Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2722 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 2722  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32481/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  MILANO  n.  1052/2020 depositata il 04/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Milano il Banco Popolare RAGIONE_SOCIALE coopRAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna alla restituzione delle somme pagate a titolo di interessi in relazione a un contratto di mutuo nonché alla restituzione di quanto versato in forza di un contratto in derivati.
La società attrice esponeva che in data 9.3.2012 aveva acquistato un immobile del valore di € 1.200.000,00 a mezzo di un mutuo da restituire a tasso variabile in 120 rate mensile; contestualmente al mutuo, la banca aveva imposto all’attrice anche la stipula di un contratto collegato di interest rate swap con finalità di copertura del rischio di innalzamento dei tassi di interessi; che aveva deciso in data 17.12.2012 di estinguere anticipatamente il mutuo versando alla Banca una penale pari all’1% del capitale ancora da restituire.
L’attrice  sosteneva  di  aver  chiesto  alla  Banca  di  poter  estinguere anche il contratto in derivati in quanto era venuto meno il rischio da coprire.
Affermava che l’Istituto di credito aveva ingiustificatamente condizionato  l’estinzione  di  detto  contratto  al  pagamento  di  un mark to market di € 62.000,00.
Affermava  che  il  contratto  di  mutuo  prevedeva  sin  dalla  stipula l’applicazione di tassi di mora in misura superiore al tasso soglia in materia di usura sicché la banca era tenuta alla restituzione della somma di € 59.375,99; che la funzione di copertura dell’IRS aveva determinato un collegamento negoziale tra il contratto di mutuo e il
contratto in derivati, e conseguentemente una volta risolto anticipatamente il primo anche il secondo doveva cessare i propri effetti.
 –  Si  costituiva  il  Banco  popolare  soc  coop  evidenziando  la legittimità  delle  pattuizioni  contenute  nel  contratto  di  mutuo  e  la mancanza di un collegamento negoziale fra i due contratti.
– Il Tribunale di Milano con sentenza nr 7885/2018 respingeva la domanda attorea.
 –  Avverso  tale  decisione  RAGIONE_SOCIALE  proponeva  appello avanti alla Corte di appello di Milano . Si  costituiva  il  Banco  Popolare  soc  coop  chiedendo  il  rigetto  del
gravame.
 –  Con  sentenza  nr  1052/2020  la  Corte  distrettuale  rigettava l’appello  rilevando  che  la  domanda  originaria  introdotta  in  causa era  stata  basata  sull’avvenuta  perdita  della  funzione  di  copertura del rischio del contratto  in derivati per  effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento assumendo  successivamente una funzione speculativa.
Osservava il giudice del merito che in via alternativa l’attrice aveva dedotto che il contratto di swap era ab origine invalido per difetto di  una  causa  concreta  non  avendo  mai  assolto  alla  funzione  di copertura.
Sottolineava  che  il  Tribunale  aveva  affermato  che  il  contratto  in derivati a seguito dell’estinzione anticipata del contratto di mutuo aveva mantenuto la sua operatività trasformando la sua finalità da copertura  in  derivato  speculativo  per  la  cessazione  del  rischio  di innalzamento dei tassi di interesse collegato al contratto di mutuo.
Osservava la Corte distrettuale che il mutamento funzione di detto contratto era legato non già alla mancanza originaria o sopravvenuta  di  alea  ma  da  una  scelta  della  parte  attrice  di mantenere  in  essere  il  derivato  nonostante  la  risoluzione  del contratto  di  mutuo  sottostante,  scelta  concretizzatasi  nel  rifiuto  a corrispondere il prezzo di chiusura anticipata e che tale affermazione non era stata adeguatamente censurata dall’appellante.
Su queste basi escludeva pertanto che l’appellante potesse vantare un diritto alla restituzione dei flussi finanziari generati dal contratto di swap atteso che lo stesso aveva mantenuto la sua validità dopo la risoluzione del contratto di mutuo.
Osservava  poi  che  la  domanda  di  nullità  per  difetto  di  causa  del contratto in derivato si poneva  in  palese  contraddizione  con l’impostazione difensiva di parte attrice che aveva sempre sostenuto  la  perdita  della  funzione  originaria  di  copertura  con l’estinzione del contratto di mutuo.
Avverso  tale  decisione  RAGIONE_SOCIALE  ha  proposto  ricorso  per cassazione  affidato  a  sei  motivi  cui  ha  resistito  il  Banco  Popolare con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritenuto che:
con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art 132 c.p.c. in relazione all’art 360 nr 4 c.p.c.
per  avere  la  Corte  di  appello  confermato  la  sentenza  impugnata dando  evidenza  della  corretta  valutazione  compiuta  dal  Tribunale senza spiegare e/o illustrare attraverso quali elementi/fatti/indagini sia pervenuta a tale conclusione.
Con il  secondo  motivo  si  denuncia  l’omesso  esame  circa  un  fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti in riferimento all’art  360 nr 5 c.p.c.per non aver considerato la Corte di appello
un fato decisivo vale a dire che il contratto in derivati non aveva mai avuto in concreto funzione di copertura
Con  un  terzo  motivo  si  deduce  la  violazione  e  falsa  applicazione dell’art 1418 c.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per  avere  la  Corte  di  appello  respinto  la  domanda  di  nullità  per difetto di alea o di causa senza accertare le caratteristiche rivestite in concreto  dal contratto derivato e quale  fosse la funzione realmente svolta dallo stesso
Con  un  quarto  motivo  si  critica  la  decisione  sotto  il  profilo  della violazione  e  falsa  applicazione  dell’art  112  c.p.c.  .  in  relazione all’art  360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello basato il suo ragionamento su un presupposto errato vale a dire la sussistenza  in  concreto  della  finalità  di  copertura  del  derivato diversamente da quanto sostenuto dall’odierna ricorrente negli atti di causa
Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art 1322 c.c., dell’art 21 TUF, dell’art 26 Regolamento Consob nr 11522/98 della determinazione Consob DI/99013791 del 1999 in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per non avere la Corte  di  appello  verificato  se  il  contratto  swap  avesse  assolto  in concreto alla funzione di copertura.
Con il sesto motivo si deduce l’omesso esame della perizia di parte e l’omessa/errata valutazione
Circa  la  richiesta  di  c.t.u.  in  relazione  all’art  360  nr  5  c.p.c.  per avere la Corte di appello ritenuto di non dare ingresso alla c.t.u. ed omesso  ogni  valutazione  in  ordine  alle  risultanze  eventualmente acquisite  a  seguito  di  una  consulente  tecnica  sulla  scorta  di  una motivazione erronea.
Il primo motivo è infondato.
Per principio ormai consolidato, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. 6 – 3, n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 6 – 3, n. 22598 del 25/09/2018).
Nel caso in esame, l’affermazione ritenuta immotivata è in realtà corredata da una serie di passaggi argomentativi nei quali la corte territoriale riporta anche le argomentazioni condivise del giudice di primo grado il quale aveva ritenuto valido ed efficace il contratto di swap per scelta della parte attrice di mantenere in essere il derivato a causa del rifiuto di corrispondere il prezzo di chiusura anticipata malgrado lo stesso avesse perduto la funzione di copertura contro il rischio di innalzamento dei tassi di interesse collegati al mutuo.
Ha  quindi  escluso  che  l’appellante  potesse  vantare  il  diritto  alla restituzione  dei  ratei  generati  dal  contratto  di swap stante  la validità ed efficacia del contratto.
Ha poi ritenuto che la domanda di nullità del contratto in derivato formulata in via alternativa fosse in contraddizione con l’impostazione  difensiva  della  parte  appellante  la  quale  aveva sempre  sostenuto  che  il  contratto  swap  aveva  perduto  la  sua funzione di copertura nel momento  in cui RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto ad estinguere il contratto di finanziamento.
La  sentenza  impugnata  si  pone  ben  al  di  sopra  del  minimo costituzionale essendo perfettamente ricostruibile l’ iter logico seguito dai giudici di secondo grado che ha condotto al rigetto del gravame.
Il secondo motivo è inammissibile.
La  presenza  di  una  doppia  decisione  conforme  di  merito ex art. 348ter c.p.c.,  infatti  osta  ad  una  censura  sulla  ricostruzione fattuale.
La sentenza impugnata nel rigettare l’appello è conforme a quella di primo grado il che rende inammissibili il motivo in esame.
Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: Nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014), adempimento non svolto. Va invero ripetuto che ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla pronuncia cd. doppia conforme si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto (id est, ai giudizi di appello introdotti dal giorno 11 settembre 2012). Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ricorre l’ipotesi di “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa,
non  ostandovi  che  il  giudice  di  appello  abbia  aggiunto  argomenti ulteriori  per  rafforzare  o  precisare  la  statuizione  già  assunta  dal primo giudice (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193-01).
Nella specie la motivazione della sentenza di appello è integralmente confermativa di quella del giudice di primo grado e infatti la ricorrente non indica alcuna difformità tra le due al fine di rendere  ammissibile  la  censura  di  omesso  esame  di  un  fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
A  tali  assorbenti  considerazioni  si  aggiunge  che  parte  ricorrente non  individua  alcun    fatto  storico  decisivo  il  cui  esame  sarebbe stato omesso dalla Corte d’Appello ma  sollecita un diverso apprezzamento delle risultanze di causa.
Il  terzo  ,  quarto  motivo  e  quinto  motivo,  che  meritano  un  vaglio congiunto per l’intima connessione in quanto diretti a contestare la decisione  nella  parte  in  cui  ha  respinto  la  domanda  di  nullità  in quanto in contraddizione con l’impostazione difensiva, sono inammissibili per difetto di autosufficienza in quanto non riproducono  il  contenuto  degli  atti  che  possano  fornire  a  questa Corte elementi di giudizio sul tema oggetto delle censure.
La  ricorrente  avrebbe  dovuto  trascrivere  almeno  nei  suoi  tratti essenziali il contenuto dell’atto di citazione introduttivo del giudizio e i motivi di gravame con cui ha criticato il ragionamento del primo Giudice appello per far comprendere a questa Corte se dal tenore dello stesso fosse evincibile quella contraddizione della linea difensiva rilevata dal giudice del gravame.
La deduzione  di errores  in  procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181): la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo , in relazione ai  quali  la  Corte  è  anche  giudice  del  fatto,  potendo  accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito,
non esclude, infatti, che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (così Cass. 13 marzo 2018, n. 6014: cfr. pure: Cass. 25 settembre 2019, n. 23834; Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410).
Va peraltro aggiunto che l’interpretazione operata dal giudice di appello, riguardo al contenuto e all’ampiezza della domanda giudiziale, è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione e, a tal riguardo, il sindacato della Corte di cassazione comporta l’identificazione della volontà della parte in relazione alle finalità dalla medesima perseguite, in un ambito in cui, in vista del predetto controllo, tale volontà si ricostruisce in base a criteri ermeneutici assimilabili a quelli propri del negozio, diversamente dall’interpretazione riferibile ad atti processuali provenienti dal giudice, ove la volontà dell’autore è irrilevante e l’unico criterio esegetico applicabile è quello della funzione obiettivamente assunta dall’atto giudiziale (Cass. n. 8473 del 2020).
Parte ricorrente contrappone, inammissibilmente, una propria autonoma interpretazione del contenuto delle domande avanzate, basata,  peraltro,  sulla  selezione  solo  parziale  delle  richieste  dalla stessa avanzate.
Il sesto motivo è inammissibile.
In  primo  luogo,  la  violazione  dell’art.  360  c.p.c.,  comma  1,  n.  5, non può essere fatta valere nel caso di doppia conforme, ostandovi la prescrizione di cui all’art. 348 ter c.p.c. e non avendo i ricorrenti
dimostrato la diversità della base fattuale sulla scorta della quale le due  sentenze  di  merito  conformi  sono  state  emesse  (ex  multis cfr. Cass. 23/06/2017, n. 15647).
Peraltro, quand’anche fosse stato possibile per la ricorrente dedurre il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,va ricordato che, in ogni caso: i) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, , riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 395 del 2021; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 4477 del 2021, in motivazione; Cass. n. 395 del 2021, in motivazione, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017); non costituiscono, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014).
Giova premettere, invero, che, come recentemente ribadito da Cass. n. 35782 del 2023 (cfr. in motivazione), il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra sì nel potere discrezionale del giudice del merito (cfr. Cass. n. 326 del 2020), ma va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, con conseguente sindacabilità in sede di legittimità, sotto il profilo della
mancata adeguata motivazione, della decisione di procedere (o non procedere, come nel caso in esame) alla richiesta di intervento di ausiliare  tecnico  in  materia  (cfr.  Cass.  n.  72  del  2011,  anch’essa richiamata,  in  motivazione,  dalla  più  recente Cass.  n.  37027  del 2022).
Fermo quanto precede, rileva il Collegio che la corte di appello ha motivato il diniego della c.t.u. in quella sede invocata dall’appellante, ritenendola “del tutto esplorativa”, in quanto diretta a verificare se la funzione del contratto in derivato fosse compatibile con la finalità di copertura di rischio di variazione dei tassi di interesse del contratto di mutuo, sul presupposto evidentemente affatto esaustivo che la stessa aveva sostenuto la perdita della finalità di copertura solo quando RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto all’estinzione anticipata del mutuo.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese di legittimità liquidate in €  15.000,00 oltre ad € 200,00 per rimborso spese ed al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma 29.1.2025
Il Presidente
(NOME COGNOME)