Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34266 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 34266 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30702/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
-intimata- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CATANIA n. 13965/2018 depositato il 30/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Catania, con decreto depositato il 30.10.2020, ha rigettato l’opposizione proposta ex art. 98 legge fall. dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di esecutività dello stato passivo con cui il giudice delegato della procedura di amministrazione straordinaria della RAGIONE_SOCIALE aveva negato ai crediti ammessi il riconoscimento della prededuzione.
Va premesso che con contratto dell’11.08.2015, la RAGIONE_SOCIALE, aggiudicataria dei lavori di adeguamento della viabilità e dell’itinerario Sassari – Olbia – Lotto 6 (committente principale RAGIONE_SOCIALE), aveva affidato a RAGIONE_SOCIALE la fornitura e posa in opera di acciaio tipo TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO per la realizzazione di impalcati metallici.
Con decreto del 15.2.2016, la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania aveva disposto, per la durata di sei mesi, la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34, co. 2, d.lgs. 159/2011, nonché il sequestro (ex art. 34, co. 9 d.lgs. cit.) del 100% delle quote sociali.
In data 18.04.2016, il Commissario Giudiziario di Tecnis aveva sottoscritto un’intesa (un ‘addendum contrattuale’), autorizzata da ANAS, con la quale veniva assunta e formalizzata la decisione di prosecuzione nell’originario contratto di fornitura e posa, al fine di garantire la continuità del ciclo produttivo dell’impresa in procedura, con conseguente subentro nel rapporto contrattuale
pendente e relativa assunzione di tutti gli obblighi e conseguenze di legge ex d.lgs. n. 159/2011.
A seguito della conclusione del proprio incarico, la RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento del corrispettivo dovutole, quantificato nella complessiva somma di € 518.278,45 oltre interessi, e la restituzione di alcune carpenterie metalliche rimaste giacenti a piè d’opera a causa dell’improvvisa interruzione del cantiere, ovvero, in subordine, il pagamento del controvalore economico per un importo di € 307.147,80.
Con provvedimento dell’8.6.2017, il Ministero dello sviluppo economico aveva ammesso la RAGIONE_SOCIALE alla procedura di amministrazione straordinaria a norma dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 347/03.
Con domanda di insinuazione la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto di essere ammessa al passivo della procedura riguardante l’amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE per i predetti crediti di € 518.278,45 oltre interessi e di € 307.147,80; per entrambi richiedeva il riconoscimento della prededuzione ex artt. 111 e 111 bis della legge fall., in quanto sorti nel corso del procedimento di prevenzione ex artt. 54 e 61, co. 3, del d.lgs. 159/2011 a seguito della sottoscrizione del menzionato addendum contrattuale da parte dell’Amministratore Giudiziario, necessario e funzionale a soddisfare esigenze e finalità della procedura medesima, così da garantirne l’ordinario ciclo produttivo e permettere il completamento dell’opera, nonché incassare i relativi proventi dalla committente ANAS oppure, in alternativa, in quanto sorti in occasione ed in funzione del procedimento di prevenzione n. 194/2015 R.S.S. Tribunale di Catania;
Con decreto di esecutività dello stato passivo del 24.7.2018, il Giudice delegato aveva escluso la prededuzione dei suddetti crediti.
Tutto ciò premesso, il Tribunale di Catania, per quanto ancora rileva, nel negare il riconoscimento della prededuzione per i crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che:
-i crediti dedotti non erano maturati in corso di amministrazione straordinaria e, quindi, non potevano essere soddisfatti in prededuzione ex art. 52 del d.lgs. 270/1999;
-l’art. 111, co. 3, legge fall. non è applicabile alla materia dell’amministrazione straordinaria, in quanto, all’epoca dell’introduzione del d.lgs. 270/1999, la norma prevedeva unicamente l’ordine dei pagamenti da eseguirsi con l’attivo ricavato dalla procedura, né tanto meno analoga disposizione era stata inserita dal legislatore nel d.lgs. 270/1999;
-i crediti di cui si chiedeva l’ammissione in prededuzione erano sorti nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria disposta ai sensi dell’art. 34 d.lgs. 159/2011, e non potevano ritenersi maturati nell’ambito dell’amministrazione straordinaria neppure mediante il riconoscimento del fenomeno della cd. consecutio delle procedure, stante la diversa ratio del complesso delle disposizioni in materia di prevenzione rispetto a quelle in materia di procedure concorsuali;
-i crediti vantati dalla COGNOME non potevano ritenersi prededucibili neppure sulla scorta delle disposizioni del d.lgs. 159/2011, essendo le medesime tutte strutturate per essere applicate soltanto nell’ambito del procedimento di prevenzione.
Il Tribunale ha, inoltre, affermato che la prededuzione del credito non poteva essere riconosciuta neppure facendo leva sull’art. 118, co. 3, d.lgs. 163/2006 e, quindi, sull’interesse della massa al pagamento del subappaltatore in quanto condizione di esigibilità per l’appaltatore – al fine di ottenere il pagamento del corrispettivo da parte della stazione appaltante.
Invero, facendo propri gli insegnamenti di Cass., sez. unite, n. 5685/2020, il giudice di primo grado ha ritenuto, per un verso, che il rapporto tra l’appaltatore ed il subappaltatore era certamente
esaurito, per altro verso, che, pur essendo stato dedotta l’avvenuta prosecuzione del rapporto tra stazione appaltante e appaltatore e la successiva cessione ad un soggetto terzo, non era stato dedotto né, di conseguenza, chiesto di provare la sussistenza di un credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante, ovvero di un interesse astratto per la massa, atteso che non sussisteva alcun nesso tra la condizione di esigibilità del credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante e la sua prededucibilità.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE (che ha depositato anche la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.), affidandolo a tre motivi.
Questo Collegio, con ordinanza pronunciata all’esito della camera di consiglio del 10.4.2024, ritenendo doveroso approfondire i rapporti tra il procedimento di prevenzione (amministrazione giudiziaria) ex artt. 54 e 61, co. 3, d.lgs. n. 159/2011 ed una procedura concorsuale, quale quella di amministrazione straordinaria, con particolare riferimento alla sorte (e al rango) dei crediti maturati nell’una al cospetto dell’altra, e data la natura nomofilattica della questione in oggetto, ha disposto la trattazione della causa alla pubblica udienza dell’11.12.2024.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato la seconda memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 61, co. 3 del d.lgs. 159/2011, 111 e 111 bis della legge fall. e 52 del d.lgs. 270/1999, nonché una insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere il Tribunale riconosciuto la prededuzione dei crediti vantati nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Espone la ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere la prededucibilità dei crediti ex artt. 111 e 111 bis della legge fall., in quanto non contestati per collocazione ed ammontare, certi, liquidi ed esigibili, sorti nel corso del procedimento di prevenzione ex artt. 54 e 61, co. 3, d.lgs. n. 159/2011, a seguito della sottoscrizione dell’addendum contrattuale da parte dell’amministratore giudiziario.
Tali crediti sarebbero, dunque, sorti nell’ambito ed in funzione di una procedura posta in assoluta continuità con quella di amministrazione straordinaria, dal momento che la stessa già mirava ad individuare una soluzione alla crisi di impresa.
2. Il motivo è infondato.
Va osservato che la disciplina della Amministrazione Straordinaria di cui al d.lgs. n. 270/1999 si occupa dei crediti prededucibili nell’art. 20 che dispone che ‘ I crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione, a norma dell’articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare ‘, e nell’art. 52, secondo cui ‘I crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono soddisfatti in prededuzione a norma dell’articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare, anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria’.
In tali ipotesi, il legislatore ha apprestato una particolare tutela ai crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, attribuendo loro il rango della prededucibilità sia nell’ambito della stessa procedura in cui sono sorti (art. 20), sia nel fallimento in cui sia eventualmente sfociata la procedura di amministrazione straordinaria (art. 52).
La ricorrente, pienamente consapevole che il proprio credito non è sorto in costanza della procedura di amministrazione straordinaria, ma in epoca precedente, e, segnatamente, nella pendenza della misura di prevenzione, applicata alla RAGIONE_SOCIALE s.p.a., ha invocato nella presente procedura di amministrazione straordinaria il riconoscimento della prededucibilità del proprio credito, sul rilievo che tale rango le era già stato riconosciuto nell’amministrazione giudiziaria, ovvero nell’ambito ed in funzione di una procedura posta in assoluta continuità con quella di amministrazione straordinaria, dal momento che la stessa già mirava ad individuare una soluzione alla crisi di impresa.
Il Collegio non condivide tale impostazione.
Va preliminarmente osservato che è orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui la prededuzione non attribuisce una causa di prelazione ‘ ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell’attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente ‘ (cfr. Cass. S.U. 42093/2021; Cass. n. 36755/2021); in particolare, ha natura processuale ‘ perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione’ (Cass. 15724/2019, 3020/2020,10130/2021; 22899/2023).
Affinché la prededuzione, per sua natura accordata ad un credito nel contesto processuale in cui il relativo titolo trae origine, sopravviva in una procedura concorsuale diversa, è necessario che si verifichi un fenomeno di consecuzione delle procedure concorsuali (cd. consecutio ), elemento che è stato implicitamente riconosciuto dal legislatore all’art. 111 comma 2 L.F., nel considerare crediti prededucibili, oltre ai crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge, anche quelli sorti in occasione o in funzione ‘ delle procedure concorsuali di cui alla presente legge’ . Proprio l’uso da parte del legislatore della formula al plurale, nel
riferimento alle procedure concorsuali, è fondamentale per il riconoscimento della possibilità della ‘ traslatio ‘ della prededuzione da una procedura all’altra.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 42093/2021, hanno ribadito ed ulteriormente chiarito i presupposti affinché la prededuzione maturata in una procedura possa sopravvivere in un’altra, evidenziando che è necessario che vi sia un collegamento tra le due procedure, nel senso che disciplinino ‘ un fenomeno giuridico unitario, per identità di soggetti e di requisito oggettivo’ , che le due procedure siano ‘ volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell’impresa, che trova nell’art. 69 bis l.fall. una sua particolare disciplina nel caso in cui esso si atteggi a consecuzione fra una o più procedure minori e un fallimento finale» (Cass. 15724/2019)’, non essendo, a tal fine, nemmeno ‘ decisivo l’intervallo temporale in sé tra la chiusura di una procedura e la dichiarazione di fallimento, purché si tratti di un intervallo di estensione non irragionevole, tale cioè da non costituire esso stesso elemento dimostrativo dell’intervenuta variazione dei presupposti delle due procedure ‘ (Cass.6290/2018, 33402/2021).
Le Sezioni Unite, nella citata sentenza, hanno, in particolare, affrontato la questione specifica relativa ai presupposti richiesti per la ‘ traslatio ‘ della prededuzione del credito di un professionista da una procedura di concordato preventivo alla procedura fallimentare, giungendo ad enunciare il seguente principio di diritto: ‘ in tema di concordato preventivo, il credito del professionista incaricato dal debitore per l’accesso alla procedura è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all’art. 161 l.fall., sia stata funzionale, ai sensi dell’art. 111, comma 2, l.fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio “ex ante” rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla
conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore sia stato poi ammesso al concordato ex art. 163 l.fall.’.
Il principio della consecuzione delle procedure ha trovato, peraltro, un’applicazione selettiva, e per quanto ulteriore, in caso di successione tra procedure minori e fallimento, nonché per la successione fra procedure minori (Cass. n. 8534/2013 nel passaggio da amministrazione controllata a concordato preventivo), compreso il susseguirsi tra accordi di ristrutturazione e concordato preventivo (Cass. n. 10106/ 2019), infine, nella vicenda progressiva di amministrazione controllata, concordato preventivo e poi fallimento (Cass. n. 12536/1998) o amministrazione straordinaria; in quest’ultima fattispecie, tuttavia, la descritta consecutio delle procedure è stata sempre e solo considerata quanto alla operatività delle azioni revocatorie fallimentari, ai fini della determinazione della decorrenza del periodo sospetto (come in Cass. n. 11090/2004, Cass. n. 13838/2019), e mai in relazione ad un riconoscimento più generale e indistinto della prededuzione per ‘ traslatio ‘, per quanto sarà anche in questa sede più avanti aggiunto.
Dunque, costituendo presupposti imprescindibili per la ‘ traslatio ‘ della prededuzione, da una procedura all’altra, sia la cd. consecutio, ovvero che la seconda procedura sia la conseguenza del medesimo stato d’insolvenza che ha costituito il fondamento della prima procedura, sia che entrambe le procedure siano disciplinate dalla legge fallimentare, i due presupposti difettano, invece, nel passaggio dalla procedura di amministrazione giudiziaria a quella di amministrazione straordinaria.
L’amministrazione giudiziaria – che è una misura di prevenzione, disciplinata dall’art. 34 d.lgs. n. 159/2011, volta alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale, già espletata dai soggetti nei cui confronti è stata proposta o applicata, fuori dal contesto
dell’illegalità, cioè dalle influenze della criminalità organizzata, al fine di preservare la continuità aziendale e il valore economico delle imprese ad essa soggette -non può essere ricondotta, neppure in senso lato, al genus delle procedure concorsuali.
In proposito, l’art. 1 del Regolamento UE 2015/848 individua le ‘procedure concorsuali pubbliche’ (di ‘insolvenza’ in senso lato, richiamate poi all’art.2 n.4) come quelle ‘disciplinate dalle norme in materia di insolvenza e … a fini di salvataggio, ristrutturazione del debito, riorganizzazione o liquidazione’, potendo essere altresì ‘avviate in situazioni in cui sussiste … una probabilità di insolvenza’ e così ‘il loro scopo è quello di evitare l’insolvenza del debitore o la cessazione delle attività di quest’ultimo’ (art.1 par.1 penultimo periodo’); il presupposto e le finalità delle procedure concorsuali sono, rispettivamente, l’esistenza di una situazione di crisi (o, per quelle liquidatorie, di insolvenza) e l’obiettivo di trovarvi una soluzione.
Le procedure che hanno tali caratteristiche sono elencate nell’allegato A di tale regolamento e sono state indicate per lo Stato italiano, tra le altre, nel fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, accordi di ristrutturazione, procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore (accordo o piano), liquidazione dei beni.
L’amministrazione giudiziaria, invece, non è una procedura concorsuale (oltre a non essere, ovviamente, contemplata dalla legge fallimentare) e, non essendo i suoi presupposti sovrapponibili a quelli delle procedure concorsuali (caratterizzate, appunto, dallo stato di crisi o insolvenza), difetta, in radice, quel rapporto di continuità causale e unità concettuale che consente il fenomeno della cd. consecutio tra procedure, alla base del possibile riconoscimento della prededuzione nella seconda.
Né, peraltro, rileva che il d.lgs. n. 159/2011 contenga molti istituti (dall’art. 52 al 62, nel titolo IV, sulla tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali) il cui contenuto espone similitudini rispetto alla disciplina delle procedure fallimentari, e che nell’amministrazione giudiziaria possano rinvenirsi numerosi elementi della concorsualità (come sospensione delle azioni esecutive individuali, spossessamento del debitore, nomina di un amministratore sotto il controllo o la sorveglianza di un giudice; coinvolgimento di tutti i creditori), non essendo, per quanto sopra illustrato, tali elementi di per sé idonei né sufficienti a ricondurre l’amministrazione giudiziaria nella categoria legislativamente nominata delle procedure concorsuali.
È pur vero che si può dare il caso -come nella specie -di un’impresa soggetta all’amministrazione giudiziaria che divenga in fatto insolvente, in pendenza della procedura, ma la circostanza replica solo un’eventualità; non è infatti questo il presupposto della misura di prevenzione, che si prefigge di recidere il legame tra il proposto e il bene o l’impresa soggetti al controllo della criminalità organizzata, al fine di reinserirli nel circuito economico legale.
Dunque, il citato inserimento nel d.lgs. n. 159/2011 di molti istituti mutuati dalle procedure fallimentari e, in più in generale, dalla legge fallimentare, ha consentito anche nelle procedure di amministrazione giudiziaria di introdurre l’istituto della prededuzione (art. 61 comma 3° in riferimento ai crediti sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione), al fine di tutelare la posizione di quei creditori che, rifornendo l’impresa soggetta alla predetta procedura, favoriscono la sua continuità aziendale; ma tale causa di precedenza processuale trova esclusiva applicazione nella stessa procedura in cui il credito ha avuto origine e non può essere, per quanto detto, ulteriormente ‘traslata’ in altra successiva procedura e, a maggior ragione, nella procedura
di amministrazione straordinaria, con il meccanismo di cui all’art. 111 comma 2° legge fall.
Invero l’amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270/1999 non è una procedura concorsuale disciplinata dalla legge fallimentare e al contempo la sua disciplina non contiene alcun richiamo o rinvio all’art. 111 comma 2° legge fall.
Non a caso, come sopra evidenziato, gli artt. 20 e 52 d.lgs. n. 270/1999 contengono un rinvio diretto al solo primo comma dell’art. 111 comma 1° legge fall. Queste due norme intendono premiare, infatti, come anticipato, i crediti nascenti da quelle spese collegate alla gestione delle grandi imprese in stato di insolvenza che abbiano consentito di mantenerla funzionante e risanabile, creando così i presupposti per l’apertura e la prosecuzione virtuosa della procedura, nonché fugando, contestualmente, i timori di potenziali terzi contraenti che, a seguito dell’avvio della concorsualità, vedano pregiudicati i crediti derivanti dai rapporti intrattenuti con l’impresa e così, in concreto, subire una falcidia concorsuale.
Ne deriva, pertanto, la non condivisibilità dell’interpretazione invocata dalla ricorrente, secondo cui, in base al tenore letterale dell’art. 52 d.lgs. n. 270/1999 e ai fini del riconoscimento della prededuzione, non sarebbe necessariamente richiesto il sorgere dei crediti in epoca successiva alla dichiarazione di cui al relativo art. 18, potendo tali crediti avere la propria origine anche in una precedente procedura. Orbene, se è pur vero che solo l’art. 20, e non anche l’art. 52, contiene l’inciso ‘dopo la dichiarazione di insolvenza’, entrambi in realtà si riferiscono agli stessi crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio prospettati dopo tale evento (e così gli unici ritenuti dal legislatore del d.lgs. n. 270/1999 meritevoli del beneficio della prededuzione); con la sola differenza che tali crediti possono essere fatti valere anche nel successivo fallimento in cui sia
eventualmente sfociata la procedura di amministrazione straordinaria.
Non vi è allora alcun supporto normativo che possa, invece, suffragare l’interpretazione della ricorrente. Il legislatore non ha inteso favorire, con il riconoscimento della prededuzione, i crediti, anche se funzionali all’esercizio dell’impresa e alla conservazione del patrimonio del debitore, sorti in altra precedente procedura avente i tratti solo organizzativi della concorsualità.
Devono, pertanto, essere enunciati i seguenti principi di diritto:
‘ Il fenomeno della consecuzione delle procedure non è configurabile, stante la diversità di presupposti, destinatari e finalità, tra procedimento di prevenzione di cui al d.lgs. n. 159 del 2011 (amministrazione giudiziaria) e la procedura di amministrazione straordinaria (nella specie, disposta ex d.l. n.347 del 2003) ;
il disposto dell’art. 111, comma 2, l.fall., che riguarda i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali regolati dalla legge fallimentare, non è applicabile di per sé e nella sua interezza ai crediti insinuati nell’amministrazione straordinaria, posto che la sorte di essi non è disciplinata per richiamo diretto dalla legge fallimentare, né il rinvio opera in tal senso ‘.
Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la ‘Violazione delle norme di legge e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, numero 5, c.p.c. e contraddittoria motivazione’.
Lamenta la ricorrente che il Tribunale non avrebbe considerato che il commissario straordinario, già amministratore giudiziario nel procedimento di prevenzione n. 194/2015 R.S.S. Tribunale di Catania, aveva espressamente riconosciuto e proposto nel progetto di stato passivo il carattere di prededuzione dei crediti della COGNOME.
Rileva, inoltre, la ricorrente che il giudice di primo grado, negando la prededucibilità dei crediti a causa della mancata dichiarazione di subentro del commissario straordinario nei rapporti preesistenti da cui sorgevano, non ha considerato che tale dichiarazione era, invece, rinvenibile sia in sede di stipula contrattuale, sia nella chiara manifestazione di volontà espressa nel progetto di stato passivo.
4. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente censura l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui, se è pur vero che anche nella disciplina dell’amministrazione straordinaria è prevista la possibilità che a crediti nascenti da rapporti preesistenti all’ammissione alla procedura sia possibile riconoscere la prededuzione, tuttavia, tale precedenza processuale è subordinata all’espressa dichiarazione di subentro da parte del commissario che, nel caso di specie, è insussistente, non potendo essere attribuita tale valenza alla manifestazione di volontà espressa dal commissario nel progetto di stato passivo.
Il Collegio condivide l’impostazione fornita nel caso dal Tribunale di Catania.
Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 19146/2022; Cass. n. 1195/2018; Cass. n. 3193/2016) quello secondo cui la prosecuzione di una precedente somministrazione dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza deve essere accompagnata da un’espressa dichiarazione di subentro da parte del commissario. Sul punto, questa Corte (cfr. Cass. n. 3948 del 2018) ha precisato che ‘ a tal fine, è sufficiente una manifestazione di volontà del commissario diretta in modo non equivoco a profittare del medesimo programma negoziale già pendente tra le parti, desumibile anche dal rinvio, operato dal commissario, alle condizioni contrattuali contenute in un accordo tra le parti anteriore all’apertura della procedura, risultando con ciò
integrata la condizione dalla quale la legge fa dipendere il riconoscimento della prededuzione in ordine alle prestazioni già eseguite ‘
Non è certo quello che è avvenuto nel caso di specie.
La ricorrente ha dato atto nel proprio ricorso che a sottoscrivere l’addendum contrattuale, con cui era stata formalizzata la decisione di prosecuzione del precedente contratto di fornitura, era stato, in data 18.4.2016, il commissario dell’amministrazione giudiziaria e non quello dell’amministrazione straordinaria (a nulla rilevando la circostanza che si trattasse della stessa persona fisica). La stessa ricorrente ha evidenziato di aver svolto e completato il proprio lavoro prima della apertura dell’amministrazione straordinaria, avvenuta in data 8.6.2017, avendo elencato (pag. 12 del ricorso) tutte le fatture emesse a carico della RAGIONE_SOCIALE, l’ultima delle quali scaduta in data 31.3.2017.
Dunque, la dichiarazione con cui il commissario straordinario aveva ‘riconosciuto’ la prededucibilità del credito della ricorrente in sede di opposizione allo stato passivo, oltre a non avere alcun valore confessorio (non potendo il commissario disporre dei diritti della procedura), non poteva, in alcun modo, assumere la valenza di una dichiarazione di subentro, atteso che il rapporto si era già comunque esaurito, e il successivo riconoscimento non poteva certo determinare la reviviscenza di un rapporto contrattuale nel frattempo estinto. Sul punto, è evidente che l’applicazione dei principi in tema di rapporti pendenti di cui agli artt. 50 e 51 d.lgs. n. 270/1999, che richiamano le disposizioni della sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare (art. 74 legge fall.), presuppongono che tali rapporti siano davvero pendenti e non, invece, pervenuti, come nel caso di specie, alla loro naturale scadenza.
Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 118 del d.lgs. 163/2006, nonché l’omesso esame di fatti
decisivi per la decisione, oltre ad una insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto, ex art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ. Lamenta la ricorrente che il Tribunale ha errato laddove non ha riconosciuto la prededucibilità dei crediti in base all’art. 118, co. 3, d.lgs. 163/2006 e, quindi, all’interesse della massa al pagamento. In particolare, sostiene che il giudice di primo grado non ha correttamente applicato i principi espressi da questa Corte, che, nell’interpretare l’art. 111 legge fall. in raccordo con l’art. 118 d.lgs. 163/2006, ha affermato che il requisito del collegamento occasionale ovvero funzionale, come elemento caratterizzante dei crediti prededucibili, deve intendersi riferito non solo al nesso cronologico o teleologico tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa.
Nel caso di specie, infatti, il credito vantato dalla ricorrente era caratterizzato da tali stessi requisiti, avendo la prestazione contrattuale svolta consentito di realizzare importanti incassi ed emolumenti a miglior beneficio dell’intero ceto creditorio.
Il motivo presenta concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
Va osservato che questa Corte, applicando il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5685/2020, ha più recentemente affermato (cfr. Cass. n. 24472/2021) che qualora l’impresa appaltatrice di opere pubbliche sia posta in amministrazione straordinaria, il suo contratto con la Pubblica Amministrazione si scioglie e il credito per le prestazioni eseguite fino a quel momento è immediatamente esigibile; la stazione appaltante non può sospendere i pagamenti all’appaltatrice e, segnatamente, non può adoperare il potere di sospensione dei pagamenti ex art. 118, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006, che viene in rilievo solo in costanza di un rapporto di
appalto con un’impresa “in bonis”. Ne deriva che il credito del subappaltatore è un normale credito concorsuale da soddisfare nel rispetto della “par condicio” e dell’ordine delle cause legittime di prelazione.
Dunque, il subappaltatore non può invocare l’art. 118 comma 3° d.lgs. 163/2006 per ottenere il riconoscimento del proprio in debito in prededuzione.
In ogni caso, il Tribunale di Catania ha, altresì, evidenziato, pur essendo stata dedotta dalla odierna ricorrente l’avvenuta prosecuzione del rapporto tra stazione appaltante e appaltatore e la successiva cessione ad un soggetto terzo, che non era stato dedotto né, di conseguenza, chiesto di provare la sussistenza di un credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante ovvero di un interesse astratto per la massa, atteso che non sussisteva alcun nesso tra la condizione di esigibilità del credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante e la sua prededucibilità. Tale affermazione è stata censurata dalla ricorrente con critiche di merito, come tali inammissibili, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice di primo grado, nelle quali ha per lo più lamentato un incerto arricchimento, titolo, peraltro, diverso da quello per cui è stata invocata l’insinuazione allo stato passivo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 12.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma il 11.12.2024