LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Crediti prededucibili: quando sono ammessi?

Una società fornitrice ha richiesto il pagamento di crediti verso un’azienda poi fallita, chiedendo la prededuzione per le forniture effettuate durante la fase di “preconcordato”. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per riconoscere i crediti prededucibili non basta che siano sorti durante la procedura, ma è necessario dimostrare un nesso funzionale con gli obiettivi della stessa, a beneficio della massa dei creditori. Inoltre, ha ribadito che la prova del credito non può basarsi su documenti unilaterali come le fatture.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Crediti Prededucibili: la Funzionalità alla Procedura è Essenziale

L’ammissione dei crediti prededucibili rappresenta una questione cruciale per le imprese che continuano a fornire beni o servizi a società in crisi, specialmente durante la delicata fase del concordato con riserva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sui requisiti necessari per ottenere questo status privilegiato, sottolineando l’importanza del “nesso funzionale” con la procedura e l’onere della prova a carico del creditore. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti di Causa: una Fornitura Contesta nel Fallimento

Una società fornitrice di energia si opponeva alla decisione del Tribunale di non ammettere al passivo fallimentare di una sua cliente due distinti crediti. Il primo, di importo minore, era stato escluso perché provato solo tramite fatture e documenti interni alla stessa società fornitrice. Il secondo, di importo ben più consistente, riguardava forniture eseguite dopo che la società cliente aveva depositato un ricorso per concordato preventivo “con riserva”.

La società fornitrice sosteneva che questo secondo credito dovesse essere considerato prededucibile, in quanto sorto da un contratto stipulato per garantire la continuità aziendale e, quindi, funzionale alla procedura concorsuale. Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto tale tesi, evidenziando che il contratto di fornitura era stato firmato appena un giorno dopo il deposito del ricorso e che, alla fine, nessun piano concordatario era stato presentato, sfociando nel fallimento. Mancava, secondo i giudici di merito, un chiaro legame tra la fornitura e un concreto progetto di risanamento a vantaggio dei creditori.

La Decisione della Corte sui Crediti Prededucibili

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso della società fornitrice, ha confermato la decisione del Tribunale, rigettando entrambi i motivi di appello e delineando principi rigorosi in materia.

Il primo motivo: la mancanza del nesso funzionale per i crediti prededucibili

Riguardo alla richiesta di prededuzione, la Corte ha specificato che gli atti compiuti dall’imprenditore durante il “preconcordato” sono “legalmente compiuti” e possono generare crediti prededucibili solo se funzionali alla conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio aziendale, nell’ottica di soddisfare al meglio la massa dei creditori. Non è sufficiente che l’atto rientri nell’ordinaria amministrazione.

La valutazione deve essere fatta caso per caso, verificando che l’atto non incida negativamente sul patrimonio destinato ai creditori. In particolare, quando la domanda di concordato è “in bianco”, senza un piano definito, l’imprenditore ha l’onere di fornire informazioni sufficienti sul tipo di proposta che intende perseguire. In assenza di tali indicazioni, un atto che potrebbe ridurre il patrimonio, come l’assunzione di nuovi debiti per forniture, viene considerato di straordinaria amministrazione e non genera automaticamente un credito prededucibile. Nel caso specifico, il ricorrente non aveva dimostrato in giudizio la coerenza del contratto con un piano di risanamento né il suo beneficio per la massa creditoria.

Il secondo motivo: l’onere della prova del creditore

Per quanto riguarda il credito minore, escluso per carenza di prova, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia contrattuale. Chi agisce in giudizio per ottenere il pagamento del corrispettivo di una prestazione (in questo caso, l’ammissione al passivo fallimentare) non può limitarsi a provare l’esistenza del contratto e ad affermare l’inadempimento altrui. Ha l’onere di dimostrare di aver eseguito la propria prestazione.

L’esecuzione della fornitura di energia è un “fatto costitutivo” del diritto al pagamento. Documenti di formazione unilaterale, come le fatture emesse dal creditore stesso, non sono sufficienti a fornire tale prova. Il Tribunale aveva quindi correttamente ritenuto non provato il credito, e la valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito, non sindacabile in sede di Cassazione se non per vizi specifici che nel caso di specie non sono stati ravvisati.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un’interpretazione rigorosa della legge fallimentare. La ratio delle norme sulla prededuzione è quella di incentivare terzi a contrattare con un’impresa in crisi, ma solo se ciò contribuisce a un esito positivo della procedura per tutti i creditori. Permettere una prededuzione automatica per qualsiasi atto di gestione compiuto durante il preconcordato creerebbe un ingiusto pregiudizio per i creditori preesistenti, specialmente se la procedura fallisce.

Il “nesso funzionale”, quindi, non è una mera clausola di stile, ma il perno del sistema: l’atto deve essere valutato non nell’interesse dell’imprenditore insolvente, ma in quello della massa creditoria. Allo stesso modo, il principio sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) viene applicato senza deroghe: chi vanta un diritto deve provarne i fatti costitutivi, e nei contratti a prestazioni corrispettive, l’esecuzione della propria prestazione è il primo di questi fatti.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche per le imprese. In primo luogo, quando si contratta con una società che ha presentato domanda di concordato con riserva, è fondamentale accertarsi che l’operazione sia chiaramente e documentalmente collegata a un piano di risanamento o di continuità che vada a vantaggio dell’intera massa creditoria. In assenza di un piano definito, il rischio che il proprio credito non venga riconosciuto come prededucibile è molto elevato. In secondo luogo, in qualsiasi controversia contrattuale, è essenziale essere in grado di provare in modo oggettivo e inconfutabile di aver adempiuto alla propria prestazione, non potendo fare affidamento esclusivo su documenti interni come le fatture.

Quando un credito sorto durante un “concordato con riserva” è considerato prededucibile?
Un credito è considerato prededucibile solo se deriva da un atto “legalmente compiuto” che presenti un “nesso funzionale” con gli obiettivi della procedura concorsuale. L’atto deve essere finalizzato alla conservazione del valore del patrimonio aziendale nell’interesse della massa dei creditori e non deve pregiudicarne la consistenza. In caso di domanda di concordato “in bianco”, il debitore deve fornire indicazioni sul piano che intende presentare per permettere questa valutazione.

Per chiedere il pagamento di una fornitura, basta presentare le fatture?
No. Secondo la Corte, in un contratto a prestazioni corrispettive, chi chiede il pagamento deve provare di aver eseguito la propria prestazione (la fornitura). Le fatture, essendo documenti di formazione unilaterale creati dal creditore stesso, non sono considerate prova sufficiente dell’avvenuta esecuzione della prestazione.

Cosa significa che un atto deve avere un “nesso funzionale” con la procedura concorsuale?
Significa che l’atto (ad esempio, un contratto di fornitura) deve essere direttamente collegato e utile al raggiungimento degli scopi della procedura, come la conservazione dell’azienda in vista di una vendita o di un piano di continuità che massimizzi il soddisfacimento di tutti i creditori. L’interesse da tutelare non è quello del singolo imprenditore, ma quello collettivo della massa dei creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati