare l’attività del COGNOME.
3 Il secondo motivo denuncia «vizio di motivazione per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» (art. 360 nr.3 c.p.c, per violazione e falsa applicazione dell’art 111 Cost. e/o 360 nr.5 c.p. come interpretato dalle SS.UU. 8053 e 8053 Cost.): il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe affermato che metà del compenso sarebbe servito per remunerare il Bonferroni per poi revocare l’intero credito ammesso , e non la metà come sarebbe stata la logica e naturale conseguenza della premessa.
3.1 Tale percorso argomentativo, a dire del ricorrente, paleserebbe un contrasto irriducibile tra affermazioni della parte motiva rispetto al dispositivo.
Il motivo è infondato.
4 Si legge nella motivazione del decreto che « la fallace rappresentazione posta a fondamento del decreto di ammissione del credito in favore del COGNOME è, dunque, superata dalla documentazione acquisita successivamente dalla curatela, da cui risulta che il credito preteso dal professionista ed in concreto ammesso al passivo serviva in realtà per remunerare l’attività di intermediazione creditizia di COGNOME NOME ».
Il Tribunale ha, quindi, accertato che l’intero compenso preteso da NOME COGNOME era destinato al mediatore e, quindi, nessuna contraddizione tra motivazione e dispositivo può predicarsi.
Il ricorso va, quindi, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano complessivamente in € 12.200, di cui € 200 per esborsi, oltre Iva Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 25 febbraio