Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22284 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 22284 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25681/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE STRAORDINARIA, nella persona dei commissari straordinari in atti indicati, rappresentata e difesa dagli avvocati NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-ricorrente-
-controricorrente ai ricorsi incidentalicontro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del rappresentante legale in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente al ricorso principale –
-controricorrente ai ricorsi incidentali –
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente al ricorso principale-
nonché contro
SOCIETÀ PER AZIONI ESERCIZI RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente al ricorso principale-
-ricorrente incidentale-
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente al ricorso principale-
-ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 988/2022 depositata il 24/03/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2025 dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto NOME COGNOME che, richiamate le conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso principale con assorbimento dei ricorsi incidentali condizionati;
uditi:
-per la ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE, gli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME
-per la ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE, l’Avv. NOME COGNOME per delega in atti dell’Avv. NOME COGNOME
-per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, gli Avvocati NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME ed NOME COGNOME
-per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, l’Avvocato NOME COGNOME;
ognuno dei quali ha insistito nell’accoglimento delle rispettive richieste.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2013 RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) agiva davanti al Tribunale di Milano chiedendo che fosse dichiarato il difetto di causa dei pagamenti da essa eseguiti, per un ammontare di €. 6.519.734,62, a favore della società RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) dal gennaio 1999 fino al gennaio 2009, e per il periodo 1999/2005, anche a favore della sua factor RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE), come corrispettivo aggiuntivo (distinto dal prezzo del carburante in quanto tale, calcolato in percentuale come prezzo per ciascun metro cubo di carburante erogato) per il rifornimento di carburante in alcuni scali aeroportuali di Roma e Milano. Affermava che tale corrispettivo: a) corrispondeva non soltanto alla componente di prezzo pagata per la messa a disposizione di talune infrastrutture quale ad esempio i sistemi idranti (la c.d. hydrant fee ) – ma anche ad una ulteriore componente (la c.d. airport fee ) calcolata come semplice percentuale di prezzo per ciascun metro cubo di carburante erogato, non corrispondente ad alcun costo reale; b) fosse già stato considerato illecito sia dal punto di vista della disciplina generale antitrust che della disciplina settoriale di apertura alla concorrenza dei mercati aeroportuali. Concludeva chiedendo l’accertamento e la dichiarazione di nullità della clausola di pagamento di dette tariffe aeroportuali e, in ogni caso, il difetto di causa e/o di causa lecita delle relative attribuzioni patrimoniali
da essa eseguite in favore di RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, la condanna delle convenute, per quanto di ragione, al pagamento in suo favore di una somma complessivamente pari ad €. 6.519.734,62, o a quella maggiore o minore da accertare in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Tamoil si costituiva in causa formulando molteplici eccezioni preliminari, di rito e di merito; contestava la fondatezza della domanda attorea; chiedeva ed otteneva di essere autorizzata a chiamare in causa i gestori aeroportuali – SOCIETÀ PER AZIONI ESERCIZI AEROPORTUALI (di seguito, SEA) per l’attività di refuelling svolta negli aeroporti di Malpensa e Linate, e RAGIONE_SOCIALE (di seguito, AdR), per l’aeroporto di Fiumicino -degli scali nei quali erano state fornite le prestazioni di assistenza carburante messe in discussione da Alitalia, al fine di sentire condannare detti gestori a manlevarla e comunque a tenerla indenne da qualunque somma essa fosse stata dichiarata tenuta a corrispondere alla società attrice.
A sua volta si costituiva l’altra convenuta RAGIONE_SOCIALE, la quale -premesso che aveva sottoscritto con RAGIONE_SOCIALE un contratto di factoring, in virtù del quale si era resa cessionaria dei crediti di RAGIONE_SOCIALE verso Alitalia relativi al periodo gennaio 1999-31 ottobre 2005 – chiedeva il rigetto delle domande di Alitalia e, in via subordinata, l’accertamento dell’intervenuta prescrizione decennale dei crediti restitutori vantati da Alitalia, calcolati a ritroso dalla notifica dell’atto di citazione (22 agosto 2013); chiedeva, in ogni caso, l’accertamento del proprio diritto ad essere manlevata da RAGIONE_SOCIALE, previa formulazione di domanda riconvenzionale e chiamata di terzo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
A seguito della notifica delle chiamate in causa, si costituivano anche i gestori aeroportuali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per formulare, a loro volta, eccezioni preliminari e per sostenere l’infondatezza della prospettazione di Alitalia circa la pretesa illegittimità
dell’applicazione delle fees : secondo entrambi i gestori aeroportuali, sarebbe stata indubbia la piena legittimità ed anzi il diritto ad applicare sovraprezzi alle società petrolifere per la messa a disposizione di beni ed impianti necessari all’espletamento del servizio di rifornimento carburante.
Ai terzi chiamati in causa non era estesa alcuna delle domande originarie.
Il giudice di primo grado, con sentenza parziale n.309/16 (avverso la quale le parti formulavano riserva di appello), dichiarava prescritto il credito di Alitalia nei confronti di Tamoil per il periodo anteriore al 17 maggio 2000 e nei confronti di Ifitalia per il periodo anteriore al 22 agosto 2003; rigettava tutte le altre eccezioni preliminari e pregiudiziali formulate dalle convenute e dalle terze chiamate; rimetteva la causa sul ruolo per la prosecuzione del giudizio nel merito.
Quindi, espletata c.t.u., il giudice di primo grado con sentenza definitiva n. 1863/20:
in parziale accoglimento delle domande avanzate da Alitalia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, condannava le convenute alla restituzione in favore della società attrice della somma di € 1.421.789,00 (limitando la responsabilità solidale di RAGIONE_SOCIALE ai pagamenti eseguiti tra il 22.8.2003 ed il 31.10.2005);
in accoglimento della domanda di manleva svolta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, condannava quest’ultima a tenere indenne la prima da tutte le somme che essa parte avrebbe dovuto corrispondere ad Alitalia per effetto della sentenza, anche a titolo di spese giudiziali;
in accoglimento delle domande di manleva svolte da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, condannava queste ultime al rimborso in favore della parte chiamante delle somme che essa parte avrebbe dovuto corrispondere alla società attrice in forza della sentenza (nei limiti di € 1.067.112,00 per ciò che atteneva a
quanto percepito da RAGIONE_SOCIALE, nonché nei limiti di € 354.677,00 per ciò che atteneva a quanto percepito dalla ADR), oltre interessi legali e oltre alle spese legali riconosciute in favore della società attrice.
Avverso entrambe le sentenze (parziale e definitiva) era proposto appello principale dalla terza chiamata AdR ed appello incidentale da tutte le altre parti appellate (Alitalia, Tamoil, Ifitalia, SEA).
Nel contraddittorio delle parti, la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 988/2022, in riforma di entrambe le sentenze impugnate (parziale e definitiva), rigettava la domanda originariamente proposta da Alitalia, condannandola alla rifusione delle spese processuali in favore delle controparti e ponendo a suo carico le spese della c.t.u.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso Alitalia, articolato su otto motivi.
Hanno resistito con distinti controricorsi: Tamoil e Ifitalia.
Hanno altresì resistito con distinti controricorsi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che hanno proposto ricorso incidentale condizionato, ciascuno articolato su di un motivo.
Ai ricorsi incidentali condizionati di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE hanno resistito, con separati controricorsi, Alitalia e Tamoil.
Per l’odierna udienza il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso principale con assorbimento dei ricorsi incidentali.
I difensori di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno presentato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ai fini della decisione, giova preliminarmente ripercorrere il contenuto delle sentenze dei giudici di merito, essendo la disamina di quelle di primo grado funzionale all’esatta comprensione dello specifico thema decidendum di quella di appello, come reso oggetto del ricorso in esame.
1.1. Nella sentenza di primo grado, il Tribunale di Milano dopo aver premesso (p. 9) che Alitalia aveva fatto valere due diverse causae petendi (l’una di natura contrattuale, fondata sulla ripetizione dell’indebito oggettivo, l’altra extracontrattuale, fondata sull’assunto di un comportamento abusivo da parte delle società petrolifere, per avere richiesto compensi per una componente aggiuntiva, la c.d. airport fee , sul costo del carburante ad essa rifornito) -:
in relazione alla domanda di ripetizione di indebito (p. 10 ss.): ha precisato che tale componente – oltre ad una componente di prezzo pagata per la messa a disposizione di talune infrastrutture, quale ad esempio i sistemi idranti (la c.d. hydrant fee ) – comprendeva una ulteriore componente (la c.d. airport fee) calcolata come semplice percentuale di prezzo per ciascun metro cubo di carburante erogato; ha ricostruito il quadro normativo, che all’epoca consentiva, agli enti gestori degli aeroporti, di prevedere sovrapprezzi sulla fornitura di carburante, a condizione che essi fossero effettivamente connessi ai costi sostenuti per l’offerta del medesimo servizio; ha ripercorso il contenuto dei provvedimenti emessi dall’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) negli anni 2006 -2007 e 2009, nonché gli esiti della complessa e articolata consulenza tecnica d’ufficio ‘percipiente’;
in relazione alla domanda di risarcimento danni (p. 21 ss.) da abuso di posizione dominante (consistente nella applicazione di corrispettivi non equi ed eccessivamente onerosi nel mercato della messa a disposizione di beni ad uso comune ed esclusivo per lo svolgimento del servizio di rifornimento carburante) – invocando principi affermati da questa Corte, ha ripercorso gli esiti delle indagini condotte dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) quanto alla posizione dominante dei gestori degli aeroporti Fiumicino di Roma e Malpensa e Linate di Milano, nonché quanto all’abuso connesso a detta posizione dominante.
Quindi, sulla base delle risultanze in precedenza esposte (e, in particolare, dell’attività istruttoria svolta dall’ENAC e dall’AGCM e dalle conclusioni del nominato c.t.u.), il giudice di primo grado (p. 25 e ss.):
ha ritenuto che gli importi, richiesti dai gestori aeroportuali alle compagnie petrolifere a titolo di fees , fossero in parte privi di giustificazione;
ha ridotto il periodo di effettiva rilevanza delle condotte illecite tra il 14 maggio 2000 ed il 31 dicembre 2005, dando atto che entrambi i gestori dal 1° gennaio 2006 si erano adeguati alle indicazioni provenienti dall’ENAC quanto al calcolo della misura dei corrispettivi;
-alla luce dell’art. 17 comma 1 direttiva n. 104/2004 e della disposizione attuativa nazionale (contenuta nell’art. 14 comma 1 d. lgs. n. 3/2017), in applicazione dell’art. 1226 c.c., ha ritenuto che, avuto riguardo <>, i costi in concreto sostenuti dai gestori delle infrastrutture aeroportuali potevano essere determinati in via equitativa, quantificandoli nella misura del 30% di quelli eseguiti tra il 14 maggio 2000 ed il 31 dicembre 2005 (non senza rilevare che il mancato accertamento in concreto dell’ammontare di detti costi era dipeso dagli stessi gestori, che avevano omesso di tenere la specifica contabilità separata prevista dalla disciplina comunitaria e che non erano stati in grado di rendere trasparenti e giustificabili i criteri ed i dati di fatto sulla base dei quali avevano determinato il livello delle fees rispettivamente applicate nel periodo in contestazione);
ha ritenuto non provato (p. 29) che Alitalia avesse in tutto o in parte proceduto alla traslazione degli importi, di cui sopra, ai propri clienti; ha dato atto che, secondo il c.t.u. (<>), tanto era avvenuto, ma ha aggiunto che: <>, non senza rilevare che Alitalia <>;
ha accolto (p. 32 ss): la domanda di manleva proposta da RAGIONE_SOCIALE (che si era limitata ad incassare da Alitalia gli importi fatturati da Tamoil) nei confronti di Tamoil per le somme da questa dovete ad Alitalia; come pure quella di manleva proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle terze chiamate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ciascuna per quanto di ragione, in relazione alla loro rispettiva responsabilità nella determinazione della misura delle fees, non senza precisare che <>.
1.2. D’altra parte, nella qui impugnata sentenza, la corte d’appello ambrosiana – dopo aver premesso che, alla luce del principio della ragione più liquida (p. 12), la causa poteva essere decisa sulla base della questione costituita dalla qualificazione giuridica della domanda spiegata da Alitalia e dalla connessa ripartizione dell’onere della prova -:
– quanto alla domanda di ripetizione di indebito (p. 14 ss.): ha dato per provato il fatto che <>; ha ritenuto che, nel caso di specie, non era risultato provato il presupposto stesso dell’azione ex art. 2033 c.c. (cioè il carattere indebito del pagamento a effettuato da Alitalia alla compagnia petrolifera), in quanto RAGIONE_SOCIALE aveva fornito la prova <>; ha ritenuto che i pagamenti, effettuati da Alitalia a Tamoil, trovavano la loro <> nel rapporto di compravendita privatistico intercorso tra Tamoil (fornitrice del carburante) ed Alitalia (acquirente del carburante), connotato dal pagamento di un prezzo remunerativo della merce acquistata e comprensivo dei costi effettivamente sostenuti dal fornitore per procedere alla chiesta consegna; ha precisato che Alitalia, ammesso e non concesso che avesse provato l’inesistenza del titolo giustificativo dei pagamenti effettuati <>, non aveva comunque provato l’entità dell’indebito pagato, cioè non aveva provato la <>; e ha
conseguentemente rigettato la domanda di ripetizione, con conseguente riforma della sentenza di primo grado;
quanto poi alla domanda, di natura extracontrattuale, fondata sulla sussistenza di un comportamento abusivo (p. 17 ss.), dopo aver ripercorso il quadro normativo vigente all’epoca ed il contenuto degli intervenuti provvedimenti AGCM del 23 ottobre e del 26 novembre 2008, ha ritenuto la domanda comunque non fondata, in quanto Alitalia non aveva <>; ha ritenuto che Alitalia era <>; dopo aver ripercorso ampi stralci della espletata ctu, ha dato atto che <>; ed ha conseguentemente rigettato la domanda di risarcimento danni, proposta da Alitalia nei confronti di Tamoil e di Ifitalia, con conseguente riforma anche sul punto della sentenza di primo grado;
-quanto, infine, all’appello incidentale di Alitalia (p. 25), lo ha respinto sul rilievo che: <>.
1.3. Va rilevato che sia il Tribunale che la Corte d’appello, interpretando le difese svolte da Alitalia nel giudizio di merito e qualificando le relative domande, hanno ritenuto essere stata da questa proposta, unitamente all’azione di ripetizione di indebito, anche l’azione di risarcimento. In ordine a tale interpretazione e qualificazione delle domande proposte dalla società ricorrente, non sono svolte specifiche censure nella presente sede.
Alitalia articola in ricorso otto motivi.
2.1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., Alitalia censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., dell’art. 2033 c.c. e dei principi generali in tema di collegamento negoziale, nonché dell’art. 102 TFUE, della direttiva 96/67/CE, del d.lgs. n. 18/1999, del d.l. n. 203/2005, nella parte in cui la corte territoriale ha affermato la liceità del pagamento delle fees, da essa seguito alla società petrolifera, per esservi stato un corrispondente pagamento dalla società petrolifera ai gestori aeroportuali.
Alitalia censura la sentenza d’appello per aver erroneamente affermato la liceità del pagamento delle fees nel rapporto tra la compagnia petrolifera e la compagnia aerea, in quanto la compagnia petrolifera aveva a sua volta pagato tali somme ai gestori aeroportuali, ignorando il ‘collegamento negoziale’ tra il rapporto a monte (gestore aeroportuale e compagnia petrolifera) ed il rapporto a valle (compagnia petrolifera e Alitalia). Sostiene che affermare la liceità del pagamento a valle, senza considerare l’illiceità a monte, costituisce una violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
In sintesi, secondo Alitalia, l’illiceità delle fees si sarebbe propagata. L’illiceità ‘a monte’ tra gestore aeroportuale e società petrolifera si sarebbe riflessa ‘a valle’ sul rapporto con la compagnia aerea, data l’assenza di una causa negoziale effettiva e lecita per tali fees . L’illiceità originaria delle fees renderebbe indebito anche il pagamento da parte di Alitalia.
2.2. Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., Alitalia censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della direttiva 96/67/CE, del d. lgs. n. 18/1999, ed in particolare dell’art. 10, della delibera CIPE 86/2000, del d.l. n. 203/2005 e della delibera CIPE n.
38/2007, nonché degli artt. 2697 c.c. e 2033 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha errato nell’attribuire ad essa l’onere della prova dei costi effettivamente sostenuti dai gestori aeroportuali per l’erogazione del carburante, laddove tale onere, in tesi difensiva, graverebbe invece sulle compagnie petrolifere e sui gestori aeroportuali che avrebbero dovuto dimostrare di aver sostenuto tali costi per l’erogazione di carburante tramite contabilità separata e trasparente.
In sintesi, secondo Alitalia, l’errore, commesso dalla corte territoriale, risulta sulla base del divieto ex lege per il gestore aeroportuale e le compagnie petrolifere di addebitare royalties sulla fornitura di carburante per l’uso di beni comuni e delle infrastrutture centralizzate non effettivamente connesse ai costi necessari per lo svolgimento del singolo servizio, risultanti sulla base di contabilità separata e trasparente. Dunque, le fees sarebbero state indebite e non sarebbe stata data la prova della loro legittimità.
2.3. Con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., Alitalia critica la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 c.c., 2697 c.c. e 2033 c.c., nonché degli artt. 61 c.p.c. e 191 c.p.c., nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che il giudice di prime cure non potesse determinare l’esatto ammontare delle somme indebitamente corrisposte in base al criterio equitativo e che le conclusioni del c.t.u. esaurissero gli spazi di valutazione del Tribunale; nonché nella parte in cui ha omesso l’esame di fatti decisivi della controversia, quali per l’appunto sarebbero i dati indicati dai provvedimenti AGCM, dai provvedimenti di ENAC e dall’assenza di contabilità analitica.
In sintesi, secondo Alitalia, l’onere della prova riguarderebbe (non l’esatta misura, ma) il carattere indebito del pagamento; ed i provvedimenti AGCM, ENAC e l’assenza di contabilità analitica dei
gestori sarebbero fatti decisivi. In considerazione della assenza di contabilità analitica da parte dei gestori (oggetto del secondo motivo) e della rilevanza degli accertamenti AGCM/ENAC (quarto motivo), la corte territoriale, in punto di quantum dell’indebito, avrebbe dovuto convalidare la quantificazione equitativa operata dal giudice di primo grado (che, in tesi difensiva, aveva correttamente considerato entrambi detti elementi per stimare la parte indebita delle fees ).
2.4. Con il quarto motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., Alitalia censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2033 c.c., nella parte in cui la corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che gli accertamenti contenuti nei provvedimenti dell’AGCM – che avevano accertato l’abuso di posizione dominante da parte dei gestori aeroportuali e l’imposizione di fees non giustificate -sarebbero rilevanti solo per le azioni risarcitorie (non in altre azioni civili, come l’azione di ripetizione di indebito).
In sintesi, secondo Alitalia, tali provvedimenti avrebbero un valore probatorio generalizzato, per cui i pagamenti da essa effettuati sarebbero senza causa e fondata sarebbe l’azione di ripetizione da essa promossa. Dunque, le fees sarebbero state indebite.
2.5. Con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., Alitalia lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2043 c.c., della direttiva 96/67/CE, del d.lgs. n. 18/1999, della direttiva 2014/104/UE, art. 13 e del d.lgs. n. 3/2017, art. 11, nonché del principio di ‘ vicinanza della prova ‘, quest’ultimo anche in relazione all’omessa considerazione di un fatto decisivo, nella parte in cui la corte territoriale ha ad essa attribuito l’onere probatorio della mancata
traslazione del danno subito sui consumatori del servizio di trasporto aereo (vale a dire sui passeggeri).
In sintesi, secondo Alitalia, l’onere di provare la mancata traslazione del danno subito (le fees ) sui consumatori (cioè i passeggeri) avrebbe dovuto essere posto a carico delle controparti, integrando un fatto negativo o estintivo/impeditivo (e non a suo carico, avendo essa avendo negato e contestato la circostanza, trattandosi altrimenti di una prova c.d. negativa).
2.6. Con il sesto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., Alitalia lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo della controversa: il mancato trasferimento delle fees da parte di Alitalia a valle sui consumatori finali.
In sintesi, secondo Alitalia, dagli acquisiti elementi istruttori (ed in particolare della documentazione prodotta e della consulenza tecnica espletata in primo grado) sarebbe risultato provato che la traslazione del danno, da essa subito, non si era verificato.
2.7. Con il settimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., Alitalia lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo della controversa, e, in particolare, la condizione operativa ‘deficitaria’, che, per giurisprudenza di questa Corte, costituirebbe fatto impeditivo al trasferimento dei costi e traslazione del danno subito.
2.8. Con l’ottavo motivo, Alitalia ripropone le questioni rimaste assorbite nel secondo grado, in vista dell’auspicato giudizio di rinvio. In particolare, si riferisce ai primi due motivi del suo appello incidentale, con il quale: a) aveva chiesto la condanna al pagamento dell’intera somma (€ 5.834.331,00) accertata dal c.t.u., contestando la riduzione del periodo di rilevanza delle condotte illecite (14.05.2000-31.12.2005) e la riduzione quantitativa del 70% in via equitativa; b) in via subordinata, aveva contestato la declaratoria di prescrizione parziale del credito restitutorio (periodo 1999-2000), sostenendo che la prescrizione
dovrebbe decorrere dalla conoscibilità dell’illecito (e, quindi, dai provvedimenti AGCM, che risalgono al 2008).
Aeroporti di Roma in sede di ricorso incidentale condizionato articola un unico motivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., con il quale censura la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe omesso di esaminare le risultanze della c.t.u., afferenti i pagamenti che sarebbero stati effettuati da Alitalia a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE e da quest’ultime ad essa RAGIONE_SOCIALE
In sintesi, secondo AdR, la corte territoriale ha erroneamente ritenuto provati i pagamenti di Alitalia a Tamoil (e da Tamoil ad AdR), preferendo basarsi sulla stima, meramente presuntiva, del c.t.u. e su documentazione insufficiente, piuttosto che su prove ‘lapalissiane ed ineccepibili’ come erano le evidenze bancarie o contabili dirette. Tale carenza probatoria sui pagamenti avrebbe dovuto portare al rigetto della domanda di Alitalia e, di conseguenza, della domanda di manleva proposta nei suoi confronti.
La società per azioni RAGIONE_SOCIALE, in sede di ricorso incidentale condizionato -dopo aver sottolineato, nel chiedere la declaratoria di inammissibilità e comunque infondatezza del ricorso Alitalia, l’ambiguità processuale di RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe trattato la sua domanda al contempo come di ripetizione di indebito e come risarcitoria e avrebbe esteso le sue pretese a soggetti terzi con cui non aveva un contraddittorio diretto – articola un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 cpc in relazione all’art. 115 e 116 cpc, con cui denuncia la nullità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto dimostrato l’avvenuto pagamento da parte di Alitalia a Tamoil.
In sintesi, anche secondo SEA, la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto provati i pagamenti di Alitalia a Tamoil sulla base di una mera stima del CTU e sulla base di documentazione
inadeguata (mancanza di evidenze bancarie o contabili dirette), mentre in realtà la prova dei pagamenti sarebbe ‘inesistente’, con inevitabili ricadute in punto di manleva.
Prima di procedere allo scrutinio dei ricorsi, giova preliminarmente richiamare il quadro normativo di riferimento, esistente all’epoca dei fatti.
La direttiva 96/97/CE del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità, è stata recepita in Italia con il d. Lgs. 13 gennaio 1999 n. 18, entrato in vigore il 5 febbraio 1999.
Tale direttiva ha introdotto un’articolata serie di precetti a presidio della concorrenza nel settore dei servizi aeroportuali di assistenza a terra. In particolare: a) all’art. 4, ha imposto agli enti di gestione di un aeroporto e ai prestatori di servizi di assistenza a terra <>; b) all’art. 8, ha stabilito che <>, prevedendo ancora che <>; c) all’art. 16 par. 3, ha stabilito che <>.
Quindi, per quanto qui soprattutto rileva, la direttiva ha imposto ai gestori aeroportuali di applicare corrispettivi ‘obiettivi’,
ossia legati a prestazioni effettivamente rese e determinate nel loro valore sulla base di una contabilità ‘separata’ e ‘trasparente’.
Il d.lgs. n. 18/99, nell’implementare la direttiva, ha attribuito all’ENAC, fra l’altro, il potere/dovere di vigilare (art. 13 lett. b) affinché <> e affinché (art. 13 lett. d) <>.
Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) con delibera n. 86/2000 ha individuato i corrispettivi aeroportuali da sottoporre a regolamentazione, fra questi prevedendo <>. Il punto 2.4 ss. di detta delibera ha fissato i principi per la quantificazione di detti corrispettivi, mentre il punto 2.1 ha posto l’obbligo per ogni gestore aeroportuale di tenere una contabilità separata ed analitica per ciascun servizio prestato. La medesima delibera ha rinviato a successivi provvedimenti dell’ENAC per la specificazione dei principi e criteri direttivi già enunciati.
Il legislatore nazionale, con il d.l. n. 203/2005, convertito nella legge n. 248/2005, all’art. 11 terdecies ha disposto che <>.
Dopo l’intervento del legislatore nazionale, il CIPE è intervenuto con delibera n. 38/2007 – in sostituzione della propria
precedente delibera n. 86/2000 – ribadendo che <>.
È intervenuto anche l’ENAC che, con alcuni provvedimenti (del 15/9/2006 n. 60600; del 31/10/2006 n. 0070963; del 13/4/2007 n. 0023931; del 19/4/2007 n. 0025269; del 3/5/2007), ha individuato per taluni aeroporti la relazione di connessione ai costi, sia pure pari a circa il doppio dei costi ritenuti dimostrabili.
Tali provvedimenti venivano sottoposti allo scrutinio del giudice amministrativo. In particolare, il Consiglio di Stato con sentenza n. 1416/2009 – dopo aver rilevato (p. 9 ss.) che in via di principio l’ENAC, in considerazione dei poteri di vigilanza e controllo ed esso attribuiti dall’art. 10 lett. d) d. lgs. n. 18/1999 e ribaditi dall’art. 11 terdecies della l. n. 248/2005, aveva il potere di determinare i corrispettivi applicabili da parte dei gestori aeroportuali <> – ha ritenuto (pagg. 13 e ss.) che il prezzo commisurato ai metri cubi erogati fosse di per sé concettualmente illegittimo, in quanto parametrato a un dato per definizione variabile e fluttuante, dovendosi in ogni caso ritenere necessaria la dimostrazione in concreto circa il fatto che l’andamento delle quantità dei carburanti erogati rappresentasse una misura concretamente attendibile e fedele circa l’andamento dei costi variabili di gestione, non risultando nel caso concreto fornita una simile dimostrazione.
A seguito di detta sentenza, l’ENAC ha emanato nota n. 27438 del 24/4/2009, con la quale, in ottemperanza alle indicazioni del Consiglio di Stato, ha quantificato l’ammontare delle fees legittimamente richiedibili dai gestori aeroportuali. Anche detto provvedimento è stato a sua volta impugnato dinanzi al giudice amministrativo, ma il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8031/2024, ha reso definitiva la citata delibera ENAC n. 27438/2009.
È intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), la quale, accertato un abuso di posizione dominante, ha applicato sanzioni sia nei confronti di SEA s.p.a. (provvedimento n. 19189 pubblicato in data 8.1.2009) che nei confronti di AdR (provvedimento n. 19020 pubblicato in data 17.11.2008) in relazione alla quantificazione dei corrispettivi di refuelling addebitati dalle società di gestione aeroportuale alle compagnie petrolifere, ritenendola in violazione del D. Lgs 18/99.
Anche tali provvedimenti sono stati impugnati davanti al giudice amministrativo, che li ha confermati (si cfr., Consiglio di Stato, sent. n. 4016/2010, resa nel secondo grado del giudizio di impugnazione avverso il Provvedimento SEA).
Successivamente, la direttiva n. 104/2014, all’art. 13, ha previsto che: <>; mentre, all’art. 17, ha imposto agli Stati membri di garantire che né l’onere della prova né il grado di rilevanza della prova richiesti per la quantificazione del danno siano di tale entità da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto al risarcimento e che pertanto i giudici nazionali abbiano il potere, a norma delle procedure nazionali, di stimare l’ammontare del danno se è accertato che l’attore ha subito un danno ma è
praticamente impossibile o eccessivamente difficile quantificare con esattezza il danno subito sulla base delle prove disponibili.
In attuazione di tale indicazione, il legislatore nazionale con l’art. 11 del d. lgs, n. 3/2017 ha recepito l’art. 13 della direttiva n. 104/2014, mentre con l’art. 14 ha previsto che il risarcimento del danno si deve determinare secondo le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.
Tutto ciò premesso, il ricorso principale non è fondato.
6.1. Inammissibile e, comunque, non fondato è il primo motivo.
RAGIONE_SOCIALE – che in sede di giudizio di primo grado aveva concluso nel merito chiedendo <> con conseguente condanna di RAGIONE_SOCIALE e, se del caso, di RAGIONE_SOCIALE al pagamento in suo favore della somma azionata (o di quella diversa ritenuta di giustizia), oltre accessori – con il motivo in esame denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., dell’art. 2033 c.c. e dei principi generali in tema di collegamento negoziale, nonché dell’art. 102 TFUE, della direttiva 96/67/CE, art. 16, del d.lgs. n. 18/1999, art. 10, del d.l. n. 203/2005, art. 11-terdecies.
L’inammissibilità del motivo consegue al fatto che RAGIONE_SOCIALE non spiega le ragioni per cui le affermazioni, contenute in punto di diritto nella sentenza impugnata, si pongano in contrasto con le norme denunciate e, in particolare, non precisa quali sarebbero le norme in materia di collegamento negoziale, con cui la decisione impugnata si porrebbe in contrasto. E neppure precisa per quale ragione il rapporto, intercorso a monte tra il gestore aeroportuale e la società petrolifera, ed il rapporto, intercorso a valle tra la società
petrolifera ed il vettore aereo, dovrebbero essere riconducibili al paradigma del collegamento negoziale. Questo, come più volte affermato da questa Corte (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 29288/2024), richiede il ricorrere di un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, e di un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere, non solo gli effetti tipici dei negozi in concreto posti in essere, ma anche il loro coordinamento per la realizzazione di un fine che tali effetti trascende, per assumere una propria autonomia causale).
Inoltre, ed è questo un secondo profilo di inammissibilità – la clausola di pagamento, che si pretende essere nulla, non è stata neppure riportata nel ricorso: circostanza questa che renderebbe già di per sé inammissibile la censura alla luce del generale principio di autosufficienza del ricorso.
Se mai fosse ammissibile, il motivo sarebbe comunque infondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato il principio per cui <> (cfr., tra le tante, Cass. n. 2810/2025 e n. 30713/2018).
Inoltre (Cass. n. 3447/2022 e n. 11294/2020), <>.
Dando applicazione a detti principi la corte territoriale ha rigettato la domanda di ripetizione dell’indebito, proposta da Alitalia, in quanto ha sostanzialmente ritenuto che: a) nel rapporto
tra la società petrolifera ed il vettore lo spostamento patrimoniale trovava la sua legittima causa nel rapporto di compravendita privatistico tra la prima (fornitrice del carburante) e la seconda (acquirente del carburante), rapporto che era connotato dal pagamento di un prezzo remunerativo della merce acquistata e comprensivo dei costi effettivamente sostenuti dal fornitore per procedere alla chiesta consegna; b) Alitalia non aveva provato (ancor prima della consistenza quantitativa dell’indebito azionato) l’invalidità o inesistenza del titolo giustificativo del pagamento effettuato, mentre RAGIONE_SOCIALE aveva provato di aver tenuto un comportamento conforme all’art. 11 terdecies d.l. n. 203/2005 (che vieta ai fornitori l’applicazione di sovrapprezzi non correlati ai costi sostenuti per l’erogazione del servizio), cioè di aver per l’appunto richiesto in rimborso ad Alitalia <>, che aveva effettivamente corrisposto ai gestori aeroportuali (e, quindi, senza alcun ricarico), per cui non era ravvisabile alcuna nullità della pattuizione del contratto di fornitura che prevedeva il riaddebito di costi per servizi aeroportuali; c) l’eventuale comportamento illecito, per abuso di posizione dominante, da parte dei gestori aeroportuali, nell’imporre il pagamento di compensi non integralmente correlati ai costi, avrebbe potuto se del caso fondare una pretesa risarcitoria da parte di chi aveva subito il danno nei confronti di chi quel danno aveva provocato, ma non rendeva privo di causa il pagamento, che RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto da Alitalia, di somme corrispondenti (senza alcuna maggiorazione) alle fees , che erano state pagate da RAGIONE_SOCIALE ai gestori aeroportuali (nei cui confronti Alitalia non ha mai esteso la propria domanda) e, in particolare, non rendeva nullo il contratto di compravendita, intercorso con soggetti, rimasti estranei all’abuso.
La correttezza dell’ iter motivazionale che precede, peraltro, si pone in linea con quanto argomentato da Cass. n. 13158/2020 in una fattispecie in cui una compagnia petrolifera aveva presentato
opposizione contro il diniego di ammissione al passivo di Alitalia per crediti per rimborso delle fees . Nella motivazione dell’ordinanza (p. 8) questa Corte ha testualmente affermato: <>.
In definiva ed in estrema sintesi, contrariamente a quanto afferma la società ricorrente, la corte territoriale ha correttamente rigettato la domanda di ripetizione, in quanto il pagamento di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE non era indebito: a) sia perché trovava la sua causa nel rapporto privatistico di compravendita intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, distinto rispetto al rapporto tra la compagnia aerea e il gestore aeroportuale; b) sia perché RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato di aver sostenuto il costo che ha poi richiesto in rimborso ad Alitalia (riscuotendo le stesse somme che ha corrisposto alle società di gestione aeroportuale, senza alcun ricarico); c) sia perché non è ravvisabile alcuna nullità delle clausole contrattuali che prevedano il ritrasferimento di costi documentati (RAGIONE_SOCIALE, come società petrolifera, si è limitata a trasferire un costo effettivamente sostenuto e non ha commesso alcun illecito anticoncorrenziale); d) sia perché l’eventuale illecito antitrust, commesso dai gestori aeroportuali, avrebbe giustificato l’azione risarcitoria nei confronti degli stessi, ma non comporta un’automatica nullità del contratto tra Tamoil e Alitalia.
6.2. Per effetto della ritenuta infondatezza del motivo primo, restano assorbiti i motivi secondo, terzo, quarto ed ottavo.
Quanto a quest’ultimo, si precisa soltanto che, contrariamente a quanto ritenuto da Alitalia, la corte territoriale non ha affatto ritenute ‘assorbite’ le questioni dell’appello incidentale di Alitalia, ma le ha ritenute ‘infondate’ a seguito del rigetto della domanda principale. Tale essendo il dictum della corte territoriale, Alitalia si è limitata a riproporre i motivi di appello incidentale, mentre avrebbe dovuto formulare un autonomo e specifico motivo di ricorso per cassazione specifico contro la statuizione di rigetto.
6.3. Infondato è anche il motivo quinto, ma la motivazione della sentenza impugnata va sul punto corretta.
Vero è che, secondo consolidato orientamento di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 3640/09, n. 5941 e n. 5942/2011, n. 7039/2012, n. 18176/2019) le delibere assunte dall’AGCM nonché le decisioni dei giudici amministrativi, che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle delibere, costituiscono, in relazione all’autorevolezza dell’organo da cui promanano ed agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata (‘prova privilegiata’).
Senonché, nel caso di specie, la corte territoriale ha rigettato anche la domanda di natura extracontrattuale, fondata sulla sussistenza di un comportamento abusivo, definendo il giudizio sulla base della ‘ragione più liquida’, individuata in quella dell’accertato passing on sollevata sia da RAGIONE_SOCIALE sia dai terzi chiamati RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Precisamente, l’ iter argomentativo della corte di merito si è sostanzialmente svolto attraverso i seguenti passaggi motivazionali: a) il c.d. passing-on (cioè la traslazione del costo delle airport fees sui consumatori finali, cioè i passeggeri) è un
elemento che incide sulla sussistenza stessa del danno; b) pertanto, in conformità ai criteri di ripartizione dell’onere della prova fissati dall’art. 2697 c.c., sarebbe stato onere di Alitalia provare la mancata traslazione del danno; c) a tale conclusione occorrerebbe pervenire anche applicando il principio di ‘vicinanza della prova’, sul presupposto che Alitalia, in quanto vettore aereo, era nella posizione più idonea a dimostrare di non aver trasferito i costi sui passeggeri; d) nessun rilievo possono avere nel caso di specie le disposizioni di cui all’art. 13 della direttiva 2014/104/UE ed all’art. 11 del d. lgs. n. 3/2017, in quanto non retroattive e non applicabili a giudizi introdotti prima del dicembre 2014, quale per l’appunto il giudizio di merito concluso con la qui gravata sentenza. Osserva la Corte che, nel caso di specie (avente ad oggetto la richiesta restitutoria, introdotta nell’agosto 2013, in relazione a importi pagati fino al termine dell’anno 2009), l’infondatezza della domanda risarcitoria (enucleata da entrambi i giudici di merito) deriva dal fatto che RAGIONE_SOCIALE ha diretto la sua domanda a RAGIONE_SOCIALE e (‘se del caso’) alla sua cessionaria RAGIONE_SOCIALE e, a seguito della chiamata in causa da parte di RAGIONE_SOCIALE dei gestori aeroportuali (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), non ha esteso la sua domanda anche nei confronti di questi ultimi (che, in ipotesi, sarebbero gli autori effettivi dell’abuso di posizione dominante e illecito antitrust).
In tale contesto processuale, qualsivoglia condanna di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata infondata, in quanto RAGIONE_SOCIALE era semplice intermediaria nella ‘filiera aeroportuale’ ed RAGIONE_SOCIALE era mera cessionaria dei crediti di RAGIONE_SOCIALE: quindi, entrambe le convenute erano soggetto diverso dal responsabile del possibile illecito antitrust.
Non risulta adeguatamente sviluppato – né nella qui gravata sentenza (a significativa differenza di casi simili decisi dalla stessa corte territoriale, nei quali vi è espressa statuizione sul punto), né nel ricorso – alcuno specifico argomento o elemento per configurare
un autonomo ruolo efficiente concausale, connotato dei medesimi requisiti soggettivi e oggettivi indispensabili per la stessa configurazione dell’illecito, nella verificazione del danno da parte delle sole destinatarie delle domande risarcitorie, cioè le intermediarie nella percezione delle airport fees .
Orbene, il giudice del merito ha reputato raggiunta la prova dell’avvenuto passing on in base ad una serie di elementi e circostanze, specificamente indicati, acquisiti al processo indipendentemente dalla parte che ne sarebbe stata correttamente onerata e, pertanto, in piena applicazione del principio di acquisizione della prova: e tale conclusione integra un accertamento di fatto, in quanto tale insuscettibile di censura nella presente sede di legittimità, neppure potendo valere ad inficiarla per quanto si dirà in ordine al motivo settimo – le considerazioni in fatto sviluppate dalla odierna ricorrente.
Può restare, quindi e in dipendenza del concreto sviluppo argomentativo della gravata sentenza (peculiare rispetto ad altro caso, oggetto di separato ricorso su vicenda analoga, discusso all’odierna udienza), in questa sede impregiudicata la questione se il mancato trasferimento del costo integri un fatto costitutivo o estintivo del diritto azionato da Alitalia, come pure resta impregiudicata la questione della portata innovativa delle disposizioni di cui alla direttiva n. 104/2014 ed al d. lgs. n. 3/2017, fermo restando che detta normativa non può trovare applicazione in controversie quali quella in esame (avente ad oggetto la richiesta restitutoria, introdotta nell’agosto 2013, in relazione a importi pagati fino al termine dell’anno 2009) stante l’inapplicabilità temporale delle citate disposizioni (non aventi valenza retroattiva, per i giudizi introdotti antecedentemente al dicembre 2014, ex art. 22 direttiva citata).
6.4. Per effetto del rigetto del quinto motivo restano assorbiti i motivi sesto e settimo.
Il settimo motivo, quand’anche non fosse assorbito, sarebbe comunque inammissibile sotto plurimi profili.
In primo luogo, Alitalia si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo della controversia: la condizione operativa ‘deficitaria’ in cui la stessa versava negli anni di causa. In altri termini, secondo Alitalia, detta condizione sarebbe stato un fatto impeditivo alla traslazione del danno subito e nel giudizio di merito ha prodotto i propri bilanci, generalmente in perdita, per dimostrare che non vi potesse essere stata alcuna traslazione del danno sui passeggeri. Senonché detta condizione, quand’anche la si voglia ritenere fatto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c., è stata comunque implicitamente esaminata dalla corte territoriale, che l’ha considerata non decisiva alla luce della espletata ctu e delle sue conclusioni.
Inoltre, la denuncia in esame si traduce in una inammissibile richiesta di riesame del merito della controversia, richiedendo una rivalutazione della rilevanza della condizione finanziaria deficitaria di Alitalia ai fini del passing on .
Ed ancora, trattandosi di questione, di cui non vi è espressa traccia in sentenza, sarebbe stato onere di Alitalia indicare dove e in che termini la questione era stata posta al giudice del merito in tali esatti termini.
Infine, dei documenti a sostegno di detta sua argomentazione parte ricorrente non riporta adeguatamente il contenuto.
D’altronde il motivo, quand’anche non fosse inammissibile, sarebbe comunque infondato, in quanto dal giudizio di merito (e, in particolare, dalla espletata ctu, di cui la sentenza impugnata riporta ampi stralci) è risultato che non era emerso un nesso causale diretto tra le perdite e il passing on .
Non può infine non essere rilevato che le perdite di bilancio non provano di per sé che Alitalia non abbia ‘coperto’ le airport
fees trasferendole sul prezzo del biglietto, potendo comunque esse trovare altre giustificazioni, che qui non rilevano.
Per le ragioni che precedono – dichiarati non fondati il primo ed il quinto motivo di ricorso ed assorbiti gli altri – il ricorso principale deve essere rigettato.
Dal rigetto del ricorso principale consegue l’assorbimento dei due ricorsi incidentali condizionati.
Le spese processuali vengono compensate tra tutte le parti in considerazione dell’alterno epilogo dei due giudizi di merito, della sostanziale novità di alcune delle questioni di diritto poste a base della decisione gravata, nonché della correzione della motivazione della gravata sentenza in ordine alla questione oggetto del motivo quinto.
Al rigetto del ricorso principale consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso principale, dichiarati infondati i motivi primo e quinto ed assorbiti tutti gli altri motivi;
-dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto da RAGIONE_SOCIALE, nonché il ricorso incidentale condizionato proposto da AdR;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.