Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21831 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 21831 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
SENTENZA
Oggetto
MUTUO
Contratto di mutuo – Valutazione della natura usuraria Spese aggiuntive rispetto alla somma mutuata Ricomprensione tra i costi da conteggiare
R.G.N. 5222/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 12/3/2025
Udienza Pubblica sul ricorso 5222-2023 proposto da:
NOME NOMECOGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già Banco Popolare RAGIONE_SOCIALE CoopRAGIONE_SOCIALE;
– intimate –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE a propria volta in persona della procuratrice
speciale RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale Dott. NOME COGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
MURATORE NOMECOGNOME domiciliat a ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e dife sa dall’Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente al ricorso incidentale –
Avverso la sentenza n. 533/2022, de lla Corte d’appello di Messina, depositata in data 22/08/2022;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udita la sostituta Procuratrice Generale, Dott.ssa NOME COGNOME
uditi gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 533/22, del 22 agosto 2022, della Corte d’appello di Messina, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 30/18, del 18 gennaio 2018, del Tribunale di Patti ha confermato il rigetto dell’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. dalla stessa proposta nei confronti del Banco Popolare Società Cooperativa (già Banco Popolare di Lodi S.p.a.), in relazione all’esecuzione intrapresa da tale società sulla base di un contratto di mutuo fondiario, concluso il 9 giugno 2009 con essa COGNOME
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essersi opposta all’esecuzione intrapresa dalla società mutuante, lamentando l’erronea indicazione dell’effettivo T.A.E.G. e l’usurarietà degli interessi corrispettivi pattuiti nel contratto di mutuo.
In particolare, come già dedotto in sede di esecuzione, l’opponente assumeva che il mutuo fondiario le era stato concesso per l’importo di €. 160.080,00, mentre la somma effettivamente accreditatale -e ciò, evidentemente, al netto delle spese trattenute dalla Banca opposta era di soli €. 148.549,40, importo versato sul conto corrente n. 203, appositamente accesso presso il suddetto Istituto di credito da essa RAGIONE_SOCIALE.
Il contratto in questione prevedeva un tasso d’interesse del 6,010% annuo nominale, convertibile in base alla periodicità delle rate, fisso per tutta la durata del finanziamento. Il tasso di mora veniva stabilito, invece, in ragione di due punti percentuali in più del tasso di interesse come sopra applicato, in vigore il decimo giorno lavorativo della prima quindicina del mese di scadenza della rata. Inoltre, venivano poste a carico della mutuataria le seguenti spese:
-quelle di istruttoria, pari a €. 800,40;
-l’imposta sostitutiva, nella misura di €. 400,20;
la perizia tecnicoestimativa, per l’importo di €. 250,00;
-le spese di ‘avvisatura’, corrispondenti a €. 3,00 per rata, per le sole rate non pagate mediante addebito in c/c;
-le spese incasso rata €. 2,75.
Sicché, anche a volere considerare applicabili pure le ultime due voci, per importi complessivi pari a €. 720,00 ed €. 600,00, si perveniva alla cifra complessiva di €. 2.830,60 a titolo di spese, tale da non giustificare in alcun modo secondo l’opponente – la differenza di € 11.530,60 trattenuta dalla banca, la quale, come
detto, a fronte di un importo mutuato pari a € 160.080,00 aveva accreditato solamente la minore somma di € 148.549,40.
Su tali basi, dunque, NOME COGNOME proponeva opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. nei confronti dell’Istituto di credito mutuante e della società RAGIONE_SOCIALE assumendo che tale importo di € 11.530,60 dovesse essere considerato nel computo del T.A.E.G. effettivo (pari, pertanto, a 7,25%), con conseguente superamento della soglia antiusura, che nel periodo di sottoscrizione del contratto non avrebbe superare il 6,63%.
Respinta l’istanza di sospensione ex art. 616 cod. proc. civ., radicato il giudizio di merito, la proposta opposizione veniva rigettata dall’adito Tribunale, con decisione poi confermata in appello, che dichiarava, però, il difetto di legittimazione della società RAGIONE_SOCIALE, asserita cessionaria del credito azionato in via esecutiva.
Avverso la sentenza della Corte peloritana ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base – come detto – di un unico motivo.
3.1 Esso denuncia – ai sensi, rispettivamente, dei nn. 3) e 5) del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, legge 7 marzo 1996, n. 108, nonché dell’art. 644, comma 4, cod. pen. e dell’art. 1815 cod. civ., oltre che dell’art. 115 cod. proc. civ.; è denunciata, altresì, omessa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio.
Ribadisce NOME COGNOME che, a fronte dell’avvenuta erogazione dell’importo effettivo € 148.549,40 (e non di € 160.080,00), occorre rideterminare ‘il costo effettivo del finanziamento, inserendo a titolo di spese l’intero importo di €. 11.530,60’ e, pertanto, pervenire ‘alla conclusione che l’I.S.C. reale del finanziamento’ (ovvero, l’indicatore sintetico del costo
dell’operazione finanziaria, altrimenti detto anche RAGIONE_SOCIALE) risulta ‘pari al 7,25%’. Pertanto, tale tasso, ‘così come rideterminato era superiore al tasso soglia antiusura’, stabilito ‘ per la categoria «mutuo con garanzia reale/ipotecaria a tasso fisso», per il trimestre dal 1° aprile 2009 al 30 giugno 2009, nel 6,63%’. Il contratto di mutuo, dunque, ‘era stato concesso a condizioni usurarie’, con le conseguenze indicate dalla legge n. 10 8 del 1996, che, modificando il secondo comma dell’art. 1815 cod. ci v., ha previsto ‘la sanzione civilistica della nullità della clausola che stabilisce interessi usurai: «se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi»’.
Si censura, quindi, la sentenza impugnata là dove afferma, quanto alla sorte capitale erogata con il mutuo, ‘conformemente alla decisione di primo grado che «l’onere della prova dell’erogazione della somma data a mutuo è assolto dall’istituto di credito mu tuante mediante la produzione in giudizio dell’atto pubblico notarile in cui v’è menzione della quietanza che fa piena prova dell’avvenuto versamento in favore del mutuatario» (cfr. sentenza di primo grado)’.
‘In effetti, al punto 12) dell’allegato contratto di mutuo’ – si legge sempre nella pronuncia della Corte messinese ‘la parte mutuataria ha dichiarato di rilasciare ampia e liberatoria quietanza per l’intero importo di €. 160.080,00, riconoscendosi per ciò stesso debitrice nei confronti della Banca Mutuante ed obbligata al rimborso secondo quanto previsto nel precedente art. 6)’. Inoltre, NOME COGNOMEha anche sottoscritto’ – si legge, conclusivamente, nella sentenza oggi impugnata -‘l’allegato «Documento di sintesi» riportante l’importo quale capitale di € 160.080,00, nonché l’allegato «PIANO di AMMORTAMENTO» redatto richiamando la medesima cifra’; sicché tanto ‘basta a ritenere comprovata l’erogazione del mutuo per l’intero importo quietanzato quanto a sorte capitale’.
Orbene, secondo la ricorrente, la Corte territoriale ha ‘male interpretato la questione che le è stata sottoposta’, essendo così ‘pervenuta ad una decisione erronea’. Difatti, la questione, nella specie, ‘non atteneva all’erogazione, bensì alla corretta determinazione del costo effettivo del finanziamento, ai fini della determinazione del relativo tasso (I.S.C. o TAEG), in modo da verificare il rispetto del tasso soglia antiusura’, sicché su ‘tale aspetto’ il giudice d’appello ‘ha omesso qualsivoglia pronuncia’.
Si assume, inoltre, che la decisione in esame ‘risulta adottata in palese violazione delle disposizioni dettate dall’art. 644, comma 4, cod. pen. e dall’art. 2, comma 1, della legge n. 108 del 1996, secondo i quali ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito’ (sono richiamate Cass. Sez. 1, sent. 5 aprile 2017, n. 8806; Cass. Sez. 2, ord. 20 agosto 2020, n. 17466).
4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE (e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE in persona della procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata: esito, questo, che si imporrebbe, in particolare, in forza di un duplice rilievo.
Per un verso, infatti, si osserva che NOME COGNOME avrebbe utilizzato una formula di calcolo difforme rispetto a quella dettata dalla Banca d’Italia, sicché, utilizzando -giusta l’art. 9, comma 2, della Deliberazione C.I.C.R. del 4 marzo 2003 – la formula corretta, il T.A.E.G. risulterebbe essere stato esattamente determinato nella misura del 6,3248% annuo.
Per altro verso, inoltre, si sottolinea che nel contratto in esame figura la c.d. ‘clausola di salvaguardia’, visto che l’art. 3,
lett. a), del contratto di mutuo fondiario del 19 giugno 2009 prevede espressamente che il tasso di mora deve comunque rispettare le previsioni della legge n. 108 del 1996.
4.1. Con il medesimo atto viene, altresì, esperito ricorso incidentale condizionato, sulla base di un unico motivo.
4.1.1. Esso, in particolare, denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e dell’art. 2697 cod. civ.
La ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata, là dove ha escluso la sua legittimazione ad intervenire, avendo ritenuto non provata la sua qualità di cessionaria dell’Istituto di credito mutuatario, all’uopo ritenendo non sufficiente la produzione in giudizio della Gazzetta Ufficiale contenente l’avviso dell’operazione di cartolarizzazione, effettuata ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge 30 aprile 1999, n. 130 e relativa alla cessione in blocco dei crediti, ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993.
In particolare, la doglianza si appunta sull’affermazione secondo cui ‘la mera indicazione dei dati della cessione in blocco, come riportati nella copia della G.U. prodotta dalla parte, di per sé non consente di verificare se il credito oggetto di lite sia incluso nella stessa cessione’, rendendosi a tal fine necessario il contratto di cessione ‘che non risulta però prodotto’, e ciò in quanto, nell’estratto di Gazzetta Ufficiale prodotto in giudizio, ‘non figura la specifica individuazione della tipologia dei crediti ricompresi nel contratto di cessione, né l’utilizzo di termini omnicomprensivi’, facendo esso riferimento, genericamente, a ‘taluni crediti’.
Per contro, secondo la ricorrente incidentale, ‘l’avviso contenuto nella Gazzetta Ufficiale non si limita a riferire che «taluni crediti» siano oggetto di cessione, bensì – nel pieno rispetto della normativa di settore (cfr. art. 7.1., comma 6, Legge
sulla Cartolarizzazione) prosegue con l’indicazione del sito web contenente l’elenco delle posizioni cedute’.
L’avvenuta cessione del credito, inoltre, risulterebbe ‘pacifica’ sulla base della circostanza che essa Red Sea SPV ‘si costituiva tempestivamente nel giudizio di appello proposto dalla Sig.ra COGNOME nonostante l’atto di citazione di appello fosse stato notificato solo alla Banca cedente, e non alla cessionaria’, sicché proprio la ‘tempestiva cos tituzione nel giudizio di appello, da un lato, e la contumacia della Banca cedente, dall’altro, costituiscono implicita prova della cessione del credito’.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di una sua Sostituta, ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso principale (e, quindi, per l’assorbimento dell’incidentale condizionato).
Il Procuratore Generale – sebbene muova dal presupposto per cui la dichiarazione di avvenuta erogazione del mutuo non sia coperta da fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ. (in quanto, dall’atto di mutuo, non si evince che il pagamento è avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale) – osserva che la quietanza costituisce, pur sempre, atto unilaterale di riconoscimento del pagamento. Essa, pertanto, integra, tra le parti, confessione stragiudiziale, facente piena prova della corresponsione di una specifica somma di denaro per un determinato titolo. Il pagamento attestato dalla quietanza può, quindi, essere contestato soltanto mediante la prova dell’errore di fatto o della violenza, ovvero di quelle evenienze che, ai sensi dell’art. 2732 cod. civ., possono privare di efficacia la confessione.
Non avendo, tuttavia, NOME COGNOME fornito tale prova, la circostanza che l’accredito sarebbe stato ‘eseguito in misura inferiore a quanto concordato non risulta provata alla stregua del
comportamento processuale della controparte’, donde il richiesto rigetto del motivo di ricorso.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata in pubblica udienza.
La controricorrente (e ricorrente incidentale) ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale va accolto, mentre quello incidentale condizionato è da rigettare.
8.1. Il motivo oggetto del ricorso principale è, infatti, fondato, ancorché per quanto di ragione.
8.1.1. In via preliminare, tuttavia, vanno disattese le argomentazioni, tanto della Procura Generale presso questa Corte, quanto dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE, volte ad evidenziare l’inammissibilità delle censure proposte da NOME COGNOME
Quanto, in particolare, alle prime, esse si fondano sulla corretta premessa che ‘la quietanza costituisce atto unilaterale di riconoscimento del pagamento ed integra, tra le parti, confessione stragiudiziale ‘, che, come tale, ‘ fa piena prova della corresponsione di una specifica somma di denaro per un determinato titolo’, sicché l’esistenza del fatto da essa attestato ‘può essere contestata soltanto mediante la prova degli stessi fatti (errore di fatto o violenza) richiesti dall ‘art. 2732 cod. civ. per privare di efficacia la confessione’ (così Cass. Sez. 2, sent. 22 febbraio 2006, n. 3921, Rv. 586298-01; in senso conforme Cass. Sez. 3, sent. 8 giugno 2012, n. 9297, Rv. 622845-01).
Nondimeno, se è vero che la quietanza attesa la ricezione delle somme indicate nel rogito, il tema di cui si discute è quello della corresponsione di somme ulteriori, a titolo spese , fatto anch’esso incontroverso ed in relazione al quale la questione da affrontare è se di esse debba tenersi conto nello stabilire il carattere usurario degli interessi corrisposti da NOME COGNOME. Infatti, indipendentemente dalla dichiarazione – in cui si articola la quietanza – di avere ricevuto una somma di un determinato ammontare, ben può darsi la prova della coeva concreta corresponsione di altre somme, a sostanziale decurtazione della prima: del resto, il percepimento dell’intero non osta, nemmeno in astratto, ad un contestuale anche solo parziale riversamento di altre somme a titolo di oneri o altro. Va, pertanto, escluso il rilievo dirimente che si vorrebbe attribuire alla quietanza, se non altro in relazione alle peculiarità del caso concreto.
In ordine, invece, ai rilievi della controricorrente (relativi all’impego di formula di calcolo degli interessi che si assume difforme rispetto a quella dettata dalla Banca d’Italia, nonché alla presenza nel contratto di mutuo della c.d. ‘clausola di salvaguardia’), essi non attengono all’oggetto della censura qui sviluppata, ma al merito di essa e, così, implicando accertamenti di fatto, al giudizio di rinvio cui si dovesse addivenire in caso di accoglimento della prima.
8.1.2. Ciò detto, il motivo di ricorso svolto da NOME COGNOME merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati.
Esso, come illustrato, si articola in due doglianze, da esaminare separatamente.
La prima, benché prospetti, all’apparenza, un vizio di omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in realtà lamenta un’omessa pronuncia su questione riproposta in appello, censurando la sentenza impugnata perché il secondo giudice
avrebbe ‘male interpretato la questione che le è stata sottoposta’, pervenendo, così, ‘ad una decisione erronea’.
Si assume, difatti, che tale questione ‘non atteneva all’erogazione, bensì alla corretta determinazione del costo effettivo del finanziamento, ai fini della determinazione del relativo tasso (I.S.C. o TAEG), in modo da verificare il rispetto del tasso sogl ia antiusura’, sicché su ‘tale aspetto’ il giudice d’appello avrebbe ‘omesso qualsivoglia pronuncia’.
Così intesa, tuttavia, la censura è inammissibile, giacché ‘l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti’ (come prospettato con il presente motivo), ‘in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello, sicché, ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, il motivo deve essere dichiarato inammissibile’ (così, tra le altre, Cass. Sez. 6 -3, ord. 16 marzo 2017, n. 6835, Rv. 643679-01; in senso analogo anche Cass. Sez. 6-1, ord. 12 ottobre 2017, n. 23930, Rv. 646046-01).
La seconda censura, dal canto suo, prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e dell’art. 2697 cod. civ.
Essa, invece, pur emendata da un improprio (ma irrilevante) riferimento alla norma generale sulla ripartizione dell’onere della prova, è fondata.
Deve, infatti, darsi seguito al principio – enunciato da questa Corte con specifico riferimento alle spese di assicurazione, gravanti sul mutuatario, ma dotato, con tutta evidenza, di portata generale in relazione agli oneri accessori all’erogazione – secondo
cui, ‘ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito’ (cfr. Cass. Sez. 1, sent. 5 apri le 2017, n. 8806, Rv. 643727-01; in senso conforme, Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22458, non massimata; Cass. Sez. 6-1, ord. 1° febbraio 2022, n. 305, Rv. 663760-01).
Questa Corte, infatti, ha osservato che ‘la normativa di divieto dei rapporti usurari così come in radice espressa dall’art. 644 cod. pen., nella versione introdotta dalla legge n. 108/1996, nel suo art. 1 – considera rilevanti tutte le voci del carico economico che si trovino applicate nel contesto dei rapporti di credito’; difatti, secondo quanto ‘dispone la norma del comma 5 dell’art. 644, «per la determinazione del tasso di interessi si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito»’ e ciò perché ‘non avrebbe neppure senso opinare diversamente nella prospettiva della repressione del fenomeno usurario, l’esclusione di talune delle voci per sé rileva nti comportando naturalmente il risultato di spostare – al livello di operatività della pratica – la sostanza del peso economico del negozio di credito dalle voci incluse verso le voci escluse’ (così, testualmente, Cass. Sez. 1, sent. n. 8806 del 2017, cit .).
Ne consegue, dunque, che qualunque sia la natura delle spese (escluse imposte e tasse), delle stesse occorre tenere conto ai fini della valutazione del l’eventuale natura usuraria degli interessi.
La Corte territoriale, pertanto, non correttamente si è limitata a considerare l’ammissione dell’erogazione integrale della somma ed altrettanto non correttamente ha omesso di valutare se la concreta limitazione della somma corrisposta, dovuta alle spese ed agli oneri ulteriori oggetto di doglianza e della cui corresponsione concreta ed effettiva – indipendentemente dalla
quietanza – sia stata data comunque idonea prova, abbia o meno comportato il superamento del c.d. tasso soglia.
E, tanto implicando la fondatezza ‘ in parte qua ‘ del primo motivo di ricorso e la conseguente cassazione della gravata sentenza, ad un tale accertamento, impregiudicato il suo esito, occorrerà procedere nel giudizio di rinvio.
Il ricorso incidentale va, invece, rigettato, essendo il suo unico motivo non fondato.
9.1. Deve, infatti, darsi seguito al principio secondo cui, nell’ipotesi ‘di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente’ (Cass. Sez. 3, ord. 22 giugno 2023, n. 17944, Rv. 668451-01).
Le risultanze della Gazzetta Ufficiale non possono essere integrate con i dati evincibili dal ‘sito web contenente l’elenco delle posizioni cedute’ , trattandosi di materiale del quale neppure è attestata l’appartenenza agli atti del giudizio. Né può attribuirsi rilevanza alla circostanza che la (pretesa) cedente risulti essere rimasta contumace in appello, giacché, semmai, la prova dell’avvenuta cessione avrebbe potuto essere ricavata dagli atti difensivi della stessa (cfr. in motivazione, con specifico rif erimento alle cessioni di cui all’art. 58 del d.lgs. 385 del 1993, Cass. Sez. 1, sent. 17 marzo 2006, n. 5997, nonché, con
riferimento alla cessione del credito in genere, sempre in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 30 luglio 2004, n. 14610).
In conclusione, il ricorso principale va accolto, per quanto di ragione, e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘ in caso di stipulazione di un contratto di mutuo, ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto anche delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse solo quelle per imposte e tasse, che siano collegate alla erogazione del credito e della cui effettiva corresponsione, indipendentemente dalle dichiarazioni di quietanza, sia comunque data idonea prova ‘.
A carico della sola ricorrente incidentale, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso principale per quanto di ragione; rigetta il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, rinviando alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, per la decisione sul
merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della sola ricorrente incidentale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito della camera di consiglio della