Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17194/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro COGNOME NOME COGNOME AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA -intimata-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CATANIA n. 14200/2018 depositato il 03/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Catania, con decreto depositato il 3.4.2020, ha rigettato l’opposizione proposta ex art. 98 legge fall. dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di esecutività dello stato passivo con cui il giudice delegato della procedura di amministrazione straordinaria della RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria aveva negato ai crediti ammessi per l’importo di € 168.807,84, vantati a titolo di corrispettivo per l’esecuzione di sistemazione del verde sull’area di cantiere, il riconoscimento della prededuzione.
Il Tribunale di Catania, per quanto ancora rileva, nel negare il riconoscimento della prededuzione per i crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE, ha richiamato quanto osservato in altro procedimento, ovvero che:
– la prededuzione del credito non poteva essere riconosciuta facendo leva sull’art. 118, co. 3, d.lgs. 163/2006 e, quindi, sull’interesse della massa al pagamento del subappaltatore in quanto condizione di esigibilità per l’appaltatore – al fine di ottenere il pagamento del corrispettivo da parte della stazione appaltante, atteso che, per un verso, il rapporto tra l’appaltatore ed il subappaltatore era certamente esaurito, e, per altro verso, pur essendo stato dedotta l’avvenuta prosecuzione del rapporto tra stazione appaltante e appaltatore e la successiva cessione ad un soggetto terzo, non era stato dedotto né, di conseguenza, chiesto di provare la sussistenza di un credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante, ovvero di un interesse astratto per la massa, atteso che non sussisteva alcun nesso tra la condizione di esigibilità del credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante e la sua prededucibilità;
-i crediti dedotti non erano maturati in corso di amministrazione straordinaria e, quindi, non potevano essere soddisfatti in prededuzione ex art. 52 del d.lgs. 270/1999;
-l’art. 111, co. 3, legge fall. non è applicabile alla materia dell’amministrazione straordinaria, in quanto, all’epoca dell’introduzione del d.lgs. 270/1999, la norma prevedeva unicamente l’ordine dei pagamenti da eseguirsi con l’attivo ricavato dalla procedura, né tanto meno analoga disposizione era stata inserita dal legislatore nel d.lgs. 270/1999.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
L’intimata non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli art. 74 L.F. , 51 d.lgs n. 270/1999, 8 DL n. 347/2003, 115 e 116 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art 360 comma 1 n. 5 c.p.c.
Espone la ricorrente che, come non contestato dalla procedura, il rapporto contrattuale pendente tra le parti al momento dell’apertura dell’amministrazione straordinaria – avvenuta in data 8 giugno 2017 – è proseguito con il subentro in esso della A.S. Ciò si evincerebbe, oltre che dal rilievo che i lavori sono stati eseguiti fino al 31 ottobre 2017, anche dalla mancata restituzione da parte dell’Amministrazione Straordinaria delle ritenute di garanzia già operate.
Ada avviso della ricorrente, il Tribunale non ha considerato che la prosecuzione del rapporto contrattuale oltre l’8 giugno 2017 determina il subentro del Commissario Straordinario nel rapporto già in essere, con conseguente prededucibilità dei crediti estesa
anche alle prestazioni anteriori alla messa in amministrazione straordinaria.
2. Il motivo è infondato.
Va osservato che la ricorrente invoca il riconoscimento della prededuzione per i crediti maturati anteriormente all’apertura dell’amministrazione straordinaria in virtù dell’applicazione, al caso di specie, degli art. 74 L.F. secondo cui ‘ se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati’ -e dell’art. 51 d.lgs n. 270/1999, secondo cui ‘ I diritti dell’altro contraente, nel caso di scioglimento o di subentro del commissario straordinario nei contratti ancora ineseguiti o non interamente eseguiti alla data di apertura dell’amministrazione straordinaria, sono regolati dalle disposizioni della sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare’.
In particolare, la ricorrente allega che il Commissario Straordinario è subentrato nel rapporto contrattuale già in essere dalle parti, per essere lo stesso pacificamente proseguito dopo la data di apertura dell’Amministrazione Straordinaria (8 giugno 2017) fino al 31 ottobre 2017.
In sostanza, secondo la stessa ricostruzione della ricorrente, il subentro del Commissario nel rapporto già pendente tra le parti sarebbe avvenuto per facta concludentia.
Tale impostazione è giuridicamente errata.
Va, infatti, osservato che l’art. 1 bis L. 166/2008 dispone che ‘ La disposizione di cui al comma 2 dell’articolo 50 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, va interpretata nel senso che l’esecuzione del contratto, o la richiesta di esecuzione del contratto da parte del commissario straordinario, non fanno venir meno la facoltà di scioglimento dai contratti di cui al medesimo articolo, che rimane impregiudicata, né comportano, fino all’espressa dichiarazione di subentro del commissario straordinario,
l’attribuzione all’altro contraente dei diritti previsti in caso di subentro del commissario straordinario dall’articolo 51, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 270 del 1999’.
Questa norma è stata costantemente interpretata da questa Corte (vedi Cass. n. 3193/2016, conf. Cass. n. 19946/2017; vedi anche Cass. n. 19146/2022; Cass. n. 1195/2018) nel senso che ‘ nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, l’art. 50 del d.lgs. n. 270 del 1999 – anche alla stregua dell’interpretazione autentica fornitane dall’art. 1 bis del d.l n. 134 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 166 del 2008 – prevede la continuazione dei contratti preesistenti all’amministrazione straordinaria unicamente ai fini della conservazione aziendale e per assicurare al commissario uno “spatium deliberandi” per l’esercizio della facoltà di scioglimento o di subentro. Ne consegue che la prosecuzione di una precedente somministrazione di servizi dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, ove non sia stata accompagnata da un’espressa dichiarazione di subentro da parte del commissario, non comporta il trasferimento del rapporto in capo alla procedura anche per le prestazioni pregresse e la prededucibilità del relativo credito’.
Ne consegue che, in difetto di un’espressa dichiarazione di subentro nel rapporto da parte del Commissario Straordinario, non si può riconoscere alle prestazioni pregresse e ai relativi crediti il rango della prededucibilità.
In conclusione, la prospettazione della ricorrente, che non solo non ha fatto alcun cenno ad un’espressa dichiarazione del Commissario di subentro del contratto, ma ha espressamente affermato, e quindi ammesso, che tale subentro derivava, per facta concludentia, dalla prosecuzione del rapporto per alcuni mesi dopo l’apertura dell’amministrazione straordinaria, si pone in contrasto sia con la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 bis L.
166/2008, sia con il consolidato orientamento di questa Corte sopra illustrato.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 118 comma 3 e 3 bis d.lgs n. 163/2006, 13 e 15 L. 180/2011, 111 L.F.
Espone la ricorrente che la sentenza delle S.U. di questa Corte n. 5685/2020, – secondo cui il meccanismo delineato dall’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 (che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest’ultimo al subappaltatore) deve ritenersi riferito all’ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un’impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie -non si applica all’amministrazione straordinaria, atteso che tale procedura concorsuale non determina automaticamente l’effetto risolutivo dell’appalto pubblico ; e, nel caso di specie, il rapporto tra appaltatore e stazione appaltante non si è affatto, pacificamente, sciolto.
Inoltre, contesta l’affermazione del giudice di merito secondo cui non solo non vi era prova di un credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante, ma neppure era stato dedotto né chiesto di provare che sussistesse un credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante, e che quindi sussistesse in concreto un interesse per la massa.
Il motivo presenta concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
Va preliminarmente osservato che questa Corte, nell’ordinanza n. 24472/2021, ha affermato che ‘ Qualora l’impresa appaltatrice di opere pubbliche sia posta in amministrazione straordinaria, il suo contratto con la Pubblica Amministrazione si scioglie e il credito per le prestazioni eseguite fino a quel momento è immediatamente esigibile; la stazione appaltante non può sospendere i pagamenti
all’appaltatrice e, segnatamente, non può adoperare il potere di sospensione dei pagamenti ex art. 118, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006, che viene in rilievo solo in costanza di un rapporto di appalto con un’impresa “in bonis”. Ne deriva che il credito del subappaltatore è un normale credito concorsuale da soddisfare nel rispetto della “par condicio” e dell’ordine delle cause legittime di prelazione’ .
Questa Corte, in particolare, nel caso sopra illustrato, ha evidenziato che il contratto di appalto ‘ si scioglie con il fallimento e semmai sopravvive, nell’amministrazione straordinaria, alle condizioni -in causa nemmeno invocate e comunque non accertate – di coerenza con la continuità d’impresa di cui all’art.52 d.lgs. n. 270 del 1999…’.
Nel caso di specie, a differenza che in quello esaminato dall’ordinanza n. 24472/2021 – in cui la prosecuzione del contratto di appalto, dopo l’apertura della procedura concorsuale, non era stata nemmeno allegata – la ricorrente assume genericamente per pacifico che per effetto dell’apertura dell’amministrazione straordinaria non si sia sciolto il rapporto tra la stazione appaltante e l’appaltatore. Tuttavia, di tale circostanza non vi è alcuna traccia nel decreto impugnato e la ricorrente neppure deduce di averla sottoposta all’esame del giudice di merito (avendo concentrato tutta la propria ricostruzione sui rapporti tra appaltatore e subappaltatore). Trattasi quindi di deduzione priva del necessario requisito di specificità ed autosufficienza.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché la violazione degli artt. 42 L.F. e 19 d.lgs. n. 270/1999.
Espone la ricorrente che il Tribunale ha omesso di esaminare (e pronunciarsi su) un aspetto dalla stessa dedotto in sede di opposizione ex art. 98 L.F., ovvero che il Commissario poteva acquisire i beni e le utilità pervenute alla società in
amministrazione straordinaria solo dopo ‘dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi’. Nel caso di specie, le prestazioni rede dalla RAGIONE_SOCIALE in data anteriore all’8.6.2017 (data di apertura dell’amministrazione straordinaria) avevano generato dei SAL ‘a monte’ non ancora emessi dall’appaltatore.
La ricorrente ha aggiunto che, ove si dovesse ritenere che il Tribunale avesse implicitamente rigettato tale prospettiva logicogiuridica, sarebbe stato comunque violato l’art. 42 L.F., essendo possibile l’apprensione di beni ed altre utilità solo dopo l’estinzione delle siffatte passività.
Il motivo presenta concomitanti motivi di infondatezza e inammissibilità.
Va preliminarmente osservato -quanto alla censura di omessa pronuncia – che questa Corte ha già affermato (Cass. 12652/2020) che il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia -configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto.
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 42 L.F. e 19 d.lgs. n. 270/1999, la censura si appalesa inammissibile, fondandosi su
allegazioni caratterizzate da genericità anche nel giudizio di opposizione ex art. 98 L.F.
L’odierna ricorrente, infatti, nell’estratto del punto 1.2. del ricorso in opposizione che ha provveduto a trascrivere nel ricorso a pag. 39, dopo aver enunciato il contenuto degli artt. 42 L.F. e 19 d.lgs. n. 270/1999, aveva svolto la seguente allegazione:
‘In quest’ottica, non solo gli acconti SAL successivi all’8 giugno 2017 (sia quelli corrisposti nelle more sia quelli ancora da corrispondere) ma anche il saldo finale del corrispettivo di appalto potranno essere appresi dopo aver dedotto le passività occorrenti per conseguire e mantenere dette utilità..’. Trattasi di allegazione quasi non intellegibile nella sua aspecificità, non precisando a quali SAL si riferisse, quali fossero i crediti della ricorrente (le c.d. passività) e il saldo finale del corrispettivo dell’appalto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 13.3.2025