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Convivente superstite: diritto di restare nella casa

Il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta degli eredi di accedere alla casa familiare del defunto, riconoscendo il diritto prevalente del convivente superstite di continuare ad abitarvi. L’accesso temporaneo concesso agli eredi è stato qualificato come mera ospitalità e non come acquisizione del possesso. La decisione stabilisce che il convivente superstite può legittimamente cambiare le serrature per tutelare il proprio domicilio, senza che ciò costituisca uno spoglio illegittimo nei confronti degli eredi.

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Il Diritto del Convivente Superstite di Abitare la Casa Familiare

La scomparsa di una persona cara apre scenari complessi non solo sul piano emotivo, ma anche su quello legale, specialmente quando si tratta di definire la sorte della casa familiare. Una recente ordinanza del Tribunale di Torino fa luce su un conflitto comune: quello tra gli eredi del defunto e il convivente superstite. La decisione chiarisce con fermezza che il diritto del partner di continuare a vivere nella casa prevale sulle pretese degli eredi, anche se questi hanno acquisito la proprietà per successione.

I Fatti di Causa

Alla morte di un uomo, i suoi due figli, eredi di 2/3 del patrimonio, si recano presso la villa dove il padre viveva per prendere visione dei beni. Poco dopo, scoprono che la partner del padre, istituita erede per il restante 1/3 insieme a un’altra persona, ha apposto nuovi lucchetti ai cancelli, impedendo loro l’accesso. Gli eredi agiscono in giudizio con un’azione di reintegrazione, sostenendo di essere stati spogliati del loro possesso acquisito per eredità.

La convivente si difende affermando di aver agito per proteggere il proprio domicilio, dove viveva stabilmente con il compagno da anni e dove si trovavano i loro quattro cani. Sostiene di aver consegnato le chiavi ai figli solo per cortesia e per un breve periodo, e che la loro presenza nella villa è stata semplice ospitalità, non un’acquisizione di possesso.

La Tutela Rafforzata del Convivente Superstite

Il Tribunale ha esaminato la natura del rapporto tra il defunto e la sua partner, accertando, tramite numerose testimonianze, l’esistenza di una stabile convivenza more uxorio. Questo punto è cruciale, perché la Legge n. 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà) accorda una tutela specifica al convivente superstite.

La legge stabilisce che, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha il diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni, o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore, e comunque non oltre i cinque anni. Questo diritto di abitazione configura una “detenzione qualificata”, ossia un potere sulla casa tutelato legalmente, anche nei confronti degli eredi-proprietari.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il giudice ha rigettato la domanda degli eredi, basando la decisione su tre pilastri fondamentali. In primo luogo, ha distinto il possesso acquisito dagli eredi iure hereditario, che è un possesso puramente giuridico (animo), dal possesso materiale (corpore). Gli eredi non avevano mai avuto il possesso fisico della villa prima della morte del padre. La loro breve permanenza dopo il decesso è stata interpretata come una concessione ospitale da parte della convivente e non come l’instaurazione di un vero e proprio possesso da tutelare.

In secondo luogo, il Tribunale ha riconosciuto che la convivente, in quanto detentrice qualificata, aveva il pieno diritto di difendere il suo domicilio. L’apposizione dei lucchetti non è stata considerata un atto di spoglio illegittimo (animus spoliandi), ma una legittima reazione per impedire accessi non autorizzati alla propria abitazione, una volta che gli eredi non avevano restituito le chiavi ricevute.

Infine, la decisione sottolinea che il diritto del convivente superstite previsto dalla Legge Cirinnà è una lex specialis che prevale sulle norme generali della successione. Tale diritto di continuare a vivere nella casa familiare è esclusivo e mira a proteggere la stabilità abitativa del partner superstite, impedendo che venga estromesso dall’ambiente domestico subito dopo un evento traumatico come la perdita del compagno.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un importante chiarimento pratico: il diritto di abitazione del convivente superstite è forte e immediatamente tutelabile. Gli eredi, seppur divenuti proprietari, non possono pretendere di coabitare né di estromettere il partner dalla casa familiare per il periodo previsto dalla legge. La sentenza conferma inoltre che, per l’esistenza di una convivenza di fatto, non è determinante la registrazione anagrafica della residenza, ma la situazione di fatto di stabilità, affettività e coabitazione. Per gli eredi, ciò significa dover rispettare questo diritto, riconoscendo che il loro possesso ereditario non consente di interferire con il domicilio del convivente superstite.

L’erede del proprietario può cacciare di casa il convivente superstite?
No. Secondo la Legge n. 76/2016 e come confermato dalla decisione, il convivente superstite ha il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo determinato (da due a cinque anni). L’erede, pur subentrando nella proprietà, non può estrometterlo legittimamente.

Il convivente superstite, per essere tutelato, deve avere la residenza anagrafica nella casa familiare?
No. La decisione chiarisce che la registrazione anagrafica non ha effetto costitutivo. La convivenza di fatto è un fenomeno giuridico che preesiste alla dichiarazione anagrafica e può essere provata con ogni mezzo, come le testimonianze, che dimostrino la stabilità del legame affettivo e della coabitazione.

Gli eredi che ricevono le chiavi dal convivente superstite per pochi giorni acquisiscono il possesso della casa?
No. Il Tribunale ha stabilito che una tale situazione non costituisce acquisizione del possesso corpore. Si tratta di una relazione con l’immobile basata su cordialità e ospitalità, insufficiente a fondare una tutela possessoria. Il possesso degli eredi rimane puramente giuridico (iure hereditario) e non materiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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