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Crediti società estinta: la Cassazione attende le SU

Un ex socio agisce per recuperare un credito assegnatogli durante lo scioglimento di una società di persone. I tribunali di merito negano la sua legittimazione, sostenendo una rinuncia tacita al credito con l’estinzione della società. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sul tema dei crediti società estinta, sospende il giudizio in attesa di una decisione chiarificatrice da parte delle Sezioni Unite.

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Crediti società estinta: la palla passa alle Sezioni Unite

Cosa accade ai crediti di una società di persone quando questa viene cancellata dal registro delle imprese senza una formale liquidazione? Possono gli ex soci agire per riscuoterli? Questa è la domanda cruciale che ha portato la Corte di Cassazione a fermarsi e attendere una parola definitiva. L’ordinanza interlocutoria n. 19199/2024 analizza proprio il complesso tema dei crediti società estinta, una questione che crea notevole incertezza per imprenditori e creditori.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce dalla richiesta di pagamento avanzata da un ex socio di una società in nome collettivo. La società era stata sciolta anticipatamente e, in quella sede, i soci avevano deciso di assegnare le ‘attività residuate’ a tacitazione delle rispettive quote. In particolare, al nostro protagonista erano state attribuite tutte le attività derivanti da contratti per servizi internet, mentre all’altro socio quelle relative a forniture hardware e software.

Basandosi su questa assegnazione, l’ex socio aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro una società cliente per un credito sorto prima dello scioglimento. La società debitrice si era opposta, sostenendo che l’ex socio non avesse la legittimazione ad agire. Secondo la sua tesi, il credito apparteneva a una società ormai inesistente e, con la cancellazione senza liquidazione, si doveva presumere una rinuncia a tale pretesa.

Sia il Giudice di Pace che il Tribunale in appello hanno dato ragione alla società debitrice, rigettando la richiesta dell’ex socio. Entrambi i giudici hanno ritenuto che, sciogliendosi senza passare per la fase di liquidazione, la società avesse implicitamente rinunciato ai crediti incerti o illiquidi, impedendo un loro trasferimento agli ex soci.

Il contrasto giurisprudenziale sui crediti società estinta

Il ricorso in Cassazione ha fatto emergere un profondo contrasto interpretativo all’interno della stessa Corte Suprema. La questione dei crediti società estinta divide i giudici in due orientamenti principali:

1. L’orientamento della rinuncia tacita: Secondo una prima tesi, la cancellazione di una società dal registro delle imprese, senza che nel bilancio finale di liquidazione siano menzionati crediti incerti o illiquidi, equivale a una rinuncia implicita a tali pretese. Di conseguenza, gli ex soci non acquisiscono la titolarità di tali crediti e non possono agire per la loro riscossione. Questo orientamento è stato seguito dai giudici di merito nel caso di specie.

2. L’orientamento del fenomeno successorio: Un’altra tesi, invece, sostiene che la cancellazione della società determini un fenomeno successorio. I diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono in capo agli ex soci, i quali possono quindi farli valere in giudizio. Secondo questa visione, non vi è alcuna rinuncia automatica, ma un semplice trasferimento di titolarità dalla società estinta ai suoi componenti.

Questo dilemma crea un’evidente incertezza giuridica, con esiti processuali potenzialmente opposti a seconda dell’orientamento seguito.

Le Motivazioni della Decisione

Di fronte a questo scenario, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha agito con prudenza. Nell’ordinanza in esame, i giudici hanno preso atto del ‘perpetuato contrasto in seno alla Corte’ sulla possibilità di configurare una rinuncia tacita ai crediti non liquidati di una società cancellata.

La Corte ha rilevato che la medesima questione è già stata rimessa al vaglio delle Sezioni Unite con una precedente ordinanza (n. 16477/2024). Le Sezioni Unite hanno il compito specifico di dirimere i contrasti giurisprudenziali e di fornire un’interpretazione uniforme e vincolante della legge.

Pertanto, la motivazione della Corte non entra nel merito della disputa, ma si concentra su una ragione di opportunità processuale: per evitare decisioni potenzialmente contrastanti e per garantire la coerenza del sistema giuridico, è necessario attendere il pronunciamento delle Sezioni Unite. Per questo motivo, il ricorso è stato ‘rinviato a nuovo ruolo’, ovvero sospeso in attesa della decisione definitiva.

Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria n. 19199/2024 non risolve la questione, ma la fotografa con estrema chiarezza, mettendo in pausa il giudizio. La decisione finale sul destino dei crediti società estinta è ora nelle mani delle Sezioni Unite della Cassazione. Il loro verdetto avrà un impatto significativo, stabilendo una volta per tutte se gli ex soci possano ereditare e riscuotere i crediti non liquidati della loro vecchia società o se questi debbano considerarsi persi con la cancellazione. Questa futura sentenza fornirà una regola chiara e indispensabile per tutti gli operatori del diritto e per le migliaia di società che ogni anno cessano la propria attività.

Cosa succede ai crediti di una società cancellata dal registro delle imprese senza liquidazione?
Attualmente la questione è oggetto di un contrasto giurisprudenziale. Secondo un orientamento, si presume che la società vi abbia rinunciato tacitamente, impedendo agli ex soci di riscuoterli. Secondo un altro orientamento, i crediti si trasferiscono agli ex soci, che possono agire per il loro recupero. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite dovrà fornire una risposta definitiva.

Un ex socio può agire in giudizio per un credito della società estinta che gli era stato assegnato?
Nei primi due gradi di giudizio di questo caso, la risposta è stata negativa. I giudici hanno ritenuto che l’ex socio non avesse la legittimazione ad agire a causa della presunta rinuncia al credito da parte della società estinta. Tuttavia, la questione è ancora sub iudice presso la Corte di Cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha deciso di non decidere subito questo caso?
La Corte ha sospeso il giudizio (‘rinviato a nuovo ruolo’) perché ha riconosciuto l’esistenza di un profondo contrasto interpretativo sulla materia. Per garantire certezza e uniformità del diritto, ha ritenuto necessario attendere la decisione delle Sezioni Unite, già investite della medesima questione, che stabilirà un principio di diritto vincolante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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