Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15803 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3622/2019 R.G. proposto da:
COGNOME Paolo, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, -ricorrente-, contro
Fallimento sdf COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché della socia COGNOME NOME e del Fallimento, riunito, di RAGIONE_SOCIALE Dott NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, controricorrente,
avverso il decreto del Tribunale di Verona n. 5055/2018 depositato il 18/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza del 21/4/2017 fu dichiarato il fallimento di NOME COGNOME titolare della RAGIONE_SOCIALE San Luca; successivamente, in data 14/8/2017, venne dichiarato il fallimento della società di fatto COGNOME NOME, COGNOME NOME nonché della socia illimitatamente responsabile COGNOME Paola.
1.1 COGNOME NOME, assumendo di vantare crediti ereditari nei confronti del fratello NOME, propose domanda di ammissione al passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Enrico.
1.2 All’esito delle operazioni di verifica, COGNOME NOME propose opposizione ex art. 98 l.fall, reiterando la domanda di ammissione allo stato passivo del Fallimento Farmacia San Luca RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME della somma di € 721.370 a lui dovuta a titolo di credito ereditario per lesione della legittima verificatasi per effetto delle donazioni e altri atti liberalità compiuti dalla madre al fratello poi fallito.
2 Il Tribunale di Verona rigettava l’opposizione rilevando che, sulla scorta degli elementi emersi, NOME COGNOME aveva impugnato lo stato passivo della società di fatto facendo valere un credito di natura ereditaria del tutto estraneo all’attività sociale.
3 COGNOME NOME ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidandolo a due motivi ; il Fallimento ha svolto difese mediante controricorso.
4 È stata formulata proposta di definizione accelerata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., essendo stati ravvisato profili di inammissibilità del ricorso. COGNOME NOME ha proposto istanza di
decisione, con memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380 bis c.p.c. ed è stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art 380 bis1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 148 l.fall., 2740 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: si sostiene che il Tribunale abbia errato nell’avallare l’esclusione dallo stato passivo riferito alla società di fatto del credito (ereditario) fatto valere nei confronti dell’imprenditore individuale dichiarato fallito, sulla scorta della qualificazione del credito quale ‘personale ‘ in un caso di società non palese ma accertata successivamente al fallimento dell’imprenditore individuale. Secondo il ricorrente il credito di cui sia stata richiesta l’insinuazione allo stato passivo dell’imprenditore individuale fallito personalmente, ove accertato, trova automatica applicazione anche nello stato passivo riferibile alla società occulta di cui sia stata ravvisata l’esistenza successivamente alla dichiarazione di fallimento del primo e, alla quale siano stati ricondotti rapporti già intestati personalmente all’imprenditore individuale.
1.1.Il secondo motivo è rubricato «omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art 360 n. 5 c.p.c. »; si contesta il provvedimento impugnato per aver trascurato l’esame di una questione decisiva inerente il rapporto tra la gestione concorsuale del patrimonio dell’imprenditore individuale fallito ricevuto iure hereditatis e il giudizio di lesione della quota di legittima conseguente alla domanda di collazione e divisione dell’asse ereditaria. Il Tribunale, a giudizio del ricorrente avrebbe dovuto
sospendere le operazioni di liquidazione del patrimonio sino alla definizione del giudizio di divisione
Il ricorso è inammissibile.
2 Si riportano di seguito le motivazioni della proposta di definizione del giudizio: « Si discute di un’opposizione al passivo fallimentare. Viene in considerazione il fallimento della s.dRAGIONE_SOCIALE e dei soci in proprio, riunito al fallimento della Farmacia San Luca del dott. E. COGNOME. Si è dinanzi a documentate distinte masse. L’opposizione è stata respinta a valle dei seguenti rilievi: (a) l’opponente aveva agito per un asserito proprio credito ereditario senza specificare a quale massa sociale fosse destinata l’insinuazione; (b) in ogni caso il credito non era stato contratto per l’esercizio dell’attività comune, essendosi trattato appunto di un credito di natura ereditaria; (c) l’opponente non aveva impugnato la mancata valutazione del credito nello stato passivo della s.d.f. né aveva precisato i motivi per i quali il credito si sarebbe dovuto apprezzare all’interno dell’una o dell’altra massa sociale. Il rigetto dell”opposizione è stato peraltro sorretto dalla seguente ratio esplicitamente considerata ‘assorbente’: il credito insinuato nel fallimento sociale era credito ereditario, e il credito ereditario è credito di natura personale e non sociale. Il primo motivo di ricorso (violazione o falsa applicazione degli artt. 147 e 148 legge fall. e 2740 cod. civ.) è inammissibile perché redatto in violazione del criterio di chiarezza, oltre che completamente generico. Si discorre di un’asserita adozione di ‘canoni giuridici ed ermeneutici errati’, per ‘questioni inerenti al rapporto tra la gestione concorsuale del patrimonio del fallito e il credito ereditario vantato dal coerede del fallito’ per il quale sia stata ‘avviata azione per lesione di legittima’, nonché di modalità di ricostruzione della massa attiva. Ma non è spiegato in qual senso la questione sottesa sia pertinente alla ratio decidendi, che non risulta impugnata nella previa affermazione relativa all’interpretazione della domanda come
diretta al fallimento sociale. Non è dato comprendere, in altre parole, a cosa il ricorrente in concreto riferisca la doglianza a fronte di un credito ereditario insinuato in un fallimento sociale, e quale errore sia imputato a giudice del merito: la doglianza non consente di intendere in qual modo le norme richiamate in rubrica siano state violate nell’ambito del lineare ragionamento del tribunale, basato su una ricostruzione de facto circa l’estraneità del credito all’esercizio i comune dell’attività d’impresa. Il secondo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso) è inammissibile poiché distonico rispetto all’attuale testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., che attiene solo all’omesso esame di un fatto storico decisivo e controverso (v. Cass. Sez. U n. 8053-14), nella specie neppure specificato .».
2.3 Il Collegio condivide e fa proprie le suesposte argomentazioni che resistono ai rilievi difensivi contenuti nella memoria illustrativa. Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
3 Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
4 Sussistono, inoltre, i presupposti per la condanna del ricorrente, nella presente sede, sia ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, come espressamente previsto dall’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023).
La Corte stima equo fissare in € 12.000 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. (pari ai compensi liquidati in dispositivo), ed in € 2.500 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità
dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R.30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese presente giudizio che liquida in € 12.000, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Condanna il ricorrente al pagamento dell’importo di € 12.000 in favore del controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna il ricorrente a pagare l’importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 29 aprile