Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6840 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16608-2023 proposto da:
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante dello Studio Legale COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da sé stesso e dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato COGNOME per procura in calce al controricorso
– controricorrente – avverso il DECRETO DEL TRIBUNALE DI POTENZA depositato il 4/7/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza in camera di consiglio del 12/2/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME, in proprio e quale rappresentante dello ‘Studio Legale COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘, ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
s.p.a. in liquidazione (dichiarato con sentenza del 28/2/2012) del credito maturato in ragione delle prestazioni professionali svolte dallo stesso nella qualità di avvocato della società poi fallita.
1.2. Il giudice delegato ha ammesso l’istante al passivo per la minor somma di €. 32.772,50, di cui €. 14.772,50 in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2 c.c. ed €. 18.000,00 in via chirografaria.
1.3. NOME COGNOME, in proprio e quale rappresentante dello ‘RAGIONE_SOCIALE, ha proposto opposizione allo stato passivo, chiedendo di esservi ammesso per l’ulteriore somma di €. 26.410,70, in privilegio ex art. 2751 bis n. 2 c.c., e di €. 17.550,00, in prededuzione.
1.4. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto l’opposizione.
1.5. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che ‘ non merita accoglimento la pretesa liquidazione in prededuzione delle competenze spettanti per l’attività professionale prestata dal ricorrente per i giudizi RAGIONE_SOCIALE ‘.
1.6. Le prestazioni professionali rese dall’opponente, infatti, ha osservato il tribunale, riguardando ‘ giudizi già pendenti al momento della domanda di ammissione al concordato preventivo in virtù di incarichi precedentemente conferiti ‘ dalla società poi fallita, non risultano ‘ collegate ad una necessità risanatoria dell’impresa ‘, né ‘ volte, in sostanza, a vantaggio del ceto creditorio ‘, per cui manca il presupposto necessario per il riconoscimento dell’invocata prededuzione, e cioè ‘ l’adeguatezza funzionale ag li interessi della massa ‘.
1.7. L’istante, del resto, non ha in alcun modo dedotto l” esito dei menzionati giudizi ‘ né gli ‘ eventuali effetti positivi
che il patrocinio legale svolto possa aver avuto, quantomeno in ipotesi, sul buon andamento della società e di riflesso sugli interessi della massa dei creditori ‘.
1.8. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che i compensi maturati dall’opponente per l’attività professionale prestata per i giudizi RAGIONE_SOCIALE non potessero essere ammessi al passivo in prededuzione.
1.9. Né, ha proseguito il tribunale, può essere accolta la domanda d’ammissione al passivo per somme ulteriori rispetto a quelle già riconosciute all’opponente dal giudice delegato.
1.10. Ad eccezione del procedimento contro NOME COGNOME infatti, ‘ tutta l’attività professionale svolta dall’odierno ricorrente alla base della propria richiesta di ammissione al passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione è stata, concretamente, svolta anche per conto e nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE senza vincolo di solidarietà, società altra rispetto all’odierna opposta e che, ovviamente, avrebbe dovuto parimenti compartecipare alla corresponsione degli importi professionali pretesi dal comune difensore ‘.
1.11. La liquidazione effettuata dal giudice delegato, pertanto, ‘ per la percentuale che competeva alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, essendo pari ad oltre la metà della somma richiesta ‘, ‘ appare ancora più congrua ‘.
1.12. NOME COGNOME in proprio e quale rappresentante dello ‘Studio Legale COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato lunedì 2/8/2023 dopo aver premesso che ‘ la dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE è intervenuta successivamente alla pronuncia del decreto 23/28 febbraio 2012 con il quale veniva revocata l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, aperta il 27 ottobre 2011 e richiesta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE congiuntamente alle società
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (riconosciute dagli stessi organi delle procedure, poi susseguitesi, ‘concordato di gruppo’) e delle quali è stato contestualmente dichiarato il fallimento ‘ -ha chiesto, per sette motivi, la cassazione del decreto.
1.13. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.14. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 111, ult. comma, l.fall. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che le prestazioni professionali rese dall’opponente anteriormente e successivamente il deposito della domanda di concordato da parte della società debitrice non erano state utili alla massa dei creditori del successivo fallimento ed ha, quindi, negato che il compenso maturato dallo stesso potesse essere ammesso al passivo in prededuzione, senza, tuttavia, considerare che: l’indagine sulla prestazione dev’essere svolta avendo riguardo alla ‘ funzionalità ‘ della stessa, nel momento in cui è svolta, e cioè ex ante , ‘ rispetto alla procedura concordataria ‘; -il tribunale, invece, ha dato rilievo al ‘ risultato ‘ della prestazione, e cioè ‘ agli eventuali effetti positivi che il patrocinio legale svolto possa aver avuto, quantomeno in ipotesi, sul buon andamento della società e di riflesso sugli interessi della massa dei creditori ‘; -l’attività professionale dell’opponente, inoltre, ‘ è intervenuta in costanza di concordato preventivo (non nella fase … che si genera tra la domanda di concordato in bianco o prenotativa e quella di sua ammissione) ‘ ed è, quindi, ‘ sussumibile ‘ tra quelle svolte, ai fini della prededuzione prevista dall’art. 111, comma 2°, l.fall., ‘ in occasione della procedura concordataria ‘.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha negato ch e il compenso maturato dall’opponente potesse essere ammesso al passivo in prededuzione sul rilievo che lo stesso non aveva dimostrato la funzionalità della prestazione resa, omettendo, tuttavia, di considerare che spetta al Fallimento l’onere, rimasto ina dempiuto, di provare in giudizio l’insussistenza dei requisiti di prededucibilità del credito oppure che le prestazioni professionali rese e richieste in prededuzione erano viziate da inadempimento o abuso.
2.3. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.4. Ed infatti, come questa Corte ha ripetutamente affermato, l’art. 111, comma 2°, l.fall. considera prededucibili i crediti ‘ sorti in occasione o in funzione ” delle procedure concorsuali, individuandoli, alternativamente, sulla base di un duplice criterio, quello cronologico e quello teleologico, il primo dei quali va implicitamente integrato con la riferibilit à del credito all’attività degli organi della procedura (Cass. n. 20113 del 2016; Cass. n. 25589 del 2015).
2.5. Escluso, dunque, che, nel caso in esame, il criterio cronologico possa essere utilmente invocato, trattandosi di prestazioni professionali dichiaratamente rese in esecuzione di contratti d’opera professionale stipulati (non con gli organi della procedura concordataria o fallimentare ma) direttamente con la società poi fallita, si tratta, allora, di verificare se ed in che misura, in siffatte circostanze, le prestazioni eseguite dall’opponente possano essere o meno dedotte in giudizio a fondamento del criterio funzionale.
2.6. Il credito del professionista che, prima della sentenza dichiarativa di fallimento, abbia assistito la società debitrice in giudizi di cui la stessa sia (stata) parte, può, in effetti, godere della prededuzione ‘ funzionale ‘ prevista dall’art. 111, comma 2°, l.fall.: a condizione, tuttavia, che le relative prestazioni siano teleologicamente coerenti, in forza di un giudizio ex ante (e cioè a prescindere dal risultato effettivamente conseguito), con l’interesse della massa dei creditori (nel caso in esame nep pure illustrato) alla conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore o della relativa attività d’impresa (cfr. Cass. n. 17248 del 2024) ovvero con il differente interesse dei creditori che dovesse emergere in forza della conformazione dei relativi diritti così come esposta nel piano o nella proposta di concordato (cfr. Cass. n. 18488 del 2018).
2.7. Il decreto impugnato è, dunque, giuridicamente corretto: lì dove, in particolare, ha escluso che il diritto al compenso maturato dall’opponente potesse essere ammesso al passivo in prededuzione sul rilievo, in fatto, che le prestazioni professionali svolte dallo stesso, avendo riguardato ‘ giudizi già pendenti al momento della domanda di ammissione al concordato preventivo in virtù di incarichi precedentemente conferiti ‘ dalla società poi fallita, non erano risultate funzionali (neppure ad una valutazione ex ante ) né al ‘ buon andamento della società ‘, né della relativa ‘ impresa ‘, e non erano, dunque, ‘ volte … a vantaggio del ceto creditorio ‘.
2.8. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 111 e 161, comma 7°, l.fall., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha negato il riconoscimento della prededuzione al compenso maturato dall’opponente per le prestazione rese tra il deposit o della
domanda di concordato e il decreto di revoca della sua ammissione, senza, tuttavia, considerare che la prededuzione doveva essere riconosciuta, a norma dell’art. 161, comma 7°, l.fall., quanto meno per la parte in cui tali attività sono state eseguite nel corso della procedura di concordato.
2.9. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, non può utilmente invocare il regime giuridico previsto dall’art. 161, comma 7°, l.fall. al fine di ottenere il riconoscimento dell’invocata prededuzione (quanto meno) per la parte delle attività professionali svolte nel corso della procedura di concordato, se non altro perché le stesse, come lo stesso ricorrente ha evidenziato, sono state dichiaratamente compiute ‘ in costanza di concordato preventivo ‘, e cioè tra il decreto di ammissione della società al concordato preventivo (che, a norma dell’art. 163, comma 1°, l.fall., apre la procedura concorsuale) e quello di revoca ai sensi dell’art. 173 l.fall., e ‘ non nella fase … che si genera tra la domanda di concordato in bianco o prenotativa e quella di sua ammissione ‘: laddove, com’è noto, la norma invocata trova applicazione proprio ed esclusivamente per gli atti urgenti (di ordinaria o straordinaria amministrazione) compiuti dal debitore nel periodo successivo al deposito del ricorso per l’ammissione al con cordato preventivo con riserva (art. 161, comma 6°, l.fall.) e fino alla sua ammissione (quando, con l’ammissione alla procedura, si producono gli effetti previsti dagli artt. 167 ss. l.fall.).
2.10. Questa Corte, del resto, ha, sul punto, condivisibilmente affermato che: – nella fase di preconcordato, ai sensi dell’art. 161, comma 7°, l.fall., è consentito al ricorrente di compiere atti di gestione dell’impresa, senza necessità di autorizzazione del tribunale, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio; – la nozione di atti
legalmente compiuti, di cui all’art. 161, comma 7°, l.fall., è legata innanzi tutto al significato della distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, la quale va intesa secondo l’art. 167 l.fall. e resta, dunque, incentrata sul re quisito della idoneit à dell’atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacit à a soddisfare le ragioni dei creditori, perch é in grado di determinarne la riduzione ovvero di gravarlo d i vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti; – anche dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o di straordinaria amministrazione dell’atto deve essere compiuta con riferimento all’interesse della massa dei creditori, e non dell’imprenditore insolvente, essendo possibile che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio dell’impresa possano, invece, assumere un diverso connotato se compiuti nel contesto procedimentale attivato dalla domanda suddetta, laddove gli stessi finiscano con l’investire gli interessi del ceto creditorio mediante l’assunzione di ulteriori debiti o la sottrazione di beni alla disponibilit à della massa; – la necessit à di valutare l’atto in coerenza con la situazione nella quale è posto in essere impone al debitore, che intenda presentare una domanda di concordato ‘ con riserva ‘, l’onere di fornire informazioni sul tipo di proposta (o anche sul contenuto del piano) idonee a discernere verso quale forma di concordato egli abbia inteso indirizzarsi, per modo da confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti, sicch é, in difetto, l’atto, che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio, dev’essere considerato, ai fini dell’art. 161, comma 7°, l.fall., come di amministrazione straordinaria (Cass. n. 14713 del
2019, in motiv.; Cass. n. 82 del 2025, in motiv.); – la domanda di ammissione al concordato preventivo, pur se con riserva, con l’applicazione del descritto regime giuridico, è, del resto, pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al suo deposito in cancelleria (art. 161, comma 5°, l.fall.) ed è, come tale, accessibile a chiunque ne abbia interesse, a partire dai creditori che da quel momento eseguono prestazioni in favore della società debitrice (cfr. Cass. SU n. 42093 del 2021, in motiv., p. 14).
2.11. Il ricorso, lì dove ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui ha escluso ai compensi maturati la prededuzione prevista dall’art. 161, comma 7°, l.fall., risulta, dunque, (oltre che dichiaratamente incoerente con la procedura di concordato così come descritta) privo della necessaria specificità, non avendo in alcun modo illustrato la coerenza delle prestazioni professionali compiute al tipo di proposta (o anche al contenuto del piano) che la debitrice, prima del loro compimento, aveva eventualment e illustrato, né l’effettiva risultanza di tale coerenza dagli atti del giudizio di merito.
2.12. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la nullità del provvedimento in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha determinato in €. 32.772,50 l’importo da riconoscere quale compenso mat urato dall’opponente per le prestazioni rese alla società poi fallita in misura inferiore rispetto ai minimi tariffari previsti dal d.m. 140/2012 vigente ratione temporis, riducendo il compenso richiesto da €. 61.960,70 ad €. 32.772,50, senza, tuttavia, co nsiderare che ‘ il DM 8 marzo 2018 n. 37 che ha preceduto il recente decreto 13 agosto 2022 n. 147, entrambi modificativi del DM 10 marzo 1914 n. 55, consente di ritenere precluso al Giudice di diminuire ulteriormente gli importi da
riconoscere rispetto ai valori minimi sia pure con apposita e specifica motivazione ‘.
2.13. Il motivo è inammissibile. Il superamento, da parte del giudice, dei limiti minimi e massimi della tariffa forense nella liquidazione degli onorari spettanti al difensore richiede, ai fini della specificità del motivo, che nel ricorso per cassazione siano specificati i singoli conteggi contestati e le corrispondenti voci della tariffa professionale violate.
2.14. Nel caso di specie, al contrario, il ricorrente non ha specificamente indicato, in ricorso, le voci della tariffa professionale, con la relativa misura minima, che, in ragione delle prestazioni professionali eseguite dallo stresso su incarico della società poi fallita, la determinazione degli onorari complessivamente svolta dal giudice di merito avrebbe violato.
2.15. D’altra parte, la norma prevista dall’art. 1, comma 7, del d.m. n. 140/2012, che il ricorrente ha dichiaratamente ritenuto applicabile ratione temporis, esclude espressamente che ‘ le soglie numeriche ‘ indicate nelle relative tabelle (‘ anche a mezzo di percentuale ‘), sia nei minimi che nei massimi, siano vincolanti per la liquidazione del compenso spettante all’avvocato.
2.16. Con il quinto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso la sussistenza del vincolo di solidarietà relativamente alle prestazioni svolte dall’opponente anche nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, omettendo, tuttavia, di considerare che, come emerge dalla ‘ documentazione a supporto della domanda ‘, di cui ha travisato il contenuto per un errore di percezione, l’opponente aveva ‘ evidenziato che la quantificazione degli onorari dovuti aveva già tenuto in debito conto ‘ del fatto che ‘ la
stessa era stata svolta in favore di due soggetti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) specificando, reiteratamente in atti, altresì la solidarietà passiva delle due società ‘ e che, dunque, non è corretta la statuizione secondo cui l’onorario maturato dev’essere diviso tra le due società.
2.17. Con il sesto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso la sussistenza del vincolo di solidarietà relativamente a lle prestazioni svolte dall’opponente anche nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, senza, tuttavia, considerare che le prove testimoniali raccolte in giudizio avevano confermato ‘ il conferimento del mandato professionale (dall’allora RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dapprima in bonis e poi in concordato) al ricorrente (e ai collaboratori del suo Studio Legale), nonché lo svolgimento, da parte di quest’ultimo, della cospicua attività difensiva, nell’interesse della propria patrocinata e, in prospettiva, anche della massa creditoria, volta a preservare e tutelare il patrimonio della cliente, poi fallita ‘.
2.18. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili. Il travisamento della prova (ove non si traduca in un errore di percezione del dato probatorio nella sua oggettività che, come tale, ove il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata, ‘ è per sua natura destinato ad essere controllato attraverso lo strumento della revocazione ‘ prevista dall’art. 395 n. 4 c.p.c.), e cioè l’errore in cui il giudice di merito sia (in ipotesi) caduto nell” individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio, considerato nella sua oggettività, possono per inferenza logica desumersi ‘, è, infatti, sottratto al giudizio di legittimità tutte le volte in cui (come nel caso in esame è rimasto
incontestato) il giudice di merito si sia in proposito speso in una motivazione eccedente la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘: ed invero, una volta che ‘ il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività, … ed abbia adottato la propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, il tutto sostenuto da una motivazione rispettosa dell’esigenza costituzionale di motivazione, si è dinanzi ad una statuizione fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile ‘ (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.11).
2.19. Per il resto, non può che ribadirsi che il ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., deve denunciare che il giudice di merito, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza (ricorrente nel caso in esame) secondo cui lo stesso, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. SU n. 20867 del 2020).
2.20. Con il settimo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 l.fall., in relazione all’art. 67, comma 3°, lett. f), l.fall., agli artt. 3, 24 e 36 Cost. e agli artt. 2060 e 2234 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c .p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha negato la prededuzione richiesta dall’opponente, senza, tuttavia, considerare che l’art. 67 cit. prevede espressamente che il pagamento del corrispettivo da parte dell’imprenditore poi
fallito per prestazioni di lavoro effettuate da collaboratori anche non subordinati non sono revocabili e che, onde evitare disparità di trattamento fra il professionista che si fa pagare un acconto e quello che invece fa credito all’imprenditore, quest’ul timo professionista ha il diritto alla collocazione del diritto al compenso maturato in collocazione prededucibile.
2.21. Il motivo è inammissibile. Il decreto impugnato, infatti, non tratta in alcun modo la questione della (ir)revocabilità dei pagamenti eseguiti in periodo sospetto dal debitore poi fallito in favore dei suoi collaboratori per le prestazioni di lavoro effettuate dagli stessi.
2.22. Il ricorrente, dal suo canto, non ha adempiuto all’onere, che grava sullo stesso a pena d’inammissibilità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione non trattata innanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di specificità e autosufficienza dei motivi del ricorso in cassazione, di indicare in quale atto ciò sia avvenuto, onde dar modo a questa Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione.
2.23. I motivi del ricorso per cassazione possono, infatti, investire solo le questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, non potendo, per contro, riguardare nuove questioni di diritto (anche se rilevabili d’ufficio) se le stesse, come quella esposta, postulano accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito e, come tali, esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità (Cass. n. 18018 del 2024; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 16742 del 2005; Cass. n. 22154 del 2004; Cass. n. 2967 del 2001).
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, che liquida in €. 7.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima