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Crediti irreperibili: le somme non si ridistribuiscono

La Corte di Cassazione ha stabilito che nelle procedure di amministrazione straordinaria iniziate prima della riforma del 2006, le somme accantonate per i crediti irreperibili non possono essere redistribuite agli altri creditori. La vecchia normativa prevedeva un “effetto liberatorio” del deposito di tali somme, che quindi fuoriuscivano definitivamente dal patrimonio della procedura, impedendo ogni successiva ripartizione. La richiesta di una società controllante, che aveva agito anche come garante, di ottenere tali fondi è stata pertanto respinta.

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Crediti irreperibili: la Cassazione chiarisce il destino delle somme non riscosse

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nelle procedure concorsuali datate: la sorte delle somme accantonate per i crediti irreperibili. La decisione sottolinea l’importanza del principio ratione temporis, ovvero l’applicazione della legge vigente al momento dell’avvio della procedura, con conseguenze significative per i creditori rimasti parzialmente insoddisfatti.

Il caso: la richiesta di fondi per crediti non riscossi

La vicenda riguarda due società legate da un rapporto di controllo. La società controllante, dopo essere uscita da una procedura di amministrazione straordinaria, avanzava una pretesa nei confronti della procedura, ancora in corso, della sua controllata. La richiesta era duplice:
1. Ottenere il saldo di un proprio credito già ammesso al passivo.
2. Recuperare le somme che essa stessa aveva pagato in qualità di garante per i debiti della controllata.

Il Tribunale aveva accolto parzialmente la prima domanda ma rigettato la seconda. Il fulcro della controversia si è quindi spostato sulla possibilità per la società controllante di accedere ai fondi accantonati per i creditori della controllata risultati irreperibili, fondi che non erano mai stati riscossi. La società ricorrente sosteneva di essere subentrata per legge (ex lege) nei diritti dei creditori che aveva soddisfatto in qualità di garante, e che quindi le somme destinate a questi ultimi, ormai irreperibili, le spettassero di diritto.

La disciplina dei crediti irreperibili e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, basando la propria decisione su un’analisi della normativa applicabile ratione temporis. La procedura di amministrazione straordinaria della società controllata era iniziata negli anni ’80, quindi ben prima della riforma del diritto fallimentare introdotta con il D.Lgs. 5/2006.

Secondo la versione dell’art. 117 della Legge Fallimentare in vigore all’epoca, le somme destinate ai creditori che non si presentavano per la riscossione dovevano essere depositate presso un istituto di credito. Tale deposito, come chiarito dalla Corte, aveva un effetto liberatorio definitivo per la procedura. In altre parole, una volta depositate, le somme fuoriuscivano permanentemente dal patrimonio fallimentare e non potevano più essere oggetto di una nuova ripartizione a favore degli altri creditori, anche se parzialmente insoddisfatti.

La differenza con la normativa attuale

La Corte ha evidenziato la profonda differenza con la disciplina introdotta dalla riforma del 2006. La nuova legge, infatti, prevede esplicitamente che, trascorsi cinque anni, le somme non riscosse destinate ai crediti irreperibili possano essere ridistribuite tra gli altri creditori. Questa possibilità, tuttavia, non esisteva nel sistema precedente, che si basava su una scelta discrezionale del legislatore dell’epoca volta a chiudere definitivamente la procedura con il deposito finale.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato il rigetto del ricorso affermando che l’istanza della società controllante non poteva trovare accoglimento sulla base della normativa applicabile. La vecchia disciplina non offriva alcuno strumento per svincolare e ripartire le somme depositate per i creditori irreperibili. L’argomentazione della ricorrente, basata sulla surrogazione legale, è stata ritenuta irrilevante, poiché il problema non era la titolarità del credito, ma l’impossibilità materiale e giuridica di accedere a fondi ormai usciti dalla disponibilità della procedura concorsuale. I giudici hanno inoltre escluso la possibilità di un’interpretazione estensiva o analogica della norma, poiché la volontà del legislatore pre-riforma era chiara nel prevedere un effetto liberatorio e definitivo del deposito bancario.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le procedure concorsuali sono governate dalla legge in vigore al momento della loro apertura. Le riforme successive, anche se migliorative, non hanno effetto retroattivo. Per le procedure avviate prima del 2006, la sorte delle somme destinate ai crediti irreperibili è segnata: il loro deposito è definitivo e non consente redistribuzioni. La decisione rappresenta un importante monito per i creditori coinvolti in procedure datate, le cui aspettative di recupero devono essere valutate alla luce del quadro normativo dell’epoca.

Cosa succede ai fondi destinati ai creditori irreperibili nelle procedure concorsuali avviate prima della riforma del 2006?
Secondo la normativa all’epoca vigente (art. 117 l. fall. nel testo originario), le somme accantonate per i creditori irreperibili, una volta depositate presso un istituto di credito, fuoriescono definitivamente dal patrimonio della procedura. Tale deposito ha un “effetto liberatorio” e non è possibile procedere a una successiva redistribuzione a favore di altri creditori.

Un garante che ha pagato un debito può richiedere le somme accantonate per il creditore originario, se quest’ultimo risulta irreperibile?
No, se la procedura è soggetta alla vecchia normativa. Anche se il garante subentra nei diritti del creditore (surrogazione), non può ottenere la ripartizione di somme che, a causa dell’effetto liberatorio del deposito, non sono più nella disponibilità della procedura concorsuale.

Perché la nuova legge, che permette di redistribuire i fondi per i crediti irreperibili dopo 5 anni, non è stata applicata in questo caso?
La nuova disciplina, introdotta con la riforma del 2006, non è retroattiva. In base al principio ratione temporis, le procedure sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro apertura. Poiché la procedura in esame era iniziata negli anni ’80, si applica la normativa precedente, che non prevedeva tale possibilità di redistribuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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