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COSAP su suolo pubblico: quando si paga il canone?

Un’associazione sportiva occupava un’area aeroportuale di proprietà di un Ente Locale. Anche dopo la scadenza della concessione, l’occupazione è proseguita, portando l’Ente a richiedere il pagamento del COSAP su suolo pubblico. L’associazione ha contestato la richiesta, adducendo varie motivazioni tra cui la presenza di usi civici sull’area e l’utilizzo parziale da parte della Protezione Civile. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il canone è dovuto per qualsiasi occupazione di suolo pubblico, a prescindere dall’esistenza di un titolo, e che la presenza di usi civici non esenta dal pagamento.

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COSAP su Suolo Pubblico: È Sempre Dovuto? L’Analisi della Cassazione

L’obbligo di pagare il COSAP su suolo pubblico è uno dei temi più dibattuti nel rapporto tra cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su una questione cruciale: il canone è dovuto anche quando l’occupazione continua dopo la scadenza della concessione o è basata su un’occupazione di fatto? La risposta, come vedremo, è affermativa e rafforza il principio secondo cui la sottrazione di un bene pubblico all’uso della collettività ha sempre un costo.

I fatti del caso: la controversia tra un’associazione sportiva e il Comune

La vicenda ha origine dalla concessione di un’ampia area aeroportuale da parte di un Comune a un’associazione sportiva. Per anni, l’associazione ha gestito l’infrastruttura sulla base di una convenzione che prevedeva un rinnovo tacito.
Ad un certo punto, il Comune ha deciso di non rinnovare più la concessione, intimando all’associazione di rilasciare l’area. L’associazione ha impugnato il provvedimento, ottenendo dal Consiglio di Stato una sospensione cautelare dell’ordine di sgombero. Nonostante ciò, l’occupazione è proseguita fino a quando il Comune non ha eseguito uno sgombero coattivo.
Successivamente, l’Ente Locale ha notificato un avviso di accertamento, chiedendo il pagamento di una somma ingente a titolo di COSAP per il periodo di occupazione “di fatto”, compreso tra l’inizio dell’anno e la data dello sgombero.

L’associazione si è opposta, sostenendo di non dover nulla. Le sue difese si basavano su diversi punti:
1. L’area era gravata da usi civici, il che, a suo dire, la rendeva non soggetta a tassazione.
2. L’avviso di accertamento era generico e non specificava quali porzioni di terreno fossero state effettivamente occupate.
3. A seguito di un evento sismico, parte dell’aeroporto era stata utilizzata dalla Protezione Civile, riducendo l’area a sua disposizione.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le ragioni dell’associazione, confermando l’obbligo di pagamento.

L’obbligo di pagamento del COSAP su suolo pubblico: con o senza titolo

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’associazione, ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di COSAP su suolo pubblico. Il presupposto per l’applicazione del canone è l’occupazione stessa, a prescindere dalla sua natura. L’articolo 38 del D.Lgs. 507/1993 stabilisce chiaramente che sono soggette a tassazione “le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo”.

Questo significa che il canone è dovuto sia in vigenza di un regolare atto di concessione, sia in caso di occupazione abusiva o protratta dopo la scadenza del titolo. La ratio della norma è quella di compensare l’Ente proprietario per la sottrazione del bene all’uso pubblico, a vantaggio di un soggetto privato. La sospensione dell’ordine di rilascio da parte del giudice amministrativo non ha reso gratuita l’occupazione, ma ha semplicemente fatto proseguire, in via provvisoria, il rapporto concessorio, mantenendo vivo l’obbligo di pagamento.

La questione degli usi civici e del patrimonio indisponibile

Uno degli argomenti più interessanti sollevati dall’associazione riguardava la natura del terreno, gravato da usi civici. Secondo la Cassazione, questa circostanza non esclude l’obbligo di pagare il canone. I beni comunali gravati da uso civico, infatti, rientrano nel patrimonio indisponibile dell’Ente.

Questo significa che, sebbene non possano essere sottratti alla loro destinazione pubblica se non con procedure specifiche, rimangono di proprietà del Comune. Di conseguenza, nel momento in cui il Comune decide di sottrarre il bene all’uso civico per concederlo a un privato, deve necessariamente assoggettarlo al regime del COSAP su suolo pubblico. La stessa concessione del bene all’associazione confermava, secondo la Corte, la proprietà comunale e la sua inclusione nel patrimonio indisponibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni, principalmente di carattere processuale. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici e non in grado di scalfire la ratio decidendi della sentenza d’appello.

In particolare, la Corte ha osservato che:
– L’associazione non ha mai contestato in modo specifico i calcoli del canone, ma solo l’obbligo di pagamento in sé.
– Non è stata fornita alcuna prova concreta che l’utilizzo parziale dell’area da parte della Protezione Civile fosse avvenuto senza un accordo o senza il pagamento di un indennizzo, onere che spettava all’associazione stessa.
– I motivi di ricorso tendevano a un riesame del merito dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
La Corte ha quindi confermato la decisione dei giudici di merito, condannando l’associazione al pagamento delle spese legali.

Conclusioni: cosa impariamo da questa ordinanza

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chiunque occupi un suolo pubblico, indipendentemente dal titolo, è tenuto a versare il relativo canone. La decisione sottolinea che sottrarre un bene alla collettività per un’utilità privata è un’azione che comporta un costo economico. La presenza di vincoli come l’uso civico non costituisce una franchigia, ma anzi, qualifica il bene come parte del patrimonio indisponibile, la cui concessione a privati deve essere compensata. Infine, l’ordinanza ricorda un principio processuale fondamentale: in giudizio, chi afferma un fatto (come la riduzione dell’area occupata) ha l’onere di provarlo.

Il canone per l’occupazione di suolo pubblico (COSAP) è dovuto anche se l’occupazione avviene senza un titolo formale o con una concessione scaduta?
Sì, la Corte ha confermato che il presupposto per il pagamento del COSAP è l’occupazione stessa del suolo pubblico, di qualsiasi natura, anche se effettuata senza un titolo valido o dopo la sua scadenza.

La presenza di un diritto di uso civico su un terreno comunale esclude l’obbligo di pagare il COSAP?
No, la sentenza chiarisce che i beni gravati da uso civico rientrano nel patrimonio indisponibile del Comune. Se vengono concessi in uso a un privato, sono soggetti al pagamento del canone come qualsiasi altro bene pubblico.

Cosa succede se l’ordine di rilascio di un’area pubblica viene sospeso da un giudice? Si deve comunque pagare il canone?
Sì. La sospensione dell’ordine di rilascio non rende gratuita l’occupazione. La Corte ha spiegato che tale sospensione fa proseguire provvisoriamente il rapporto, mantenendo l’obbligo di pagare il canone, oppure qualifica l’occupazione come “senza titolo convenzionale”, rendendo comunque dovuto il COSAP.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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