Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 82 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 82 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20646-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO n. 6096/2018 del TRIBUNALE DI ASTI del 30/5/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 12/12/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE lamentando: – la mancata ammissione del credito di €. 19.339,91; -il mancato
riconoscimento, relativamente al credito già ammesso in chirografo per la somma di €. 367.232,07, della invocata prededuzione, sul rilievo che, trattandosi del corrispettivo delle forniture eseguite tra l ‘ 1/3/2015 ed il 31/5/2015, il relativo credito sarebbe sorto, a norma degli artt. 111 e 161, comma 7°, l.fall., in conseguenza di atti legalmente compiuti in pendenza di concordato con riserva.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.3. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che la totale esclusione del credito per €. 19.339,91 risultava pienamente giustificata in quanto supportato da ‘ documenti di formazione unilaterale del ricorrente (fatture e deconti predisposti da Exergia) ‘ .
1.4. Il tribunale, poi, quanto al residuo credito di €. 367.232,07 per le forniture eseguite tra l ‘ 1/3/2015 ed il 31/5/2015, dopo aver rilevato che: – la RAGIONE_SOCIALE, in data 27/11/2014, ha presentato ricorso ai sensi dell ‘ art. 161, comma 6°, l.fall.; – il tribunale, con decreto del 2/12/2014, ha concesso il termine per la presentazione del piano di concordato, contestualmente autorizzando la ricorrente allo scioglimento dei contratti, in quel momento pendenti con un terzo, di forniture di energia elettrica e gas; – il tribunale, infine, senza aprire alcuna procedura concordataria, ha, con sentenza del 29/5/2015, dichiarato il fallimento della Roto Alba; ha, in sostanza, ritenuto, per quanto ancora rileva, che: – i crediti sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore nel periodo indicato dall’art. 161, comma 7°, l.fall. sono prededucibili solo a condizione che sussistano i presupposti previsti dall’art. 111 l.fall., e cioè che si tratti di crediti sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale; – nel caso in esame , anche ‘ in considerazione della
natura delle prestazioni oggetto del presente giudizio ‘, non ‘ sembra … rinvenibile ‘ ‘ il nesso funzionale ‘, previsto dall’ art. 111 l.fall., ‘ tra l ‘ invocato contratto di fornitura e la procedura concorsuale ‘ , la cui stipulazione (in data 28/11/2014, e cioè) ‘ ad un solo giorno di distanza ‘ rispetto al ricorso ex art. 161, comma 7°, l.fall. (depositato il 27/11/2014) ‘ rende implausibile la tesi, che i contraenti abbiano inteso perseguire esigenze, legate alla formulazione di proposte concordatarie ‘, ‘ tanto più che, nel caso in esame nessun piano concordatario veniva in verità formalizzato ‘ .
2.1. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 28/6/2018, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto.
2.2. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
2.3. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 161, comma 7°, e 111, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso che il credito azionato dalla RAGIONE_SOCIALE potesse godere dell ‘ invocata prededuzione sul rilievo che non sussiste alcun nesso funzionale tra il contratto di somministrazione del 28/11/2014 e l’apertura della procedura di concordato, senza, tuttavia, considerare che: – si tratta di un debito che la società poi fallita ha contratto in ragione delle prestazioni di ordinaria amministrazione che la stessa ha legittimamente ricevuto nel periodo successivo al deposito in data 27/11/2014 del ricorso previsto da ll’art. 161, comma 6°, l.fall. ; – tali prestazioni riguardano servizi resi tra l ‘ 1/3/2015 ed il 31/5/2015 ed indispensabili per prosecuzione dell ‘ impresa da parte della società istante che, in difetto, non sarebbe stata possibile,
tenuto conto dello scioglimento ex art. 169 bis l.fall dei contratti già stipulati con altro operatore; – gli impegni assunti con l ‘ opponente erano del tutto coerenti con lo svolgimento della procedura concordataria intrapresa dalla debitrice sia pur in via prenotativa.
3.2. Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha, in effetti, condivisibilmente affermato (Cass. n. 36370 del 2023, in motiv.) che: – la concreta riconducibilità di un atto alla categoria generale e residuale di quelli eccedenti l’ordinaria amministrazione, contemplati dall’art. 167, comm a 2°, ultima parte, l.fall., dev’essere calibrata, ai fini della necessità della previa autorizzazione giudiziale, su connotati analoghi a quelli delle figure negoziali tipizzate dalla norma a titolo soltanto esemplificativo; -l’eccedenza in concreto dall’ordinaria amministrazione viene, pertanto, a dipendere dall’oggettiva idoneità dell’atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, per come ormai vocato all’obiettivo concorsuale, pregiudicandone la consistenza o, comunque, compromettendone la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, alla cui tutela la misura della preventiva autorizzazione è infatti predisposta; -pertanto, se sono di ordinaria amministrazione gli atti di comune gestione dell’impresa strettamente aderenti alle finalità e alle dimensioni del suo patrimonio e quelli che (ancorché comportanti una spesa) lo migliorino o anche solo lo conservino, ricadono, per contro, nell’area dell’amministrazione straordinaria gli atti suscettibili di ridurlo o di gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilità reali e prevalenti; – milita in questa direzione il testo novellato dell’art. 167 l.fall., e, in particolare, il comma 3°, che non a caso rimette al tribunale la facoltà di
determinare un limite di valore degli atti al di sotto del quale non è dovuta l’autorizzazione.
3.3. L’art. 167, comma 2°, l.fall. presidia, in definitiva, l’interesse della massa con la conseguenza che ‘ la valutazione della natura di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto deve dunque tener conto esclusivamente dell’interesse dei creditori e non già di quello dell’imprenditore insolvente ‘ (Cass. SU n. 42093 del 2021, in motiv., punto 17) e dev’essere, pertanto, svolta, caso per caso, in relazione alla specifica finalità che l’atto compiuto risulta perseguire rispetto all’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori (in termini, sia pure a proposito dell’art. 173 l.fall., Cass. n. 26646 del 2018)
3.4. Lo stesso criterio, peraltro, vale anche per stabilire la necessità o meno dell’autorizzazione prevista, per il caso (come quello in esame) in cui la società debitrice abbia presentato la domanda di concordato con riserva, dall’art. 161, comma 7°, l.fall., a norma del quale, infatti, ‘ dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all’articolo 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale …’.
3.5. Questa Corte, infatti, ha, sul punto, affermato che pure in siffatta ipotesi il debitore può compiere senza la necessità della previa autorizzazione del tribunale soltanto gli atti di gestione dell’impresa finalizzati alla conservazione dell’integrità e de l valore del patrimonio.
3.6. Nell’ambito della fase di ‘ preconcordato ‘ è , dunque, certamente concessa al debitore la facoltà di compiere atti di gestione dell’impresa (come quelli dedotti a fondamento della domanda di ammissione al passivo) senza necessit à di autorizzazione: ma pur sempre tenendo conto del fine primario c he, come si evince dall’art. 161, commi 6° e 7°, l.fall., la
procedura giudiziale conseguente alla domanda di ammissione con riserva è volta a perseguire, vale a dire la conservazione dell ‘ integrità e del valore del patrimonio, dovendo essere, in effetti, autorizzati dal tribunale tutti gli atti dei quali in concreto si accerti l ” idoneità a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacit à a soddisfare le ragioni dei creditori … perché in grado di determinarne la riduzione ovvero di gravarlo di vincoli e di pesi cui non corrisponde l ‘ acquisizione di utilità reali prevalenti ‘ (Cass. n. 14713 del 2019, in motiv.).
3.7. Il credito, infatti, ha osservato la pronuncia citata, per essere prededucibile, deve derivare da atti cos ì “legalmente compiuti”, e non pare seriamente discutibile che la citata ulteriore espressione sia stata impiegata in senso rafforzativo della piena rispondenza dell’atto alla finalità gestoria coerente con la situazione patrimoniale in cui versa il debitore, dovendosi, in partic olare, valutare ‘ l’ordinarietà dell’atto anche in base al criterio di funzionalità che lo stesso finisce per avere in base alle finalit à ricercate, vale a dire il raggiungimento della composizione della crisi attraverso un (bench é successivo) piano di concordato, liquidatorio o con continuit à (o misto), che in ogni caso tuteli la migliore soddisfazione dei creditori ‘.
3.8. Gli atti legalmente compiuti, di cui all’art. 161, comma 7°, l.fall., dunque, postulano un giudizio di coerenza con la situazione nell’ambito della quale sono posti in essere ed in rapporto al tipo di concordato, poich é ‘ un medesimo atto pu ò bens ì considerarsi come di ordinaria amministrazione dinanzi a una situazione implicante, per esempio, la continuit à aziendale, ma non dinanzi a una situazione del tutto diversa, come quella connotata dal mero fine liquidatorio -e anche qui con l ‘ appendice di ulteriori potenziali differenziazioni a seconda che
vi sia, o meno, l ‘ esigenza di completare i contratti in essere prima della liquidazione ‘.
3.9. Nell’ambito della fase di preconcordato ‘ è certamente concessa al debitore la facolt à di compiere atti di gestione dell’impresa, senza necessità di autorizzazione, ma pur sempre tenendo conto del fine primario di conservazione dell’integrità e del valore patrimoniale’ posto che ‘ altrimenti vano sarebbe parlare di rilevanza dell’atto secondo il criterio … della idoneit à a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacit à a soddisfare le ragioni dei creditori ‘.
3.10. Questo sta a significare che, ai fini della possibilit à di ravvisare il fondamento della prededuzione del credito derivante da atti di amministrazione ordinaria ‘ legalmente compiuti’, secondo la specifica previsione dell’art. 161, comma 7°, l.fall., la prospettiva del concordato non pu ò essere completamente ‘ in bianco ‘, essendo, per contro, ‘ necessaria … una certa qual indicazione, finanche nel caso solo di massima, ma comunque idonea a segnalare il tipo di proposta che si intenda presentare, cos ì da stabilire almeno verso quale forma di concordato l’imprenditore abbia inteso indirizzarsi, per modo da confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti ‘.
3.11. Nel caso in cui, al contrario, ‘ la domanda sia prospettata come veramente ‘ in bianco ‘, l’atto incidente sul patrimonio non pu ò che considerarsi, ai fini dell’insorgenza di un conseguente credito prededucibile, come eccedente l’ordinaria amministrazione ‘.
3.12. In definitiva: – nella fase di preconcordato, ai sensi dell’art. 161, comma 7°, l.fall., è consentito al ricorrente di compiere atti di gestione dell’impresa, senza necessità di
autorizzazione del tribunale, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio; – la nozione di atti legalmente compiuti, di cui all’art. 161, comma 7°, l.fall., è legata innanzi tutto al significato della distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, la quale va intesa secondo l’art. 167 l.fall. e resta, dunque, incentrata sul requisito della idoneit à dell’atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacit à a soddisfare le ragioni dei creditori, perch é in grado di determinarne la riduzione ovvero di gravarlo di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti; – anche dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o di straordinaria amministrazione dell’atto deve essere compiuta con riferimento all’interesse della massa dei cred itori, e non dell’imprenditore insolvente, essendo possibile che atti astrattamente qualificabili d ì ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio dell’impresa possano, invece, assumere un diverso connotato se compiuti nel contesto procedimentale attivato dalla domanda suddetta, laddove gli stessi fi niscano con l’investire gli interessi del ceto creditorio mediante l’assunzione di ulteriori debiti o la sottrazione di beni alla disponibilit à della massa; – la necessit à di valutare l’atto in coerenza con la situazione nella quale è posto in essere impone al debitore, che intenda presentare una domanda di concordato ‘ con riserva ‘, l’onere di fornire informazioni sul tipo di proposta (o anche sul contenuto del piano) idonee a discernere verso quale forma di concordato egli abbia inteso indirizzarsi, per modo da confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti, sicch é , in difetto, l’atto, che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio, deve
essere considerato, ai fini dell’art. 161, comma 7°, l.fall. come di amministrazione straordinaria (Cass. n. 14713 del 2019, in motiv.).
3.13. Il motivo, a fronte di tale regime giuridico, difetta della necessaria specificità, non avendo la censura in esame in alcun modo illustrato l’emergenza dagli atti del giudizio di merito né che il contratto di fornitura stipulato con la società poi fallita non aveva pregiudicato la consistenza del suo patrimonio, avendo assicurato allo stesso l’acquisizione di utilità reali prevalenti, né la coerenza di tale contratto al tipo di proposta (o anche al contenuto del piano) che la società debitrice, prima del loro compimento, abbia eventualmente illustrato.
3.14. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1173, 1218 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la totale esclusione del credito per €. 19.339,91 era corretta sul rilievo che lo stesso era supportato esclusivamente da documenti di formazione unilaterale della società opponente, senza, tuttavia, considerare che: – trattandosi di obbligazione contrattuale, il contraente, come l’opponente, che chieda il pagamento del ‘ corrispettivo maturato ‘ , deve provare solo la fonte negoziale del diritto ed allegare l’altrui inadempimento; -l’onere di provare i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi del diritto azionato, come la mancata esecuzione del contratto, spetta, invece, al curatore del fallimento che li ha eccepiti in giudizio, il quale, invece, nulla ha dedotto o allegato al riguardo; – i documenti prodotti indicavano i periodi e la quantità delle erogazioni dell’energia elettrica, non oggetto di contestazione da parte del curatore.
3.15. Il motivo è infondato. Il principio generale che regola la condanna all’adempimento nei contratti a prestazioni corrispettive comporta, in effetti, che la parte che chiede in giudizio l’esecuzione della prestazione a lui dovuta (come il pagamento del compenso asseritamente maturato o, in caso di fallimento della committente, l’insinuazione al passivo del relativo credito) non dev’essere a sua volta inadempiente, avendo, piuttosto, l’onere di (offrire l’esecuzione della pro pria, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero) dimostrare di avere adempiuto la propria obbligazione, se la stessa (come nel caso in esame, trattandosi del ‘ corrispettivo ‘ asseritamente ‘ maturato ‘ ) precede l’adempimento di pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta.
3.16. L’applicazione di tale principio al contratto di fornitura di energia elettrica comporta, quindi, che il fornitore che agisca in giudizio per il pagamento (o, come nel caso in esame, l’ammissione al passivo) del (credito al) corrispettivo convenuto, ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, e cioè di avere fornito l’energia conformemente al contratto, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa.
3.17. Nei contratti a prestazioni corrispettive, come quello dedotto dalla società opponente, infatti, la struttura sinallagmatica non consente di far discendere il diritto del contraente al corrispettivo convenuto dalla mera stipulazione del contratto (di fornitura) e maturato (come nel caso in esame) in ragione della dedotta esecuzione della propria prestazione, occorrendo, a tal fine, che lo stesso provi in giudizio, oltre al contratto, anche l’adempimento della propria obbligazione, e cioè la fornitura di energia.
3.18. Il tribunale, lì dove ha ritenuto che la società opponente non aveva fornito in giudizio la prova della prestazione contrattuale posta a fondamento del suo credito, si è, dunque, attenuto al principio esposto.
3.19. Quanto al resto, non può che ribadirsi come: la valutazione delle prove raccolte in giudizio, compresa quella asseritamente conseguente alla mancata contestazione dei fatti ex adverso dedotti (Cass. SU n. 2951 del 2016, in motiv.; Cass. SU n. 11377 del 2015, in motiv.), costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale (rilevante, come nel caso in esame, ai fini della decisione poi assunta : e cioè l’esecuzione della fornitura di energia) non sono, in linea di principio, sindacabili in cassazione, salvo che il vizio (nel caso in esame neppure invocato come tale) consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie materiale, l’ esame di uno o più fatti storici controversi la cui esistenza risulti dal testo della pronuncia impugnata o dagli atti processuali e che abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, gli avrebbero imposto una ricognizione della vicenda storica (come l’esecu zione della prestazione contrattuale dedotta da parte dell’ opponente ) senz’altro riconducibile all’ipotesi normativa invocata, nel giudizio di merito, dalla parte poi la ricorrente; – l a violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura, invece, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma: non anche quando, come invece pretende la ricorrente, la censura abbia avuto ad oggetto la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, lì dove ha ritenuto (in ipotesi
erroneamente) assolto (o non assolto) tale onere ad opera della parte che ne era gravata in forza della predetta norma, che è sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti previsti dall’art. 360 n. 5 cit. (cfr. Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 13395 del 2018).
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio, che liquida nella somma complessiva di €. 8.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima