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Crediti prededucibili: il termine per l’insinuazione

Un Comune ha presentato con 11 mesi di ritardo una domanda di insinuazione per crediti prededucibili (sanzioni e interessi IMU) verso una società in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda, stabilendo che, sebbene non esista un termine fisso, il creditore deve agire in un tempo ragionevole. Un ritardo ingiustificato viene considerato ‘colpevole’ e comporta l’inammissibilità della richiesta, la cui valutazione spetta al giudice di merito.

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Crediti prededucibili: il termine per l’insinuazione al passivo non è infinito

Quando un’azienda entra in una procedura concorsuale come l’amministrazione straordinaria, i creditori devono farsi avanti per recuperare quanto loro dovuto. Ma cosa succede per i crediti prededucibili, ovvero quelli che sorgono durante la procedura stessa? Esiste un termine per presentarli? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo che l’assenza di un termine fisso non significa poter attendere all’infinito. Il creditore deve agire con ragionevole sollecitudine, altrimenti rischia di perdere il proprio diritto.

I fatti del caso: un ritardo di 11 mesi

Una società in amministrazione straordinaria dal 2015 aveva pagato l’IMU per gli anni 2017 e 2018, ma non le relative sanzioni e interessi. A fine dicembre 2021, il Comune creditore ha notificato gli avvisi di accertamento per queste somme. Tuttavia, ha atteso fino a novembre 2022, quasi undici mesi dopo, per presentare la domanda di insinuazione al passivo della procedura.

Sia il giudice delegato che il Tribunale in sede di opposizione hanno respinto la domanda, considerandola ‘ultratardiva’. Secondo i giudici di merito, il Comune non ha fornito alcuna spiegazione plausibile per un ritardo così lungo, avendo avuto tutti gli elementi per agire molto prima. Di qui il ricorso in Cassazione.

La disciplina dei crediti prededucibili e il problema del termine

A differenza dei crediti sorti prima della procedura (concorsuali), che devono rispettare i rigidi termini per le domande tempestive e tardive previsti dall’art. 101 della legge fallimentare, i crediti prededucibili seguono una via diversa. L’art. 111-bis della stessa legge stabilisce che essi devono essere accertati con le stesse modalità, ma non richiama i termini temporali.

Questo perché la loro insorgenza è spesso casuale e non prevedibile. Si pensi a un credito per un risarcimento danni causato dalla procedura stessa. Sarebbe illogico imporre un termine che scade prima ancora che il credito esista. Tuttavia, la questione che si pone è se questa assenza di un termine fisso equivalga a una facoltà di agire senza limiti di tempo.

La decisione della Cassazione: il principio del ‘ritardo colpevole’ per i crediti prededucibili

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune, confermando la decisione del Tribunale e enunciando un principio fondamentale.

L’assenza di un termine fisso non significa assenza di limiti

I giudici hanno chiarito che, sebbene per i crediti prededucibili non si applichi la distinzione tra domande tempestive e tardive, ciò non esime il creditore dal dovere di agire diligentemente. Il sistema è governato da un principio generale di ragionevole durata del procedimento. Lasciare la porta aperta a insinuazioni tardive senza alcun limite temporale creerebbe incertezza e ostacolerebbe la chiusura della procedura concorsuale.

La valutazione del giudice di merito sul ritardo

La soluzione, secondo la Corte, non è fissare un nuovo termine astratto (es. un anno dal sorgere del credito), ma valutare la situazione caso per caso. Il ritardo del creditore diventa ‘colpevole’ quando è ingiustificato e irragionevole. Spetta al giudice di merito, con un apprezzamento motivato, stabilire se l’inerzia del creditore, alla luce delle circostanze concrete, meriti di essere sanzionata con l’inammissibilità della domanda.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione bilanciando due esigenze contrapposte: da un lato, il diritto di azione e difesa del creditore; dall’altro, la necessità di una definizione celere e ordinata della procedura concorsuale. Un’attesa ingiustificata del creditore prededucibile può infatti pregiudicare la pianificazione delle ripartizioni e la tutela degli altri creditori. La natura prededucibile del credito, che gli conferisce una priorità nel pagamento, impone a maggior ragione un comportamento diligente da parte del suo titolare. Pertanto, la valutazione del ‘ritardo colpevole’ diventa lo strumento per contemperare questi interessi, demandando al giudice di merito il compito di verificare, in concreto, se l’inerzia sia stata o meno giustificabile.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce un principio chiaro: anche i creditori prededucibili devono attivarsi per l’insinuazione al passivo in un ‘termine ragionevolmente contenuto’. Non esiste un termine fisso, ma ogni ritardo sarà sottoposto al vaglio del giudice, che potrà dichiarare la domanda inammissibile se l’inerzia appare ‘colpevole’ e priva di plausibili spiegazioni. Nel caso specifico, un ritardo di undici mesi è stato ritenuto eccessivo. Questa decisione rappresenta un importante monito per tutti i creditori, inclusi gli enti pubblici, a non procrastinare le proprie iniziative di recupero crediti nelle procedure concorsuali.

Esiste un termine perentorio per l’insinuazione al passivo dei crediti prededucibili?
No, la legge non stabilisce un termine perentorio (come quelli per le domande tempestive o tardive) per l’insinuazione dei crediti prededucibili, sorti cioè in corso di procedura.

Un credito prededucibile può essere comunque respinto se la domanda è presentata in ritardo?
Sì, la domanda può essere respinta se il ritardo è ritenuto ‘colpevole’, ossia ingiustificato e irragionevole. La valutazione viene fatta dal giudice caso per caso, basandosi sulle circostanze concrete.

Cosa si intende per ‘ritardo colpevole’ nell’insinuazione dei crediti prededucibili?
Si intende un’inerzia del creditore che si protrae per un tempo non ragionevole, senza una valida giustificazione. Questo comportamento viola il principio della ragionevole durata del procedimento. Nel caso esaminato, un ritardo di undici mesi è stato considerato colpevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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