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Contratto pubblica amministrazione: la forma scritta

Una società di trasporti ha fornito un servizio di scuolabus a un Comune senza un contratto scritto formale, ma in base a una proroga di fatto. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25256/2024, ha respinto il ricorso della società per il pagamento. La Corte ha ribadito che un contratto con la pubblica amministrazione richiede la forma scritta per la sua validità (ad substantiam). Ha inoltre negato il diritto a un indennizzo per arricchimento ingiustificato, specificando che l’azione va intentata contro il funzionario che ha autorizzato la spesa senza contratto, non contro l’ente pubblico.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto Pubblica Amministrazione: Senza Forma Scritta, Nessun Pagamento

La stipula di un contratto con la pubblica amministrazione è una procedura che richiede rigore formale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25256/2024) lo ribadisce con forza: senza un atto scritto, qualsiasi accordo è nullo e non dà diritto al pagamento, nemmeno a titolo di indennizzo per arricchimento senza causa. Questa decisione offre spunti fondamentali per le imprese che operano con enti pubblici, sottolineando l’importanza di non fare affidamento su accordi verbali o proroghe di fatto.

I Fatti di Causa

Una società di trasporti aveva gestito per anni il servizio di scuolabus per un Comune. Alla scadenza del primo contratto d’appalto, l’ente pubblico aveva prorogato l’affidamento in attesa di una nuova gara. La società ha continuato a svolgere il servizio regolarmente, ma senza la stipula di un nuovo contratto scritto. A fronte del mancato pagamento per il periodo di proroga, l’azienda ha prima ottenuto un decreto ingiuntivo e, dopo l’opposizione del Comune, ha visto le sue richieste respinte sia in primo grado che in appello. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

Analisi del Contratto con la Pubblica Amministrazione

Il primo motivo di ricorso della società si basava sulla presunta violazione di legge relativa all’accertamento del credito. L’azienda sosteneva di aver diritto al pagamento per il servizio effettivamente svolto, in continuità con il precedente rapporto contrattuale. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi in modo netto. La Corte ha ricordato un principio consolidato nella giurisprudenza: il contratto con la pubblica amministrazione deve essere stipulato, a pena di nullità, in forma scritta (ad substantiam). Questo requisito non è un mero formalismo, ma una garanzia di trasparenza e corretta gestione delle risorse pubbliche. La forma scritta serve a identificare con certezza l’obbligazione assunta, l’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, manifestando la volontà dell’organo autorizzato a rappresentare l’ente all’esterno.

Il Rigetto dell’Azione di Arricchimento Ingiustificato

Come seconda linea difensiva, la società aveva proposto un’azione per arricchimento ingiustificato (ex art. 2041 c.c.), sostenendo che il Comune si era comunque avvantaggiato di un servizio indispensabile per la comunità. Anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha spiegato che l’azione di arricchimento ha carattere sussidiario, cioè può essere esperita solo quando non vi siano altri rimedi legali. Nel caso di prestazioni rese a un ente pubblico senza un valido contratto, la legge (in particolare l’art. 191, comma 4, del D.Lgs. 267/2000) prevede un rimedio specifico: il rapporto obbligatorio si instaura direttamente tra il fornitore e il funzionario o l’amministratore che ha consentito l’acquisizione del servizio. È quest’ultimo, e non l’ente, a rispondere personalmente delle obbligazioni. Di conseguenza, venendo meno il requisito della sussidiarietà, l’azione contro il Comune non può essere accolta.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha fondato la sua decisione su due pilastri giuridici incrollabili. In primo luogo, la necessità inderogabile della forma scritta ad substantiam per i contratti degli enti pubblici. Qualsiasi accordo verbale, proroga tacita o atto interno non sottoscritto dall’organo competente è radicalmente nullo. Le ‘proroghe tecniche’ sono ammesse solo in casi eccezionali e disciplinati dalla legge, presupposti che nel caso di specie mancavano del tutto. In secondo luogo, la Corte ha chiarito la portata della responsabilità del funzionario pubblico. La normativa sugli enti locali è concepita per responsabilizzare chi autorizza una spesa senza la necessaria copertura contrattuale e contabile. L’azione diretta contro il funzionario esclude la possibilità di agire contro l’ente per arricchimento ingiustificato, poiché la legge offre già uno strumento di tutela specifico al privato, sebbene indirizzato a un soggetto diverso dall’amministrazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito per tutte le imprese che lavorano con il settore pubblico. La fiducia in accordi informali o la continuazione di un servizio dopo la scadenza di un contratto, senza una formalizzazione scritta, espone al rischio concreto di non vedere mai pagato il proprio lavoro. La decisione della Cassazione conferma che la tutela della finanza pubblica e la trasparenza dell’azione amministrativa prevalgono sulle aspettative del privato. L’unica strada per garantire i propri diritti è pretendere e ottenere un contratto scritto, firmato dall’organo competente, prima di iniziare qualsiasi prestazione. In assenza di tale documento, l’eventuale azione legale per recuperare il credito non potrà essere rivolta all’ente, ma dovrà necessariamente colpire il patrimonio personale del funzionario che ha agito al di fuori delle regole.

Un accordo verbale o una proroga di fatto sono sufficienti per un contratto con la Pubblica Amministrazione?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che qualsiasi contratto con un ente pubblico deve avere la forma scritta a pena di nullità. Accordi verbali, proroghe non formalizzate o autorizzazioni interne non sono sufficienti a creare un rapporto contrattuale valido.

Se un’azienda fornisce un servizio a un ente pubblico senza un contratto valido, ha diritto a essere pagata?
No, non dall’ente pubblico. Il contratto è nullo e quindi non produce effetti. L’azienda non può chiedere il pagamento del corrispettivo all’ente, né può agire con successo per arricchimento ingiustificato contro l’amministrazione stessa.

Contro chi può agire l’azienda per recuperare il valore della prestazione eseguita senza contratto?
L’azione legale deve essere diretta contro il funzionario o l’amministratore pubblico che ha autorizzato o consentito la prestazione senza un contratto valido. La legge stabilisce che il rapporto obbligatorio, in questi casi, sorge direttamente tra il fornitore privato e la persona fisica responsabile all’interno dell’ente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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