Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5205 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5205 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 26693 del ruolo generale dell’anno 2022 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE di Messina (Codice Fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante p.t., Dott.ssa NOME COGNOME, con sede in Messina INDIRIZZO rappresentata e difesa giusta procura speciale apposta in calce al presente ricorso a tutti gli effetti dell’art. 83 c.p.c. e determina generale n. 848 del 03.11.2022, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Messina (C.F.: CODICE_FISCALE -FAX: 090713278 -P.E.C.: avvEMAIL iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione in data 21 ottobre 2022), presso il cui studio in Messina INDIRIZZO è elettivamente domiciliata.
Ricorrente
contro
NOME NOME COGNOME n. Roma il 16.02.73 (MCH GPP 73B16 H501N); NOME n. Roma il 26.07.74 (MCH FST 74L66 H501J); NOME NOME COGNOME n. Roma il 10.07.78 (MCH LCU 78L10 H501U), NOME NOME COGNOME n. Roma il 25.07.79 (MCH NDR
CODICE_FISCALE) – già costituitisi in prosecuzione nel Giudizio R.G. 568/18 Corte d’Appello di Messina nella loro qualità di Eredi della dr.ssa NOME COGNOME (appellante in riassunzione) – tutti elett.te dom.ti in Roma INDIRIZZO nello Studio dell’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE – fax: NUMERO_TELEFONO– pec: EMAIL) che li rappresenta e difende giusta procura alle liti rilasciata ex art. 83 c.p.c. su foglio costituente parte integrante del controricorso.
Controricorrenti
nonché
COGNOME Rosario, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Comune di Messina .
Intimati
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n° 563 depositata il 5 settembre 2022.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dottor NOME COGNOME che ha concluso per la reiezione del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-L’appaltatore RAGIONE_SOCIALE (in proprio e quale mandataria dell’Ati costituito tra la RAGIONE_SOCIALE stessa e altre tre imprese: RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE), convenne davanti al tribunale di Messina il committente RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al pagamento di alcune riserve nell’appalto pubblico stipulato nel 1990 per la realizzazione di duecentodieci alloggi in quella città, villaggio Bordonaro.
Il tribunale disattendeva la domanda, ma il credito della RAGIONE_SOCIALE venne riconosciuto dalla Corte d’appello con sentenza n° 187 del 29 marzo 2016, sebbene nella minor somma di euro 2.811.028,15.
Nel giudizio di secondo grado era intervenuta NOME COGNOME in qualità di cessionaria della quota parte del credito spettante alla cedente RAGIONE_SOCIALE (pari al 25% del totale), dopo lo scioglimento dell’Ati tra le quattro imprese.
La COGNOME onde comprovare la sua legittimazione, aveva prodotto una ‘ cessione solutoria ‘ da parte del fallimento RAGIONE_SOCIALE in suo favore.
La Corte d’appello, con la sentenza sopra menzionata, aveva ritenuto di dichiarare cessata la materia del contendere tra la COGNOME ed il fallimento in virtù della predetta ‘ cessione ‘.
2 .- Su ricorso principale ed incidentale di tutte le parti, questa Corte -per quello che qui ancora rileva -con ordinanza n° 11697/2018, dopo aver rigettato tutti gli altri gravami hinc et inde proposti, accoglieva il terzo motivo di ricorso incidentale proposto dalla COGNOME avverso la sentenza n° 187.
Lamentava, infatti, quest’ultima di essersi vista negare la condanna dello I.a.c.p. al pagamento della sua quota di credito per effetto della dichiarata cessazione della materia del contendere.
Osservava questa Corte che la dichiarata cessazione della materia del contendere era stata riferita ad un atto di transazione di cui la sentenza impugnata non chiariva lo specifico contenuto né spiegava per quale ragione la COGNOME avrebbe rinunciato alla quota spettantele del credito vantato verso lo IACP, risultando, inoltre, poco comprensibile l’affermazione secondo la quale il predetto accordo avrebbe avuto ” effetto in sede di riscossione delle somme “.
Questa parte della motivazione della sentenza impugnata era, dunque, perplessa e quindi sindacabile in sede di legittimità, a norma del novellato art. 360 n° 5 cod. proc. civ. come dedotto dalla COGNOME.
3 .-La COGNOME riassumeva il giudizio davanti alla Corte d’appello di Messina, il quale -dopo il decesso della riassumente (avvenuto
prima della celebrazione della prima udienza) -veniva proseguito dagli eredi, signori COGNOME indicati in intestazione.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il giudice del rinvio (oltre a dichiarare il sopravvenuto difetto di interesse della COGNOME e dei suoi eredi all’azione ed a proseguire oltre nella domanda) respingeva l’eccezione di estinzione del giudizio formulata dallo I.a.c.p. in comparsa conclusionale in quanto tardiva ( ex art. 307, quarto comma, cod. proc. civ., nel testo anteriore alla legge n° 69/2009).
L’eccezione predetta, inoltre, era stata avanzata sull’erroneo presupposto che i fratelli NOME non fossero eredi della COGNOME, ma solo suoi successori a titolo particolare, e che, pertanto, non avessero legittimazione a proseguire il giudizio in luogo della de cuius .
Al contrario, nella scheda testamentaria il credito della COGNOME verso lo RAGIONE_SOCIALE era stato lasciato ai suoi quattro figli e tale assegnazione conteneva una istituzione ereditaria ai sensi dell’art. 588 cod. civ.
La Corte respingeva, infine, l’eccezione di compensazione formulata dallo I.a.c.p., con la quale quest’ultimo intendeva compensare il credito della COGNOME col suo controcredito di euro 1.982.422,50, derivante da altra e separata sentenza della Corte di appello di Messina (n° 215 del 26 aprile 2016), mancando la prova del passaggio in giudicato di tale decisione e, dunque, la certezza del controcredito stesso.
4 .-Ricorre per cassazione avverso tale decisione l’Istituto autonomo, affidando il gravame a due motivi.
Resistono i COGNOME che concludono per il rigetto dell’impugnazione.
Le altre parti dei precedenti giudizi (menzionate in intestazione) sono rimaste intimate.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Il Procuratore generale e i ricorrenti hanno depositato, rispettivamente, la requisitoria e le memorie illustrative ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo mezzo l’Istituto lamenta la ‘ nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione del principio del contraddittorio in relazione all’art. 102. c.p.c. ‘.
La Corte avrebbe omesso di rilevare l’assenza in giudizio di un litisconsorte necessario, ossia del signor NOME COGNOME coniuge della COGNOME ed erede, come desumibile dalla scheda testamentaria.
Il secondo giudice avrebbe erroneamente ritenuto che unicamente i quattro figli della COGNOME fossero stati istituiti eredi ex art. 588 cod. civ.
Al contrario, col testamento la de cuius avrebbe destinato l’intero patrimonio sia ai figli che al coniuge, assegnatario della sola legittima.
Inoltre, il fatto che nella scheda testamentaria la COGNOME avesse lasciato il credito litigioso solo ai figli non escludeva che una parte di esso dovesse essere poi devoluta al coniuge.
6 .- Il mezzo è infondato.
Anzitutto la questione della partecipazione al giudizio di NOME COGNOME venne posta davanti alla Corte d’appello in sede di rinvio ex art. 392 cod. proc. civ. solo ai fini dell’eccezione di estinzione del giudizio, che, a dire dello I.a.c.p., avrebbe dovuto essere riassunto da tutti i coeredi.
Tale eccezione venne respinta, come già detto nella precedente parte narrativa, sul rilievo della sua tardività, essendo stata formulata solo nella comparsa conclusionale e dovendo, per contro, essere eccepita nella prima udienza del giudizio di rinvio.
Questo passaggio motivazionale non è stato impugnato dal ricorrente, con la conseguenza che l’eccezione di estinzione del giudizio
deve ritenersi definitivamente respinta, come pure deve ritenersi definitivamente accertato che i NOME, compreso NOME sono tutti eredi e non successori a titolo particolare.
Ora, però, nella presente sede lo RAGIONE_SOCIALE propone la questione sotto un diverso profilo, cioè quello della mancanza di un litisconsorte necessario.
Sebbene l’integrità del contraddittorio debba essere accertata d’ufficio anche in sede di legittimità, il mezzo è comunque destituito di pregio.
Infatti, come ben argomenta il Procuratore generale, l’attribuzione del credito ai quattro figli costituisce una parziale divisio inter liberos (art. 734 cod. civ.), donde la mancanza di una comunione ereditaria tra coniuge della COGNOME e figli.
Ma anche predicando la sussistenza di tale comunione (tra figli e coniuge), il motivo non sarebbe accoglibile.
È, infatti, noto che i crediti del de cuius , quale quello della COGNOME per cui è oggi causa, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria.
Ne discende, secondo l’orientamento di questa Corte ( ex multis : Cass., sez. III. 18 aprile 2024, n° 563) che ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito: facoltà che qui lo I.a.c.p. non ha, però esercitato.
7 .- Col secondo motivo -rubricato ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, in relazione all’art. 2909 c.c. violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3, in relazione all’art. 1243 c.c. e 112
c.p.c. ‘ -lo I.a.c.p. deduce che l’eccezione di compensazione venne respinta dalla Corte territoriale sul rilievo della mancanza di certezza del controcredito.
In realtà la sentenza della Corte d’appello che accertava il controcredito dello I.a.c.p. era stata emessa all’esito dell’impugnazione della sentenza del primo grado pronunciata tra lo stesso I.a.c.p., attore, che chiedeva la condanna solidale di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE (dante causa della COGNOME), convenuti, al risarcimento dei danni per gravi violazioni contrattuali dell’appalto.
Tale sentenza di primo grado era stata impugnata solo da RAGIONE_SOCIALE ed era, pertanto, passata in giudicato quanto agli altri coobbligati solidali, tra i quali la RAGIONE_SOCIALE e, dunque, la sua avente causa, NOME COGNOME.
In ogni caso, quel contenzioso era stato definito da questa Corte con l’ordinanza n° 12483/2012, legittimamente prodotta sub doc. n° 25 nel presente giudizio di legittimità, e la sentenza di secondo grado era, pertanto, passata in giudicato.
8 .- Il mezzo è inammissibile.
Anzitutto, come correttamente rileva il Procuratore generale, il carattere chiuso del giudizio di rinvio preclude la possibilità di sollevare, in quella sede e per la prima volta, eccezione di compensazione (Cass., sez. VI-3, 23 marzo 2017, n° 7506).
Secondariamente, la questione della compensazione involge giudizi di fatto in quanto essa ha luogo quando i due creditori siano titolari di un credito e di un controcredito omogenei, liquidi ed esigibili.
Nel presente giudizio, pertanto, il ricorrente -a tutto concedere -oltre a dimostrare la certezza del suo controcredito, avrebbe dovuto anche precisare quando i due opposti crediti sono venuti a scadenza e riportare, per il principio di autosufficienza, il luogo ed il tempo processuali di allegazione di tale circostanza.
Da ultimo, il ricorrente avrebbe anche dovuto chiarire perché il credito della COGNOME sarebbe compensabile con un suo controcredito vantano (non verso la de cuius , ma) verso altri soggetti, ossia la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE Ciò non è avvenuto e tali carenze rendono il mezzo inammissibile.
9 .- Alla soccombenza del ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore dei resistenti eredi NOMECOGNOME
Non occorre, invece, provvedere sulle spese predette nel rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e gli altri soggetti rimasti intimati, in ragione della loro mancata costituzione nella presente fase processuale.
Per la liquidazione delle spese -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (pari alla quota di credito azionata) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore dei resistenti eredi NOMECOGNOME che liquida in euro 10.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025, nella camera di consiglio della prima sezione civile.
Il presidente
NOME COGNOME