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Credito di natura pubblica: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34674/2024, ha confermato che il credito di natura pubblica, vantato da un ente gestore di fondi statali dopo aver onorato una garanzia su un finanziamento a un’impresa, può essere riscosso tramite cartella esattoriale. Dei garanti si erano opposti a tale procedura, sostenendo la natura privatistica del debito originario. La Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo che la surrogazione dell’ente pubblico nel diritto della banca trasforma la natura del credito, finalizzandolo al ripristino di risorse pubbliche e legittimando l’uso degli strumenti di riscossione coattiva.

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Credito di Natura Pubblica: Legittima la Riscossione Tramite Cartella Esattoriale

L’ordinanza n. 34674/2024 della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale sui finanziamenti alle imprese garantiti da fondi pubblici. La pronuncia stabilisce che, una volta escussa la garanzia statale, il credito di natura pubblica che ne deriva può essere recuperato attraverso la procedura di riscossione esattoriale, senza la necessità di un preventivo titolo esecutivo giudiziale. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la tutela delle risorse statali.

I fatti di causa

Il caso ha origine dall’opposizione presentata da alcuni fideiussori e da una società contro due cartelle di pagamento emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Tali cartelle miravano al recupero di somme pagate da un ente gestore di un fondo pubblico di garanzia per le piccole e medie imprese. L’ente era intervenuto per onorare la garanzia rilasciata a favore di una banca, dopo che la società beneficiaria del finanziamento era divenuta inadempiente. Gli opponenti sostenevano la nullità delle cartelle, argomentando che il credito originario fosse di natura privatistica e che, pertanto, non potesse essere riscosso tramite la procedura speciale riservata ai crediti pubblici.

La questione giuridica

La controversia verteva principalmente su due questioni interconnesse:
1. La natura del credito vantato dall’ente gestore del fondo pubblico dopo essersi surrogato nei diritti della banca mutuante.
2. La legittimità dell’utilizzo della procedura di riscossione mediante ruolo e cartella esattoriale per il recupero di tale credito.

I ricorrenti, inoltre, avevano sollevato un’eccezione sulla presunta nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust, questione che la Corte d’Appello aveva ritenuto di non poter decidere, demandandola al tribunale specializzato.

La qualificazione del credito di natura pubblica

La Corte di Cassazione ha rigettato i motivi di ricorso relativi alla natura del credito, allineandosi alla sua giurisprudenza consolidata. I giudici hanno affermato che l’escussione della garanzia da parte della banca determina una surrogazione legale dell’ente pubblico nella posizione del creditore. Questo meccanismo, tuttavia, non si limita a un semplice trasferimento di un credito privato.

La surrogazione innesca una trasformazione della natura stessa del diritto. Il credito non è più finalizzato al profitto di un istituto bancario, ma al ripristino delle risorse pubbliche del fondo di garanzia. La finalità pubblica di sostegno alle imprese, che giustifica l’intervento statale, impone che il recupero delle somme avvenga in modo efficace per assicurare la continuità del fondo stesso. Di conseguenza, il credito assume una connotazione pubblicistica.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha spiegato che il privilegio previsto dall’art. 9, comma 5, del D.Lgs. n. 123/1998 si applica anche al credito dell’ente gestore del fondo. Tale norma, interpretata alla luce della finalità pubblica di sostegno all’economia, conferisce al credito una natura speciale e privilegiata. Questa qualificazione, a sua volta, legittima il ricorso alla riscossione coattiva tramite iscrizione a ruolo, come previsto dall’art. 17 del D.Lgs. n. 46/1999. La notifica della cartella esattoriale, basata sul ruolo, è quindi un atto idoneo a costituire un titolo esecutivo e a consentire all’ente pubblico di agire per il recupero delle somme.

Per quanto riguarda i motivi relativi alla presunta nullità antitrust delle fideiussioni, la Corte li ha dichiarati inammissibili per difetto di autosufficienza e specificità. I ricorrenti non avevano trascritto adeguatamente le domande giudiziali necessarie a valutare la richiesta di sospensione del processo e non avevano impugnato in modo efficace le duplici e autonome rationes decidendi della sentenza d’appello.

Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza la tutela dei fondi pubblici destinati al sostegno delle imprese. Stabilendo in modo inequivocabile che il credito di recupero dell’ente garante è un credito di natura pubblica, la Corte assicura che lo Stato possa avvalersi di strumenti di riscossione rapidi ed efficaci, come la cartella esattoriale. Questa pronuncia offre certezza giuridica e garantisce che le risorse pubbliche, una volta erogate, possano essere reintegrate per continuare a svolgere la loro funzione di supporto al sistema produttivo nazionale.

Perché il credito recuperato dall’ente pubblico è considerato di natura pubblica e non privata?
Perché, a seguito della surrogazione, la finalità del credito non è più quella di un rapporto bancario privato, ma diventa quella di riacquisire risorse pubbliche destinate a un fondo di garanzia per sostenere le imprese. Questa finalità pubblica ne trasforma la natura.

L’ente gestore di un fondo di garanzia pubblico può usare la cartella esattoriale per recuperare le somme pagate?
Sì. Secondo la Corte, la natura pubblica del credito e il privilegio ad esso associato per legge legittimano l’uso della procedura di riscossione coattiva tramite iscrizione a ruolo e successiva notifica della cartella esattoriale, che funge da titolo esecutivo.

Cosa succede se in un processo viene sollevata una questione di nullità (es. per violazione antitrust) di competenza di un altro giudice?
In generale, il giudice può decidere la questione incidenter tantum o, se sussiste un nesso di pregiudizialità tecnica e viene richiesto, sospendere il processo. In questo caso, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile perché il ricorso non era autosufficiente, cioè non conteneva tutti gli elementi per valutare la correttezza della decisione del giudice d’appello di non sospendere il giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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