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Crediti società cancellata: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4994/2024, ha stabilito che i crediti di una società cancellata non si trasferiscono automaticamente ai soci se sono incerti, illiquidi o mere pretese non iscritte nel bilancio di liquidazione. Il caso riguardava un istituto di credito condannato a restituire somme a una società, successivamente cancellata. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva riconosciuto il credito direttamente ai soci, senza prima verificare la natura certa e liquida del credito stesso, rinviando la causa per un nuovo esame.

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Crediti società cancellata: Quando si trasferiscono ai soci? La Sentenza della Cassazione

Cosa accade ai crediti di una società cancellata dal registro delle imprese? Si trasferiscono automaticamente ai soci o si estinguono con la società? Questa è una domanda cruciale per imprenditori, creditori e professionisti del diritto. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 4994 del 26 febbraio 2024, è tornata su questo tema fondamentale, offrendo chiarimenti decisivi sulla distinzione tra crediti certi e ‘mere pretese’.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un’azione legale intentata da una società a responsabilità limitata e dai suoi due soci, in qualità di fideiussori, contro un noto istituto di credito. La richiesta era la restituzione di somme che si ritenevano indebitamente percepite dalla banca su alcuni rapporti di conto corrente.
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, condannando la banca a pagare una cospicua somma. Successivamente, la Corte di Appello confermava in parte la decisione, riducendo leggermente l’importo dovuto. Un dettaglio fondamentale emergeva in questa fase: la società originaria era stata cancellata dal registro delle imprese. La Corte territoriale, quindi, affermava che il credito spettasse direttamente ai due ex soci, in quanto successori universali della società estinta.

Il Ricorso in Cassazione sui crediti della società cancellata

L’istituto di credito non si è arreso e ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando un unico, ma decisivo, motivo di doglianza. La banca ha lamentato la violazione dell’art. 2495 del codice civile, sostenendo che la Corte di Appello avesse erroneamente riconosciuto la legittimazione dei soci a incassare il credito senza effettuare le dovute verifiche. Secondo la ricorrente, il giudice di secondo grado non aveva applicato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 6070/2013), che impongono una distinzione netta tra diritti di credito certi e liquidi e le cosiddette ‘mere pretese’.

La Tesi delle Sezioni Unite

Il principio richiamato è chiaro: dopo la riforma del diritto societario, la cancellazione di una società dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio. I debiti si trasferiscono ai soci (con responsabilità limitata o illimitata a seconda del loro ruolo precedente), mentre i diritti e i beni non liquidati si trasferiscono in regime di contitolarità. Tuttavia, da questa successione sono esclusi i crediti incerti, illiquidi e le ‘mere pretese’ che non erano state inserite nel bilancio finale di liquidazione, poiché il loro accertamento avrebbe richiesto un’ulteriore attività. In questi casi, si presume che la società vi abbia rinunciato per accelerare la propria estinzione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la censura della banca. Gli Ermellini hanno ribadito che, per poter configurare un trasferimento del credito ai soci, è necessario verificare una di due condizioni alternative:
1. Che il credito fosse stato regolarmente iscritto nel bilancio di liquidazione.
2. Che, in assenza di iscrizione, il credito non fosse incerto, illiquido o una semplice pretesa.

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva dato per scontata la trasferibilità del credito, senza svolgere alcuna indagine sulla sua natura. Non aveva verificato se fosse un diritto certo e liquido o una mera pretesa creditoria. Questa omissione era tanto più grave, sottolinea la Cassazione, in quanto la società era stata cancellata d’ufficio proprio per la mancata presentazione dei bilanci degli ultimi tre esercizi, rendendo quantomeno dubbia l’esistenza di un bilancio di liquidazione in cui il credito potesse essere stato inserito.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà ora effettuare l’accertamento di fatto omesso in precedenza: verificare la natura del credito vantato dalla società estinta per stabilire se questo si sia effettivamente trasferito ai soci o se debba considerarsi una pretesa a cui la società ha rinunciato con la sua estinzione.
Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale per la gestione dei crediti di una società cancellata: non basta essere stati soci per ereditare automaticamente ogni potenziale diritto. È necessario un accertamento rigoroso sulla certezza, liquidità ed esigibilità del credito, specialmente quando non vi è traccia dello stesso nel bilancio finale di liquidazione.

Dopo la cancellazione di una società dal registro delle imprese, i suoi crediti si trasferiscono sempre automaticamente ai soci?
No. Secondo la sentenza, si trasferiscono solo i diritti e i beni compresi nel bilancio di liquidazione. Sono invece esclusi i crediti incerti o illiquidi e le ‘mere pretese’ non inserite in tale bilancio, per le quali si presume una rinuncia da parte della società.

Qual è la differenza tra ‘diritti di credito’ e ‘mere pretese’ di una società estinta?
I diritti di credito sono somme certe, liquide ed esigibili, già accertate. Le ‘mere pretese’ sono invece posizioni creditorie ancora incerte o illiquide, la cui esistenza e quantificazione richiederebbero un’ulteriore attività di accertamento, giudiziale o stragiudiziale.

Cosa avrebbe dovuto fare la Corte di Appello prima di decidere sul trasferimento del credito ai soci?
Avrebbe dovuto verificare concretamente la natura del credito. In particolare, avrebbe dovuto accertare se esso fosse stato iscritto nel bilancio di liquidazione della società o, in alternativa, se fosse un credito certo e liquido e non una semplice pretesa, prima di poter concludere che si fosse trasferito ai soci per successione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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