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Contratto quadro nullo se firmato da un solo cointestatario

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito, dichiarando nullo un contratto quadro di intermediazione finanziaria perché sottoscritto da uno solo dei due cointestatari. Secondo la Corte, questa nullità formale travolge anche i successivi ordini di acquisto di titoli, come le obbligazioni di una nota società emittente poi fallita. La decisione sottolinea l’importanza della sottoscrizione di tutti gli investitori per la validità del contratto quadro.

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Contratto quadro: la firma di entrambi i cointestatari è essenziale

Il contratto quadro per i servizi di investimento è il documento fondamentale che regola il rapporto tra un cliente e un intermediario finanziario. Ma cosa succede se questo contratto, cointestato a più persone, viene firmato solo da una di esse? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che tale mancanza determina la nullità dell’intero accordo, con effetti a cascata su tutte le operazioni successive. La decisione rafforza la tutela degli investitori, ribadendo l’importanza dei requisiti formali.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di risarcimento avanzata dagli eredi di due coniugi investitori nei confronti di una banca. I coniugi avevano sottoscritto un contratto quadro per la negoziazione di titoli nel 1994, ma il documento recava unicamente la firma del marito. Anni dopo, nel 2001, sulla base di tale accordo, avevano acquistato obbligazioni di una nota società emittente, per un valore di 26.000 euro, subendo una perdita totale a seguito del default dell’emittente.

La domanda degli investitori, volta a far dichiarare la nullità o la risoluzione del contratto e degli ordini successivi, era stata respinta sia in primo grado che in appello. I giudici di merito avevano ritenuto superate le questioni sulla validità del contratto, concentrandosi sugli obblighi informativi della banca, considerati assolti. Gli investitori hanno quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il ruolo del contratto quadro

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni precedenti, accogliendo il ricorso degli investitori. Il punto focale della decisione non sono stati i singoli motivi di ricorso (relativi a violazioni degli obblighi informativi o alla valutazione delle prove), ma una questione pregiudiziale e assorbente: la validità stessa del contratto quadro del 1994.

La Corte ha rilevato d’ufficio che, essendo pacifico che la moglie cointestataria non avesse mai sottoscritto il contratto, questo doveva considerarsi nullo per difetto di forma, ai sensi dell’art. 23 del Testo Unico della Finanza (T.U.F.), che impone la forma scritta a pena di nullità. Tale nullità, insanabile, travolge inevitabilmente anche l’ordine di acquisto del 2001, che trova nel contratto quadro il suo presupposto logico e giuridico.

Le motivazioni

Il ragionamento della Cassazione si fonda su un principio consolidato. Il contratto quadro cointestato non è un contratto plurilaterale (come quello societario), ma un contratto bilaterale con una “parte soggettivamente complessa”. Ciò significa che i due cointestatari costituiscono un unico centro di interessi, ovvero la “parte investitrice”.

Perché il requisito della forma scritta sia rispettato, è indispensabile la sottoscrizione di tutti i soggetti che compongono tale parte. La firma di uno solo dei cointestatari non è sufficiente a perfezionare il contratto, che risulta quindi radicalmente nullo. La Corte ha specificato che questa nullità opera indipendentemente dal fatto che la partecipazione di entrambi fosse considerata “essenziale”; è una questione di validità formale del negozio giuridico.

Di conseguenza, se il contratto base è nullo, anche gli ordini di esecuzione che da esso derivano sono privi di fondamento giuridico e vengono travolti dalla stessa nullità. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame alla luce di questo principio.

Le conclusioni

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per banche e investitori. Per gli intermediari, emerge la necessità di una scrupolosa verifica della completezza delle sottoscrizioni su tutti i contratti, specialmente quelli cointestati. Un’omissione formale può invalidare l’intero rapporto contrattuale, esponendo la banca a richieste di restituzione.

Per gli investitori, la sentenza rappresenta una significativa affermazione del principio di tutela basato sul formalismo contrattuale. La nullità può essere fatta valere in qualsiasi momento e travolge tutte le operazioni compiute sulla base di un accordo invalido, a prescindere dal merito delle singole scelte di investimento o dal rispetto degli obblighi informativi su di esse.

Un contratto-quadro cointestato è valido se firmato da uno solo degli investitori?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il contratto-quadro cointestato è un contratto con parte soggettivamente complessa. Per essere valido, deve essere sottoscritto da tutti i cointestatari, altrimenti è nullo per difetto di forma ai sensi dell’art. 23 del T.U.F.

La nullità del contratto-quadro invalida anche i successivi ordini di acquisto?
Sì. La validità degli ordini di acquisto dipende dalla validità del contratto-quadro, che ne costituisce il presupposto giuridico. Se il contratto-quadro è nullo, anche i singoli ordini di acquisto sono travolti dalla stessa nullità.

La mancata firma di un cointestatario può essere sanata da comportamenti successivi?
No. La sentenza chiarisce che la nullità per difetto di forma scritta è insanabile. Anche se l’ordine di acquisto successivo è stato regolarmente eseguito o se la parte che non ha firmato era a conoscenza dell’operazione, ciò non sana la nullità originaria del contratto-quadro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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