Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8868 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8868 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3969/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2498/2019 depositata il 18/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Siena, la RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna al trasferimento della proprietà di due immobili ad uso abitativo che la medesima le aveva promesso in vendita, con scrittura privata stipulata in data 31.1.2006, quale corrispettivo del suo obbligo di sottoscrivere la convenzione urbanistica con il Comune di Sovicille nonché la condanna al risarcimento del danno pari ad € 78.000,00 a titolo di rimborso degli interessi corrisposti sulle passività bancarie, per non aver potuto negoziare gli appartamenti promessi in vendita.
La RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio deducendo la nullità della citazione per indeterminatezza della domanda; la nullità della scrittura privata per mancanza di causa; la risoluzione del contratto per errore o per motivi sopravvenuti, la rescissione del contratto per lesione ex art. 1448 cc; l’infondatezza della domanda ex art. 2932 c.c. sull’assunto che la scrittura privata prevedeva l’obbligo di stipulare un contratto preliminare; l’infondatezza della domanda di risarcimento avanzata da controparte e chiedeva anche il risarcimento del danno.
Alla prima udienza, l’attrice modificava la domanda chiedendo, in via subordinata, la risoluzione del contratto e il pagamento della penale di € 400.000,00.
Il Tribunale di Siena rigettava tutte le domande, ad eccezione di quella di risoluzione e di condanna alla penale
formulate dall’attrice, che dichiarava inammissibili, e compensava integralmente le spese di lite tra le parti.
5. La Corte d’Appello in riforma della sentenza del Tribunale di Siena trasferiva alla RAGIONE_SOCIALE i seguenti beni immobili -appartamento in Comune di Sovicille fraz. San INDIRIZZO, INDIRIZZO – appartamento in Comune di Sovicille fraz. San INDIRIZZO INDIRIZZO al piano primo e mansarda – locale garage in Comune di Sovicille fraz. San INDIRIZZO INDIRIZZO al piano seminterrato, – locale garage in Comune di Sovicille fraz. San INDIRIZZO INDIRIZZO al piano seminterrato.
La Corte, per quel che ancora rileva, riteneva fondato il primo motivo dell’appello principale . Invero, la scrittura privata 31.1.2006 conteneva tutti gli elementi del contratto preliminare, in particolare ciò si desumeva dagli artt. 2, 4 e 6.
Ad avviso della Corte, la presenza dell’impegno a stipulare i preliminari non era indice sufficiente a ritenere che la scrittura privata non fosse un vero e proprio preliminare di compravendita, invece, l’interpretazione complessiva dell’atto induceva a ritenere il contrario. In esso, infatti, vi era la dichiarazione scritta dell’accordo sull’oggetto e sul corrispettivo del trasferimento, che non costituiva una semplice puntuazione, ma definiva tutti gli elementi del negozio.
L’oggetto della promessa compravendita era identificato o identificabile: la scrittura rinviava infatti alla planimetria allegata (e anch’essa sottoscritta dalle parti) in cui le due unità immobiliari erano perfettamente identificate; quanto agli accessori, la previsione dell’art. 4 consentiva ampiamente di identificarli. Peraltro, la promessa di cessione del terreno (definito promesso in
vendita all’art. 5) non era in sinallagma con la controprestazione promessa da controparte per cui le prove dedotte dall’appellata circa la mancata cessione del terreno da parte della Essero erano irrilevanti.
Il CTU, con motivazione pienamente convincente, aveva individuato catastalmente le due unità immobiliari e i garage di pertinenza, rispondendo affermativamente al quesito circa la sussistenza dei requisiti per il loro trasferimento ex art. 2932 cc.
Doveva poi essere accolto il motivo di appello relativo al risarcimento del danno per il ritardo nella consegna delle unità immobiliari, stabilita in 24 mesi dal rilascio della concessione edilizia privata, avvenuta il 22.9.2008. Il risarcimento spettava in via equitativa in ragione di 10.000 euro l’anno, quale presumibile ricavo netto di locazione.
Gli altri motivi dell’appello principale erano assorbiti.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insist ito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: in ordine al fatto per cui la sentenza ritiene che la scrittura privata del 31.1.2006 contenga tutti gli elementi del contratto preliminare e ne disponga l’ esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cc – violazione o falsa applicazione delle norme di diritto (ex art 360, n. 3 cpc) relativamente alla normativa sulla valutazione delle prove: art.
116, c.p.c. 1.a) erroneità sulla valutazione delle conclusioni del ctu; 1.a.ii) in ogni caso erroneità della ctu; 1.b) erronea valutazione della verbalizzazione delle parti nel corso dell’udienza del 2/03/2010 del primo grado di giudizio.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: in ordine alla nullità dell ‘ atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio, per indeterminatezza dell ‘ oggetto della domanda – violazione o falsa applicazione delle norme di diritto (ex art 360, n. 3, c.p.c.) relativamente alla norma relativa ai requisiti dell’atto di citazione: art. 163, n. 3, c.p.c.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: in ordine alla nullità del contratto – violazione o falsa applicazione delle norme di diritto (ex art. 360, n. 3 c.p.c.), perché assolutamente indeterminato l’oggetto dello stesso: violazione dell ‘a rt. 1418, secondo comma, c.c. in relazione al disposto di cui all ‘ar t. 1346 c.c.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: in ordine al concesso risarcimento del danno – violazione o falsa applicazione delle norme di diritto (ex art 360, n. 3 c.p.c.): 4.1) anche a seguito di quanto illustrato nei precedenti motivi; 4.2) per pronuncia ultra petitum relativamente all ‘a rt 112 c.p.c.; 4.3) per violazione dell’art. 2697, primo comma, c.c. in relazione all’onere della prova .
4.1 I quattro motivi di ricorso, suscettibili di esame congiunto stante la loro connessione, sono in parte infondati in parte inammissibili.
Le censure sollevate con il primo e il terzo motivo, seppure proposte in relazione al vizio di violazione di legge in realtà tendono tutte ad una diversa interpretazione del contratto intercorso tra le parti o al fine di negare che lo stesso possa qualificarsi come
preliminare o per affermarne la nullità per indeterminatezza dell’oggetto della promessa di trasferimento.
In proposito deve ribadirsi che quando con il ricorso per cassazione sia contestata l’interpretazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorso, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra la volontà dei contraenti così come ritenuta dal ricorrente e quella invece accertata dalla sentenza impugnata, ma debbono essere proposte o sotto il profilo della mancata osservanza, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., delle norme che fissato i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. c.c. ovvero, a norma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nel testo in vigore ratione temporis , del vizio di motivazione consistito nell’omesso esame di un fatto decisivo.
L’interpretazione di un atto negoziale, del resto, è un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che, come accennato, nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dall’art. 1362 ss. c.c. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.). Il sindacato di legittimità, quindi, può avere ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. n. 23701 del 2016). Pertanto, al fine di riscontrare l’esistenza dei
denunciati errori di diritto o vizi di ragionamento, non basta neanche che il ricorrente faccia un astratto richiamo alle regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. (censura del tutto mancante nel caso in esame), occorrendo, invece, che specifichi, per un verso, i canoni in concreto inosservati e, per altro verso, il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia da essi discostato (Cass. n. 7472 del 2011; più di recente, Cass. n. 27136 del 2017).
Ne consegue l’inammissibilità dei motivi di ricorso che, come quelli in esame, pur denunciando la violazione di plurime norme, si risolva in sostanza nella mera proposta di una interpretazione diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito (Cass. n. 24539 del 2009), così come è inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale da quest’ultimo operata che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto (Cass. n. 2465 del 2015, in motiv.).
Nella specie, secondo la Corte d’Appello , la scrittura privata del 31 gennaio 2006 contiene tutti gli elementi del contratto preliminare e tale affermazione si fonda in particolare sul contenuto degli artt. 2, 4 e 6 dell’accordo sottoscritto tra le parti . Dall’interpretazione complessiva dell’atto, nonostante il riferimento a successivi preliminari, la Corte d’Appello trae la conclusione che si tratti « di un contratto preliminare essendovi la dichiarazione scritta dell’accordo sull’oggetto e sul corrispettivo del trasferimento, che non costituisce una semplice puntuazione, ma definisce tutti gli elementi del negozio» .
Inoltre, si legge nella sentenza impugnata che l’oggetto della promessa compravendita è identificato o identificabile : la scrittura
rinvia infatti alla planimetria allegata (e anch’essa sottoscritta dalle parti) in cui le due unità immobiliari sono perfettamente identificate; quanto agli accessori, la previsione dell’art. 4 consente ampiamente di identificarli .
Risulta evidente, pertanto, che la complessiva censura proposta dal ricorrente si risolve nella sollecitazione ad effettuare una inammissibile nuova valutazione di risultanze di fatto o una diversa interpretazione delle clausole negoziali ancorché quella adottata dalla Corte territoriale sia del tutto plausibile e nei motivi non si indichi la violazione di alcun canone ermeneutico.
Del pari inammissibili sono le censure di violazione dell’art. 116 c.p.c. per erroneità delle conclusioni del ctu o della verbalizzazione delle parti nel corso dell’udienza del 2/03/2010 del primo grado di giudizio.
In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora
consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02)
4.2 Quanto alla valutazione del verbale di udienza del 2 marzo 2010 la censura è inammissibile perché si tratta di attività propria del giudice di merito e peraltro manca anche il carattere della decisività, in quanto la Corte ha ritenuto di individuare i beni in base alla planimetria allegata e non alle affermazioni fatte a verbale dalla ricorrente. Si è già riportato quanto si legge a pag. 8 della sentenza ovvero che l’oggetto della promessa compravendita è identificato o identificabile: la scrittura rinvia infatti alla planimetria allegata (e anch’essa sottoscritta dalle parti) in cui le due unità immobiliari sono perfettamente identificate; quanto agli accessori, la previsione dell’art. 4 consente ampiamente di identificarli .
4.3 La censura di nullità della citazione in primo grado è inammissibile oltre che manifestamente infondata.
La Corte l’ha rigettata considerando che la citazione era chiaramente diretta al trasferimento ex art. 2932 cc delle porzioni immobiliari descritte nella scrittura privata indicata.
D’altra parte, l’eccezione di nullità si riferiva all’indeterminatezza dell’oggetto della domanda e , come riconosce il ricorrente, è questione speculare a quella di indeterminatezza del l’oggetto del preliminare di cui si chiedeva l’esecuzione in forma specifica, censura proposta con il terzo motivo. Anche tale motivo, peraltro in gran parte ripetitivo del primo, è infondato per quanto si è già detto circa la motivazione della Corte che ha ritenuto i beni oggetto del preliminare identificati e comunque identificabili e li ha effettivamente individuati ai fini della pronuncia costitutiva.
4.4 Il quarto motivo relativo alla mancanza di prova del danno è infondato avendo la Corte d’Appello legittimamente fatto ricorso ad un criterio presuntivo corrispondente al canone di locazione del bene in relazione al suo mancato godimento da parte dei promissari acquirenti.
Le Sezioni Unite hanno, definito il danno risarcibile in caso di mancato godimento di un immobile ed hanno affermato che il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l’evento di danno condizionante il requisito dell’ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire. Nel caso in cui la prova sia fornita attraverso presunzioni, l’attore ha l’onere di allegare il pregiudizio subito, anche mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (Sez. U, Sent. n. 33645 del 15/11/2022 in motivaz.).
Il Collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: In tema di risarcimento del danno derivante dall’indisponibilità di un immobile, il danno emergente presuppone l’allegazione (e, in caso di contestazione del convenuto, la prova, anche presuntiva) della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento perduta, e può essere liquidato equitativamente facendo ricorso al criterio del valore locativo di mercato, che rappresenta il controvalore convenzionalmente attribuito al
godimento alla stregua della tipizzazione normativa del contratto di locazione (Cass. Sez. 3, 29/05/2023, n. 14947, Rv. 667998 – 01).
Nella specie, pertanto, non si è verificata alcuna inversione dell’onere probatorio. La violazione dell’art. 2697 c.c. si configura , infatti, se il giudice di merito applichi la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: in ordine alla questione, non esaminata dalla sentenza di secondo grado- sulla domanda di risoluzione del contratto per preteso inadempimento della San Rocco e condanna di quest ‘ultima alla penale di € 400.000,00.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: in ordine alla questione, non esaminata dalla sentenza di secondo grado – sulla domanda di riduzione della penale, formulata della San Rocco
6.1 Il quinto e il sesto motivo sono inammissibili.
In primo luogo le censure sono inammissibili per difetto di specificità essendosi i ricorrenti richiamati ai precedenti scritti difensivi senza neanche indicare in dettaglio a quali di essi si riferiscano e senza riportarne neanche in minima parte il contenuto. Deve osservarsi come non si possa formulare un motivo di ricorso per cassazione con rimando alle ragioni di censura per relationem a precedenti scritti difensivi.
Le censure sono del pari inammissibili per la concorrente ragione che la domanda subordinata di pagamento della penale in
caso di risoluzione del contratto è stata dichiarata assorbita dall’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. .
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 7000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione