Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29027 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29027 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC -22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13941/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in atti;
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, rappresentato e dife so dall’ AVV_NOTAIO Gradante, giusta procura in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 194/2021, pubblicata il 16 febbraio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Aosta, ha accertato l’assenza del contratto quadro e dichiarato la conseguente nullità degli ordini di acquisto di strumenti finanziari Certificates Double Barrier e Outperformance Nikkei del 12 dicembre 2006 e Dow Jones Stoxx Selected Dividend del 31 luglio 2007, condannandola per l’ effetto a restituire a NOME COGNOME l’importo di € 1.482.412,80, oltre interessi nella misura legale dalla domanda al saldo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che sussisteva l’interesse ad agire del cliente in relazione alla declaratoria di nullità del contratto quadro, in quanto l’azione di nullità proposta mirava a ottenere, attraverso la conseguente azione di ripetizione, proprio il recupero dell’importo versato senza ragione giustificativa alla banca e definitivamente perso; b) che , sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, l’COGNOME aveva fondato la domanda di ripetizione sulla nullità del contratto quadro, affermato come necessario e nel caso di specie mai concluso, domandando la restituzione della differenza tra quanto
complessivamente versato per le tre operazioni in contestazione e quanto ricevuto al momento della loro scadenza o dell’anteriore monetizzazione (per una di esse) risultando, pertanto, ben chiaro che l’accertamento della nullità del contratto quadro era estesa anche alle tre operazioni di acquisto di titoli, sostanzialmente ritenute in sua esecuzione; c) che, nella specie, il contratto quadro doveva ritenersi necessario, posto che i tre acquisti non potevano ritenersi effettuati solo per attività di mero servizio di collocamento, atteso che la banca non aveva nemmeno allegato, ancor prima che provato, che sussistessero le condizioni per pervenire a tale qualificazione, non rinvenendosi nella specie né il presupposto che i titoli fossero offerti indifferenziatamente al pubblico, né che per essi non vi fosse possibilità o necessità di specifica trattativa, nemmeno in ordine alla proposizione della sottoscrizione su iniziativa del collocatore, tenendo conto delle caratteristiche dell’investitore, nell’ambito di una determinata cerchia di soggetti pre-vagliati come interessati ed economicamente in grado di sostenere l’investimento; d) che l’ assenza di tale elementi-indice escludeva, quindi, la possibilità di ritenere gli acquisti effettuati sulla base di un servizio di collocamento, ma li faceva inquadrare nel generale servizio di negoziazione il quale presupponeva, però, la sottoscrizione di un contratto quadro di negoziazione tra intermediario e cliente, nella specie insussistente in sé come atto autonomo, non contenendo gli ordini di acquisto elementi tali da poter essere ritenuti essi stessi come contratti di negoziazione e successivo acquisto.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
«1) Il primo motivo di ricorso: Nullità della sentenza o del procedimento per vizio di ultrapetizione (art. 360, nr. 4, c.p.c.). Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 23 del T.U.F. (art. 360, nr. 3, c.p.c.)», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere pronunciato la nullità dei tre ordini di acquisto allorquando l’attore aveva chiesto esclusivamente la dichiarazione di nullità del contratto quadro ex art. 23 del Tuf.
Il motivo è infondato, atteso che va ribadito il principio enunciato da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 36272 del 28/12/2023), secondo cui il giudice d’appello ha il potere di interpretare e qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, salvo il caso in cui sulla qualificazione accolta da quest’ultimo si sia formato il giudicato interno e a condizione che i fatti costitutivi della diversa fattispecie giuridica oggetto di riqualificazione coincidano (o si pongano, comunque, in relazione di continenza) con quelli allegati nell’atto introduttivo. Nella specie, la Corte territoriale ha interpretato la domanda introdotta dall’COGNOME come diretta all’accertamento della nullità non solo del contratto quadro (di cui, significativamente, deduceva in assoluto la mancata esistenza), ma anche degli ordini di acquisto dei titoli in relazione ai quali era stato versato il denaro di cui si domandava la restituzione. In tale attività, il giudice di secondo grado non ha affatto ampliato né il petitum (che è sempre stato parametrato all’esborso di denaro di cui si chiedeva la restituzione), né la causa petendi , posto che la nullità è stata
dedotta come connessa alla necessità della previa esistenza nella fattispecie concreta di un valido contratto quadro di negoziazione anteriore ai tre ordini di acquisto. I fatti costitutivi del diritto azionato, intesi quale fondamento della pretesa creditoria, non sono affatto mutati, giacché la Corte territoriale ha pur sempre dichiarato la nullità del rapporto obbligatorio instauratosi tra le parti, semplicemente rilevando che -posta la ritenuta necessità dell’esistenza di un contratto quadro nella fattispecie concreta -dalla sua accertata inesistenza derivava la nullità anche degli ordini di acquisto di titoli dedotti in lite sin dal primo atto del giudizio.
b) «2) Il secondo motivo di ricorso: Nullità della sentenza o del procedimento per vizio di ultra o extra petizione (art. 360, nr. 4, c.p.c.). Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, nr. 3, c.p.c.)», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere consentito in appello la modificazione della domanda, in tal modo violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, giacché l’attore non aveva mai dedotto in primo grado che il rapporto intercorso con la propria controparte contrattuale non fosse inquadrabile nel servizio di ‘collocamento’ ma, al contrario, riconducibile al servizio di negoziazione per conto proprio, e per aver omesso di rilevare che tale diversa prospettazione, contenuta invece nell’appello dell’COGNOME, era inammissibile, in quanto introduttiva non di una mera diversa prospettazione, ma di un nuovo tema di indagine e di decisione, perché fondato su un presupposto diverso (la prestazione di un servizio di negoziazione, anziché di collocamento) da quello prospettato nell’atto introduttivo del giudizio.
Il motivo è infondato per la parte in cui lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, giacché va ribadita la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6-L, Ordinanza n. 513 del 11/01/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 6533 del 12/03/2024) secondo cui, in tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del tantum devolutum quantum appellatum , non ostano a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base a una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi e all’applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall’istante, né incorre nella violazione di tale principio il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e della causa petendi , confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti, ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice. La censura è, peraltro, inammissibile nella parte in cui afferma, solo astrattamente, che la diversa qualificazione della domanda introduttiva avrebbe introdotto nel giudizio un nuovo tema di indagine e di decisione, senza corroborare tale affermazione di specifici riferimenti a quali siano questi nuovi temi di indagine illegittimamente introdotti e decisi. In realtà, i fatti storici sono rimasti gli stessi (l’assenza della stipulazione del contratto quadro e la conclusione dei tre ordini), vertendo il giudizio solo sulla necessità o meno della stipula del contatto quadro, ciò che dipende dalla qualificazione del rapporto esistito tra le parti litiganti, se di mero collocamento di titoli o di negoziazione retail .
c) «3) Il terzo motivo di ricorso: Violazione o falsa applicazione dell’art. 23 Tuf, dell’art. 30, comma 3, del Regolamento Consob nr. 11522/1998 nonché dell’art. 1, comma 5, del T.U.F. (art. 360, nr. 3. c.p.c.) », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha identificato le caratteristiche del servizio di collocamento, abbracciando una tesi bifasica, che -senza alcun addentellato normativo (prima delle modifiche introdotte al Regolamento Consob del 2007, inapplicabile al giudizio ratione temporis ) -perviene a distinguere le obbligazioni inerenti al rapporto tra emittente e collocatore e tra collocatore e cliente, pretendendo di applicare a questa seconda fase del rapporto le prescrizioni contenute nell’art. 30 TUF .
Il motivo è inammissibile, perché mostra di non confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte territoriale ha accertato in fatto (cfr. pag. 19) che, nella fattispecie per cui è causa, non vi è invece alcun elemento per affermare che i Certificates fossero offerti indifferenziatamente al pubblico, senza possibilità/necessità di specifica trattativa nemmeno in ordine alla proposizione della sottoscrizione su iniziativa del collocatore tenendo conto delle caratteristiche dell’investitore e/o nell’ambito di una determinata cerchia di soggetti pre-vagliati come interessati e/o economicamente in grado di sostenere l’investimento.
Così facendo, il giudice di secondo grado non ha affatto inteso interpretare la normativa primaria e regolamentare all’epoca vigente nel senso lamentato dalla ricorrente nella censura in esame, ma ha più semplicemente affermato, in fatto, che nella specie nessuno degli elementi probatori offerti era idoneo a far
concludere che ci si trovasse in un’ ipotesi di collocamento e non di negoziazione di titoli. Tanto è vero che la sentenza impugnata (sempre a pag. 19) prosegue affermando che la natura del servizio offerto da RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) a NOME COGNOME con le sottoscrizioni di certificates di cui si discute, avrebbe dovuto essere provata dalla banca, che nulla ha tempestivamente allegato e provato in proposito, non essendo a tal fine sufficiente il dato testuale dei titoli . Una motivazione con cui la censura in esame minimamente si confronta ma, anzi, da cui totalmente prescinde, soffermandosi su un ‘astratta ermeneutica del dato normativo, di carattere letterale e sistematico, che non appare affatto pertinente rispetto alla pretesa dimostrazione della dedotta erroneità della sentenza sul punto.
«4) Il quarto motivo di ricorso: Violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360, nr. 3, c.p.c.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, nr. 5, c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto di poter qualificare la domanda come inerente a un servizio di negoziazione, allorquando doveva ritenersi dedotto dallo stesso cliente e, quindi, non necessitante di diversa contestazione e correlativa prova a opera della banca, che nella specie ci si trovasse di fronte a un mero servizio di collocamento.
«5) Il quinto motivo di ricorso: Violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. (art. 360, nr. 3, c.p.c.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (360, nr. 5, c.p.c.)» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha valutato le prove in atti,
finendo per escludere che dalle stesse potesse desumersi la natura di mero collocamento dei titoli per cui è causa, circostanza che risultava evidente dallo stesso tenore letterale della documentazione esaminata, finendo per ricostruire erroneamente gli stessi fatti processuali.
I motivi quarto e quinto possono essere congiuntamente esaminati in quanto inammissibili per la medesima ragione: nella parte inerente alla pretesa falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., poiché non lamentano una violazione dei principi di gerarchia delle prove o di interpretazione delle stesse, ma pretendono di sostituire alla motivata qualificazione delle stesse operata dal giudice del merito una propria diversa conclusione, senza tuttavia preventivamente dimostrare le ragioni di erroneità di quella contenuta nella sentenza impugnata, finendo per pretendere da questa Corte una complessiva, quanto non consentita, rivisitazione del materiale probatorio; nella parte in cui lamentano un vizio di motivazione, poiché non allegano alcun omesso esame di un fatto storiconaturalistico decisivo ai fini del decidere e oggetto di discussione tra le parti ma finiscono, ancora una volta, per interpretare autonomamente i fatti per giungere a una personale conclusione su quale sarebbe dovuta essere la corretta soluzione della vicenda che ne occupa.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il
ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. a rifondere ad COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 18.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME