Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 52 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 52 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17720/2022 R.G. proposto da
AGENZIA delle ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO
: ope
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di QUIRAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Genova n. 637/2022 depositato il 20/6/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da Agenzia delle Entrate-Riscossione (nel prosieguo, per brevità, ADER) a titolo di versamento del contributo al finanziamento per l’Autor ità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM, per brevità) per gli anni 2019 e 2020 (così come calcolati sulla base del bilancio al 31
dicembre 2017 e della dichiarazione IRAP relativa al 2018), dato che la società era stata dichiarata fallita in data 7 settembre 2018 e nel corso della procedura non era stato disposto lo svolgimento dell’esercizio provvisorio.
Il Tribunale di Genova rilevava che l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE era infondata nel merito, per difetto di prova dei crediti oggetto delle domande di insinuazione, dato che l’agenzia non aveva prodotto in giudizio le deliberazioni con cui ogni anno l’a utorità determinava la misura del contributo, né aveva provato il superamento del limite dei ricavi totali in misura superiore a cinquanta milioni di euro.
Osservava, inoltre, che il fallimento non era tenuto al versamento ad AGCM del contributo previsto dall’art. 10, comma 7 -ter , l. 287/1990, poiché tale contributo era dovuto da imprese, mentre la procedura non aveva continuato l’attività di impresa della fallita.
Sottolineava che questa interpretazione era stata avvalorata dalla Consulta e risultava addirittura condivisa dalla stessa AGCM, nelle risposte fornite all’interno del proprio sito alle FAQ.
Riteneva alla luce di quest’ultima circostanza, del tenore della corrispondenza intercorsa fra la curatela e AGCM prima della presentazione dell’istanza di ammissione al passivo e della mancata accettazione della proposta formulata dal giudice ex art. 185bis cod. proc. civ. – che parte opponente avesse agito in giudizio quanto meno con colpa grave, condannando la stessa, ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. civ., al risarcimento dei danni nella misura, equitativamente determinata, di € 2.418.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, pubblicato in data 20 giugno 2022, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli
artt. 2697 cod. civ., 112, 115 e 116 cod. proc. civ., in quanto il tribunale ha rilevato la mancata produzione delle delibere di AGCM senza considerare che le stesse erano pubbliche, consultabili sul sito internet dell’ente e come tali non necessitavano di essere prodotte in giudizio, trattandosi di atti che si presumevano conoscibili.
Peraltro, la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del contributo era pacifica tra le parti e non era mai stata contestata dalla curatela, la quale non aveva mai eccepito il mancato superamento del limite di cinquanta milioni di euro dei ricavi totali e non aveva mai contestato le modalità di calcolo del contributo.
In ogni caso, il tribunale, anziché rigettare il ricorso sul punto, avrebbe potuto eventualmente ordinare l’integrazione della prova, al fine di verificare la fondatezza della domanda di ADER.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 10, commi 7ter e 7quater , l. 287/1990: in caso di apertura di una procedura concorsuale -sostiene l’agenzia ricorrente – la società, ove non prosegua l’attività economica, non deve più i contributi al finanziamento per AGCM, salvo quelli relativi ad anni d’imposta in cui la società era in bonis , in quanto, diversamente opinando, l’assoggettamento a una procedura c oncorsuale diverrebbe una causa estintiva dell’obbligazione.
Questo contributo, infatti, inerisce all’anno di esercizio, giacché è relativo al fatturato di quell’anno, ancorché venga incassato l’anno successivo a quello dell’approvazione del bilancio ad esso relativo.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano il primo in parte infondato, in parte inammissibile, il secondo inammissibile.
5.1 Il tribunale ha ritenuto che l’opposizione fosse infondata nel merito, ‘ sia per difetto di prova dei crediti oggetto delle domande di insinuazione, sia per non essere il fallimento medesimo tenuto al versamento all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del
contributo di cui l’art. 10 c. 7 ter L. 287/1990 ‘ (v. pag. 11 del decreto impugnato).
Una simile decisione si fonda, all’evidenza, su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla.
5.2 Rispetto alla prima ratio decidendi l’odierna ricorrente sostiene che la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del contributo in parola era pacifica tra le parti e mai contestata dalla curatela.
L’assunto non corrisponde, tuttavia, al tenore delle difese assunte dalla procedura nel corso del giudizio di opposizione, posto che la stessa, nel costituirsi in giudizio (con memoria trascritta all’interno del provvedimento impugnato, a pag. 7), aveva espressamente eccepito che ‘ non stati prodotti in giudizio documenti da cui risulterebbe che il Fallimento sia soggetto all’art. 10, c. 7 -ter, l. 287/1990 ‘.
Una simile difesa poneva in contestazione il ricorrere dei presupposti di fatto previsti dall’art. 10, c. 7 -ter , l. 287/1990 per la contribuzione al funzionamento dell’AGCM, la cui dimostrazione rimaneva a carico del creditore opponente ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. senza che fosse possibile fare ricorso alla regola prevista dall’art. 115, comma 1, cod. proc. civ..
Parte ricorrente non può poi dolersi del fatto che il tribunale non abbia ordinato l’integrazione della prova, dato che non risulta che ADER abbia mai presentato un’istanza in questo senso (v. Cass. 22711/2010) e, in ogni caso, perché l’ordine di esibizione è uno strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi, la cui emanazione è discrezionale e insindacabile in sede di legittimità (Cass. 4504/2017).
5.3 La ritenuta infondatezza delle censure mosse alla prima delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte
oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
5.4 In chiava nomofilattica, ritiene tuttavia la Corte di dover provvedere alla correzione del provvedimento gravato, ai sensi dell’art. 384, comma 4, cod. proc. civ., a proposito della tesi confutata attraverso il secondo motivo di ricorso. Tale motivo difatti, pur non assumendo efficacia causale ai fini della decisione della lite in ragione di quanto appena illustrato, sarebbe in astratto fondato.
L’art. 10, comma 7ter , l. 287/1990
Questo contributo, come indicato dalla Consulta con sentenza n. 269/2017 (con un arresto poi seguito dalle Sezioni Unite di questa Corte con ordinanza n. 10577/2020), è una prestazione imposta di tipo tributario, dal momento che ha carattere coattivo, prescinde completamente da qualsiasi rapporto sinallagmatico con l’AGCM, è connessa a un presupposto economico che viene assunto a indice di capacità contributiva ed è destinata a finanziare le spese di funzionamento dell’agenzia in relazione ai servizi che essa è istituzionalmente chiamata a svolgere.
L’ultimo periodo della norma non lascia dubbi sul fatto che
finanziare le spese di funzionamento dell’agenzia in relazione ai servizi che la stessa è istituzionalmente chiamata a svolgere e intende ripartire gli oneri economici concernenti la prestazione di un servizio pubblico teso a garantire la tutela della concorrenza e il funzionamento del mercato tra i soggetti che giustificano l’esistenza di un garante in questo ambito e che nei fatti maggiormente impegnano la sua attività).
L’obbligazione legale tributaria nasce nel momento in cui l’esercizio genera il presupposto da cui la stessa dipende, costituito -stando alla lettera della norma dal raggiungimento ad opera dell’impresa di una determinata soglia di ricavi, e risulta di pertinenza dell’anno in cui questi ultimi sono ottenuti (divenendo così un credito concorsuale nel caso in cui l’esercizio si sia chiuso prima della dichiarazione di fallimento).
L’esigibilità di questa obbligazione tributaria è poi differita al momento in cui il bilancio viene approvato e l’AGCM determina , ai sensi dell’art. 10, comma 7 -quater , l. 287/1990, la misura e le modalità con cui lo stesso deve essere corrisposto.
In altri termini, il fine di destinazione (vale a dire la contribuzione alle spese dell’agenzia) è solo ciò che rende la prestazione effettivamente esigibile, ma non il suo presupposto; ciò implica che il credito già esista nel momento dell’approvazione de l bilancio e dell’individuazione , ad opera di AGCM, della sua misura e delle modalità di contribuzione, abbia natura concorsuale ove correlato a un presupposto verificatosi prima del fallimento e possa, di conseguenza, essere insinuato al passivo della procedura.
6. Il terzo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 96, comma 1, cod. proc. civ., in quanto il tribunale ha condannato ADER anche per responsabilità aggravata, ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. civ. pur in assenza dei presupposti per l’applicazione della norma; infatti, da un lato mancava totalmente
l’elemento soggettivo della mala fede o colpa grave, che il tribunale ha tentato di far risalire alla normale resistenza, in giudizio, all’eccezione di controparte, dall’altro la piena prova del danno che la controparte aveva subito in conseguenza della condotta dell’opponente.
7. Il motivo è inammissibile.
Il tribunale ha condannato COGNOME per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. civ. presumendo l’esistenza del pregiudizio lamentato, ravvisando il ricorrere di una colpa grave e liquidando l ‘ entità del danno in via equitativa.
Questo accertamento del ricorrere di un’ipotesi di responsabilità aggravata rientra nei compiti del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (Cass. 7222/2022), come nel caso di specie.
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.
La natura e la difficoltà delle questioni esaminate costituiscono una grave ed eccezionale ragione, analoga a quelle normativamente previste, che giustifica in questa sede la compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. 132/2014 e dalla sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 28 novembre 2024.