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Credito concorsuale: nascita e termini per l’insinuazione

La Corte di Cassazione chiarisce la natura del credito concorsuale e i termini perentori per la sua insinuazione al passivo. Un’azienda sanitaria ha visto respingere la sua domanda tardiva di ammissione di un credito, poiché il momento genetico del debito risaliva a un’epoca ben anteriore al fallimento, rendendo irrilevante la successiva esigibilità. La Corte ha stabilito che né la cessione d’azienda né l’esito di un’azione revocatoria possono giustificare il superamento dei termini di decadenza previsti dalla legge fallimentare.

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Credito Concorsuale: la Cassazione Chiarisce Quando Nasce il Debito

L’ordinanza n. 27810/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla natura del credito concorsuale e sui termini perentori per la sua insinuazione nel passivo fallimentare. La decisione sottolinea un principio fondamentale: per determinare se un credito è anteriore o posteriore al fallimento, non si deve guardare al momento in cui esso diventa liquido ed esigibile, ma al suo ‘momento genetico’, ovvero all’evento che lo ha originato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: un Credito Vantato con Anni di Ritardo

Una società operante nel settore sanitario veniva dichiarata fallita nel 2012. Anni dopo, nel 2018, un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) presentava una domanda tardiva di ammissione al passivo per un ingente credito, pari a quasi un milione e mezzo di euro. Tale credito derivava da somme che l’ASL aveva erogato in eccesso alla società, poi fallita, in un periodo compreso tra il 1998 e il 2002.

Il giudice delegato dichiarava la domanda inammissibile perché presentata ben oltre i termini previsti dalla legge fallimentare. L’ASL si opponeva, sostenendo che il ritardo non fosse a lei imputabile. A suo dire, il credito era diventato certo solo nel 2014, a seguito della definitiva reiezione dei ricorsi amministrativi della società, e concretamente esigibile solo nel 2018, dopo una sentenza che disponeva la restituzione di un’azienda ceduta a terzi dalla società prima di fallire.

Tuttavia, sia il Tribunale che, in ultima istanza, la Corte di Cassazione, hanno respinto questa tesi.

La Questione Giuridica sul Credito Concorsuale e la sua Origine

Il nodo centrale della controversia era stabilire il momento in cui un credito concorsuale si considera ‘sorto’. Secondo l’ASL, il credito era sorto ‘nel corso della procedura’ fallimentare, poiché solo allora si erano verificate le condizioni per la sua piena esigibilità. Questa interpretazione avrebbe sottratto il credito ai rigidi termini di decadenza per le insinuazioni tardive.

La Corte di Cassazione, al contrario, ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui la natura concorsuale o meno di un credito dipende dall’elemento genetico dell’obbligazione, in base all’art. 1173 c.c. (fonti delle obbligazioni).

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ASL, confermando la decisione del Tribunale. Le motivazioni si basano su due pilastri fondamentali.

Il Momento Genetico del Credito è Decisivo

I giudici hanno chiarito che il fatto idoneo a produrre l’obbligazione restitutoria (ovvero l’erogazione di somme in eccesso) risaliva a un’epoca molto antecedente alla dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, il credito doveva considerarsi sorto prima del fallimento e, come tale, soggetto alle regole concorsuali, inclusi i termini di decadenza per l’insinuazione al passivo. La successiva definitività dell’accertamento o la sua esigibilità sono eventi ininfluenti per qualificare il credito come pre-fallimentare.

L’Irrilevanza della Cessione d’Azienda e dell’Azione Revocatoria

La Corte ha inoltre precisato che, ai sensi dell’art. 2560 c.c., la società fallita non si era liberata del proprio debito cedendo l’azienda a un’altra entità. La norma, infatti, prevede una solidarietà passiva tra cedente e cessionario per i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, a tutela dei creditori. Questa tutela si applica anche ai crediti non ancora liquidi ed esigibili al momento della cessione.

Infine, la pendenza di un’azione revocatoria per far dichiarare inefficace la cessione d’azienda non impediva all’ASL di presentare tempestivamente la domanda di ammissione al passivo, in quanto il debitore originario rimaneva sempre la società poi fallita.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Creditori

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per tutti i creditori di un’impresa insolvente: la tempestività è tutto. Non si può attendere che un credito diventi liquido o esigibile per agire. È necessario attivarsi e presentare domanda di insinuazione al passivo non appena si ha conoscenza del fallimento, rispettando i termini di legge, anche per i crediti il cui accertamento è ancora in corso. Attendere la conclusione di altri giudizi o il verificarsi di condizioni di esigibilità future espone al rischio concreto di vedere la propria domanda dichiarata inammissibile per decadenza, con la conseguente impossibilità di recuperare quanto dovuto.

Quando si considera sorto un credito ai fini dell’ammissione al passivo fallimentare?
Un credito si considera sorto, ai fini della procedura fallimentare, nel momento in cui si verifica il suo ‘elemento genetico’ (ad esempio, la stipula di un contratto, un fatto illecito o un pagamento indebito), e non quando diventa liquido o esigibile.

La cessione d’azienda libera l’imprenditore fallito dai debiti precedenti non ancora esigibili?
No. In base all’art. 2560 c.c., l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, a meno che i creditori non vi acconsentano. Questa regola vale anche per i debiti esistenti ma non ancora liquidi ed esigibili al momento della cessione.

La pendenza di un giudizio per rendere esigibile un credito giustifica il ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione al passivo?
No, la pendenza di un altro giudizio (come un’azione revocatoria o un accertamento amministrativo) non impedisce né giustifica il ritardo nell’insinuazione al passivo. Il creditore deve agire tempestivamente per non incorrere nei termini di decadenza previsti dalla legge fallimentare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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